vanessa zarastro
|
mercoledì 30 agosto 2017
|
come si diventa grandi a ciambra
|
|
|
|
Ciambra è una piccola comunità Rom calabrese insediatasi nella via omonima alla periferia di Gioia Tauro, e Jonas Carpignano è il trentatreenne regista che ha scelto di vivere in quella zona e di raccontare le loro condizioni di vita. Il film, di fatto, fornisce l’occasione di uno slice of life anche su varie comunità che vivono in quel contesto, e sulla problematica dei loro rapporti. La storia narrata dal film è quella dell’iniziazione del quattordicenne Pio Amato, che diventerà adulto attraverso una serie di prove. La famiglia Amato è una grande famiglia Rom, una fra tante, che vive in una condizione marginale. I bambini non sanno leggere, non frequentano la scuola ma “a tre anni sanno già cambiare una gomma da soli e a 11 guidare un camion” come racconta il giovane regista Carpignano presente all'anteprima dell'Arena Nuovo Sacher per introdurre insieme a Nanni Moretti il film.
[+]
Ciambra è una piccola comunità Rom calabrese insediatasi nella via omonima alla periferia di Gioia Tauro, e Jonas Carpignano è il trentatreenne regista che ha scelto di vivere in quella zona e di raccontare le loro condizioni di vita. Il film, di fatto, fornisce l’occasione di uno slice of life anche su varie comunità che vivono in quel contesto, e sulla problematica dei loro rapporti. La storia narrata dal film è quella dell’iniziazione del quattordicenne Pio Amato, che diventerà adulto attraverso una serie di prove. La famiglia Amato è una grande famiglia Rom, una fra tante, che vive in una condizione marginale. I bambini non sanno leggere, non frequentano la scuola ma “a tre anni sanno già cambiare una gomma da soli e a 11 guidare un camion” come racconta il giovane regista Carpignano presente all'anteprima dell'Arena Nuovo Sacher per introdurre insieme a Nanni Moretti il film. C’è Jolanda, una sorta di mater familias che gestisce tutto e prende le decisioni, coinvolgendo il marito, che talvolta è in prigione o agli arresti domiciliari. Pio è un ragazzo quattordicenne che ha fretta di crescere, beve e fuma già come un adulto (ma non fuma anche il fratellino di tre anni?). I suoi modelli di vita sono rappresentati in primis dal nonno, che rimpiange un passato di libertà, dal padre e dal fratello. Uno dei traffici che svolgono i maschi della comunità è il riciclaggio e la trasformazione del rame (rubato) che una volta fuso viene venduto a peso. Per il resto sono furti di diversa entità, dalle auto in sosta alle valigie sui treni. Ma il racket è controllato dagli “italiani” (‘ndrangheta?), che prendono il pizzo e che spesso mettono in rapporto il derubato con i rapinatori per una restituzione sotto compenso. Tutta la vita della famiglia è costellata da illegalità anche nelle cose di ordinaria amministrazione come ad esempio l’aggancio abusivo della luce.
Vivono e lavorano anch’essi nella piana di Gioia Tauro i braccianti africani (chiamati genericamente “marocchini” dai Rom), provenienti prevalentemente dal Gahna e dalla Nigeria. Sembrerebbe, in generale, che gli africani e i rom abbiano una specie di convivenza pacifica nel relativo rispetto dei propri ruoli e nel distacco dell’ignorarsi reciprocamente. I neri vivono in una tendopoli molto vicino all’insediamento della famiglia Amato. La loro vita si svolge in collettività, sono allegri, colorati, rumorosi e ospitali, in palese contrasto con quello che la società malavitosa locale esprime. Pio, il figlio quattordicenne degli Amato, stringe amicizia con il personaggio impersonato dal bellissimo Koudous Sihon, al quale ricorre per ogni affare – rivendita di I-pad o altri oggetti – e per ogni altro problema, in assenza di attenzioni familiari. Alcune scene sono bellissime come quella l’accoglimento di Pio nella comunità nera quando arriva con il televisore in tempo per vedere la partita di calcio del Gahna. Così pure alcuni momenti di grande dolcezza nella crescita del rapporto di amicizia tra Pio e Koudous. Ma, quando il fratello Cosimo glielo richiederà come una delle prove della sua acquisita maturità, con le lacrime negli occhi, Pio tradirà l’amico in nome la famiglia.
Carpignano ha voluto girare una sorta di documentario su questa realtà sociale. Ma più che un film sulla comunità è stato un film con la comunità. Un cinema-verità dove il regista non ha mai imposto un modello sul reale e ha lasciato che, in qualche modo il film si costruisse da solo riprendendo brani di vita della famiglia Amato. Dice Jonas: «Il film è stato adattato alla vita reale, pur mantenendo la struttura drammatica del racconto» presente all'anteprima dell'Arena Nuovo Sacher di Roma per introdurre insieme a Nanni Moretti il 29 agosto. Penso che il lavoro svolto da Jonas Carpignano sia meritevole di lodi sia per le intenzioni che per lo spirito con cui ha condotto il lavoro il suo desiderio è di mostrare una realtà per come viene vissuta dai suoi protagonisti senza scorciatoie o edulcorazioni, perché il problema è proprio quello di poter imparare ad accettare gli altri.Inoltre, il suo è molto più che un film neorealista con attori della strada e si legge tra le righe che il giovane regista possiede una buona cultura cinematografica nella confezione del film. Meno felice, forse, è l’introduzione dell’immagine simbolica del cavallo, come a ricordare una situazione atavica perduta. Rimane un dubbio su tutta l’operazione: non potrebbe il film essere strumentalizzato per fomentare una generalizzazione sulla vita dei Rom ai limiti del legale?
Martin Scorsese ha deciso di finanziare il film con i fondi dedicati ai filmmaker emergenti, dopo aver visto letto il libro (prevalentemente di foto) elaborato dallo stesso regista. Jonas Carpignano è un giovane italiano cresciuto a New York che ha già ottenuto vari premi con Mediterranea del 2015 come ad esempio ilTelia Film Award a Stoccolma nel 2015 per la Migliore Opera Prima e per il miglior attore a Koudous Seihon. A Ciambraè stato premiato come Miglior Film Europeo al 70esimo Festival di Cannes.La pellicola, che è nella selezione «Contemporary World Cinema» del Toronto Film Festival ed è in concorso per gli European Film Awards 2017
[-]
[+] critica inesistente.
(di oldgianpaolo)
[ - ] critica inesistente.
[+] scrivere bene
(di angeloumana)
[ - ] scrivere bene
|
|
[+] lascia un commento a vanessa zarastro »
[ - ] lascia un commento a vanessa zarastro »
|
|
d'accordo? |
|
evak.
|
giovedì 12 ottobre 2017
|
un pò più in là
|
|
|
|
È un film imperfetto, perchè non parla nè vuole tendere alla perfezione. Non ci sono artifizi scenografici, nè emotivi. Non c'è quell'impressionante bellezza, più comunemente chiamata estetica, che toglie spazio ai personaggi.
C'è una narrazione senza sofismi nè particolari accenti. Ci sono quelli che sono un pò più in là di chi guarda, di chi li osserva, di chi li dimentica. Ci sono "i diversi". E fra "i diversi" ci sono gli altri "diversi". E poi ci sono le distanze tra tutti i "diversi", osservatori compresi. Distanze culturali, emotive. Distanze dei natali.
[+]
È un film imperfetto, perchè non parla nè vuole tendere alla perfezione. Non ci sono artifizi scenografici, nè emotivi. Non c'è quell'impressionante bellezza, più comunemente chiamata estetica, che toglie spazio ai personaggi.
C'è una narrazione senza sofismi nè particolari accenti. Ci sono quelli che sono un pò più in là di chi guarda, di chi li osserva, di chi li dimentica. Ci sono "i diversi". E fra "i diversi" ci sono gli altri "diversi". E poi ci sono le distanze tra tutti i "diversi", osservatori compresi. Distanze culturali, emotive. Distanze dei natali.
Lo sguardo di Pio, curioso cercatore di amore, di fratellanza e di un nuovo che non sa nascere, mostra senza manierismi un un varco che non si può oltrepassare.
Lo scudo dei preconcetti. La mancanza di eroi (sono poi davvero necessari?).
Il soggetto del film è interessante, meno lo sguardo del regista. Poteva essere di più. Valere di più. Le citazioni, o meglio, gli omaggi al neorealismo e i richiami zavattiniani non sembrano trovare collocazione poetica nelle scene. Lo sguardo non è così reale perchè rimane comunque distante. Apprezzabile il tentativo, ma lo stesso Zavattini oggi sarebbe andato un pò più in là, si sarebbe spinto oltre. Il regista ha corso un rischio; un rischio che gli ha portato dei premi e delle candidature importanti, ma che non può reggere un confronto con il passato.
Non coinvolge. Difficile entrare nella storia, nei personaggi.
Qualcuno ha detto che Pio sarebbe piaciuto a Truffaut. difficle essere d'accordo.
Truffaut sarebbe andato oltre, avanti. La creatività non si esprime con la nostalgia del passato.
Senza dubbio il film, questo occorre dirlo, è uno dei migliori dei film italiani usciti nelle sale in questi due ultimi anni. Non ho dato quattro stelle perchè gli omaggi devono essere accennati lasciando spazio alla creatività personale.
Resta un film senza dubbio da vedere.
Carpignano è un regista che ci sorprenderà in futuro.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a evak. »
[ - ] lascia un commento a evak. »
|
|
d'accordo? |
|
eugenio
|
sabato 23 dicembre 2017
|
coraggioso anti-romanzo di formazione calabrese
|
|
|
|
Inizia con il livore di un cielo grigio, il cupo incedere della macchina da presa su una steppa su cui si stagliano verdi montagne. Poi un uomo ripreso di spalle dinanzi a un cavallo immobile nell’erba. L’uomo si appoggia alla testa del cavallo e ne accarezza teneramente la criniera.
Non è l’Anatolia o la Russia di un cinema di autore ma la Calabria di Gioia Tauro, crocevia di comunità rom, africane e italiane, lo sfondo di questa pellicola.
Cronache di povere memorie di raccoglitori di arance, di pomodori nella piana tra Rosarno e Gioia, sfruttamento e lavoro nero, illegalità bruciante in un’Italia piegata dalla manodopera clandestina e da tanta connivenza.
[+]
Inizia con il livore di un cielo grigio, il cupo incedere della macchina da presa su una steppa su cui si stagliano verdi montagne. Poi un uomo ripreso di spalle dinanzi a un cavallo immobile nell’erba. L’uomo si appoggia alla testa del cavallo e ne accarezza teneramente la criniera.
Non è l’Anatolia o la Russia di un cinema di autore ma la Calabria di Gioia Tauro, crocevia di comunità rom, africane e italiane, lo sfondo di questa pellicola.
Cronache di povere memorie di raccoglitori di arance, di pomodori nella piana tra Rosarno e Gioia, sfruttamento e lavoro nero, illegalità bruciante in un’Italia piegata dalla manodopera clandestina e da tanta connivenza.
Dalla dimensione onorica a quella reale. Ambiente appunto “di strada”, inquadratura su baracche e un ragazzino che urla buttandosi avventatamente contro la porta. Camera alla sua altezza, stacco e montaggio verso un inizio: A Ciambra.
A Ciambra ovvero unmicrocosmo alla periferia di Gioia Tauro. Casermoni popolari con due comunità: i rom “calabresizzati” da un lato e gli africani (definiti “marocchini” dagli stessi rom) dall’altra. Ognuno vive accanto all’altro, ma non comunica. Ognuno è dedito alla sua professione, furti e ricettazione ma non ha rapporti con l’altro, indifferente.
Ognuno campa come riesce alla Ciambra. E si fa i fatti suoi.
Pino è uno di questi rom. Un quattordicenne intelligente fumatore, che segue le gesta del padre e del fratello, finiti in carcere dopo l’ennesimo furto. Pino è ambizioso, vuol badare alla famiglia ma non è un paranzino, uno di quei futuri “boss” di cui ci ha tanto abituato Saviano nei suoi romanzi.
Pio non brama il potere, vuole che la sua (numerosa) famiglia possa vivere dignitosamente. E i mezzi in quel territorio per farlo onestamente scarseggiano. Allora, col padre e il fratello dentro, Pio si arrabatta come può, come meglio riesce, nell’unico modo che conosce ovvero rubare.
Sale sui regionali di Gioia Tauro diretti alla fertile Villa San Giovanni; con un veloce quanto astuto sguardo individua la sua “preda” e la priva del bagaglio prima ancora che il treno parta. Poi si appropria di qualsiasi cosa di “rubabile”, ovvero tablet e altri oggetti personali come computer portatili.
A piazzarli tra i vari ricettatori gli dà una mano Ayiva (Koudous Seihon, già protagonista in Mediterranea), immigrato del Burkina Faso con il quale, ben presto, il giovane rom costruisce un vero rapporto d’amicizia, che gli consente di integrarsi senza problemi con l’intera comunità africana del luogo.
Riuscirà Pio a preservare la sua facciata di fanciullo imberbe, mantenendo quel sottile legame di fiducia che lo lega ad Ayiva?
Potrà salvarsi da un mondo in cui il furto degli affetti conta più dei puri sentimentalismi accedendo alla dolorosa maturità cui brama?
Jonas Carpignano, giovane italo-americano, classe 1984, come in Mediterranea, pone l’accento sul mondo dell’integrazione e della dinamica quotidiana di una famiglia Amato (realmente esistente), ripresa dal basso degli occhi di Pio, in un singolare cammino di anti-formazione come certe pellicole francesi dei Fratelli Dardenne.
Il cineasta è abile a mescolare finzione con documentario, intenti sociali con il neorealismo moderno di una realtà degradata ma mai squallida. C’è una certa dignità anche nei furti, nelle rapine, nell’indigenza in A Ciambra priva di un’esaltazione sociologica della realtà ma oggettiva proprio nel (raro) intento di non giudicare nulla ma semplicemente mostrare, permettere allo spettatore di “farlo riflettere”.
Carpignano mette sullo stesso piano esseri umani, oggetto di odio e diffidenza da parte del popolino perbenista, rom e africani in una fotografia patinata, onirica ma sempre profondamente cupa, in un crepuscolo o un’alba quasi sospesa che mai diventano notte o giorno.
In essa, noi spettatori siamo partecipi attivi di un sentimento strano, una profonda empatia che ci rende vicini ai reietti della vita, Pio- Ayiva e alla comunità circostante, coacervo di culture in cui è possibile una convivenza, seppur sofferta, un vago cenno di assenso in delicati periodi dove la parola tolleranza scade nel clichè della demagogia popolare.
A Ciambraè un film coraggioso in cui riusciamo a vedere vittime e carnefici sullo stesso piano, senza una retorica sentimentale, senza crismi. Con un dialetto spontaneo da farlo sembrare casuale nei dialoghi (anche se frutto di un attento lavoro di sceneggiatura), con una forza visiva non consueta al cinema italiano, con protagonisti “presi dalla strada” e alla strada consegnati.
Pollice alto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
ennio
|
domenica 12 agosto 2018
|
"leggimelo tu, io non so leggere"
|
|
|
|
Bell'esperimento neorealista, che funziona in virtù dell'esotismo del soggetto. Chi di noi guarderebbe/passerebbe un paio d'ore in compagnia degli zingari? Quasi nessuno, ovvio. Invece la forma filmica scelta dalla regìa, mezzo documentario mezza fiction, rende lo spettatore partecipe del modus vivendi di questa comunità così particolare.
Mi è piaciuto molto il protagonista, pur non essendo attore professionista. E' efficace e a tratti tragicomica e coinvolgente la maschera di Pio Amato, ragazzino fragile, un pò timido con le ragazze e con un'ansia erotica di diventare uomo come i fratelli e gli amici più grandi che adora.
[+]
Bell'esperimento neorealista, che funziona in virtù dell'esotismo del soggetto. Chi di noi guarderebbe/passerebbe un paio d'ore in compagnia degli zingari? Quasi nessuno, ovvio. Invece la forma filmica scelta dalla regìa, mezzo documentario mezza fiction, rende lo spettatore partecipe del modus vivendi di questa comunità così particolare.
Mi è piaciuto molto il protagonista, pur non essendo attore professionista. E' efficace e a tratti tragicomica e coinvolgente la maschera di Pio Amato, ragazzino fragile, un pò timido con le ragazze e con un'ansia erotica di diventare uomo come i fratelli e gli amici più grandi che adora. Ruba perchè non sa fare altro e perchè così gli hanno insegnato, e perciò i suoi furti sembrano quasi innocenti, privi di malizia e rimorso. Tanto che quando ruba, o prova a rubare, in casa di gente ricca, si fa quasi il tifo per lui. Alla fine se la cava sempre perchè tutti chi più chi meno gli vogliono bene.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ennio »
[ - ] lascia un commento a ennio »
|
|
d'accordo? |
|
fabiofeli
|
giovedì 31 agosto 2017
|
carpignano, un regista nato imparato
|
|
|
|
Pio Amato (interpretato da lui stesso) ha 13 anni; vive con una ampia famiglia Rom in una periferia di una periferia, a Ciambra, ai margini di Gioia Tauro. Il passato familiare affiora solo nei sogni di Pio, quando –racconta il nonno – loro erano “liberi e contro tutti”, a girare con un cavallo per il mondo. Oggi l’incastro è vivacchiare di furti di auto e valigie, raccogliere ferro e rame, rubare energia elettrica con un filo collegato alla rete pubblica. Ogni tanto si verifica un assalto con bottiglie incendiare da parte di razzisti locali e una perquisizione della polizia. Solo la comunità africana lì vicino, i “marocchini” come li chiamano i Rom, sembra condurre una vita più miserabile, ma per altro molto più spensierata.
[+]
Pio Amato (interpretato da lui stesso) ha 13 anni; vive con una ampia famiglia Rom in una periferia di una periferia, a Ciambra, ai margini di Gioia Tauro. Il passato familiare affiora solo nei sogni di Pio, quando –racconta il nonno – loro erano “liberi e contro tutti”, a girare con un cavallo per il mondo. Oggi l’incastro è vivacchiare di furti di auto e valigie, raccogliere ferro e rame, rubare energia elettrica con un filo collegato alla rete pubblica. Ogni tanto si verifica un assalto con bottiglie incendiare da parte di razzisti locali e una perquisizione della polizia. Solo la comunità africana lì vicino, i “marocchini” come li chiamano i Rom, sembra condurre una vita più miserabile, ma per altro molto più spensierata. La guerra tra ‘ndrangheta e carabinieri la vince la malavita, che lascia l’appalto dei piccoli furti ai Rom. Pio vorrebbe crescere per dare un minimo sostegno alla famiglia mentre i fratelli più grandi e il padre sono in carcere. La sua vita è dura e lo piega a una scelta dolorosa tra le necessità familiari e il tradire un amico di colore (Koudos Seihon, già apparso in Mediterranea dello stesso regista) …
Una storia di formazione in una realtà complicata come il paesaggio devastato dai rifiuti che lo riempiono. Il racconto di Carpignano è senza filtri e (pre)giudizi. La scala di valori che adotta Pio è del tutto diversa da quella nostra. Pio non sa leggere, ma sa aprire e far partire un’auto da rubare. Stringe un’amicizia che tradisce, ma il furto è una via per sopravvivere, percorsa con un motorino con un affanno pari a quello dei protagonisti dei Quattrocento colpi e di Fino all’ultimo respiro di Truffaut. Tutto viene descritto senza sovrapposizioni o sovrastrutture con piglio Rosselliniano; i sottotitoli rendono comprensibile il calabrese parlato dai Rom, ormai immemori della loro lingua. E’ un fuoco d’artificio la scena della cena in casa Amato, descritta con ritmo serrato in modo e tempi naturali: l’opposta valutazione tra donne e uomini del vino durante i pasti sono un piccolo gioiello, come il rimbalzare del fratellino di 3 anni di Pio; il piccolo fuma come il protagonista, si esprime in modo incomprensibile come il nonno, ma è in grado – a detta del regista – di sostituire da solo una gomma ad un’auto. Gli attori recitano se stessi come quelli de Il sogno più grande di Vannucci senza incertezza e sbavature. La colonna sonora con rap e rock è coinvolgente. Il primo film di Carpignano – Mediterranea – è stato un successo a Cannes nella settimana della Critica due anni fa, ma è apparso appena nelle sale italiane grazie ad una distribuzione indipendente. A Ciambra approda a Venezia col suo regista, sicuro e disincantato come un novello Xavier Dolan. Un film da vedere con occhi nuovi per entrare nella vita reale dei Rom e riflettere – lo ribadiamo – senza pregiudizi. Da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabiofeli »
[ - ] lascia un commento a fabiofeli »
|
|
d'accordo? |
|
nelmatt
|
sabato 25 agosto 2018
|
semplicemente la storia di pio
|
|
|
|
Pio è un ragazzino che vive in un campo rom di Gioia Tauro con la sua numerosa famiglia. Sono zingari italiani, parlando dialetto reggino e sono criminali.
Quando suo padre e suo fratello vengono arrestati, sente che è giunto il momento di occuparsi della famiglia. Gli brucia dentro quella voglia adolescenziale di prendrsi il proprio posto nel mondo, che nel suo caso è un mondo che sta ai margini.
Il film non inscena nessuna impresa criminale rocambolesca e poco credibile in stile crime americano, segue semplicemente il percorso di crescita di un Pio. Che inizia a fare i suoi primi affari, a muoversi da solo e a dover prendere decisioni per niente da ragazzini.
[+]
Pio è un ragazzino che vive in un campo rom di Gioia Tauro con la sua numerosa famiglia. Sono zingari italiani, parlando dialetto reggino e sono criminali.
Quando suo padre e suo fratello vengono arrestati, sente che è giunto il momento di occuparsi della famiglia. Gli brucia dentro quella voglia adolescenziale di prendrsi il proprio posto nel mondo, che nel suo caso è un mondo che sta ai margini.
Il film non inscena nessuna impresa criminale rocambolesca e poco credibile in stile crime americano, segue semplicemente il percorso di crescita di un Pio. Che inizia a fare i suoi primi affari, a muoversi da solo e a dover prendere decisioni per niente da ragazzini. Come stile mi ha ricordato la serie tv Top Boy: entrambi ritraggono, senza mitizzare né demonizzare, la quotidianità di ambienti difficili da capire fino in fondo, mostrando sia la dolcezza che la cattiveria e l'infamità. Perché anche le migliori pellicole crime, italiane ed estere, hanno sempre una morale di fondo, una storia d'amore, un finale ad effetto, una tendenza alla fiction; qualcosa che ti faccia affezionare ai personaggi non come semplici criminali. Oppure vogliono solo mostrare il male, come Gomorra (comunque un bellissimo film).
A Ciambra no, vuole solo raccontare una storia, più vera che mai, semplice e drammatica, per il solo scopo di raccontarla. La storia di un ragazzo, ma anche di una famiglia e di un'intera cultura. Senza voler pararsi il culo e mostrarla idilliaca, ma anche senza il benché minimo pregiudizio.
Veramente un gran film
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nelmatt »
[ - ] lascia un commento a nelmatt »
|
|
d'accordo? |
|
fabio
|
giovedì 5 luglio 2018
|
il verismo da solo non basta. sopravvalutato.
|
|
|
|
Film deludente nel complesso. Passi per gli interpreti: non sono attori professionisti e non si può pretendere troppo.
Il ritmo manca: il film a tratti si trascina in modo stanco e in certi momenti annoia veramente.
Manca la capacità di raccontare: la storia risulta banale, scontata nel suo svolgersi, a volte persino ingenua o poco verosimile.
Ero curioso di vedere il film che ha rappresentato l'Italia agli Oscar; oggi mi domando se non ci fosse nulla di meglio.
|
|
[+] lascia un commento a fabio »
[ - ] lascia un commento a fabio »
|
|
d'accordo? |
|
massimotorre
|
mercoledì 6 settembre 2017
|
a ciambra film di rara bellezza
|
|
|
|
A CIAMBRA DI JONAS CARPIGNANO E' UN FILM DI RARA BELLEZZA.
Bellezza formale. Dello sguardo potente del regista, del suo personale, originale, linguaggio cinematografico. Iperrealisticoimpressionista. Bellezza della cruda natura umana. Bellezza drammaturgica. Bellezza dello scavo alla ricerca di una rivelazione. Bellezza poetica. Bellezza irresistibile dei personaggi. Di un film che lascia senza fiato. Dall'inizio alla fine. Bellezza del Cinema quando risponde alla sua vocazione. Finalmente!!
|
|
[+] lascia un commento a massimotorre »
[ - ] lascia un commento a massimotorre »
|
|
d'accordo? |
|
|