Torna al cinema, dopo “La Legge del Mercato”, nuovamente la coppia Stephane Brizé e Vincent Lindon con il film “In Guerra” dove, ancora una volta viene affrontato un tema sociale e, precisamente, quello dello sciopero, sfociato in rivolta, degli operai di una fabbrica, minacciati di un quanto mai prossimo e certo licenziamento.
L’attore Vincent Lindon interpreta il capo di un movimento sindacale che guida, appunto, alla contestazione gli operai di una fabbrica di componenti automobilistici la quale intende chiudere definitivamente i battenti poichè non riesce a far fronte alla concorrenza, nonostante la produzione degli ultimi due anni risulti positiva per l’azienda, e nonostante la precedente promessa fatta ai dipendenti della certezza del lavoro per cinque anni. Così il protagonista, guidando l’intero gruppo del personale operaio, si muove alla ricerca di un confronto verbale con i vari dirigenti dell’azienda al fine di ottenere un accordo soddisfacente, confronto che per svariate ragioni viene sempre o rimandato od alla fine ottenuto ma con esiti inconcludenti in quanto inaccettabili. Cosicchè si assiste alla sempre più crescente tensione tra il gruppo operaio e quello dirigenziale come anche alla spaccatura all’interno dello stesso primo gruppo, dove alcuni elementi preferiranno ‘allontanarsi’ dalla parte restante conducendo a loro modo la contestazione ed accettando soluzioni palliative e ben lontane da quelle prefisse della rivolta iniziale. Il tragico epilogo riuscirà a smuovere la situazione.
Come “La Legge del Mercato”, anche “In Guerra” è un film crudo e, purtroppo, quanto mai realistico che affronta ancora una volta la difficile ed attuale problematica concernente il mondo del lavoro e la sua crisi. Il titolo, “In Guerra”, (tradotto esattamente uguale all’originale francese) denota già di per sè l’alta drammaticità della situazione presentata sullo schermo dove la vicenda, nel suo svolgersi, si snoda in un crescendo sempre più elevato di tensione, di drammaticità e di violenza sino a scaturire nella tragicità assoluta del gesto finale del protagonista, che qui è bene non rivelare per non togliere l’effetto sorpresa allo spettatore. Per il regista Brizé che ben conosce ed ha profondamente analizzato in molte sue pellicole la problematica della chiusura delle aziende ed il conseguente licenziamento della classe operaia, non vi è soluzione, se non quella di un gesto estremo al fine di risvegliare le coscienze e, forse, di poter risolvere qualcosa al meglio. Nel film, dividendo su due schieramenti, come, appunto, due eserciti opposti in un conflitto bellico, le due fazioni, la classe operaia da una parte e quella dirigente dall’altra, Brizé in maniera del tutto obiettiva e realistica mette in evidenza ed allo stesso tempo denuncia soprattutto la mancanza di dialogo tra esse e soprattutto le differenti motivazioni di ognuna di loro che le inducono ad agire in un determinato modo a proprio favore. La precisa, lucida, e sempre più incalzante regia del regista francese, racchiusa, peraltro, in una tempistica ottimale, rende la pellicola molto avvincente ed interessante evitando così di cadere in una ridondanza di avvenimenti e di violenza eccessiva che potrebbero inevitabilmente condurre alla noia a discapito anche del messaggio trasmesso. Del resto, Brizé è un maestro nel presentare, registicamente parlando, le proprie storie e vi riesce affrontando anche tematiche diverse nel corso della sua produzione (basti pensare al suo “Una Vita”) senza mai cristallizzarsi in un argomento.
In aggiunta, in una perfetta collaborazione e sintonia con Vincent Lindon che ormai è divenuto il suo attore feticcio e che anche in questa ennesima occasione si è rivelato sempre all’altezza dei suoi più svariati ruoli, Brizé riesce ancora una volta a consegnare un prodotto di qualità da essere inserito tra i più interessanti usciti in questo periodo nelle sale cinematografiche.
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