E’ probabile che lo sceneggiatore (nonché autore del romanzo originale) si sia convinto di aver creato qualcosa di veramente originale, ed è lecito pensare che le sue intenzioni fossero buone (come dimostra l’interessante incipit). Peccato che il risultato finale si riveli essere un film alquanto deludente.
Era forse inevitabile che, a seguito della fuga dal complesso, la narrazione si sviluppasse in maniera più convenzionale, ma questo La ragazza che sapeva troppo in più d’un occasione appare tirato troppo per le lunghe, ondivago, girovago, indeciso su dove voler andare a parare, e certi risvolti narrativi sono fin troppo convenienti (vedi il fatto sorprendente che quando a far rumore sono i protagonisti, nel loro entrare in città, di “affamati” ciondolanti se ne attivano pochi, mentre il mugolio terrorizzato di un innocuo cagnetto è sufficiente ad attivarli tutti insieme come un’orda, togliendo guarda caso rapidamente d’impiccio i protagonisti stessi).
Ma, come se non bastasse, la trama è in molti aspetti troppo simile a quella di The Last of Us, videogioco targato Naughty Dog pubblicato nel 2013 (e quindi uscito prima tanto del romanzo quanto, a maggior ragione, del film): sia per quanto riguarda la protagonista (e la sua particolare natura) e le ambientazioni, sia per quanto riguarda i dettagli dell’infezione fungina e del suo propagarsi.
E sé è pur sempre vero che tali dettagli ricalcano quasi alla lettera i reali effetti che il fungo citato in un dialogo, l’Ophiocordyceps unilateralis, produce nelle formiche della specie Camponotus leonardi che infetta, ciò in alcun modo emenda le altre macroscopiche rassomiglianze con il videogame.
La tanto millantata originalità, dunque, a ben vedere, latita, e l’unico punto nel quale il film prende realmente una strada totalmente autonoma, ovvero nel finale, corrisponde al momento in cui la narrazione naufraga definitivamente. Perché si tratta di un finale piuttosto stupido, affrettato, poco giustificato che apre tutta una serie di macroscopiche inverosimiglianze ([SPOILER: leggere solo dopo aver visto il film] dal punto di vista di Melanie, perché causare la fine anche di chi si vuole bene, o comunque si tiene in simpatia? Per quanto riguarda la maestra Justineau: perché si presta a fare da insegnante agli appartenenti ad nuova specie che si è sostituita alla sua, condannandola all’estinzione? E lei come accidenti dovrebbe fare a sopravvivere non avendo viveri, non potendo uscire per procurarseli o, eventualmente, non potendo fidarsi a mangiarli dato che le spore hanno contaminato ogni cosa? [FINE SPOILER]).
Insomma, se il suo scopo era di suscitare una qualche sorta di riflessione, se l’intenzione in esso insita era di creare una qualche sorta di allegoria politica, beh, si può tranquillamente affermare che tale intenzione sia fallita miseramente.
Probabilmente lo “zombie horror” non è il miglior genere per sviluppare profonde riflessioni su temi quali l’umanità, la compassione, l’arroganza del genere umano (ma a voler essere sinceri i film di Romero sono lì a dimostrare il contrario); o invece, molto, ma molto più probabilmente e semplicemente, lo sceneggiatore non è stato capace di sviluppare appieno in tutte le loro potenzialità i buoni spunti iniziali (dunque, dimostrando di saperne poco della sua stessa storia [per l'appunto, delle potenzialità in essa insite]; dimostrando, in altre parole, scarsa fantasia). Rimanedo in superifice, mai approfondendo adeguatamente (come nel caso della scontro con la dottoressa Caldwell, che porta alla luce l'eterna domanda se sia giusto o giustificabile il sacrificio di uno per il bene di molti).
Comunque, suggestive alcune riprese aeree di una Londra post-apocalittica avvinghiata nelle spire della vegetazione e del fungo che va diffondendosi (nella realtà realizzate con droni nella tristemente famosa città fantasma di Pryp"jat', evacuata a seguito del disastro nucleare di Černobyl'). E buone le interpretazioni del cast, che però possono poco per risollevare le sorti dell’opera.
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