
Il coraggio di Marie Colvin in un biopic che si interroga sul mestiere del reporter, sul senso ultimo di documentare la sofferenza. Recensione di Marianna Cappi, legge Roberta Azzarone.
di A cura della redazione
Marie Colvin è stata reporter di guerra per il Sunday Times dal 1985 fino alla sua morte nel 2012. Bella e talentuosa, ha vinto numerosi premi, convinto Arafat a raccontarle la sua vita e Gheddafi a farsi intervistare ben due volte. Con il fotografo Paul Conroy aveva stretto un sodalizio professionale che durò fino alla fine.
Il film è un prodotto classico su una donna che di tipico non aveva nulla e alla quale Rosamund Pike dà corpo con una performance quasi violenta. Il regista resta in un territorio in cui le immagini della realtà respirano continuamente sottotraccia e la documentazione è nella materia stessa del racconto.
Pur non particolarmente ispirato in molti frangenti, A Private War si muove in maniera corretta, problematizzando l'atto di dissotterrare il dolore per dovere di cronaca.
In occasione dell'uscita al cinema di A private War, Roberta Azzarone interpreta la recensione di Marianna Cappi.