fabrizio friuli
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giovedì 31 agosto 2023
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il furfante e il nativo
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In una zona malfamata di Taranto, la città pugliese contaminata dalla presenza dell' Ilva , un furfante che viene nominato Barboncino, sta assistendo un gruppo di malviventi come lui durante un colpo, fon quando lui stesso non sottrae il malloppo e fugge via per non essere trovato e soppresso dai suoi ex collaboratori, ed incontra un soggetto solitario ( presumibilmente un uomo con problemi mentali ) che crede di essere un nativo americano e che la zona degradata dove egli vive sia il west americano, tuttavia, lo stravagante soggetto e il barboncino riescono a diventare amici, inizialmente perché il barboncino non sa più di chi potersi fidare, ma poi comprende che il " nativo tarantino " è l' unica persona di cui può fidarsi veramente.
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In una zona malfamata di Taranto, la città pugliese contaminata dalla presenza dell' Ilva , un furfante che viene nominato Barboncino, sta assistendo un gruppo di malviventi come lui durante un colpo, fon quando lui stesso non sottrae il malloppo e fugge via per non essere trovato e soppresso dai suoi ex collaboratori, ed incontra un soggetto solitario ( presumibilmente un uomo con problemi mentali ) che crede di essere un nativo americano e che la zona degradata dove egli vive sia il west americano, tuttavia, lo stravagante soggetto e il barboncino riescono a diventare amici, inizialmente perché il barboncino non sa più di chi potersi fidare, ma poi comprende che il " nativo tarantino " è l' unica persona di cui può fidarsi veramente.
Il Grande Spirito, sebbene sia il solito lungometraggio italiano nel quale appaiono i criminali ( simili ai malavitosi ) , infatti, il protagonista ( Tonino ) , impersonato dallo stesso Sergio Rubini, ha un modo di apparire e di vestire che lo rende simile ad un mafioso, è un film nel quale il secondo protagonista ( Renato ) ha un valore che supera quello del protagonista, perché lui , in una scena del film, cita un aforisma di Toro Seduto dove afferma che gli " yankee " distruggendo quello che la natura possiede, si renderanno conto in ritardo che, consumando le risorse naturali, condanneranno loro stessi e rimarrà soltanto il denaro che, pur garantendo il potere, non è una risorsa che permette di sopravvivere se nulla è più rimasto. L' aforisma viene citato dal protagonista secondario del film, interpretato dall' attore Rocco Papaleo, tanto talentuoso nelle commedie davvero divertenti come Che Bella Giornata, Nessuno mi può Giudicare, Viva L'Italia è Basilicata Coast to Coast quanto talentuoso in un film drammatico come questo, nulla da aggiungere sulle doti recitative di Sergio Rubini , essendo un attore altamente versatile, anche se il suo personaggio non è molto originale ( un criminale che partecipa ad un colpo ed imbroglia i suoi complici per appropriarsi del malloppo, come un personaggio del film The Italian Job ). La regia del film è un ulteriore punto di forza perché mostra in modo perfetto la parte contaminata della città tra i due mari, ossia Taranto e oltre a Sergio Rubini e Rocco Papaleo, in questo film è apparsa anche un ' attrice pugliese presente nel film Cado Dalle Nubi e nella famosa serie Gomorra : Ivana Lotito e, sebbene non sia un personaggio che appare con frequenza nel corso del film, è una donna sposata con un uomo con il quale ha un rapporto piuttosto conflittuale. Anche se Il Grande Spirito risulta essere il solito lungometraggio italiano nel quale appaiono I malviventi, la zona di Taranto in cui si svolge la vicenda è stata ripresa in maniera notevole e i personaggi principali sono stati ben scritti e caratterizzati, anche Tonino, perché lui, al contrario di Renato, si esprime usando il dialetto tarantino.
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enzo70
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giovedì 15 aprile 2021
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film difficile quanto intenso
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Cervo Nero sogna il Canada, ma vive sui tetti di Taranto, le grandi praterie sullo sfondo sono le acciaierie dell’Ilva. E partiamo dall’interpretazione di Renato da parte di Rocco Papaleo. A mio avviso il miglior film dell’attore lucano che è perfetto nel dare volto e voce ad un uomo che affronta le proprie difficoltà psichiche rifugiandosi dietro un sogno: quello del grande spirito. Ottimo anche Rubini, sia come regista che come attore: Interpreta Renato, un piccolo criminale che alla ricerca di un riscatto ruba ai compari una valigetta che contiene il contenuto di una rapina. Sempre a Taranto, città che diventa essa stessa protagonista in questo film che si svolge su una terrazza, in cui l’utilizzo intenso del dialetto richiede i sottotitoli, in cui una donna costretta a prostituirsi trova motivo di riscatto.
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Cervo Nero sogna il Canada, ma vive sui tetti di Taranto, le grandi praterie sullo sfondo sono le acciaierie dell’Ilva. E partiamo dall’interpretazione di Renato da parte di Rocco Papaleo. A mio avviso il miglior film dell’attore lucano che è perfetto nel dare volto e voce ad un uomo che affronta le proprie difficoltà psichiche rifugiandosi dietro un sogno: quello del grande spirito. Ottimo anche Rubini, sia come regista che come attore: Interpreta Renato, un piccolo criminale che alla ricerca di un riscatto ruba ai compari una valigetta che contiene il contenuto di una rapina. Sempre a Taranto, città che diventa essa stessa protagonista in questo film che si svolge su una terrazza, in cui l’utilizzo intenso del dialetto richiede i sottotitoli, in cui una donna costretta a prostituirsi trova motivo di riscatto. E poi c’è la storia del rapporto impossibile tra uno psico labile ed un criminale, tra il coraggio di un sognatore e le miserie di chi vive nel sottobosco della società. Meravigliose le musiche di Ludovico Einaudi. E’ un film complesso, a tratti ostico, i toni sono spesso duri. Ma che merita un posto tra i migliori film italiani degli ultimi anni.
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chiara naccarato
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martedì 21 gennaio 2020
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mirabilissima interpretazione di rocco papaleo
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Da VE DE RE... Un Rocco Papaleo da Premio Speciale per una mirabilissima interpretazione: autentica, rotonda, profondamente convincente, al punto da essere carismatica, calamitante, al punto che ti porta via in una commozione inaspettata e rapita. È LUI il protagonista, LUI è il film... oltre ogni lettura banale e superficiale che si può trovare nelle versioni delle trame propinate dal web.
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k. s. stanislavskij
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sabato 11 gennaio 2020
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poesia e delicatezza. una sorpresa!
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Il trailer non rende giustizia a questo piccolo capolavoro. Mi aspettavo una commediuola senza pretese...invece é un film di rara sensibilità cinematografica, con personaggi e atmosfere, musiche e fotografia straordinarie. Davvero un'opera sottovalutata che merita piú attenzione. bravissimi Rubini e Papaleo.
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k. s. stanislavskij
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sabato 11 gennaio 2020
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poesia e delicatezza. una sorpresa!
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Il trailer non rende giustizia a questo piccolo capolavoro. Mi aspettavo una commediuola senza pretese...invece é un film di rara sensibilità cinematografica, con personaggi e atmosfere, musiche e fotografia straordinarie. Davvero un'opera sottovalutata che merita piú attenzione. bravissimi Rubini e Papaleo.
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franzone
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domenica 24 novembre 2019
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interessante
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Il miglior film di Rubini regista
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gisella
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lunedì 7 ottobre 2019
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delicata comicità surreale
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Non ho mai amato le commedie, soprattutto quelle italiane, perché le ho sempre considerate monotone e con pochissimi contenuti interessanti. Ho avuto in questi giorni la fortuna di ‘penetrare’ in questo meraviglioso gioiello di Sergio Rubini ‘Il grande spirito’, che ha suscitato in me delle meravigliose e interessanti sensazioni.
Il regista ha voluto che noi spettatori entrassimo in un mondo ‘stratificato’ rappresentato dall’ instabilità e squilibrio degli edifici degradati nella zona di Taranto rappresentata nel film. I classici individui, nella zona bassa, che cercano d’arraffare denaro per poter vivere e sistemarsi per sempre, anche e soprattutto a spese degli altri, vivendo così la solita vita da ‘perdenti’ che comprendono solo il valore del Dio Denaro.
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Non ho mai amato le commedie, soprattutto quelle italiane, perché le ho sempre considerate monotone e con pochissimi contenuti interessanti. Ho avuto in questi giorni la fortuna di ‘penetrare’ in questo meraviglioso gioiello di Sergio Rubini ‘Il grande spirito’, che ha suscitato in me delle meravigliose e interessanti sensazioni.
Il regista ha voluto che noi spettatori entrassimo in un mondo ‘stratificato’ rappresentato dall’ instabilità e squilibrio degli edifici degradati nella zona di Taranto rappresentata nel film. I classici individui, nella zona bassa, che cercano d’arraffare denaro per poter vivere e sistemarsi per sempre, anche e soprattutto a spese degli altri, vivendo così la solita vita da ‘perdenti’ che comprendono solo il valore del Dio Denaro.
Nella zona più alta di questo microcosmo, troviamo un poveretto considerato ‘minorato’ perché vive in un mondo più spirituale, costruito sulle ideologie degli indiani del Canada, di cui lui crede di far parte. Venera il Grande Spirito, non si identifica con la realtà in cui vive, composta da valori materialisti opposti al suo credo, ma si erge in difesa di valori più nobili. Aiuta questo amico che lui considera un emissario del Grande Spirito.
Il ‘Leitmotiv’ di questa opera è la contrapposizione fra il mondo ‘antico’ del personaggio interpretato da Rocco Papaleo, e il mondo ‘moderno’, quello attuale, che sprofonda sempre più verso il degrado, mentre i fumi delle ciminiere salgono e ci schiacciano, ci circondano e ci annientano.
La visione dell’indiano è quella del rispetto verso la natura, verso il sacro bisonte, verso l’amicizia e la condivisione; aiuta il suo nuovo amico con tutte le proprie forze, seppure con i suoi limiti, fino al sacrificio.
Non credo che in mondi diversi dal nostro ci sia un bisogno assoluto di apportare civiltà: noi l’ abbiamo persa pensando di possederla. Grazie, Sergio Rubini
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mauro@lanari
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sabato 28 settembre 2019
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sopra il cielo di taranto
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Il claustrofobico tinellismo del cinema italiano (nello specifico: "La stazione", 1990) sfondato dalla celeste prospettiva dai tetti di Taranto: già con questa scelta Rubini liquida l'enfasi retorica e finalmente s'assiste a un gioco di contrasti. Pure l'accoppiata fra lui e Papaleo è quella di due emarginati/marginali diversi, realismo e surrealismo. "Verismo magico", uno dei migliori ossimori che si diano in estetica. Pregevoli le musiche di Ludovico Einaudi, ottimo il cast e la recitazione anche nei ruoli minori, scorrevolissima la sceneggiatura con qualche flashback, mentr'il finale è amaro, disperato, irredento, quasi una scoria melgibsoniana più nociva dell'Ilva. Oppure il sacrificio di Corvo Nero andrebbe visto secondo l'ottica della spiritualità Sioux e non eurocentrica o yankee.
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Il claustrofobico tinellismo del cinema italiano (nello specifico: "La stazione", 1990) sfondato dalla celeste prospettiva dai tetti di Taranto: già con questa scelta Rubini liquida l'enfasi retorica e finalmente s'assiste a un gioco di contrasti. Pure l'accoppiata fra lui e Papaleo è quella di due emarginati/marginali diversi, realismo e surrealismo. "Verismo magico", uno dei migliori ossimori che si diano in estetica. Pregevoli le musiche di Ludovico Einaudi, ottimo il cast e la recitazione anche nei ruoli minori, scorrevolissima la sceneggiatura con qualche flashback, mentr'il finale è amaro, disperato, irredento, quasi una scoria melgibsoniana più nociva dell'Ilva. Oppure il sacrificio di Corvo Nero andrebbe visto secondo l'ottica della spiritualità Sioux e non eurocentrica o yankee. Poetico, lirico, emozionante.
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[+] "corvo nero"?
(di mauro@lanari)
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jonnylogan
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martedì 27 agosto 2019
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l'indiano sul tetto che scotta
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Tonino, soprannominato barboncino, è un piccolo criminale di Taranto spesso dileggiato dai suoi complici e ormai usato semplicemente come palo. Al termine di una rapina la refurtiva rimane nelle sue mani e fiutando la possibilità di riscattare una vita fatta di stenti decide di scappare braccato dagli ex complici e da una loro banda rivale. Durante la fuga trova rifugio all’interno di un solaio dove vive Renato, uno strano personaggio che si finge un Indiano dal nome di battaglia di Cervo Nero. Un western urbano firmato, pensato e scritto a più mani grazie anche all’aiuto dello stesso Rubini, ormai giunto alla sua tredicesima pellicola, e che questa volta ha deciso di dedicare alla sua regione d’origine un’opera quasi del tutto interpretata in dialetto e con sottotitoli indispensabili per captare discorsi pronunciati alla velocità della luce.
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Tonino, soprannominato barboncino, è un piccolo criminale di Taranto spesso dileggiato dai suoi complici e ormai usato semplicemente come palo. Al termine di una rapina la refurtiva rimane nelle sue mani e fiutando la possibilità di riscattare una vita fatta di stenti decide di scappare braccato dagli ex complici e da una loro banda rivale. Durante la fuga trova rifugio all’interno di un solaio dove vive Renato, uno strano personaggio che si finge un Indiano dal nome di battaglia di Cervo Nero. Un western urbano firmato, pensato e scritto a più mani grazie anche all’aiuto dello stesso Rubini, ormai giunto alla sua tredicesima pellicola, e che questa volta ha deciso di dedicare alla sua regione d’origine un’opera quasi del tutto interpretata in dialetto e con sottotitoli indispensabili per captare discorsi pronunciati alla velocità della luce. Una pellicola al tempo stesso capace di essere letta su differenti piani narrativi. Il primo costruito come fuga fra i tetti della città e quindi visto in termini ascensionali. Un altro che vede Tonino come protagonista di una guerra fratricida fra bande criminali. Il terzo, forse il più tristemente subdolo e mediaticamente celebrato, le ciminiere dell’ILVA capaci di avvelenare l’aria di Taranto. Ad attendere Tonino nella sua fuga sui tetti e subito pronto a scollegarlo dai problemi di ogni giorno, c’è Renato, un povero “MI-NO-RA-TO”, come ama scandire lo stesso Tonino, che nel ladro vede “L’uomo del destino” arrivato grazie all’intervento del ‘Grande Spirito’, oltre che un amico dal quale non saprà separarsi facilmente. Rocco Papaleo si cala perfettamente nel ruolo di un personaggio che frequenta esclusivamente i tetti della periferia e le proprie fantasie e che ormai è mal sopportato da vicini ed è anche del tutto abbandonato a sé stesso a causa della scomparsa del padre morto per colpa dei fumi dell’ILVA. Esattamente come Tonino anche Renato desidera la fuga da una quotidianità che ormai non gli appartiene più, con numerosi rapporti ormai corrosi esattamente come nel caso del suo sodale. Completa l’opera una fotografia magistrale della periferia di Taranto firmata da Michele D’Attanasio e una colonna strumentale e malinconica di Ludovico Einaudi, esattamente come la vita dei due protagonisti. Film onirico e al tempo stesso tremendamente ancorato alla vita di tutti i giorni e per questo di difficile classificazione perché sempre in bilico fra dramma e commedia.
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lizzy
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martedì 27 agosto 2019
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un capolavoro immenso
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Lo ammetto, viste certe premesse, ed alcune scelte precedenti non proprio azzeccate dei due (sia nella sezione "interpretazione" che in quella "regia") ho approcciato il prodotto in maniera imparziale: senza troppi entusiasmi o pretese, intendo.
Invece...
In "Il Grande Spirito" c'è tutto il sud.
Quello con la "s" minuscola, quello martoriato da mafie e malaffare, da speculazione commerciale ed industriale, quello fatto di superstizioni e leggende metropolitane, quello costruito su immondizia e menefreghismo, su maleducazione ed ignoranza.
Il sud è tutto qua: sebbene molto "romanzato" le macchiette ci stanno tutte e, a volte, forse manco riescono a ricreare la vera, triste, squallida e desolatamente irrecuperabile, realtà dei bassifondi allucinati, delle periferie ignoranti, della suburbia analfabeta.
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Lo ammetto, viste certe premesse, ed alcune scelte precedenti non proprio azzeccate dei due (sia nella sezione "interpretazione" che in quella "regia") ho approcciato il prodotto in maniera imparziale: senza troppi entusiasmi o pretese, intendo.
Invece...
In "Il Grande Spirito" c'è tutto il sud.
Quello con la "s" minuscola, quello martoriato da mafie e malaffare, da speculazione commerciale ed industriale, quello fatto di superstizioni e leggende metropolitane, quello costruito su immondizia e menefreghismo, su maleducazione ed ignoranza.
Il sud è tutto qua: sebbene molto "romanzato" le macchiette ci stanno tutte e, a volte, forse manco riescono a ricreare la vera, triste, squallida e desolatamente irrecuperabile, realtà dei bassifondi allucinati, delle periferie ignoranti, della suburbia analfabeta.
Rubini e Papaleo qua sono da Oscar, ma non un oscar (con la "o" minuscola) alla David (di Donatello), l' Oscar quello vero, quello che solo i grandissimi riescono a vedere almeno una volta nella loro vita.
Non potrei pensare ad attori migliori o interpretazioni ancora più riuscite per "Il Grande Spirito".
In effetti, Guaccero fuori posto e asettica a parte (l'unica nota stonata di tutta la pellicola, vista la recitazione "televisiva" e mai veramente convincente: sembra che la signora stia facendo i soliti suoi scemi siparietti nello spettacolino monocorde di Raidue...), sembra di trovarci davanti ad un film in presa diretta tanto le cose sembrano realistiche.
Certo, se questo tipo di sud (con la "s" minuscola) non si è vissuto in prima persona forse non se ne può apprezzare appieno l'atmosfera di cui parlo.
Eppure...
E alla fine, come da solito (quasi) "Happy Ending da copione", tutti si redimono nel finale, dal ladruncolo Rubini che scappa finalmente con il suo bottino alla donna un po' moglie/schiava, un po' madre/chioccia, un po' prostituta a tempo determinato, financo al mi-no-ra-to Papaleo che, nell'estremo sacrificio, trova il suo (giusto) ricongiugimento con il Grande Spirito del titolo nei verdi pascoli (speriamo per lui) del cielo.
In tutto questo industria, Stato, forze dell' ordine, cittadini, non ci fanno una gran figura, anzi.
Ma qua, non dimentichiamolo, siamo sempre al sud (quello con la "s" minuscola) e non sono previste remissioni di peccati e il fine pena è indiscutibilmente "mai".
Tranne se sei fra i protagonisti del film di Rubini.
Film bellissimo: da averne una copia in cineteca e da far visionare nelle scuole.
Specie quelle del Nord. Il Nord con la "N" maiuscola...
P.S. La cosa che rovina il film a mio avviso sono i sottotitoli in italiano. Io ho capito benissimo i dialoghi in tutte le scene, ma quelle scritte in italiano mi davano realmente sui nervi distraendo la mia attenzione e facendomi fuoriuscire dall'atmosfera nella quale il film ti fa penetrare fin dalle prime battute...
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