leonard s.
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sabato 13 marzo 2021
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piatto e approssimativo
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Vedere film biografici a volte può essere utile per scoprire o riscoprire alcuni lati di quell'artista o di quell'altro. Detto questo è veramente difficile concentrare alcuni anni di una vita di una persona in un paio d'ore ed essere credibili o avvincenti. Dalida è il classico biopic approssimativo e poco emozionante dove niente gira come dovrebbe. Sembra più uno sceneggiato televisivo con ricostruzioni d'epoca dozzinali ,attori piatti e storia molto scollegata e poco credibile, in particolar modo la storia/relazione/morte di Tenco liquidata in pochissimi minuti e assolutamente poco approfondita. Peccato ce ne sarebbero state cose da dire meglio.
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lupo67
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martedì 25 luglio 2017
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la storia sentimentale di dalida
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Voto: 5
Biopic melodrammatico. La protagonista Sveva Alviti recita discretamente con il corpo, grossolanamente col playback, e terribilmente nel doppiaggio. Scamarcio a disagio. Il film non riesce a farci vedere né l’artista, né la donna, ma mette bene a fuoco le tante storie sentimentali, tutte sbagliate e molte finite tragicamente. Se è questo che vi interessa Dalida è il vostro film. Altrimenti Wikipedia.
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paolorol
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martedì 21 febbraio 2017
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fiction di basso livello
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Cosa voleva dimostrare la non eccelsa regista Azuelos con questa fiction televisiva spacciata per film? Che la Alviti non sa recitare? Obiettivo raggiunto! La modella è bellissima, più della povera Dalida che impersona.. Ha purtroppo una sola espressione. Anche Dalida non aveva una mimica facciale molto mobile ma la sua fissità cupa era manifestazione di un profondo disagio interiore, una grave depressione endogena che si è impossessata della sua vita, annientandola.. Tutto ciò non emerge attraverso la sua interpretazione, di certo complice del fallimento è una sceneggiatura povera, da fotoromanzo, priva di qualsiasi profondità, dove la psicologia è latitante.
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Cosa voleva dimostrare la non eccelsa regista Azuelos con questa fiction televisiva spacciata per film? Che la Alviti non sa recitare? Obiettivo raggiunto! La modella è bellissima, più della povera Dalida che impersona.. Ha purtroppo una sola espressione. Anche Dalida non aveva una mimica facciale molto mobile ma la sua fissità cupa era manifestazione di un profondo disagio interiore, una grave depressione endogena che si è impossessata della sua vita, annientandola.. Tutto ciò non emerge attraverso la sua interpretazione, di certo complice del fallimento è una sceneggiatura povera, da fotoromanzo, priva di qualsiasi profondità, dove la psicologia è latitante.
La defunta è rappresentata come una donna leggera che passa con nonchalance da un letto all'altro, collezionando insuccessi affettivi a raffica. La sua sofferenza non traspare, non compare il travaglio interiore che l'ha portata a scegliere la morte, non compare il tormento che ha ammorbato il suo rapporto tragico con Tenco.
La vicenda viene liquidata in pochi minuti, laddove il battage pubblicitario che ha tentato di lanciare il film faceva credere che il lavoro vertesse principalmente su questa storia. Quando Tenco si è suicidato ha scritto un biglietto che lasciava capire come non ci stesse con la testa quando commetteva il suicidio: "il mio è un gesto di protesta contro quella giuria che boccia la mia canzone e manda in finale Io-tu-e-le-rose di Orietta Berti". Il riferimento all'Orietta nazionale è stato censurato, vabbè..non è il difetto peggiore del pastrocchio. Tenco fra l'altro non viene interpretato da Scamarcio, come annunciato. A questo viene affidato un ruolo minore, quello di Bruno, il fratello cattivo di Dalida, e la sua interpretazione è insignificante, direi da fotoromanzaccio (sai che novità !).
Cosa resta da salvare? A mio parere nulla, tutto è noia e superficialità. Il montaggio ha qualche guizzo nei suoi momenti docu-film, ma ciò non salva la pellicola. Sconsigliatissimo.
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luca scialo
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venerdì 17 febbraio 2017
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esaustivo ed emozionante ritratto su dalida
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Dopo quattro film non eccezionali, ma comunque apprezzati, Lisa Azuelos si misura con la biografia di una grande artista: Dalida. Al secolo Iolanda Gigliotti, figlia di calabresi emigrati nel Cairo, la cui vita sarà tormentata fin dall'infanzia.
La Azuelos riesce nel raro intento di sintetizzare al meglio tutta la vita della cantante italo-francese. Partendo dal tentato suicidio dopo la morte del compagno Luigi Tenco, anch'egli suicida, con ripetuti flash back che arrivano fino alla sua difficile infanzia. Tormentata da un difetto alla vista che la renderà oggetto di scherno da parte delle compagne di scuola e col padre maestro di violino finito in un campo di prigionia perché accusato di collaborazionismo coi nazisti.
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Dopo quattro film non eccezionali, ma comunque apprezzati, Lisa Azuelos si misura con la biografia di una grande artista: Dalida. Al secolo Iolanda Gigliotti, figlia di calabresi emigrati nel Cairo, la cui vita sarà tormentata fin dall'infanzia.
La Azuelos riesce nel raro intento di sintetizzare al meglio tutta la vita della cantante italo-francese. Partendo dal tentato suicidio dopo la morte del compagno Luigi Tenco, anch'egli suicida, con ripetuti flash back che arrivano fino alla sua difficile infanzia. Tormentata da un difetto alla vista che la renderà oggetto di scherno da parte delle compagne di scuola e col padre maestro di violino finito in un campo di prigionia perché accusato di collaborazionismo coi nazisti. Per poi tornare a casa trasformato e violento coi suoi stessi familiari.
Il film ripercorre i vari amori tormentati di Dalida, tutti finiti col suicidio dei suoi compagni. L'unico vero amore che poteva essere felice, sarà lei a stroncarlo perchè troppo più giovane di lei. Come ben racconta la canzone Il venait d'avoir 18 ans. Già, le canzoni. Quelle che senza filtro rispecchiano i vari momenti della sua vita.
Merito della riuscita del film va attribuito anche a Sveva Alviti, che ben impersonifica Dalida. Con un'interpretazione sentita e interiorizzata. Buona anche la prova di Riccardo Scamarcio, al quale però è sempre difficile togliere i panni del belloccio tormentato.
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sverin
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venerdì 17 febbraio 2017
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un film che le fa onore!!
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Finalmente un film su questa grande protagonista. Grazie Lisa Azuelus per aver fatto conoscere ai giovani questa grande cantate, tanto profonda e intelligente quanto fragile e amabile.Fila come un treno e ci si incanta nelle canzoni sublimi che commentano i suoi momenti difficili, perfettamente incastonati. Incomprensibile ed irritante lo scarso successo del film. La massa preferisce i cine panettoni..Ramazzotti e Albano.....o forse il pubblico giovane è stato assente per non aver conosciuto la cantante; qui forse l'insufficiente impianto pubblicitario? Grazie Dalida, tesoro fragile e vero, grazie Luigi Tenco, grande artista, grazie Lisa Azuelus, la regista.
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