laurence316
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domenica 6 gennaio 2019
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lo scrittore che ne sapeva troppo poco
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E’ probabile che lo sceneggiatore (nonché autore del romanzo originale) si sia convinto di aver creato qualcosa di veramente originale, ed è lecito pensare che le sue intenzioni fossero buone (come dimostra l’interessante incipit). Peccato che il risultato finale si riveli essere un film alquanto deludente.
Era forse inevitabile che, a seguito della fuga dal complesso, la narrazione si sviluppasse in maniera più convenzionale, ma questo La ragazza che sapeva troppo in più d’un occasione appare tirato troppo per le lunghe, ondivago, girovago, indeciso su dove voler andare a parare, e certi risvolti narrativi sono fin troppo convenienti (vedi il fatto sorprendente che quando a far rumore sono i protagonisti, nel loro entrare in città, di “affamati” ciondolanti se ne attivano pochi, mentre il mugolio terrorizzato di un innocuo cagnetto è sufficiente ad attivarli tutti insieme come un’orda, togliendo guarda caso rapidamente d’impiccio i protagonisti stessi).
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E’ probabile che lo sceneggiatore (nonché autore del romanzo originale) si sia convinto di aver creato qualcosa di veramente originale, ed è lecito pensare che le sue intenzioni fossero buone (come dimostra l’interessante incipit). Peccato che il risultato finale si riveli essere un film alquanto deludente.
Era forse inevitabile che, a seguito della fuga dal complesso, la narrazione si sviluppasse in maniera più convenzionale, ma questo La ragazza che sapeva troppo in più d’un occasione appare tirato troppo per le lunghe, ondivago, girovago, indeciso su dove voler andare a parare, e certi risvolti narrativi sono fin troppo convenienti (vedi il fatto sorprendente che quando a far rumore sono i protagonisti, nel loro entrare in città, di “affamati” ciondolanti se ne attivano pochi, mentre il mugolio terrorizzato di un innocuo cagnetto è sufficiente ad attivarli tutti insieme come un’orda, togliendo guarda caso rapidamente d’impiccio i protagonisti stessi).
Ma, come se non bastasse, la trama è in molti aspetti troppo simile a quella di The Last of Us, videogioco targato Naughty Dog pubblicato nel 2013 (e quindi uscito prima tanto del romanzo quanto, a maggior ragione, del film): sia per quanto riguarda la protagonista (e la sua particolare natura) e le ambientazioni, sia per quanto riguarda i dettagli dell’infezione fungina e del suo propagarsi.
E sé è pur sempre vero che tali dettagli ricalcano quasi alla lettera i reali effetti che il fungo citato in un dialogo, l’Ophiocordyceps unilateralis, produce nelle formiche della specie Camponotus leonardi che infetta, ciò in alcun modo emenda le altre macroscopiche rassomiglianze con il videogame.
La tanto millantata originalità, dunque, a ben vedere, latita, e l’unico punto nel quale il film prende realmente una strada totalmente autonoma, ovvero nel finale, corrisponde al momento in cui la narrazione naufraga definitivamente. Perché si tratta di un finale piuttosto stupido, affrettato, poco giustificato che apre tutta una serie di macroscopiche inverosimiglianze ([SPOILER: leggere solo dopo aver visto il film] dal punto di vista di Melanie, perché causare la fine anche di chi si vuole bene, o comunque si tiene in simpatia? Per quanto riguarda la maestra Justineau: perché si presta a fare da insegnante agli appartenenti ad nuova specie che si è sostituita alla sua, condannandola all’estinzione? E lei come accidenti dovrebbe fare a sopravvivere non avendo viveri, non potendo uscire per procurarseli o, eventualmente, non potendo fidarsi a mangiarli dato che le spore hanno contaminato ogni cosa? [FINE SPOILER]).
Insomma, se il suo scopo era di suscitare una qualche sorta di riflessione, se l’intenzione in esso insita era di creare una qualche sorta di allegoria politica, beh, si può tranquillamente affermare che tale intenzione sia fallita miseramente.
Probabilmente lo “zombie horror” non è il miglior genere per sviluppare profonde riflessioni su temi quali l’umanità, la compassione, l’arroganza del genere umano (ma a voler essere sinceri i film di Romero sono lì a dimostrare il contrario); o invece, molto, ma molto più probabilmente e semplicemente, lo sceneggiatore non è stato capace di sviluppare appieno in tutte le loro potenzialità i buoni spunti iniziali (dunque, dimostrando di saperne poco della sua stessa storia [per l'appunto, delle potenzialità in essa insite]; dimostrando, in altre parole, scarsa fantasia). Rimanedo in superifice, mai approfondendo adeguatamente (come nel caso della scontro con la dottoressa Caldwell, che porta alla luce l'eterna domanda se sia giusto o giustificabile il sacrificio di uno per il bene di molti).
Comunque, suggestive alcune riprese aeree di una Londra post-apocalittica avvinghiata nelle spire della vegetazione e del fungo che va diffondendosi (nella realtà realizzate con droni nella tristemente famosa città fantasma di Pryp"jat', evacuata a seguito del disastro nucleare di Černobyl'). E buone le interpretazioni del cast, che però possono poco per risollevare le sorti dell’opera.
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alex62
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domenica 5 febbraio 2017
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il dono più prezioso
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Sennia Nanua, la giovanissima e bravissima protagonista di questo piccolo film di genere “zombie”, molto ben realizzato, ha potuto imparare, durante le riprese, da due attrici di grande talento: Glenn Close (entrata, di diritto, nella leggenda) e Gemma Arterton, stupenda attrice inglese, di una bellezza molto particolare e seducente, ma prima di tutto molto brava. Queste due “star” sono accomunate dall'assenza di qualsiasi pudore nel mostrarsi prive di ogni trucco atto ad abbellirle, o a presentarle al meglio. Forse questo ricorda anche la loro migliore qualità nel lavoro: la perfetta autenticità.
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Sennia Nanua, la giovanissima e bravissima protagonista di questo piccolo film di genere “zombie”, molto ben realizzato, ha potuto imparare, durante le riprese, da due attrici di grande talento: Glenn Close (entrata, di diritto, nella leggenda) e Gemma Arterton, stupenda attrice inglese, di una bellezza molto particolare e seducente, ma prima di tutto molto brava. Queste due “star” sono accomunate dall'assenza di qualsiasi pudore nel mostrarsi prive di ogni trucco atto ad abbellirle, o a presentarle al meglio. Forse questo ricorda anche la loro migliore qualità nel lavoro: la perfetta autenticità.
Di Glenn Close rimarrà indelebile l'interpretazione della “bunny boiler” Alex in Attrazione fatale, di un regista che non è mai stato considerato quanto meritava, Adrian Lyne. (Detesto quelli che liquidano un certo cinema di qualità come “commerciale”; detesto i “cinephile” asserviti dai “Cahier du cinéma” fuori epoca…).
Erevamo alla fine degli anni '80 del secolo scorso e il suo partner nella pellicola, Micheal Douglas era al top.
Alla fin fine, più che un film di “genere”, - detesto anche queste generiche etichette” - “La ragazza con tutti i doni” (che tristezza la traduzione italiana del titolo!) è un film intelligente, pervaso da quell'humour tipicamente inglese, di ottima caratura. Girato - evidentemente non con grandi mezzi - con straordinaria abilità tecnica e con interpreti tutti più che qualificati. Perfino le scene di massa sembrano più coreografie che ammassi di comparse e, una volta tanto “giustificate” e ben organizzate nel contesto della trama.
Non consideratelo un B-movie, l'ennesimo, sugli zombie, non lo capireste…
In un mondo ormai abitato esclusivamente da due specie: predatori e prede; laddove le prede sono “gli umani”, alcuni bambini, miracolosamente e voracemente sopravvisuti alle loro madri, durante il primo contagio - che quindi non dev'essere accaduto più di 10 anni prima del racconto -, diventano cavie per la ricerca di un vaccino che possa debellare il ferale morbo. Ci sono un ufficiale dell'esercito, una scienziata, una maestra e un soldato che rapidamente si avviano verso la resa dei conti.
L'apocalisse è già cominciata ed ha risvegliato la nostra paura atavica di finire divorati: questa è la scossa che sfrutta il plot. In noi, nel nostro profondo più arcaico, risiede - vivo e vegeto - il terrore tipico della preda! Lo siamo stati esclusivamente, prede, per un lunghissimo tempo preistorico e, nei recessi del nostro abisso, ne conserviamo vivida memoria: quella stessa memoria che fa salire i brividi lungo la schiena, durante le scene di caccia all'uomo nel film.
In questo mondo post-bellico si aggirano bande di divoratori affamati. Il minuscolo drappello dei nostri eroi è la loro preda.
Il nodo drammatico è il tentativo da parte della scienziata Glenn Close di convincere la bimba-mostro, per metà umana e per metà divoratrice, a sacrificarsi per la sua amica, la dolce maestra, miss Justineau (Gemma Arterton) e per tutta l'umanità. Solo dal suo sangue sarà possibile brevettare un vaccino valido a debellare il morbus gravis. Proprio in quanto lei è portatrice (malsana) di entrambe le specie.
Alla fatidica domanda: tu sacrificheresti la tua vita per salvare il mondo?, voi cosa rispondereste?
Ecco la mia risposta (che, grazie a Dio è la stessa del film):
nessuna vita umana può essere “sacrificata”, neanche quella ritenuta più indegna e degenerata. Nessuno ha diritto di togliere la vita a un altro essere umano, neanche per l'ideale o l'interesse più elevato e prevalente!
La vita, ogni singola vita è sacra.
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liuk!
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venerdì 23 giugno 2017
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gli zombie naturali
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Il genere zombie si arricchisce di questo The Girl With All The Gifts, maccheronescamente tradotto in "La ragazza che sapeva troppo" (troppo di cosa? ci si domanda dopo aver visto la pellicola!), un prodotto complessivamente interessante e che ha qualcosa da dire. Siamo davanti ad un B Movie realizzato con un budget sicuramente basso per la categoria, quasi completamente girato in studio e con effetti speciali di contorno piuttosto rudimentali. Ciò che emerge è la storia, se non innovativa quantomeno illuminante. Il genere umano è stato colpito da un fungo che si avvolge al cervello rendendo la povera vittima una sorta di squalo di terra che mangia qualsiasi cosa faccia rumore.
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Il genere zombie si arricchisce di questo The Girl With All The Gifts, maccheronescamente tradotto in "La ragazza che sapeva troppo" (troppo di cosa? ci si domanda dopo aver visto la pellicola!), un prodotto complessivamente interessante e che ha qualcosa da dire. Siamo davanti ad un B Movie realizzato con un budget sicuramente basso per la categoria, quasi completamente girato in studio e con effetti speciali di contorno piuttosto rudimentali. Ciò che emerge è la storia, se non innovativa quantomeno illuminante. Il genere umano è stato colpito da un fungo che si avvolge al cervello rendendo la povera vittima una sorta di squalo di terra che mangia qualsiasi cosa faccia rumore. Una volta terminata la fase parassitaria, il fungo diventa albero e produce spore che, a loro volta, infettano altri umani, ovviamente destinati all'estinzione. Nasce però un genere ibrido di cui la piccola protagonista, Sennia Nanua, molto brava, è la capostipite e che è destinata a riprodursi e comandare il mondo nel futuro. La vita che continua grazie all'evoluzione. Bella storia, molto darwiniana, che supplisce alle palesi carenze di realizzazione ed intrattiene lo spettatore. 3 stellette e mezza, consigliato.
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felicity
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mercoledì 19 agosto 2020
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zombie movie anticonvenzionale
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"La ragazza che sapeva troppo" è un film del sottogenere zombie che è indubbiamente uno dei più apprezzati dai fan dell’horror e di conseguenza uno dei più prosperosi. Proprio per questo, non è raro avere una fastidiosa sensazione di déjà vu passando da un titolo all’altro di questa categoria.
La ripetitività del solito canovaccio viene spezzata qua e là grazie a buone idee in grado di reinventare il tema.
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"La ragazza che sapeva troppo" è un film del sottogenere zombie che è indubbiamente uno dei più apprezzati dai fan dell’horror e di conseguenza uno dei più prosperosi. Proprio per questo, non è raro avere una fastidiosa sensazione di déjà vu passando da un titolo all’altro di questa categoria.
La ripetitività del solito canovaccio viene spezzata qua e là grazie a buone idee in grado di reinventare il tema.
"La ragazza che sapeva tropp"o è un film di questo tipo: innovativo. E l’innovazione principale riguarda i ritmi, le atmosfere e soprattutto le tematiche del film, molto introspettive e frutto di una trama decisamente ben scritta.
I ritmi sono lenti, ma mai noiosi, perché la tensione è sempre alta. Le atmosfere che si respirano sono le stesse presenti in film come "28 giorni dopo"o nella serie The Walking Dead, ma ciò che rende La ragazza che sapeva troppo unico rispetto a tutti questi titoli è la tematica dello zombie pensante, per di più giovanissimo. La presenza di questi elementi porterà a diverse riflessioni in più parti del film e soprattutto nel suggestivo finale.
È inutile negare che uno dei punti forti del film è proprio il contrasto tra la natura della sua giovane protagonista, uno zombie affamato di carne umana, un famelico, e il suo carattere gentile, la tenerezza di una bambina che – nonostante tutto – sembra amare il mondo che la circonda.
Melanie è adorabile, è un personaggio a cui si vuol bene. Si tifa per lei, anche se sappiamo che, da un momento all’altro, potrebbe digrignare la mascella e azzannare chi le sta davanti. Anche per questo motivo il film riesce a tenerci sulle spine, grazie a quell’affascinamento nei confronti del pericolo, dall’effetto calamita che l’incertezza esercita sullo spettatore. Fino alla fine speriamo nelle sue buone intenzioni, in una risoluzione positiva.
La ragazza che sapeva troppo è un buon film, in grado di dare un po’ di freschezza al genere degli zombie movies.
Da vedere in particolare se piacciono le atmosfere di 28 giorni dopo.
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