luis23
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domenica 7 agosto 2016
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è più amara la “verità ” o la “finzione” ?
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Le differenze tra il vero e la finzione. Intendiamoci, Pirandello ha parlato di maschere molti anni fa anche Freud ha toccato, per così dire , il tema. Insomma non è nuovo l’argomento. Oggi la tecnologia, gli smartphone i cosiddetti social (social ?) amplificano e rendono più mostruose non tanto le maschere che continuiamo ad indossare, mostruosi sono le possibilità e gli effetti che derivano dall’utilizzo senza freni (inibitori e non) di questa tecnologia. Siamo effettivamente in preda a delirio tecnologico, già in Her - un film apocalittico - in pochi hanno colto il dramma di cui trattava – la solitudine umana tra tanta tecnologia, addirittura in quel film un uomo deve subire un tradimento da parte di un “software” con una altro software .
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Le differenze tra il vero e la finzione. Intendiamoci, Pirandello ha parlato di maschere molti anni fa anche Freud ha toccato, per così dire , il tema. Insomma non è nuovo l’argomento. Oggi la tecnologia, gli smartphone i cosiddetti social (social ?) amplificano e rendono più mostruose non tanto le maschere che continuiamo ad indossare, mostruosi sono le possibilità e gli effetti che derivano dall’utilizzo senza freni (inibitori e non) di questa tecnologia. Siamo effettivamente in preda a delirio tecnologico, già in Her - un film apocalittico - in pochi hanno colto il dramma di cui trattava – la solitudine umana tra tanta tecnologia, addirittura in quel film un uomo deve subire un tradimento da parte di un “software” con una altro software .
Così in questo film, delizioso nello svolgimento un po' sul genere "Una cena tra amici", ma con risvolti molto più drammatici tocchiamo con mano e con il cuore gli effetti nefasti di rapporti improbabili “denudati” da un “mac” o da un “android”.
In fondo questo oggetto – lo smartphone – non è solo un amplificatore dei nostri “vizi privati e pubbliche virtù”, ma è è il veicolo per "la rete" alla quale si è collegati ormai tutti, che contiene tutto e il suo contrario; è lei che legittima ogni nostra pulsione, ogni nostra idea che , per bislacca che possa essere, troverà un sicuro riconoscimento in questa “oceanica babele”.
Gli attori sono tutti splendidi, riescono a coinvolgerci ed a emozionarci - su tutt,e per me, la telefonata in viva voce della figlia diciassettenne dell’ analista . Un colpo a sorpresa è anche la scena della restituzione degli orecchini, e grande mi è sembrata la battuta di Ale (Mastrandrea) “..e no so’ stato frocio pe’ du’ ore e m’è bastato”…
In fondo tutto questo mettersi a nudo è una possibilità (probabilità) troppo lussuosa, una boccata d’aria pura, che resta appunto una possibilità poco probabile e percorribile.
Alla fine del film mi chiedo : è più amara la “verità ” o la “finzione”,continuare a fingere ?
A me il film è piaciuto.
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toty bottalla
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sabato 19 novembre 2016
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l'attualità centrata in pieno!
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Quello che potrebbe accadere o forse già accade senza saperlo, la manìa del cellulare come scatola nera di noi stessi non è male usata come metafora, il film di Paolo Genovese è un esempio raro di riuscita corale di un racconto surreale che scorre a ritmi incalzanti, lo svolgimento iniziale e il caldo ritrovo tutti insieme mi ha ricordato molto "Regalo Di Natale" di Pupi Avati, in entrambe le situazioni l'atmosfera era ed è percepibile come starci dentro, un bel film che ricuce un incubo esasperato del nostro tempo risvegliato in un finale che però fa riflettere, buoni i dialoghi e la tecnica di ripresa, un lavoro da 3,5 stelle.
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Quello che potrebbe accadere o forse già accade senza saperlo, la manìa del cellulare come scatola nera di noi stessi non è male usata come metafora, il film di Paolo Genovese è un esempio raro di riuscita corale di un racconto surreale che scorre a ritmi incalzanti, lo svolgimento iniziale e il caldo ritrovo tutti insieme mi ha ricordato molto "Regalo Di Natale" di Pupi Avati, in entrambe le situazioni l'atmosfera era ed è percepibile come starci dentro, un bel film che ricuce un incubo esasperato del nostro tempo risvegliato in un finale che però fa riflettere, buoni i dialoghi e la tecnica di ripresa, un lavoro da 3,5 stelle. Saluti.
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eleonora panzeri
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domenica 27 novembre 2016
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non fidarsi è meglio
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Una storia semplice, quotidiana, quasi ordinaria. Un gruppo di amici di vecchia data si ritrova per una cena di gruppo. Ormai oltre la trentina sono quasi tutti sposati, fidanzati o con figli. Si percepisce sin dall'inizio che dietro ai sorrisi tirati, ogni famiglia nasconde i suoi problemi, tuttavia nessuno ne parla. Ogni cosa resterebbe così immutata, in bilico su un precipizio di verità dette e non dette se non fosse che Eva (casuale il richiamo biblico?) propone una sorta di gioco della verità "evoluto": ogni commensale avrebbe dovuto condividere con il gruppo messaggi e chiamate ricevuti durante la cena.
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Una storia semplice, quotidiana, quasi ordinaria. Un gruppo di amici di vecchia data si ritrova per una cena di gruppo. Ormai oltre la trentina sono quasi tutti sposati, fidanzati o con figli. Si percepisce sin dall'inizio che dietro ai sorrisi tirati, ogni famiglia nasconde i suoi problemi, tuttavia nessuno ne parla. Ogni cosa resterebbe così immutata, in bilico su un precipizio di verità dette e non dette se non fosse che Eva (casuale il richiamo biblico?) propone una sorta di gioco della verità "evoluto": ogni commensale avrebbe dovuto condividere con il gruppo messaggi e chiamate ricevuti durante la cena. La trama è molto interessante, tuttavia il suo sviluppo appare surreale, non tanto per le verità nascoste che verranno a galla, ma più per la concomitanza degli eventi. Gioiellieri, tecnici di PC, amanti e parenti tutti a telefonare o a scrivere dopo le 22.00 di sera, molto improbabile se non impossibile. A parte questo, con l'evolversi della cena, le vite dei protagonisti si rivelano tra l'apatia e la noia della vita coniugale o genitoriale, mostrando come ogni equilibrio sia maledettamente instabile e coloro i quali ricoprono i ruoli di migliore amico o compagno di vita si possano rivelare in pochi attimi dei perfetti sconosciuti.
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domenica 22 gennaio 2017
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un inizio diesel, che mette il turbo col passare d
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Ritmi piuttosto lenti, soprattutto in avvio, che fanno presagire ad un film che potrebbero risultare noioso e banale. Col passare del tempo però è facilissimo ricredersi. Il film assume un dinamismo concettuale notevole, non mancano le risate ma al tempo stesso è ben improntato a trasmettere una lezione sui pregiudizi, sulla fiducia e sui rapporti sia in ambito di amicizia, d'amore e tra genitori e figli. Finale abbastanza sorprendente, e di gusto soggettivo, personalmente mi aspettavo un finale diverso. In conclusione, film da vedere e discreto, un ruolo fondamentale va attribuito alla bravura degli attori, un cast completo e all'altezza.
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no_data
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mercoledì 8 marzo 2017
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ottimo film, con una sceneggiatura eccellente
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Leggere critiche a questo film è paradossale. I dialoghi sono eccellenti e l'attenzione alla sceneggiatura (finalmente!) lo eleva nettamente al di sopra di molti altri film italiani che restano sempre un po' incompiuti. La storia parte da un assunto già visto, la cena fra amici, ma si dipana in qualcosa di diverso e a tratti molto profondo. Bisogna essere terribilmente superficiali per non apprezzare i dialoghi di un Giallini finalmente nella parte del buono (e saggio) padre e marito. Ho apprezzato anche che ci siano personaggi assolutamente negativi al di là del tema di fondo, che parla in modo efficace di come la tecnologia abbia disumanizzato il mondo. Non solo perché ci ha devastato l'esistenza, ma anche perché ci rende sempre più fragili di fronte a noi stessi.
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Leggere critiche a questo film è paradossale. I dialoghi sono eccellenti e l'attenzione alla sceneggiatura (finalmente!) lo eleva nettamente al di sopra di molti altri film italiani che restano sempre un po' incompiuti. La storia parte da un assunto già visto, la cena fra amici, ma si dipana in qualcosa di diverso e a tratti molto profondo. Bisogna essere terribilmente superficiali per non apprezzare i dialoghi di un Giallini finalmente nella parte del buono (e saggio) padre e marito. Ho apprezzato anche che ci siano personaggi assolutamente negativi al di là del tema di fondo, che parla in modo efficace di come la tecnologia abbia disumanizzato il mondo. Non solo perché ci ha devastato l'esistenza, ma anche perché ci rende sempre più fragili di fronte a noi stessi. Ci fa perdere la strada, il senso della realtà. Ci fa dimenticare che cosa è veramente importante. La bravura degli attori contribuisce al risultato, davvero sorprendente, così come i tempi cinematografici, ben calcolati e senza lungaggini. La fotografia è un filo troppo pulita, avrei preferito qualcosa di più sporco e sofferto, ed è il solo vero limite del film. Che è un film importante e profondo, senza le smancerie e gli intellettualismi inutili di tanti prodotto d'Oltrefrontiera che piacciono tanto alla vulgata radical-chic.
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tavololaici
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martedì 16 febbraio 2016
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non mi piacciono gli horror
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Non andro' mai e poi mai a vedere sto horror -ho gusti delicati e non all'ingrosso, e non gradisco troppo e troppo da vicino l'orrore...............
Ma lo segnalo attraverso questa bella recensione/presentazione di LETTERA 43, colta e per nulla banale, oltre che molto, molto letteraria.
Volgere Altrove
Le corna di Perfetti sconosciuti? Sono un film horror
Su Whatsapp seppelliamo flirt come zombie.
Il bivio fra adolescenza ed età adulta è all'ingresso della multisala: mia figlia quindicenne, debitamente corredata di pop corn e bibite ghiacciate, si incammina con le amiche verso Pride and Prejudice and Zombies e io, con le mie caramelline sugarfree e la bottiglia d'acqua naturale fuori frigo, verso Perfetti sconosciuti.
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Non andro' mai e poi mai a vedere sto horror -ho gusti delicati e non all'ingrosso, e non gradisco troppo e troppo da vicino l'orrore...............
Ma lo segnalo attraverso questa bella recensione/presentazione di LETTERA 43, colta e per nulla banale, oltre che molto, molto letteraria.
Volgere Altrove
Le corna di Perfetti sconosciuti? Sono un film horror
Su Whatsapp seppelliamo flirt come zombie.
Il bivio fra adolescenza ed età adulta è all'ingresso della multisala: mia figlia quindicenne, debitamente corredata di pop corn e bibite ghiacciate, si incammina con le amiche verso Pride and Prejudice and Zombies e io, con le mie caramelline sugarfree e la bottiglia d'acqua naturale fuori frigo, verso Perfetti sconosciuti.
Le nostre strade si ricongiungono solo all'uscita, ma chi ci guardasse in faccia faticherebbe a capire chi di noi due ha visto il film dell'orrore.
L'unica differenza è che a lei Pride and Prejudice eccetera ha messo paura di dormire da sola, mentre a me Perfetti sconosciuti ha messo voglia di dormire da sola per il resto della mia vita.
INNO AL CELIBATO. Non che il cinema italiano sia mai stato un inno all'amore e al sentimento, anzi, potrebbe essere utilmente usato dagli aspiranti monaci del monte Athos per raggiungere in tempi record il contemptus mundi e abbracciare senza rimpianti il celibato e la segregazione perpetua dall'altro sesso.
Ma il film di Paolo Genovese, pur avvicinandosi a Risi e Monicelli solo nella spietatezza e nel cinismo e non nella maestria cinematografica, affonda il dito in una piaga che non è più sanamente dolorosa e sanguinante, ma purulenta, spappolata e maleodorante come la carne zombie: la coppia monogamica.
LE NOSTRE SCATOLE NERE. Sposata o di fatto, non importa, e per lo più etero: il meno peggio fra i sette Perfetti sconosciuti è il «frocio» interpretato da Giuseppe Battiston, ma come si fa a mettere la mano sul fuoco per un professore di educazione fisica chiaramente sovrappeso che per il proprio training quotidiano si affida a una dispotica app del cellulare?
Già, il cellulare: l'unico rapporto profondo, esclusivo e indissolubile per tutti i personaggi del film è quello con il proprio telefonino, «scatola nera della nostra vita», specie se la vita sembra fatta di scatole cinesi tutte grigie.
E per quanto si possa aver letto questa banalità in mille corsivi moraleggianti o averla sentita nei fervorini radical-buonisti di Che tempo che fa, quando i sette Sconosciuti posano i cellulari sul tavolo da pranzo, col display visibile, pronti a condividere tutto quel che vi apparirà, nella sala si percepisce uno spostamento d'aria.
SCHELETRI NEL TELEFONO. È il brivido collettivo che percorre la schiena degli spettatori, agghiacciati come se alle spalle di Valerio Mastandrea e Kasia Smutniak stesse facendo capolino l'esercito di non-morti che irrompe nel salotto di Pride and Prejudice.
Perché se nelle nostre camere matrimoniali abbiamo armadi impeccabili e ordinatissimi non è solo grazie ai razionali accessori interni stile Ikea, ma è anche perché abbiamo trasferito tutti i nostri privatissimi scheletri nei nostri rispettivi smartphone, dove se ne stanno buoni finché una scommessa imprudente e un'eclisse di luna non li fanno uscire tutti insieme a danzare scatenati come in Thriller di Michael Jackson.
DA WHATSAPP AL DIVORZIO. Non sarò così ipocrita da chiedere retoricamente chi di noi non gestisce uno o più flirt su Whatsapp o Facebook, o non tiene in qualche cartella nascosta delle foto in cui il colore prevalente è il rosa carne, perché al massimo citereste un amico di vostro cugino, ma i numeri dicono che Whatsapp è implicato nel 40% delle cause di divorzio, e l'amico di vostro cugino potrebbe confermarlo.
Sembra una degenerazione della modernità e invece è un ritorno al passato.
Mentre qualcuno chiede la riapertura dei bordelli, ognuno di noi - okay, diciamo tanta gente fra cui l'amico di vostro cugino - ha nel cellulare una piccola casa d'appuntamenti virtuale, dove sfoga la voglia di passione, di trasgressione (che spesso si riduce a un po' di «cosatifarei» all'ora della buonanotte) per poi tornare alla proba e distratta routine del legame ufficiale.
Che, lungi dall'esserne insidiata, ne risulta consolidata, almeno finché una psicologa ficcanaso propone una stupida sfida durante una cena fra amici.
COME NELL'OTTOCENTO. Ma in buona sostanza le cose vanno esattamente come nell'Ottocento, quando il padre di famiglia si divideva «fra i piaceri della casa e la casa di piacere».
Adesso però si è aggiunta anche la madre di famiglia, perché lo smartphone ha redistribuito più equamente fra i due sessi le trasgressioni una volta accessibili quasi esclusivamente all'uomo.
L'importante è che gli zombie spudorati e vogliosi restino nei cellulari sepolti in fondo alle nostre tasche e borse, se non vogliamo che vengano a fare a brandelli il nostro orgoglio e certi pregiudizi più putrefatti di loro.
MEGLIO ESSERE... SCONOSCIUTI. Un matrimonio è tanto più perfetto quanto più marito e moglie restano sconosciuti l'uno all'altro: vale ai tempi di Genovese come a quelli di Jane Austen.
Che nella lealtà fra coniugi aveva tanta fiducia che restò single tutta la vita.
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(di manfredinino)
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noillusions
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lunedì 22 febbraio 2016
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niente di nuovo
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nulla di nuovo nella struttura della storia, che è teatrale da atto unico. alle solite, un gruppo di persone (parenti o amici) che pensano di conoscersi da anni si ritrovano in un posto per una ricorrenza; immancabilmente, un fatto scatenante (uno qualsiasi, in questo caso un gioco idiota) fa venir fuori rancori, tradimenti, incomprensioni, segreti, ecc... peccati, più o meno. un po' troppi, bisogna dirlo! eh sì, un po' troppi. il punto più basso? l'immancabile conoscente che si scopre essere gay, roba fritta e rifritta già vista in mille storie da anni lontani, ad es, quelli dei natali in casa Gori. l'unico pregio? il fatto che il film non si svolga, come la quasi totalità dei film, in un universo parallelo con l'entropia al contrario, in cui la gente si comporta in modo assurdo e capita sempre ciò che è più improbabile! il pregio è nel finale: quando si capisce che la storia assurda narrata - nella quale una che mette le corna al marito con uno dei presenti si mette a proporre il gioco della verità (!) - è solo immaginaria; inaspettatamente, non capita nel film ciò che non capiterebbe mai nella realtà.
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nulla di nuovo nella struttura della storia, che è teatrale da atto unico. alle solite, un gruppo di persone (parenti o amici) che pensano di conoscersi da anni si ritrovano in un posto per una ricorrenza; immancabilmente, un fatto scatenante (uno qualsiasi, in questo caso un gioco idiota) fa venir fuori rancori, tradimenti, incomprensioni, segreti, ecc... peccati, più o meno. un po' troppi, bisogna dirlo! eh sì, un po' troppi. il punto più basso? l'immancabile conoscente che si scopre essere gay, roba fritta e rifritta già vista in mille storie da anni lontani, ad es, quelli dei natali in casa Gori. l'unico pregio? il fatto che il film non si svolga, come la quasi totalità dei film, in un universo parallelo con l'entropia al contrario, in cui la gente si comporta in modo assurdo e capita sempre ciò che è più improbabile! il pregio è nel finale: quando si capisce che la storia assurda narrata - nella quale una che mette le corna al marito con uno dei presenti si mette a proporre il gioco della verità (!) - è solo immaginaria; inaspettatamente, non capita nel film ciò che non capiterebbe mai nella realtà. meno male. il messaggio del film? per me scontato, banale, risaputo: le bugie - sul lavoro, nei rapporti sentimentali, ovunque - reggono il mondo. e chi pensa che la salvezza stia nella "verità", sogna nel mondo delle illusioni.
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(di raffele)
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ralphscott
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mercoledì 27 aprile 2016
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facciamo un bel gioco...
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Film molto buono,non abbastanza cattivo per essere ottimo. Insomma,c'è comunque sempre un po' di indulgenza come nella miglior tradizione della commedia di casa nostra. La sceneggiatura è il pregio più evidente: l'idea di rappresentare cosa succederebbe se...è una bella ed originale trovata. I tempi sono quelli giusti e gli attori rendono come collettivo. Colpisce e commuove la coerenza del personaggio di Mastrandrea,di fatto fidatissimo amico del sempre grande Battiston;certo fa pensare che per l'ennesima volta lo scandalo sia introdotto e retto su un personaggio gaio,o presunto tale. Sulle corna si può chiudere un occhio,ma che siano etero!
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shingo tamai
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mercoledì 11 gennaio 2017
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segretamente sincero
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Non è proprio originalissimo diciamo la verità,queste cene tra amici o parenti che poi prendono una brutta piega sono televisivamente all'ordine del giorno.
Di contro fa un certo piacere vedere pellicole concentrarsi quasi essenzialmente sui dialoghi e sulla bravura degli attori senza effetti speciali o ambientazioni da budget illimitato che spesso catturano l'attenzione degli spettatori più "distratti".
Il tema trattato è essenzialmente unico,quelli dei piccoli o grandi segreti che ognuno di noi conserva gelosamente.
Personalmente non credo che dire sempre la verità o dire "proprio tutto" al compagno,all'amico,al figlio di turno sia necessario o consigliabile,qualche piccola bugia è necessaria per salvare un rapporto o per non entrare in inutili conflitti.
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Non è proprio originalissimo diciamo la verità,queste cene tra amici o parenti che poi prendono una brutta piega sono televisivamente all'ordine del giorno.
Di contro fa un certo piacere vedere pellicole concentrarsi quasi essenzialmente sui dialoghi e sulla bravura degli attori senza effetti speciali o ambientazioni da budget illimitato che spesso catturano l'attenzione degli spettatori più "distratti".
Il tema trattato è essenzialmente unico,quelli dei piccoli o grandi segreti che ognuno di noi conserva gelosamente.
Personalmente non credo che dire sempre la verità o dire "proprio tutto" al compagno,all'amico,al figlio di turno sia necessario o consigliabile,qualche piccola bugia è necessaria per salvare un rapporto o per non entrare in inutili conflitti.
Probabilmente qualcuno troverà i temi trattati interessanti e qualcuno li troverà banali,tuttavia ci sono un paio di certezze.
La prima è che i telefonini con i vari "social" annessi hanno rivoluzionato le nostre esistenze,la seconda che in molti dopo la visione sono andati a cancellare "vecchi"messaggini con il timore che a qualcuno fosse venuta la voglia di indagare.....
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diabolik0
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mercoledì 7 giugno 2017
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brillante e caustico
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Internet e i cellulari ci hanno cambiato la vita.Profondamente,radicalmente.Quando ero ragazzo e volevo sapere un'informazione, dovevo raggiungere casa,consultare l'enciclopedia TRECCANI, quella cartacea, la digitale ovviamente non esisteva ancora e forse avrei trovavo la risposta.Quando uscivo di casa,i miei mi chiedevano di fare perlomeno una telefonata, nell'arco della serata,per sapere se fossi ancora vivo,ma siccome esisteva solo il telefono fisso,il più delle volte me ne dimenticavo o non trovavo la cabina o non avevo il gettone,comunque i miei non hanno mai chiamato il 113 o il 118.Sembra preistoria, invece accadeva soltanto 30/35 anni fa.Quanto questi due strumenti hanno cambiato le nostre vite è sotto gli occhi di tutti,ma soprattutto di chi non è nato nella generazione digitale e ha potuto vedere i cambiamenti che hanno prodotto.
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Internet e i cellulari ci hanno cambiato la vita.Profondamente,radicalmente.Quando ero ragazzo e volevo sapere un'informazione, dovevo raggiungere casa,consultare l'enciclopedia TRECCANI, quella cartacea, la digitale ovviamente non esisteva ancora e forse avrei trovavo la risposta.Quando uscivo di casa,i miei mi chiedevano di fare perlomeno una telefonata, nell'arco della serata,per sapere se fossi ancora vivo,ma siccome esisteva solo il telefono fisso,il più delle volte me ne dimenticavo o non trovavo la cabina o non avevo il gettone,comunque i miei non hanno mai chiamato il 113 o il 118.Sembra preistoria, invece accadeva soltanto 30/35 anni fa.Quanto questi due strumenti hanno cambiato le nostre vite è sotto gli occhi di tutti,ma soprattutto di chi non è nato nella generazione digitale e ha potuto vedere i cambiamenti che hanno prodotto.Genovese con questo film graffiante e caustico, si diverte a proporre un gioco,perlomeno sembra tale,degli amici si riuniscono per una cena e poi mettono i telefonini sul tavolo rispondendo a viva voce a messaggi e chiamate,succederà di tutto,bugie,rivelazioni scottanti, tradimenti e quant'altro, un gioco al massacro, peraltro alla fine paradossalmente tutto sembrerà rientrare nella norma.Idea stravagante, ma efficace per dimostrarci come dice giustamente Giallini nel film,che i cellulari sono diventati la scatola nera,della nostra esistenza,raccolgono ii nostri segreti,le nostre paure.Una volta si affidavano ai i diari le proprie confidenze intime, che le adolescenti conservavano gelosamente e che puntualmente le mamme trovavano e leggevano,oggi no se vuoi capire con chi hai a che fare devi vedere il suo profilo "linkedin" se vuoi sapere quanti "amici" hai, devi guardare"facebook" e se vuoi sapere quanto la gente ti apprezzi dai una scorsa a "twitter" e poi per dimostrare che esisti, devi postare fotografie su istagram,se poi vuoi avere una vita sociale intensa, devi avere svariati gruppi "wathapp", con i quali condividere esperienze,osservazioni,confidenze e quant'altro.Possiamo parlare di aberrazione della comunicazione,io direi proprio di si,non sono un dinosauro attaccato come una sanguisuga alle tradizioni,ma onestamente ritengo che tutto questo non fa altro che accrescere il senso di soltudine e l'alienazione che ci attanaglia.
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