felicity
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domenica 10 settembre 2023
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scabroso, provocatorio e a tratti persino blasfemo
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Benedetta è un film biografico che guarda al passato per mostrare l’omosessualità in un contesto di per sé discriminatorio, oggi ma ancor più nel passato. Gli elementi narrativi avvincenti sono punteggiati da aspetti registici in parte interessanti in parte ostentati. Sicuramente il lungometraggio merita una visione, se non altro perché mette in luce le contraddizioni umane, i limiti religiosi e morali, troppo spesso barriere inutili che ostacolano la libera espressione dell’animo.
Benedetta è una parabola sul potere dove la protagonista assurge a emblema dell’empowerment femminile, ritraendo un microcosmo dominato dall'ambiguità della fede con un taglio grottesco che esaspera la fluidità del confine tra verità e menzogna.
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Benedetta è un film biografico che guarda al passato per mostrare l’omosessualità in un contesto di per sé discriminatorio, oggi ma ancor più nel passato. Gli elementi narrativi avvincenti sono punteggiati da aspetti registici in parte interessanti in parte ostentati. Sicuramente il lungometraggio merita una visione, se non altro perché mette in luce le contraddizioni umane, i limiti religiosi e morali, troppo spesso barriere inutili che ostacolano la libera espressione dell’animo.
Benedetta è una parabola sul potere dove la protagonista assurge a emblema dell’empowerment femminile, ritraendo un microcosmo dominato dall'ambiguità della fede con un taglio grottesco che esaspera la fluidità del confine tra verità e menzogna. Scabroso, provocatorio e a tratti persino blasfemo senza mai diventare sensazionalistico o pretestuoso, Benedetta è un film capace di porre interrogativi non banali nella cornice di un racconto comunque molto appassionante.
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giovedì 16 marzo 2023
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complimenti
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sempre un piacere leggere le sue recensioni: c'è ritmo, brillantezza lessicale, capacità di lettura, rimandi alla poetica del regista: complimenti
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cardclau
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lunedì 6 marzo 2023
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senza capo né coda
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Nel film il regista ci mette di tutto. Troviamo una ricostruzione ambientale convincente, che è tipica dei film di oggi, ma fatti da elementi che sembrano emergere da un cliché, perfetti ma un po’ noiosi. Poi il racconto di Benedetta Carlini che finisce in un convento per una serie di avvenimenti che è inutile ripetere. Cha diventa badessa, che ha una storia di omosessualità, che ha le visioni, per lo più inquietanti (non da Maria Teresa del bambin Gesù), un mélange di celestiale (divino, poco) e infernale (diabolico, folle, molto), che si scontra con la chiesa ufficiale fino alla condanna per eresia-omosessualità, di essere bruciata al rogo, durante quella che diventerà una epidemia di peste nera.
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Nel film il regista ci mette di tutto. Troviamo una ricostruzione ambientale convincente, che è tipica dei film di oggi, ma fatti da elementi che sembrano emergere da un cliché, perfetti ma un po’ noiosi. Poi il racconto di Benedetta Carlini che finisce in un convento per una serie di avvenimenti che è inutile ripetere. Cha diventa badessa, che ha una storia di omosessualità, che ha le visioni, per lo più inquietanti (non da Maria Teresa del bambin Gesù), un mélange di celestiale (divino, poco) e infernale (diabolico, folle, molto), che si scontra con la chiesa ufficiale fino alla condanna per eresia-omosessualità, di essere bruciata al rogo, durante quella che diventerà una epidemia di peste nera. Il ogni relazione d’amore, che sia omo o etero sessuale l’elemento fisico, privato, lasciato alle fantasie dello spettatore, dovrebbe lasciare molto spazio al bisogno di individualità e di condivisione, quindi alle ambiguità, agli affetti, ai sentimenti, agli sguardi, agli atteggiamenti, degli attori. Ma per farlo bisogna essere grandi. Paul Verhoeven si limita ad un atteggiamento voyeuristico, pruriginoso, cercando nella spettatore una complicità alla sua, personale, curiosità. Ma non ci siamo. Non possiamo assolutamente dire al regista, come l’imperatore d’Austriua a Mozart dopo il Ratto del Serraglio: “tolga qualche nota e sarà perfetta”.
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