A Ciambra

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Come si diventa grandi a Ciambra Valutazione 4 stelle su cinque

di vanessa zarastro


Feedback: 34043 | altri commenti e recensioni di vanessa zarastro
mercoledì 30 agosto 2017

Ciambra è una piccola comunità Rom calabrese insediatasi nella via omonima alla periferia di Gioia Tauro, e Jonas Carpignano è il trentatreenne regista che ha scelto di vivere in quella zona e di raccontare le loro condizioni di vita. Il film, di fatto, fornisce l’occasione di uno slice of life anche su varie comunità che vivono in quel contesto, e sulla problematica dei loro rapporti. La storia narrata dal film è quella dell’iniziazione del quattordicenne Pio Amato, che diventerà adulto attraverso una serie di prove. La famiglia Amato è una grande famiglia Rom, una fra tante, che vive in una condizione marginale. I bambini non sanno leggere, non frequentano la scuola ma “a tre anni sanno già cambiare una gomma da soli e a 11 guidare un camion” come racconta il giovane regista Carpignano presente all'anteprima dell'Arena Nuovo Sacher per introdurre insieme a Nanni Moretti il film. C’è Jolanda, una sorta di mater familias  che gestisce tutto e prende le decisioni, coinvolgendo il marito, che talvolta è in prigione o agli arresti domiciliari. Pio è un ragazzo quattordicenne che ha fretta di crescere, beve e fuma già come un adulto (ma non fuma anche il fratellino di tre anni?). I suoi modelli di vita sono rappresentati in primis dal nonno, che rimpiange un passato di libertà, dal padre e dal fratello. Uno dei traffici che svolgono i maschi della comunità è il riciclaggio e la trasformazione del rame (rubato) che una volta fuso viene venduto a peso. Per il resto sono furti di diversa entità, dalle auto in sosta alle valigie sui treni. Ma il racket è controllato dagli “italiani” (‘ndrangheta?), che prendono il pizzo e che spesso mettono in rapporto il derubato con i rapinatori per una restituzione sotto compenso. Tutta la vita della famiglia è costellata da illegalità anche nelle cose di ordinaria amministrazione come ad esempio l’aggancio abusivo della luce.
Vivono e lavorano anch’essi nella piana di Gioia Tauro i braccianti africani (chiamati genericamente “marocchini” dai Rom), provenienti prevalentemente dal Gahna e dalla Nigeria. Sembrerebbe, in generale, che gli africani e i rom abbiano una specie di convivenza pacifica nel relativo rispetto dei propri ruoli e nel distacco dell’ignorarsi reciprocamente. I neri vivono in una tendopoli molto vicino all’insediamento della famiglia Amato. La loro vita si svolge in collettività, sono allegri, colorati, rumorosi e ospitali, in palese contrasto con quello che la società malavitosa locale esprime. Pio, il figlio quattordicenne degli Amato, stringe amicizia con il personaggio impersonato dal bellissimo Koudous Sihon, al quale ricorre per ogni affare – rivendita di I-pad o altri oggetti – e per ogni altro problema, in assenza di attenzioni familiari. Alcune scene sono bellissime come quella l’accoglimento di Pio nella comunità nera quando arriva con il televisore in tempo per vedere la partita di calcio del Gahna. Così pure alcuni momenti di grande dolcezza nella crescita del rapporto di amicizia tra Pio e Koudous. Ma, quando il fratello Cosimo glielo richiederà come una delle prove della sua acquisita maturità, con le lacrime negli occhi, Pio tradirà l’amico in nome la famiglia.
Carpignano ha voluto girare una sorta di documentario su questa realtà sociale. Ma più che un film sulla comunità è stato un film con la comunità. Un cinema-verità dove il regista non ha mai imposto un modello sul reale e ha lasciato che, in qualche modo il film si costruisse da solo riprendendo brani di vita della famiglia Amato. Dice Jonas: «Il film è stato adattato alla vita reale, pur mantenendo la struttura drammatica del racconto» presente all'anteprima dell'Arena Nuovo Sacher di Roma per introdurre insieme a Nanni Moretti il 29 agosto. Penso che il lavoro svolto da Jonas Carpignano sia meritevole di lodi sia per le intenzioni che per lo spirito con cui ha condotto il lavoro il suo desiderio è di mostrare una realtà per come viene vissuta dai suoi protagonisti senza scorciatoie o edulcorazioni, perché il problema è proprio quello di poter imparare ad accettare gli altri.Inoltre, il suo è molto più che un film neorealista con attori della strada e si legge tra le righe che il giovane regista possiede una buona cultura cinematografica nella confezione del film. Meno felice, forse, è l’introduzione dell’immagine simbolica del cavallo, come a ricordare una situazione atavica perduta. Rimane un dubbio su tutta l’operazione: non potrebbe il film essere strumentalizzato per fomentare una generalizzazione sulla vita dei Rom ai limiti del legale?
Martin Scorsese ha deciso di finanziare il film con i fondi dedicati ai filmmaker emergenti, dopo aver visto letto il libro (prevalentemente di foto) elaborato dallo stesso regista. Jonas Carpignano è un giovane italiano cresciuto a New York che ha già ottenuto vari premi con Mediterranea del 2015 come ad esempio ilTelia Film Award a Stoccolma nel 2015 per la Migliore Opera Prima e per il miglior attore a Koudous Seihon. A Ciambraè stato premiato come Miglior Film Europeo al 70esimo Festival di Cannes.La pellicola, che è nella selezione «Contemporary World Cinema» del Toronto Film Festival ed è in concorso per gli European Film Awards 2017    

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oldgianpaolo domenica 3 settembre 2017
critica inesistente.
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scusa Vanessa se volevo il riassunto del film andavo a leggere la trama.mi aspettavo una critica positiva o negativa che mi aiutasse a scegliere lo spettacolo da vedere oggi.devo dire che mi hai deluso.esporre una critica vuole dire esprimere un parere sulla qualità di quanto visto, non un riassuntino da elementari.

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angeloumana sabato 7 ottobre 2017
scrivere bene
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Scrivi benissimo competente ricca precisa e 'dentro' il film ed hai la fortuna di avere il Nuovo Sacher di Roma a portata di mano!

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