jagofilm
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sabato 14 gennaio 2023
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... e un po' schifoso. Insufficiente: non ne vale la pena.
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jagofilm
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mercoledì 4 gennaio 2023
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dandy
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venerdì 5 marzo 2021
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tripvenge.
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Al secondo film("Beyond the black rainbow" da noi è ancora inedito)il figlio di George Pan Cosmatos mira all'horror anni'80(in cui la vicenda è ambientata) da cui riprende in primis "Hellraiser"(i 4 motociclisti palesemente ricalcati sui cenobiti)e tra le altre cose nell'insieme sembra ammiccare anche a "Conan il barbaro".La fotografia è un trionfo di colori accesi a partire dal rosso,in linea con l'atmosfera psichedelica e i toni dilatati e ipnotici(il gore è concentrato nella seconda parte).Le scenografie sono suggestive(la base del cattivo,il covo del Chimico)e come in "Color out the space" è apprezzabile la decisione di voler andare contro le mode odierne,e Cage viene sfruttato con efficacia(qui fa quasi a meno degli scleri).
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Al secondo film("Beyond the black rainbow" da noi è ancora inedito)il figlio di George Pan Cosmatos mira all'horror anni'80(in cui la vicenda è ambientata) da cui riprende in primis "Hellraiser"(i 4 motociclisti palesemente ricalcati sui cenobiti)e tra le altre cose nell'insieme sembra ammiccare anche a "Conan il barbaro".La fotografia è un trionfo di colori accesi a partire dal rosso,in linea con l'atmosfera psichedelica e i toni dilatati e ipnotici(il gore è concentrato nella seconda parte).Le scenografie sono suggestive(la base del cattivo,il covo del Chimico)e come in "Color out the space" è apprezzabile la decisione di voler andare contro le mode odierne,e Cage viene sfruttato con efficacia(qui fa quasi a meno degli scleri).Ma dalla seconda parte è come se fosse subentrato un altro regista:ci si butta nel revenge movie più scontato,con gli eventi che si susseguono a pilota automatico e le forzature che imperano.E i cattivi sono le solite scontatissime macchiette,a cominciare dall'ex-procuratore delle serie più recenti di Law & Order Roache,che fa il Charles Manson dei poveri.Un prodotto di genere visivamente(e acusticamente)affascinante ma letteralmente riuscito a metà.L'entusiasmo non è comunque mancato.Notevoli le musiche di Johann Johannsson(scomparso poco dopo le riprese).Tra i produttori c'è Elijah Wood.Il brano dei titoli di testa è "Starless" dei King Crimson.La spada forgiata dal protagonista è un omaggio al logo dei Celtic Frost.Lo spot dei cereali che si vede alla tv è di Casper Kelly.La frase che apre il film fu prounciata dal killer Douglas Roberts prima della sua esecuzione.
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wolvie
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domenica 31 gennaio 2021
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noia horror
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"Mandy" è un film pessimo, ma non per questo mi posso rifiutare di metacontestualizzarlo:
1) è diretto dal figlio di quel regista "filibustiere" di George Pan Cosmatos;
2) tra i produttori c'è l' attore Elijah Wood, sempre più dedito alla produzione di film horror;
3) il film si apre sulle note della canzone "Starless" dei King Crimson tratta dall' album "Red";
4) Red è anche il nome del protagonista interpretato da Nicholas Cage;
5) il cognome "Cage", Nicholas Coppola l' ha preso in prestito dal personaggio dei fumetti Marvel Luke Cage ( per sua stessa ammissione Nicholas è da sempre appassionato di fumetti, ha interpretato ben: 2 film nei panni di Ghost Rider, Big Daddy in "Kick-Ass" e prestato la voce allo Spider-Man noir in "Into the Spider-Verse"), e anche in questo film Red cita Galactus, il divoratore di mondi dell' Universo Marvel.
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"Mandy" è un film pessimo, ma non per questo mi posso rifiutare di metacontestualizzarlo:
1) è diretto dal figlio di quel regista "filibustiere" di George Pan Cosmatos;
2) tra i produttori c'è l' attore Elijah Wood, sempre più dedito alla produzione di film horror;
3) il film si apre sulle note della canzone "Starless" dei King Crimson tratta dall' album "Red";
4) Red è anche il nome del protagonista interpretato da Nicholas Cage;
5) il cognome "Cage", Nicholas Coppola l' ha preso in prestito dal personaggio dei fumetti Marvel Luke Cage ( per sua stessa ammissione Nicholas è da sempre appassionato di fumetti, ha interpretato ben: 2 film nei panni di Ghost Rider, Big Daddy in "Kick-Ass" e prestato la voce allo Spider-Man noir in "Into the Spider-Verse"), e anche in questo film Red cita Galactus, il divoratore di mondi dell' Universo Marvel. Nonché il disegno del cartellone pubblicitario del film che richiama iconograficamente il disegno del film "Avengers:Endgame".
Quindi, metal anni '80/fumetti/Bad Trip da LSD, questo è il substrato del revenge-movie con un' altra delle interpretazioni fiume clownesca del Cage, contro la setta capitanata dal pazzo profeta Jeremiah e dalla banda di motociclisti trasformatasi in una sorta di "suppliziati-cenobiti" arrivati direttamente dalla saga ideata da Clive Barker, "Hellraiser", dopo un trip causato da LSD moooltooo adulterata.
Il film non decolla mai, non basta lo splatter profuso a piene mani nella seconda parte. Non c'è mai catarsi, basterebbe vedersi "Wrong Turn 2 - Senza Via di Uscita" di Joe Lynch del 1997 e il personaggio di Dale Murphy interpretato da Henry Rollins e avremmo visto già quasi tutto.
Scult: Linus Roache che mostra il pipino!!!
Cult: Bill Duke, in due minuti si mangia il film.
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shagrath
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giovedì 28 maggio 2020
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l'oscuro delirio del vendicatore
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Opera impostata in maniera innovativa e inaspettata. La trama è l'unico aspetto poco originale: una donna viene rapita da una setta di squilibrati che abusano di sostanze stupefacenti. Il marito si abbandonerà alla vendetta violenta, consumata con uccisioni sempre più brutali e spettacolari, di pari passo con la discesa verso le alterazioni dello stato di coscienza del protagonista e dei rapitori. La fotografia è allucinata, psichedelica, stralunata, stroboscopica; in una parola strabiliante. La regia regala sequenze ieratiche, oniriche, inquadrature misurate quanto imponenti. Si susseguono situazioni paranoiche e stralunate, violenze con retrogusto scenografico e iconico.
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Opera impostata in maniera innovativa e inaspettata. La trama è l'unico aspetto poco originale: una donna viene rapita da una setta di squilibrati che abusano di sostanze stupefacenti. Il marito si abbandonerà alla vendetta violenta, consumata con uccisioni sempre più brutali e spettacolari, di pari passo con la discesa verso le alterazioni dello stato di coscienza del protagonista e dei rapitori. La fotografia è allucinata, psichedelica, stralunata, stroboscopica; in una parola strabiliante. La regia regala sequenze ieratiche, oniriche, inquadrature misurate quanto imponenti. Si susseguono situazioni paranoiche e stralunate, violenze con retrogusto scenografico e iconico. Eppure è un'opera raffinata nella sua brutalità, coerente, che mantiene un profilo alto, senza scadere nel ridicolo o nello sciatto, trovando una solida armonia interna. Complice anche la colonna sonora che funge da collante dinamico, cupa, primitiva, inquietante, a tratti prevaricante. Un film oscuro, delirante, dove regna il caos e la distruzione della mente prima ancora che del corpo. Un piccolo capolavoro che spicca tra la massa informe dei thriller d'intrattenimento fatti con la fotocopiatrice.
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felicity
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lunedì 4 maggio 2020
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una sequela di cose matte a caso, un delirio
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Mandy è un film arty, lento e molto noioso che punta tutto sul lato estetico per far vedere quanto è fuori dagli schemi ma che poi, sfortunatamente, non riesce mai veramente a stupire.
Di base, si tratta di luci e colori sparati a caso in set piuttosto pazzeschi. Manca però una vera e propria idea di messa in scena, una costruzione delle scene omogenea, che non appaia per quello che in realtà è: una sequela di cose matte a caso.
E' un film di uno che vuole giocare a fare Nicolas Winding Refn, ma non ce la fa.
Più che un film, Mandy è un concerto heavy metal, con ottimi musicisti sul palco che sfortunatamente suonano ognuno per conto proprio.
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Mandy è un film arty, lento e molto noioso che punta tutto sul lato estetico per far vedere quanto è fuori dagli schemi ma che poi, sfortunatamente, non riesce mai veramente a stupire.
Di base, si tratta di luci e colori sparati a caso in set piuttosto pazzeschi. Manca però una vera e propria idea di messa in scena, una costruzione delle scene omogenea, che non appaia per quello che in realtà è: una sequela di cose matte a caso.
E' un film di uno che vuole giocare a fare Nicolas Winding Refn, ma non ce la fa.
Più che un film, Mandy è un concerto heavy metal, con ottimi musicisti sul palco che sfortunatamente suonano ognuno per conto proprio. Ma bastano i loro nomi e i fan accorrono, applaudendo appena azzeccano un assolo. Qui i musicisti si chiamano Tobe Hooper, Clive Barker, Sam Raimi, Sean Cunningham e naturalmente Rob Zombie.
Per una buona metà, per fortuna la prima, il film è un delirio psichedelico abbastanza tedioso, ma per lo meno coerente.
Poi, quando il protagonista intraprende il suo percorso di vendetta, le cose si mettono davvero in moto, e diventa chiaro che il regista cerca la risata liberatoria: asce forgiate dal nulla come se fossimo finiti dentro Conan il Barbaro, duelli a colpi di motosega che sembrano uno spin-off di Evil Dead, combattimenti corpo a corpo con i demoni di Hellraiser, Cage completamente fuori registro, un pazzo proprietario di una pistola d’oro che vive in una base sotterranea con una tigre ammaestrata, incubi realizzati in tecnica animata, doppie lune in cielo.
Mandy è un film di puro montaggio, un flusso di scarico di suggestioni anni ’80, cui la performance consapevolmente fuori di testa di Cage conferisce ulteriore evidenza.
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laurence316
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domenica 6 gennaio 2019
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un'esperienza visiva e sonora totalizzante...
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Come direbbe l'esimo C.C. Baxter, "experience-wise, visual-wise, otherwise-wise, it would be a 10, but story-wise, God, story-wise it's only a 2" ("sul piano dell'esperienza, sul piano visivo eccetera, sarebbe da 10, ma sul piano narrativo, Dio, sul piano narrativo è un 2").
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Come direbbe l'esimo C.C. Baxter, "experience-wise, visual-wise, otherwise-wise, it would be a 10, but story-wise, God, story-wise it's only a 2" ("sul piano dell'esperienza, sul piano visivo eccetera, sarebbe da 10, ma sul piano narrativo, Dio, sul piano narrativo è un 2"). Un 2 stiracchiato.
Il solito revenge movie da cinema anni ‘70-’80 (guarda caso ambientato proprio nel 1983, per i nebulosi ed impervi sentieri delle “Montagne dell’Ombra”), a mezza via tra una sorta di assurda operazione nostalgia (?) e un delirante crogiolo fumante di citazioni e rimasticature in chiave parossistica ed esasperata.
Già i titoli di testa, con di sottofondo Starless dei King Crimson, “settano”, in qualche modo, il tono del film. Maniacale, delirante, sconvolgente, sovente allucinante, psichedelico come se si fossero assunti degli acidi. Un’esperienza visiva e sonora totalizzante, totalmente straniante, in particolar modo nella prima parte, capace di regalare una manciata di scene, anche solo di brevi inquadrature, impressionanti, ammalianti, fin stupefacenti, un film capace, inoltre, di creare un’atmosfera unica, che però purtroppo, al tirar delle somme, si risolve in poca, pochissima cosa. Non solo “sul piano della trama”, ma proprio nell’insieme.
Alla lunga tutti i deliri visivi propinati allo spettatore (tra abusi di “color correction” [che rende predominante il rosso], luci intermittenti, sovrimpressioni, forse addirittura giochetti sulla persistenza dell’immagine sulla retina, di certo giochetti sullo stato di alterazione della coscienza [tra le altre, da citare almeno la lunga scena del monologo del leader Jeremiah Sand, che espone molto eloquentemente la propria idea del mondo]), stancano, sfiancano, e ciò si fa particolarmente sentire nella prima parte.
Nella seconda, invece, si scivola in uno slasher sempre piuttosto eccentrico in certi punti, persino affascinante (suggestiva, ad esempio, l’immagine della chiesa avvolta dalle fiamme), ma, gratta gratta, alquanto convenzionale e scontato. Certo, mantiene alta l’attenzione, in misura maggiore della parte precedente, ma in fondo si accontenta di questo, e l’unico momento interessante risulta essere quello del faccia a faccia col “santone” che si lancia in un nuovo monologo via via sempre meno “metaforico”. Per il resto, viene proposta nulla più che un’orgia di sangue e urla (memorabile la scena del bagno, anche per sprezzo del ridicolo da parte di un indomito Nicolas Cage) come se ne sono viste tante altre. Che si conclude all’insegna non si sa se dell’ambiguità o se piuttosto dello sberleffo (vedi l’ultimissima inquadratura).
Mandy è, insomma, un film che pare impossibile costringere entro gli angusti confini di un unico “genere”, un film che si diverte, a quanto pare, a giocare con gli spettatori, a stupirli, stranirli, disgustarli, talvolta persino “divertirli” (aperta la questione, comunque, del se si tratti, in certe scene, di umorismo macabro, dunque volontario, o di ridicolo involontario), un film un po’ kitsch, un po’ trash, un po’ splatter un po’ gore, insomma, un po’ di tutto, e (forse) di tutto niente.
In ultima analisi difficile, molto difficile da valutare, pur tenendo conto di quanto appena illustrato, effettivamente uno dei film più ardui da valutare della stagione. Si potrebbe optare per un “discreto”, equivalente ad un 6 in scala 10 e un 3 in scala 5, ma il tutto rimane piuttosto in sospeso.
Perché Mandy è film specificatamente pensato per risultare divisivo, il classico film che “o si ama o si odia”, per quanto tale espressione possa suonare come un cliché, quel genere di film che non si deve far altro che “sperimentare” per vedere cosa se ne ricava.
Gli amanti del genere forse applaudiranno, agli altri rimarrà altrettanto probabilmente una sensazione come di stordimento, nonché il neanche troppo vago sospetto di aver assistito a qualcosa di non poi così epocale, un’operazione furba, furbescamente congegnata, ma in fondo poco appassionante; un abile teatrino grandguignolesco ed esagitato messo in piedi per celare la macroscopica vacuità di fondo.
Non tanto “style over substance”, lo stile che prevale sulla sostanza, quanto piuttosto la sostanza, psicotropa, che inghiotte tutto, stile compreso. La tentazione di realizzare un film psichedelico, sotto LSD, che si è divorata ogni altra cosa. Coerenza, narrazione, regia (perché il risultato finale è più merito del lavoro di post-produzione che non di particolari trovate fulminanti del regista).
In ogni caso, bisogna ammettere che, di tanto in tanto, il film di Cosmatos riesce a farsi veramente inquietante. Forse ciò basterà ad attrarre una fetta di pubblico.
Memorabile il Jeremiah Sand di Roache, il leader della setta “à la Manson” dei “Bambini della Nuova Alba”, che si è pure creato la sua sinfonia ad effetto (realmente reperibile in rete alla voce “Amulet of the Weeping Maze”). Imprescindibile il design sonoro architettato a partire dalle melodie congegnate da Jóhannsson (morto nel febbraio 2018 e qui al suo ultimo film) che contribuisce e molto alla creazione dell’atmosfera. E, disseminate nel marasma complessivo, geniali, meglio genialoidi certe trovate che emergono (vedi il “Grana Goblin”).
Scarso riscontro di pubblico in patria, a causa del limitato passaggio nelle sale, in Italia (per adesso) non è mai stato neanche distribuito (fatto da rimarcare giusto per rispondere alla domanda fatta da un utente).
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venerdì 21 settembre 2018
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uscita?
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quando esce al cinema in italia? sembra molto belo grazie
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