lbavassano
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domenica 12 novembre 2017
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fedele, troppo fedele
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Nulla aggiunge a quello che resta uno dei più bei romanzi di Beppe Fenoglio il film di Paolo e Vittorio Taviani, a quella che resta una delle più autentiche narrazioni degli anni terribili della guerra civile italiana, autentica proprio nell'intreccio fra vicende pubbliche e questioni private, nella capacità immutata di farci riflettere su come la "verità" della Storia risieda in tale intreccio. Nulla aggiunge, ma poco sottrae, grazie alla perizia nel tradurre in immagini la forza di quelle parole, riducendole al minimo indispensabile, rispettandone la sostanziale antiretorica, insistendo sui dettagli piuttosto, le mani e le unghie spezzate. Le sigarette.
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Nulla aggiunge a quello che resta uno dei più bei romanzi di Beppe Fenoglio il film di Paolo e Vittorio Taviani, a quella che resta una delle più autentiche narrazioni degli anni terribili della guerra civile italiana, autentica proprio nell'intreccio fra vicende pubbliche e questioni private, nella capacità immutata di farci riflettere su come la "verità" della Storia risieda in tale intreccio. Nulla aggiunge, ma poco sottrae, grazie alla perizia nel tradurre in immagini la forza di quelle parole, riducendole al minimo indispensabile, rispettandone la sostanziale antiretorica, insistendo sui dettagli piuttosto, le mani e le unghie spezzate. Le sigarette. La bellezza immutata dei paesaggi devastati dalla violenza umana. L'assurdità degli umani comportamenti. Rispetta il testo, il film dei Taviani, nella lettera e nello spirito, ed in ciò risiedono tutte le sue qualità ed i suoi limiti.
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passito
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domenica 12 novembre 2017
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intenso.
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intenso .... un film da vedere
I taviani ultimi eredi di una cinematografia che va scomparendo
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loland10
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giovedì 9 novembre 2017
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dietro la guerra
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“Una questione privata” (2017) è il diaciannovesimo lungometraggio dei registi di San Miniato Paolo e Vittorio Taviani.
I fratelli Taviani ancora in gioco e per niente domi raccontano ancora il loro cinema.
Paolo regista con il fratello (in difficoltà fisiche) sceneggiatore e aiutante nel montaggio...da quello che l'operatore dice nell'interviste.
Si deve dire che la forza con cui Paolo dice "questo è un film dei fratelli Tavani" denota la bontà dell'assunto e la lungimiranza delle riprese dell'uno mentre l'altro non è sul set fisicamente ma con le idee e il palmo della sua mano.
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“Una questione privata” (2017) è il diaciannovesimo lungometraggio dei registi di San Miniato Paolo e Vittorio Taviani.
I fratelli Taviani ancora in gioco e per niente domi raccontano ancora il loro cinema.
Paolo regista con il fratello (in difficoltà fisiche) sceneggiatore e aiutante nel montaggio...da quello che l'operatore dice nell'interviste.
Si deve dire che la forza con cui Paolo dice "questo è un film dei fratelli Tavani" denota la bontà dell'assunto e la lungimiranza delle riprese dell'uno mentre l'altro non è sul set fisicamente ma con le idee e il palmo della sua mano.
Ecco che il duo ritorna come ultimamente ha sempre fatto nonostante qualche mugugno e qualche facile critica (anche ironica).Incipit di sottrazione, offuscato dalla nebbia tra la natura collinare delle Langhe ridisegna in solo colpi lo schema narrativo dei due registi: pronti a farsi riconoscere con pochissime battute e giri di manovella. Un seguire la collina, le sue ombre scomparse, la vegetazione nascosta, i colpi vicini di una guerra, i destini immaturi di giovani e di anime sconosciute.
Dal libro di Beppe Fenoglio il film mantiene lo stesso titolo: un autore di grande intensità narrativa e da cui il cinema ha preso tutto o quasi il possibile da sviscerare.
Si deve dire che è difficilmente rappresentabile: forme, corpi, storia e storie sempre in conflitto con immagini e parole. E soprattutto di ricordi intimi.
Qui si narrano le vicende del ragazzo giovane partigiano Milton (nome dato al liceo, un nomignolo che per lui diventa emblema, nascondimento ma anche manifestazione della sua interiorità) e il rapporto amoroso verso Fulvia o meglio quello che è stato mentre sta sulla corda tesa come partigiano e il nemico nazi-fascista. Il suo ritorno all’indietro è verso un luogo conosciuto: nel suo cammino a ritroso ha di fronte la 'sua casa' che si colora di vivo mentre una domestica riapre le sue finestre e Milton ritrova sapori e odori di ieri. In un gioco malinconico i registi riaprono anche il loro cinema con luci soffuse, chiarori tenui, riflessioni antiche e guerra profonda dentro ogni uomo. Il partigiano e la sua storia privata come segno di allontanamento da ogni dove odierno come l’incontro con i genitori in un silenzio angosciante e assordante. Ineluttabili e rigati i volti dei due mentre il figlio fugge. Portici e soffio di vento che ammaestrano un volto sfinito.
Momenti di pausa tra un silenzio e degli spari, delle luci vive e un bianco che chiude il panorama delle Langhe per ricordare e rivedere un ballo. Milton seduto con una sigaretta mentre Giorgio e Fulvia ballano. 'Non si può ballare...c'è la guerra' ammonisce la custode mentre si affaccia da una porta. Ed ecco l'inquadratura verso un bottone del grammofono che abbassa il volume. Quasi zero. Anzi zero. Il silenzio ammonisce il partigiano e lo spettatore. La guerra e la lotta con il nazifascismo sono dentro, lascia vuoti privati e lascia fughe senza ripensamenti. Milton è solo, un ragazzo tra un mondo lasciato e una corsa insostenibile. Giorgio e Fulvia restano in ogni sguardo da cercare. È il film della rassegnazione, di un privato annullato, inconsistente e, fondamentalmente, importante per tutti.
E’ il brivido di un conflitto dentro i personaggi: spettrali, malati dentro e fantasmi nella storia mentre il privato non si fa da parte per Milton (Luca Marinelli), Fulvia (Valentina Bellè) e Giorgio (Lorenzo Richelmy).
‘Una questione privata’ rimane un film sottile, mesto, malinconico, denutrito, decantato, offuscato, privo, infantile, intimo, nascosto dentro il disegno di una storia italiana e confinata.
Da non disperdere: dei grandi vecchi (Olmi e i Taviani) ancora danno speranza per un cinema di ieri per domani. Sono loro che ancora riescono a darci qualche e più emozione. In tale pellicola Il regista bergamasco compare come produttore e i nomi di ‘familiari’ fanno compagnia ad un film piccolo nei modi ma grande nell'intensità espressiva. Verrebbe da pensare ad un Gian Maria Volonté o a un caratterista dei tempi migliori per rappresentare il nulla e il vivo emozionale di quest'ultima pellicola dei registi toscani. Forse è pretendere troppo per un tipo di cinema oggi invisibile.
I Taviani sono da consigliare e da appezzare. Ad un'età veneranda danno un ennesimo colpo d'ala ad un cinema futuro.
Voto: 7,5/10 (***½)
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foffola40
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giovedì 9 novembre 2017
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nebbia assoluta
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nebbia assoluta
il libro di fenoglio andava lasciato in pace così il film avrebbe evitato di farsi pubblicità dietro lo schermo di un racconto famoso. Nulla di più noioso e inconcludente di questo film scritto da uno dei due fratelli taviani, ai quali consiglio di riposarsi ambedue data l'età e sicuramente anche le vicissitudini che non vengono risparmiate a nessuno neppure ai registi famosi. Per noi spettatori qualche delusione di meno non può che giovare alla presenza in sala del pubblico pagante
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fabio.delucchi
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lunedì 6 novembre 2017
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voto zero; uno d'incoraggiamento
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pessimo. Belli solo alcuni paesaggi. Per chi ha letto il libro è un'offesa. Peccato perchè gli ingredienti ci sarebbero stati tutti. La stella è d'incoraggiamento! Da guardare per vedere come non va fatta la rilettura cinematografica di un capolavoro.
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angeloumana
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lunedì 6 novembre 2017
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senza guerra e senza amore
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E' Una questione privata quella di Milton – così lo soprannominò ai tempi della scuola la sua insegnante di inglese – privatissima, del tutto sua personale. Il giovane partigiano vede emergere, dalla nebbia della montagna che stà risalendo con un suo compagno, la sagoma di una villa dove anni prima frequentava la giovane amica Fulvia, di famiglia abbiente e al contempo attratta da lui e dall'amico d'infanzia di Milton, Giorgio. Questo era affascinante, divertente, sapeva ridere e far ridere, mentre da Milton più taciturno e osservativo la volitiva Fulvia aspettava le lettere, come solo lui sapeva scrivergliene. Una ragazza che attraeva i due giovani, un mix di qualità che la appagavano: dell'uno i balli e le uscite notturne, dell'altro le parole.
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E' Una questione privata quella di Milton – così lo soprannominò ai tempi della scuola la sua insegnante di inglese – privatissima, del tutto sua personale. Il giovane partigiano vede emergere, dalla nebbia della montagna che stà risalendo con un suo compagno, la sagoma di una villa dove anni prima frequentava la giovane amica Fulvia, di famiglia abbiente e al contempo attratta da lui e dall'amico d'infanzia di Milton, Giorgio. Questo era affascinante, divertente, sapeva ridere e far ridere, mentre da Milton più taciturno e osservativo la volitiva Fulvia aspettava le lettere, come solo lui sapeva scrivergliene. Una ragazza che attraeva i due giovani, un mix di qualità che la appagavano: dell'uno i balli e le uscite notturne, dell'altro le parole. I fratelli Taviani ambientano la vicenda nella seconda guerra mondiale traendola dal libro di Beppe Fenoglio. Ma non c'è guerra, essa è solo episodica, rappresentata da immagini circoscritte e romantiche: l'esecuzione di partigiani e anche di scarafaggi neri fascisti, giovani e loro ex vicini di casa; la bimba che si accoccola presso sua madre che giace morta insieme al resto della famiglia sterminata davanti a una casa rurale; qualche bomba che scoppia quà e là; il partigiano Milton che sceso in paese incontra e abbraccia furtivamente i suoi genitori. Non c'è nemmeno amore: il rapporto con Fulvia e Giorgio è confinato nei ricordi del personaggio protagonista, un'ossessione con origini lontane, forse causa di varie scene di stizza nelle quali egli ora tra le montagne belliche sembra impazzire, disperarsi.
Da partigiano vorrebbe salvare l'amico ed ex competitore Giorgio, preso dai fascisti, dando loro uno scarafaggio nero in cambio: non c'entra molto ma vengono in mente quelle parole di una canzone di Battisti, “conosci me, la mia lealtà, tu sai che oggi morirei per onestà”. Per lealtà ed amicizia si immolerebbe. Vorrebbe, inseguito dai fascisti, saltare sulle mine di un ponte ma si placherà, a momenti mi uccidevi, Fulvia, dice tra sé. Fulvia e la gelosia originavano le sue ossessioni pure se ha sperato in un dopo-guerra, che arrivasse in maggio, sarà interessante essere vivi dopo.
La rappresentazione dei Taviani è fatta di intimismo e di scene da set teatrale artefatto, pure se non mancano le montagne e l'aria aperta, che lasciano meglio respirare lo spettatore. Milton non lo abbiamo visto guerreggiare, solo seguire i suoi pensieri fumando voracemente e passando da una compagnia di partigiani all'altra per cercare l'amico o un fascista. Non so, i Taviani sono stati più coinvolgenti in altri film, in questo lo sono meno del loro circa coetaneo Ermanno Olmi.
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domenica 5 novembre 2017
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un'operazione culturale deprecabile
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il film intitolato al magnifico racconto di Bepe Fenoglio ne tradisce tutto: non solo l'intelligenza e la grazia, ma persino il contesto e significato storico e il senso narrativo. Partigiani piemontesi che parlano in romanesco, il ruolo dell'amico Giorgio totalmente travisato, il finale stravolto: il tutto si traduce in una trama sgangherata, in personaggi non credibili, nella totale perdita della sottile analisi storica e culturale che è tra i pregi del racconto di Fenoglio. Un'operazione - per di più finanziata con fondi pubblici- che si doveva evitare.
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no_data
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domenica 5 novembre 2017
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non ben aderente a fenoglio
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Liberamente tratto da Beppe Fenoglio. Per me langarolo delle zone dove si combattè la guerra è forte il paragone con 'Il partigiano Jonny'. Guido Chiesa era riuscito meglio,secondo me, a essere nello spirito di Fenoglio: nell'aderenza al testo, nella scelta degli attori(in Una questione privata non hanno accento piemontese),nel paesaggio che non è quello di Langa.
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no_data
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domenica 5 novembre 2017
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non rispecchia bene fenoglio.
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Liberamente tratto da Fenoglio. Ma mi aspettavo di piu:perchè vivo nelle Langhe, perchè il paragone con Il partigiano Jonny è forte(le storie in parte si sovrappongono). Guido Chiesa ha saputo entrare in Fenoglio-persona-scrittore, nella scelta degli attori, nell'aderenza al testo,anche nel paesaggio brullo e scarno, come scarna è la scrittura di Fenoglio. Ho apprezzato I Taviani in passato, ma,secondo me, non hanno pienamente centrato l'obiettivo.
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anna1
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domenica 5 novembre 2017
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condivido.
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Condivido il commento. Film privo di trama e di ritmo, non emoziona né nella descrizione di fatti privati, né nella condanna della guerra, Piatto e mal recitato.
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