the moon
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mercoledì 19 febbraio 2020
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un ritrattista di sentimenti
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Muccino è un ritrattista di sentimenti,in questa pellicola c'è tutto il suo lavoro ,dall'ultimo bacio ad oggi,e funziona,funziona perchè c'è una spietata verità dentro la quale ci si ritrova.In alcune scene mi sento riportato nel passato in altre mi rivedo nel presente e in altre mi piacerebbe rivedermi nel futuro prossimo,perchè certi amori non finiscono mai,l'amore a volte è il primo imputato e condannato se le cose della nostra vita non vanno come vorremmo,e pensiamo che saremo felici una volta tolta quella zavorra,ma quando svanisce la rabbia e vediamo chiaro,quando la tempesta svanisce scopriamo che dietro l'orizzonte c'è ancora quell'isola.
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Muccino è un ritrattista di sentimenti,in questa pellicola c'è tutto il suo lavoro ,dall'ultimo bacio ad oggi,e funziona,funziona perchè c'è una spietata verità dentro la quale ci si ritrova.In alcune scene mi sento riportato nel passato in altre mi rivedo nel presente e in altre mi piacerebbe rivedermi nel futuro prossimo,perchè certi amori non finiscono mai,l'amore a volte è il primo imputato e condannato se le cose della nostra vita non vanno come vorremmo,e pensiamo che saremo felici una volta tolta quella zavorra,ma quando svanisce la rabbia e vediamo chiaro,quando la tempesta svanisce scopriamo che dietro l'orizzonte c'è ancora quell'isola.
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paolacaselli
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martedì 18 febbraio 2020
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un film di una bruttezza quasi imbarazzante
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Non mi è mai piaciuto Muccino, e ho visto solo alcuni dei suoi film. Ero scettica ma mi sono lasciata convincere da alcune critiche favorevoli (????) oltre che dall'ottimo cast. Durante la prima mezz'ora ho fatto fatica a non andarmene: sembra un film di Moccia. Ho aspettato paziente che i protagonisti crescessero ed è andata un po' meglio, ma sempre sotto il livello della sufficienza. Il paragone che viene fatto con il film di Scola farà certo rivoltare quest'ultimo nella tomba. La regia è assente, a parte la scena di Gemma che sale le scale. I dialoghi sono spesso banali e scontati. E poi le storie stesse dei protagonisti non sono proprio credibile.
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Non mi è mai piaciuto Muccino, e ho visto solo alcuni dei suoi film. Ero scettica ma mi sono lasciata convincere da alcune critiche favorevoli (????) oltre che dall'ottimo cast. Durante la prima mezz'ora ho fatto fatica a non andarmene: sembra un film di Moccia. Ho aspettato paziente che i protagonisti crescessero ed è andata un po' meglio, ma sempre sotto il livello della sufficienza. Il paragone che viene fatto con il film di Scola farà certo rivoltare quest'ultimo nella tomba. La regia è assente, a parte la scena di Gemma che sale le scale. I dialoghi sono spesso banali e scontati. E poi le storie stesse dei protagonisti non sono proprio credibile. Il lieto fine, oltre che altamente improbabile, è quanto di più stucchevole si potesse concepire. Insomma un film così non commuove affatto, magari fa incazzare per il tempo che gli si è dedicato!
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samanta
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martedì 18 febbraio 2020
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il carattere di un uomo determina il suo destino
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La frase di Democrito citata nel titolo è calzante per il film di Muccino. Al quale darei un consiglio: immergersi di nuovo nell'atmosfera di Hollywood che gli ha permesso di fare uno dei film più belli di questo ventennio La ricerca della felicità, un film agile, pieno di sofferenza, ma lieto, pieno di colpi di scena non sempre favorevoli, ma che alla fine fanno raggiungere al protagonista il benessere agognato per sé e il figlio piccolo a cui deve badare. Un film coinvolgente così come non lo è Gli anni più belli, siamo sinceri la trama non è originale: un gruppo di vecchi amici si ritrova nel prologo finale a cementare un vecchia amicizia, a molti è venuto in mente un rimando al film di Scola C'eravamo tanto amati, senza dubbio l'avvocato che abbandona i suoi ideali e diventa ricco sposando la figlia di un ricco palazzinaro è ripresa tale quale dal Gasmann di Scola che assomiglia all'avvocato interpretato da Scavino.
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La frase di Democrito citata nel titolo è calzante per il film di Muccino. Al quale darei un consiglio: immergersi di nuovo nell'atmosfera di Hollywood che gli ha permesso di fare uno dei film più belli di questo ventennio La ricerca della felicità, un film agile, pieno di sofferenza, ma lieto, pieno di colpi di scena non sempre favorevoli, ma che alla fine fanno raggiungere al protagonista il benessere agognato per sé e il figlio piccolo a cui deve badare. Un film coinvolgente così come non lo è Gli anni più belli, siamo sinceri la trama non è originale: un gruppo di vecchi amici si ritrova nel prologo finale a cementare un vecchia amicizia, a molti è venuto in mente un rimando al film di Scola C'eravamo tanto amati, senza dubbio l'avvocato che abbandona i suoi ideali e diventa ricco sposando la figlia di un ricco palazzinaro è ripresa tale quale dal Gasmann di Scola che assomiglia all'avvocato interpretato da Scavino.
[Spoiler] Nella prima parte i 4 protagonisti hanno 16 anni (sono interpretati da attori giovani) e siamo nel 1982, poi il film si dipana dagli anni '90 fino ad adesso. I 4 amici sono Giulio (Pierfrancesco Savino) che diventa avvocato giovane e pieno di ideali, Paolo (Kim Rossi Stuart) laureato in lettere, pieno di ideali per cambiare la gioventù, finalmente dopo 10 anni di precariato mortificante diventa di ruolo, Riccardo giornalista e critico cinematografico e Gemma (Micaela Ramazzotti) una ragazza che piena di vita si affloscia, costretta lasciare Roma e il suo fidanzatino Paolo va a Napoli e di lì scrive a Paolo che tutto è finito ed ha un fidanzato, in realtà è in un giro di droga e prostituzione, ne fugge dopo anni e ritorna a Roma si mette con Paolo, ma dopo alcuni anni lo tradisce con Giulio che nel frattempo è diventato un famoso avvocato che ha abbandonato i suoi ideali difendendo gli imputati di Tangentopoli. Ma Giulio poi abbandona Gemma per la ricchissima figlia di un importante e disonesto uomo d'affari Margherita (Nicoletta Romanoff a 40 anni costretta a fare una ventenne) intrallazzato con la politica. Quanto a Riccardo non riesce a decollare e la moglie Anna (Emma Marrone) con il figlio Arturo lo abbandona e va a vivere con un riccone a Piacenza.
Innazitutto il regista ha commesso l'errore di far recitare cinquantenni che fanno finta, salvo il finale, di essere trentenni o ancora di meno in età avrebbe dovuto cercare attori trentenni e poi invecchiarli, se la prima parte è frenetica ma in fin dei conti si tratta di ragazzi di 16 anni (in una scena è infilato pure un nudo integrale di donna che non c'entra per niente), nella seconda parte assistiamo al piagnisteo tipico della commedia all'italiana, con tutti insodisfatti del proprio stato, Giulio di avere fatti soldi ma con la moglie lo che lo cornifica in modo seriale, le famiglie sfasciate: Gemma che dopo Giulio rivede Paolo, ma ha un bambino Leonardo di 9 anni ed è divorziata dal marito che ha sposato dopo Giulio. Il prologo finale li vede tutti insieme a Capodanno a festeggiare l'anno nuovo con Giulio che arriva con la figlia Sveva dopo il rinfresco a casa del suocero e tutti rinvangono la propria amicizia. I personaggi sono ben intepretati anche se spesso, specie nelle figure di contorno, si va nella macchiettistica, desta perplessità la figura di Gemma che appare delineata molto poco psicologicamente, è una donna che appare priva di interessi, sballottata dalla vita che le scorre come l'acqua su una pietra, non è certo una di quelle figure femminili che rimagono scolpite nella storia del cinema; certamente avrebbe dovuto essere approfondita. Un film formalmente fatto bene, che lascia non la bocca amara ma insipida come quando si mangia una pietanza priva di gusto. Quanto ai protagonisti che appaiono, a prescindere dalla conclamata amicizia, degli sconfitti dalla vita, si applica bene la frase di Paul Bourget "se non si vive come si pensa, si finisce di pensare come si vive". Nei titoli di coda si vede la figlia di Giulio, Sveva che passeggia con il figlio di Gemma, ma le premesse della generazione precedente non promettono nulla di buono. Belle le canzoni di Claudio Baglioni.
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raffele
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martedì 18 febbraio 2020
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tenerezza, compromesso, amicizia
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i sogni, la velleità di purezza, l'ingenuità inevitabile dei 16 anni. la circostanza sanguinolenta che crea l'amicizia da commilitoni, il giuramento di eterna amicizia e soccorso. la femminilità irresistibile della splendida Gemma, spontanea come un anatroccolo pasticcione, che schianta l'afflato fra due ragazzi e li separa. il successo: quando non arriva ti smarrisci nel fallimento come uomo, marito, padre: lei perde la pazienza e se ne va, appoggiata dai genitori, con tuo figlio (ancora e sempre è la donna delusa a piantare lo squattrinato) quando arriva invece ti fagocita come un'ameba che si chiama compromesso, hai fatto i soldi, come si duol dire.
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i sogni, la velleità di purezza, l'ingenuità inevitabile dei 16 anni. la circostanza sanguinolenta che crea l'amicizia da commilitoni, il giuramento di eterna amicizia e soccorso. la femminilità irresistibile della splendida Gemma, spontanea come un anatroccolo pasticcione, che schianta l'afflato fra due ragazzi e li separa. il successo: quando non arriva ti smarrisci nel fallimento come uomo, marito, padre: lei perde la pazienza e se ne va, appoggiata dai genitori, con tuo figlio (ancora e sempre è la donna delusa a piantare lo squattrinato) quando arriva invece ti fagocita come un'ameba che si chiama compromesso, hai fatto i soldi, come si duol dire. hai sposato la più classica figlia del più classico dei potenti, ammaliata da quanto sei bravo e concreto professionalmente. il lavoro da persona qualunque dell'ex amico, l'insegnante che vuol trasmettere qualcosa ai ragazzi come lui di poco prima, dopo anni di estenuante precariato. i figli coi quali non riesci a parlare, ironia malvagia, come i tuoi con te, quando eri figlio. perché parlare coi figli è uno dei mestieri impossibil che bisogna fare lo stesso, a costo di umiliarsi. il tempo che passa, segnato dai fatti della storia del tuo paese, dei mondiali di calcio, della storia del mondo. la malattia, la morte, la ruota c he gira insomma. quello che resta è l'amicizia ritrovata. un remake onesto e riveduto di "ci eravamo tanto amati", con qualche alito di "una vita difficile" in cui Favino, Rossi Stuart (ma si chiama veramente così, milanese e americano?), Santamaria e la bionda, statuaria e tenera Micaela Ramazzotti con la sua splendida vocina dalle desinenze sussurrate non temono Manfredi, Gassman e la Sandrelli. momento chiave: Riccardo accompagna a casa Gemma, lei lo bacia sul confine guancia-labbra con uno slancio erotomane, lui fa per ripartire, la macchina da squattrinato non parte. in sala si pensa ecco con la cosa che il motore non si accende, fatalmente le citofona e ci fa l'amore pure lui. e invece toh, è leale e spinge l'auto, la fa ripartire. un pigolio polemico alla Casella che commenta il fim: non so se Muccino ha la visione del mondo che dice lei, di "donne che la danno con la fionda", ma qui è come incolpare di antisemitismo il regista di Schindler's List, la frase è in bocca ad un ragazzo romano, parlano così.
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rene''52
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lunedì 17 febbraio 2020
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omaggio a scola
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Mi aspettavo qualcosa di simile alla 'Meglio Gioventù' altro film che abbraccia quarant'anni di vita del nostro Paese intrecciandolo con le vicende personali dei protagonisti e quindi sono rimasto un po' deluso dal fatto che i grandi eventi dagli anni'80 in poi sono stati appena accennati. C'è da dire che l'opera (splendida) di Marco Tullio Giordana poteva contare su una durata tripla rispetto a questa e quindi c'era più possibilità di soffermarsi sui fatti che hanno segnato un'Epoca senza nulla togliere al resto. Detto questo la delusione è svanita abbastanza velocemente perché dopo un inizio un po' in sordina il film ha preso quota incentrandosi sulle vicissitudini dei personaggi magistralmente interpretati da Francesco Favino, che, seppure ha fornito un'altra prova della sua eccezionale bravura, stavolta non ha oscurato gli altri attori come Claudio Santamaria e Kim Rossi Stuart che non gli sono stati da meno e sopratutto quest'ultimo lo metto sugli scudi per aver interpretato con sentimento la sofferenza e il senso di sconfitta di un personaggio che vede premiata alla fine la sua genuinità e coerenza.
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Mi aspettavo qualcosa di simile alla 'Meglio Gioventù' altro film che abbraccia quarant'anni di vita del nostro Paese intrecciandolo con le vicende personali dei protagonisti e quindi sono rimasto un po' deluso dal fatto che i grandi eventi dagli anni'80 in poi sono stati appena accennati. C'è da dire che l'opera (splendida) di Marco Tullio Giordana poteva contare su una durata tripla rispetto a questa e quindi c'era più possibilità di soffermarsi sui fatti che hanno segnato un'Epoca senza nulla togliere al resto. Detto questo la delusione è svanita abbastanza velocemente perché dopo un inizio un po' in sordina il film ha preso quota incentrandosi sulle vicissitudini dei personaggi magistralmente interpretati da Francesco Favino, che, seppure ha fornito un'altra prova della sua eccezionale bravura, stavolta non ha oscurato gli altri attori come Claudio Santamaria e Kim Rossi Stuart che non gli sono stati da meno e sopratutto quest'ultimo lo metto sugli scudi per aver interpretato con sentimento la sofferenza e il senso di sconfitta di un personaggio che vede premiata alla fine la sua genuinità e coerenza. Nonostante le critiche che ho letto da più parti a me non è affatto dispiaciuta Micaela Ramazzotti che se l'è cavata egregiamente in un ruolo scomodo, come lo era anche quello di Emma Marrone che si è rivelata una piacevole sorpresa per le sue doti di attrice che, a mia memoria, non aveva ancora avuto occasione di mostrare.
Dell'omaggio che Muccino ha voluto rendere al capolavoro di Ettore Scola 'C'eravamo tanto amati' se n'è parlato a più riprese e in effetti alcune scene sono praticamente identiche come quella finale tra Favino e la Ramazzotti che ricorda nei minimi dettagli quella tra Gassman e la Sandrelli.
Un omaggio riuscito molto bene.
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bedtimedavide
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domenica 16 febbraio 2020
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...e tu come stai?
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Non sono mai stato un grande fan di Muccino e probabilmente, assieme all'ormai datato Ricordati Di Me, questa sua ultima opera cinematografica è una delle migliori mai realizzate.
Partiamo dal cast, il vero magnete di questa pellicola. Quando in locandina apprendi della presenza della 'Santa Trinità: Favino, Santamaria, Rossi Stuart', già perfettamente collaudati sullo schermo in film segnanti come Romanzo Criminale di Michele Placido, assieme alla bellissima e talentuosa Micaela Ramazzotti, insomma, l'attrattiva è quasi obbligatoria. Vorrei spendere però due parole in più su quest'ultima, la vera e unica protagonista femminile della pellicola.
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Non sono mai stato un grande fan di Muccino e probabilmente, assieme all'ormai datato Ricordati Di Me, questa sua ultima opera cinematografica è una delle migliori mai realizzate.
Partiamo dal cast, il vero magnete di questa pellicola. Quando in locandina apprendi della presenza della 'Santa Trinità: Favino, Santamaria, Rossi Stuart', già perfettamente collaudati sullo schermo in film segnanti come Romanzo Criminale di Michele Placido, assieme alla bellissima e talentuosa Micaela Ramazzotti, insomma, l'attrattiva è quasi obbligatoria. Vorrei spendere però due parole in più su quest'ultima, la vera e unica protagonista femminile della pellicola. Il suo lavoro in questo film è come sempre magistrale, tuttavia riconosco il limite della Ramazzotti nella mancanza di versatilità. La sua Gemma rientra in quella categoria di donne dannate-tormentate-problematiche che Micaela è ormai solita interpretare. C'è però da dire però che come interpreta lei questa tipologia di personaggi, non può farlo davvero nessun altro. Unica co-protagonista femminile al fianco di questo cast stellare è la novità Emma Marrone. Volete sapere come ha recitato la cantante salentina?! Per me è un SI'! Considerando che, in fondo, nel film 'Emma fa Emma', il suo personaggio, Anna, ha molto di quel modo di fare chiassoso e rumoroso a cui la Marrone ci ha abituati nella sua vita reale, ma il fatto che non venga messa in ombra accanto a questi giganti quattro protagonisti, è di per sè già una vittoria.
Gli Anni Più Belli è la storia di un'amicizia raccontata in quattro decenni, accompagnata dagli eventi storici più segnanti di questi ultimi quarant'anni, quasi a far da sfondo e a far comprendere i cambiamenti socio-culturali che in un certo qual modo influenzano l'amicizia di Paolo, Giulio, Riccardo a Gemma. Questa messa in scena è stata sperimentata già in tantissime opere, in primis nell'indimenticabile La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordano, ma non per questo risulta una formula debole e superata.
Vero leitmotiv del film è questo continuo chiedersi 'Tu Come Stai?', onnipresente formula d'apertura nei dialoghi tra i nostri quattro amici, condannati a vivere gli allontamenti e i riavvicinamenti che sono un po' anche quelli che tutti noi viviamo in questa strana forma di relazione sociale che è l'amicizia.
Nostalgico, italiano, emozionante e commovente, Gli Anni Più Belli risulta un ottimo lavoro per Muccino, forse un pò troppo rimbombante nella prima parte, con i nostri protagonisti da giovani, e più giustamente lento e consapevole nella seconda.
E per citare una riflessione di Paolo, il più pacato e sensibile del gruppo, dopo una serie di vicende laceranti che caratterizzeranno il loro percorso, in fondo 'le cicatrici sono solo il segno che è stata dura, ma il sorriso è il segno che ce l'abbiamo fatta'.
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loland10
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domenica 16 febbraio 2020
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lun(o)go romano
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“Gli anni più belli” (2020) è il dodicesimo lungometraggio del regista-sceneggiatore romano Gabriele Muccino.
Il cinema italiano attorno e dopo il cinepanettonismo vario si arieggia di un muccinismo story.
Un film dove il racconto serpeggia e fa ala al corso storico aderente ad una vita forte, intensa, grama e romana. Ecco che il trambusto del dopo ‘mundial’ (1982) fa perdere verginità e ogni via maestra (ancora da venire la ‘finta’ goduria degli anni ottanta): i ragazzi ballano ancora col yuke-box e le ‘canzonette’ instradavano la vita non ‘più dolce’ di felliniana memoria.
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“Gli anni più belli” (2020) è il dodicesimo lungometraggio del regista-sceneggiatore romano Gabriele Muccino.
Il cinema italiano attorno e dopo il cinepanettonismo vario si arieggia di un muccinismo story.
Un film dove il racconto serpeggia e fa ala al corso storico aderente ad una vita forte, intensa, grama e romana. Ecco che il trambusto del dopo ‘mundial’ (1982) fa perdere verginità e ogni via maestra (ancora da venire la ‘finta’ goduria degli anni ottanta): i ragazzi ballano ancora col yuke-box e le ‘canzonette’ instradavano la vita non ‘più dolce’ di felliniana memoria. Tra le strade romane (di lotte politiche, scontri e feriti) inizia un’amicizia che dura quarant’anni.
Giulio, Gemma, Paolo e Riccardo adolescenti e amici. Tra un sopravissuto (Riccardo), un sognatore (Paolo), un testardo (Giulio) e una ‘bimba’ (Gemma) che crede troppo nell’amore si instaurano episodi e storie gravi, dolci, pesanti e timide. Aspirazioni, successi e miserie nelle loro vite attraverso immagini di storia (sempre da immagini tv): la Caduta del Muro di Berlino, la discesa in campo del Cavaliere, l’undici settembre delle Torri Gemelle e le dimostranze di nuovi movimenti.
Il piattume è nel ‘darla senza remora’ come una ‘zoccola’. Ecco che il bivio è facile o la vita non serve viverla. “Brindiamo alle cose che ci piacciono”. Il film inizia con degli scoppi di Capodanno e brindisi a iosa, poi si conclude sempre con un bicchiere di vino. Tutto si aggiusta o quasi, Il ‘fuori onda’ (meglio il fuori-film) durante i titoli di coda appare inutilmente posticcio o meglio accomodante ancora di più.
Alla fine, purtroppo una storia italiana, dove entrano molti difetti dell’italico popolo e dello scialo modo dei ragazzacci romani che vogliono vivacchiare fortemente parafrasando in tono da zombie la dolce vita finita. Da un pezzo.
‘Manca Mastroianni’ dice Paolo. Appunto manca il top di ieri e di un cero acume intellettivo e di aplomb registico forte. O meglio, dicendolo in senso affettivo, fatti una ragione di vita per il cinema di oggi che arriva a questo bivio.
Il film riecheggia il mondo di ‘C’eravamo tanto amati’ (1974, di Ettore Scola), in tendenza colorata, accalcata, posticcia, bonaria e fottuta; fa pensare, illudere, irritare e commuovere. Ecco il cinema di Muccino esalta la ‘gente’ senza nessun scopo (di Monicelli solo gli umori), li lavora, li veste, li schiaffeggia e gli gira attorno per farceli salutare. Un cinema corposo e pieno di sudori e di corse: eccesso degli spazi,
Il mondo mucciniano è fermo in questi paletti e (nonostante alcune pieghe) riesce ad avere un suo piglio con una regia corposamente attenta e sinuosamente aderente ai corpi. Viva e mai dormiente. Tra un’eccitazione giovanile, un amore salutare e un ritorno d’amicizia (con una stazione di passaggi).
Eccessi e finezze, posticci e soavità vanno di pari passo. Alcune sequenze sono segno di pensare in grande. Altre sembrano andare a vuoto. O forse è la storia che si racconta che è piena falsamente..
Primo passo: il rivolgersi a noi è il timbro di Ettore Scola. Secondo passo: lo sciabordare degli amici senza scopo è quello monicelliano; Terzo passo: gli interni e le visualizza oblique sembrano risiane. Quarto passo: il tono di sottofondo continuo musicale rifà il verso ad un puzzle-cartoon; Quinto passo: la colonna sonora annulla vuoti e intensifica oltre il dovuto il cerchio di una vita lieve è amara. Sesto passo: il livore, lo scontro non arriva mai alle amarezze acri di commedie d’annata.
Ecco che il settimo passo è mucciniano un cinema suo al quadrato con colori, immagini e fotografia che decantano il movimento di camera. Un cinema ardimentoso dove il controllo sembra partire e andare fuori ordine. Appositamente con ‘romanità’ vigorosa. Una sceneggiatura di oggi (dove la provincia do Pietro Germi viene sfiorata).
Il ritorno di Giulio alla sua casa di nascita, povera con un piccolino Carletto che sembra il disperato perenne di oggi, appare un qualcosa di inutile. Come lo scontro con ‘sopravvissuto’ (Riccardo) dopo la sequenza della fontana di Trevi e Paolo che parte in auto. O meglio sai già quello che potrebbe succedere.
La parte finale ha un merito con una sequenza e un montaggio di campo e controcampo (tra un ristorante e le scale di un vecchio palazzo, tra amici e Paolo, tra un tornare e un abbraccio).
La trattoria romana e la prima bottiglia; la seconda bottiglia; forse l’ultima bottiglia nel chiamare l’oste. La corsa di Gemma e Paolo che aspetta. Una scena doppia tra un inizio e una fine.
Ecco che Muccino sa bene il mestiere, sa inquadrare, sa prendere le parti. La sua cattiveria è nel mostrarci la superficie perché sotto c’è il marciume. Un hollywoodiano a Trastevere. Ecco quello che Riccardo vorrebbe dire come critico che il film in cui recita è bellissimo. Parafrasando il Romano de’Trevi’.
Pierfrancesco Favino(Giulio), Kim Rossi Stuart (Paolo), Claudio Santamaria (Riccardo) e Micaela Ramazzotti (Gemma) recitano di schianto e di impulso, senza pause e colori sbiaditi. Il loro film è la presenza costante di voci, movimenti e urla. Con canzoni varie che ‘fanno da corsa’ per tutta pellicola. Da ‘Just an Illusion’ (Imagination) ‘Don’t you -forget about me-‘ (Simple Minds –e viene in mente ‘The Breakfast Club’, 1985, aperto e chiuso da questo famoso ‘titolo’-), da Bennato a Baglioni.
Regia: volitiva, intensa, boriosa e ritmata.
Voto: 6½/10 (***) -cinema apripista-
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maria f.
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domenica 16 febbraio 2020
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evviva i buoni film!
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E’ una storia raccontata in modo talmente efficace che ha scatenato in me una tempesta.
Ho dato sfogo a questo moto dell’anima piangendo, senza accorgermene e senza potere trattenere le lacrime: erano anni che un film non mi provocasse una simile reazione dolce, soave ma incontrollabile.
Sin dall’inizio sono stata rapita e affatto catapultata dalla narrazione della vita dei quattro protagonisti e dalla situazione storica e familiare di ciascuno.
Eloquente è all’inizio la scena in cui l’uccellino di Paolo spicca il volo all’esterno e dopo avere assaggiato un po’ di libertà, vorrebbe rientrare in casa ma inesperto del mondo si spiaccica contro il vetro di una finestra chiusa schiantandosi poi sul davanzale, così, Giulio, Paolo e Sopravvissù (Riccardo), sempre concentrati con caparbietà nel cercare di raggiungere i loro obiettivi adolescenziali, già allora davano una fotografia di come poi avrebbero affrontato la loro esistenza e gli inciampi contro cui avrebbero dovuto lottare da soli.
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E’ una storia raccontata in modo talmente efficace che ha scatenato in me una tempesta.
Ho dato sfogo a questo moto dell’anima piangendo, senza accorgermene e senza potere trattenere le lacrime: erano anni che un film non mi provocasse una simile reazione dolce, soave ma incontrollabile.
Sin dall’inizio sono stata rapita e affatto catapultata dalla narrazione della vita dei quattro protagonisti e dalla situazione storica e familiare di ciascuno.
Eloquente è all’inizio la scena in cui l’uccellino di Paolo spicca il volo all’esterno e dopo avere assaggiato un po’ di libertà, vorrebbe rientrare in casa ma inesperto del mondo si spiaccica contro il vetro di una finestra chiusa schiantandosi poi sul davanzale, così, Giulio, Paolo e Sopravvissù (Riccardo), sempre concentrati con caparbietà nel cercare di raggiungere i loro obiettivi adolescenziali, già allora davano una fotografia di come poi avrebbero affrontato la loro esistenza e gli inciampi contro cui avrebbero dovuto lottare da soli.
Lo stare sempre insieme da giovinetti e aiutarsi e amarsi profondamente li porterà a scoprire loro che proprio da chi si ama di più possono arrivare delusioni, abbandoni, ferite e non per cattiveria ma perché così è la vita, bisogna anche arrendersi, si cambia.
Muccino ha descritto in maniera magistrale l’unicità dei personaggi, ha pennellato in modo assai scultoreo il loro temperamento attraverso un linguaggio ricco, credibile, attinente alla realtà di ognuno, ogni frase pronunciata in qualsiasi situazione mi è giunta inerente e fedele ai personaggi.
I momenti che mi hanno letteralmente fatto innamorare sono sati gli sguardi docili ma carichi di significati, le carezze lievissime, dolcissime e avvolgenti, gli abbracci verticali con mani aperte, accoglienti, rassicuranti, fascianti le spalle di Gemma.
Paolo e Giulio hanno infiammato il mio cuore trasmettendomi un sentimento protettivo e potente, sincero e duraturo.
E anche Riccardo è all’altezza della situazione, alla grande riesce a fare da collante e a riunire dopo anni la compagnia, lui quello meno fortunato e più bisognoso di supporto, lui che ha dovuto vivere in ristrettezze economiche e non sostenuto da un amore per sempre.
E infine Gemma: Gemma è…. Gemma! Rappresenta insieme un bocciolo e una pietra preziosa.
I figli si conosceranno e fra loro, come i loro padri, stringeranno un’amicizia, s’innamoreranno, il momento storico sarà un altro, erediteranno dai loro padri due pensieri fondamentali: ”Non fare mai compromessi con nessuno, le cose devono andare bene per te non per gli altri”, e brinderanno anche loro ”Alle cose che ci fanno stare bene!”.
M’inchino alla capacità di tutti per essere stati in grado di “farmi stare bene!”
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ericamartini
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domenica 16 febbraio 2020
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pessimo film , pessimo quasi plagio
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Concordo con chi ha scritto che Muccino si é rifatto in maniera totale al film C'ERAVAMO TANTO AMATI; infatti si tratta di una bruttissima copia dei personaggi di quel film di Scola, senza però possederne la qualità, il talento e la capacità di denuncia politico/ sociale che il film di Scola possedeva. Qui Muccino fa il solito compitino insufficiente, farcendolo con una romanità becere e coatta che francamente infastidisce. E c' é la solita maschera dalla" espressione devastata e fragile della solita Ramazzotti che con Gemma ripropone il solito ruolo della ragazza che si "perde' nelle strade della vita, gli attori del trio di amici sono troppo vecchi per interpretare i personaggi a 30 anni, scelta veramente ridicola.
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Concordo con chi ha scritto che Muccino si é rifatto in maniera totale al film C'ERAVAMO TANTO AMATI; infatti si tratta di una bruttissima copia dei personaggi di quel film di Scola, senza però possederne la qualità, il talento e la capacità di denuncia politico/ sociale che il film di Scola possedeva. Qui Muccino fa il solito compitino insufficiente, farcendolo con una romanità becere e coatta che francamente infastidisce. E c' é la solita maschera dalla" espressione devastata e fragile della solita Ramazzotti che con Gemma ripropone il solito ruolo della ragazza che si "perde' nelle strade della vita, gli attori del trio di amici sono troppo vecchi per interpretare i personaggi a 30 anni, scelta veramente ridicola. Il tutto con le solite corse arrabbiare, le scene gridate, i pianti e tutto il repertorio trash del cinema " sentimentale' di Muccino. E con la solita nota di autocompiacimento che non so da cosa possa derivarem
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domenica 16 febbraio 2020
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remake di c’eravamo tanto amati
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Possibile che non vi siate accorti che la storia é identica a C’eravamo Tanto Amati di Ettore Scola? Inoltre io che ho vissuto gli anni 80 in questo film non li ho proprio percepiti. Non bastano le citazioni negli oggetti o nei finti notiziari... Gli attori sono tutti bravissimi, in particolare Kim RS, e reggono di fatto un film senza originalitá e sostanzialmente irrisolto.
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