robroma66
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domenica 6 marzo 2016
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la circolarità del male
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“E Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre” (Genesi 1, 4-5). Ma qui non c'è posto che per le tenebre.
Un film molto bello e poco distribuito (a Roma è presente in una sala soltanto). Ultimo lavoro del cileno Pablo Larraìn. Tra i protagonisti Alfredo Castro, attore feticcio di Larraìn e già interprete, tra i film passati di recente in Italia, dell'inquietante Ti guardo (Vigas).
Siamo in una località sperduta della costa cilena, in una casa dove quattro preti e una suora espiano delitti della loro vita passata.
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“E Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre” (Genesi 1, 4-5). Ma qui non c'è posto che per le tenebre.
Un film molto bello e poco distribuito (a Roma è presente in una sala soltanto). Ultimo lavoro del cileno Pablo Larraìn. Tra i protagonisti Alfredo Castro, attore feticcio di Larraìn e già interprete, tra i film passati di recente in Italia, dell'inquietante Ti guardo (Vigas).
Siamo in una località sperduta della costa cilena, in una casa dove quattro preti e una suora espiano delitti della loro vita passata. Un plumbeo mondo ai confini del mondo, un nido sepolcrale claustrofobico e senza luci. Pedofilia, traffico di bambini, connivenze con la dittatura militare sono le passate attività per le quali quegli ex uomini di Dio si trovano lì. Un quinto prete neo-arrivato si suicida dopo che Sandokan, una vittima anarcoide e psicolabile delle di lui inclinazioni pedofile, si reca sotto la casa e racconta gridando quello che era successo. La Chiesa invia un prete gesuita per investigare sull'accaduto ma il giovane e determinato padre Garcia darà una piega e un epilogo egualmente tetri alle sue indagini. Un mondo dove non c'è salvezza perchè tutto è inghiottito dalla circolarità della perversione e il pentimento non riesce a fare aggio sulla implacabile inclinazione al male. A suo modo il film è denso di spiritualità ma è una spiritualità assorbita dal vortice ineluttabile del buio dell'anima, come un buco nero. Un film scomodo e crudele in cui non ci sono colori, le immagini sono sgranate e alba, giorno e crepuscolo si unificano nella notte assoluta.
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flyanto
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martedì 1 marzo 2016
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un'orrenda combriccola
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Vincitore dell'Orso d'Argento al Festival del Cinema di Berlino nel 2015 "Il Club" narra la storia di un gruppo di quattro sacerdoti che, insieme ad una suora che fa loro da governante, è stato confinato in una casa sul mare in una landa sperduta del Cile. La motivazione è quella che tutti i suddetti componenti del gruppo devono espiare, separati dal resto del mondo e dell' intera comunità, i propri terribili ed infamanti peccati commessi anni addietro. Ognuno ha così l'opportunità di riflettere su quanto commesso e pentirsene sinceramente. Ma nel corso delle giornate lì trascorse ed in seguito soprattutto all'arrivo di un nuovo sacerdote la calma apparente instaurata si interrompe improvvisamente, facendo deflagrare nei suddetti componenti la più atroce violenza ed i peggiori istinti e contribuendo a svelare la loro più profonda e peggiore natura di esseri umani ed, in particolare, di esponenti della Chiesa.
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Vincitore dell'Orso d'Argento al Festival del Cinema di Berlino nel 2015 "Il Club" narra la storia di un gruppo di quattro sacerdoti che, insieme ad una suora che fa loro da governante, è stato confinato in una casa sul mare in una landa sperduta del Cile. La motivazione è quella che tutti i suddetti componenti del gruppo devono espiare, separati dal resto del mondo e dell' intera comunità, i propri terribili ed infamanti peccati commessi anni addietro. Ognuno ha così l'opportunità di riflettere su quanto commesso e pentirsene sinceramente. Ma nel corso delle giornate lì trascorse ed in seguito soprattutto all'arrivo di un nuovo sacerdote la calma apparente instaurata si interrompe improvvisamente, facendo deflagrare nei suddetti componenti la più atroce violenza ed i peggiori istinti e contribuendo a svelare la loro più profonda e peggiore natura di esseri umani ed, in particolare, di esponenti della Chiesa.
Sicuramente il regista Pablo Larrain con questa sua pellicola non fa alcuno sconto nel suo giudizio a nessuno e, nel caso specifico, al clero in generale che qui viene ampiamente ed apertamente denunciato per i crimini, quali gli abusi sessuali sui minori, più feroci e più temibili. Ma egli non dà agli esponenti di questa categoria alcuna possibilità di riscatto mettendo in evidenza quanto costoro non solo non si ravvedano ma nemmeno si pentano sfoderando invece all'occorrenza la più inaudite cattiveria e violenza. Insomma, un film che dal punto di vista della denuncia contro alcuni esponenti della Chiesa purtroppo non dice nulla di nuovo in quanto già ampiamente esposto e dibattuto nei giornali ed attraverso gli svariati mezzi d'informazione, ma che proprio nella crudezza e nel realismo con cui il regista espone i fatti esso risulta quanto mai particolare, efficace e fortemente incisivo, innalzandone il valore. Interessante.
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filippo catani
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martedì 20 settembre 2016
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chiesa e cile fanno i conti con il passato
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In una remota località cilena vivono alcuni prelati che si sono macchiati di gravissimi misfatti. A seguito del suicidio di uno di essi, un gesuita arriva nella casa per chiuderla definitivamente.
Una casa che assume la forma di un grande armadio pieno di scheletri pesantissimi. Un film durissimo quello di Larrain premiato a Berlino. La pellicola non solo si interroga sugli orrori in passato coperti dai vertici ecclesiastici ma anche su alcune ferite non cicatrizzate del Cile tra cui la dittatura e il traffico di neonati. I protagonisti vivono esiliati ma continuano comunque a peccare e a raccogliere denaro tramite le scommesse delle corse dei cani. A capo di tutto c'è una ex suora decisamente mefistofelica che gestisce la casa.
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In una remota località cilena vivono alcuni prelati che si sono macchiati di gravissimi misfatti. A seguito del suicidio di uno di essi, un gesuita arriva nella casa per chiuderla definitivamente.
Una casa che assume la forma di un grande armadio pieno di scheletri pesantissimi. Un film durissimo quello di Larrain premiato a Berlino. La pellicola non solo si interroga sugli orrori in passato coperti dai vertici ecclesiastici ma anche su alcune ferite non cicatrizzate del Cile tra cui la dittatura e il traffico di neonati. I protagonisti vivono esiliati ma continuano comunque a peccare e a raccogliere denaro tramite le scommesse delle corse dei cani. A capo di tutto c'è una ex suora decisamente mefistofelica che gestisce la casa. L'arrivo di un giovane padre gesuita parrebbe dare modo di poter finalmente fare i conti con il passato. Attori bravissimi, dialoghi spesso disturbanti e un'atmosfera plumbea sono gli elementi che impreziosiscono il duro lavoro del regista nella sua continua analisi del Cile.
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fabiofeli
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lunedì 7 marzo 2016
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e dio separò la luce dalle tenebre
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A La Boca, un paesino del Cile, in una casa “protetta” vivono quattro preti che si sono macchiati di indegnità. Li accudisce e li sorveglia una suora con un perenne sorriso sulle labbra; ma non rigano dritto: allenano un levriero da corsa e scommettono sulle sue vittorie. Accompagnato da un prelato giunge un altro prete nella piccola comunità: quasi immediatamente davanti alla casa compare un giovane del quale il prete ha abusato quando era bambino; con voce stentorea l’uomo snocciola i particolari rivoltanti del rapporto. Per spegnere lo scandalo uno degli altri preti, un ex-cappellano militare, dà una pistola al prete accusato perché minacci e spaventi l’accusatore.
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A La Boca, un paesino del Cile, in una casa “protetta” vivono quattro preti che si sono macchiati di indegnità. Li accudisce e li sorveglia una suora con un perenne sorriso sulle labbra; ma non rigano dritto: allenano un levriero da corsa e scommettono sulle sue vittorie. Accompagnato da un prelato giunge un altro prete nella piccola comunità: quasi immediatamente davanti alla casa compare un giovane del quale il prete ha abusato quando era bambino; con voce stentorea l’uomo snocciola i particolari rivoltanti del rapporto. Per spegnere lo scandalo uno degli altri preti, un ex-cappellano militare, dà una pistola al prete accusato perché minacci e spaventi l’accusatore. Ma questi volge la pistola verso di sé e si uccide. Nella casa viene mandato un gesuita, un giovane elegante che veste con abiti griffati, per chiarire il motivo del suicidio e scoprire chi ha fornito l’arma …
Il film di Pablo Larrain è stato premiato a Berlino. Non c’è solo il tema della pedofilia ecclesiastica, trattato in modo più sconvolgente di quanto sia stato ne Il caso Spotlight; aleggiano le connivenze del clero cileno con il regime fascista di Pinochet, la corruzione e l’avidità del denaro, i cattivi consigli e gli intrighi per spingere le persone al male. Ci sono le tenebre e non è un caso che la fotografia è “sporca” per tutto il film ad eccezione di una sola inquadratura: il sole al tramonto, la scomparsa della luce, appunto; quella luce che Dio ha creato e separato dalle tenebre. Perché qui ci sono solo tenebre e perdizione.
Dialoghi serrati; recitazioni da manuale degli attori, tra i quali spicca Alfredo Castro (protagonista di Tony Manero diretto da Larrain e del recente Ti guardo di Vigas): è l’unico prete che parla d’amore, ma è anche lui un corrotto e un corruttore. Film da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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susyf
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sabato 8 ottobre 2016
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el club: un film disarmante e disturbante
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Ci troviamo in un piccolo paesino del Cile affacciato sul mare e nei primi momenti della pellicola assistiamo alla vita tranquilla e monotona di un gruppo di persone avanti con l 'età che vivono assieme in una villetta sul mare. Solo dopo capiremo che queste persone non sono nient'altro che quattro preti sconsacrati e una suora che sono stati mandati in questa piccola cittadina per compiere un percorso di pentimento e redenzione ma si capisce subito che essi non solo non sono affatto pentiti di ciò che hanno fatto ma nemmeno si rendono conto della gravità delle loro azioni. TRa questi ci sono un pedofilo e un prete che rapiva i bambini per darli a donne altolocate che non potevano avere figli.
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Ci troviamo in un piccolo paesino del Cile affacciato sul mare e nei primi momenti della pellicola assistiamo alla vita tranquilla e monotona di un gruppo di persone avanti con l 'età che vivono assieme in una villetta sul mare. Solo dopo capiremo che queste persone non sono nient'altro che quattro preti sconsacrati e una suora che sono stati mandati in questa piccola cittadina per compiere un percorso di pentimento e redenzione ma si capisce subito che essi non solo non sono affatto pentiti di ciò che hanno fatto ma nemmeno si rendono conto della gravità delle loro azioni. TRa questi ci sono un pedofilo e un prete che rapiva i bambini per darli a donne altolocate che non potevano avere figli. La situazione precipita quando alla casa viene un nuovo prete sconsacrato che aveva abusato di molti bambini che frequentavano la parrocchia e le sue colpe gli vengono ricordate da un uomo, Sandokan, che frequentava la sua chiesa e che da piccolo ha subito violenza da questo sacerdote. Quest'ultimo non reggendo l 'umiliazione si suicida di fronte a Sandokan. Dopo questa tragedia entra nelle vite di questa piccola comunità un gesuita, pioniere della nuova chiesa e psicologo che vuole indagare sull' accaduto e chiudere questa casa di redenzione per far sì che ciascun membro di questa casa sconti la propria pena in un carcere civile. Dal film emerge una cheisa ripiegata su se stessa corrotta, attaccata alla vita materiale e al vizio. Una chiesa che come viene citato da un protagonista del film é così da sempre e che solo adesso incomincia a emergere tutto il marcio e il male che è stato fatto a molti ma che a causa del loro potere e della loro forza è stato sempre nascosto. Non è un sistema che ha come obiettivo il bene dei fedeli e l' amore verso i più deboli ma è solo interessata a mantenere una buona facciata quella facciata che nasconde una serie di abusi e violenze fatte in nome della fede e giustificate da un bene superiore. Una luce e una speranza a tutto questo è rappresentata dal prete gesuita che vuole ripulire tutta questa miseria ma, nonostante la differenza dei pricipi morali tra lui e i preti della comunità, non rispecchia il bene della chiesa ma solamente un miglioramento del sistema. Nella vita di questi preti sconsacrati non c'è la luce della fede ma il buio della noia e la ricerca di divertimenti brevi, frivoli e mondani. Larrain ci fa entrare nelle vite dei protagonisti ci fa vedere ciò che non ci hanno mai fatto vedere o che non abbiamo mai voluto vedere da vicino, da molto vicino perchè la potenza dei film sta nel fatto che una notizia di pedofilia sentita al telegiornale non ci colpisce come una testimonianza di questa da chi l'ha subita e da chi l'ha provocata. Il film è girato con grande eleganza, pulizia, linearità e sapienza. Ogni scena vine enfatizzata nel modo giusto senza scadere mai nel patetico. Grande è la bravura degli attori e la scelta delle luci. IL buio è ciò che permea tutto il film proprio perchè è il buio più totale quello che stanno vivendo pur inconsapevolmente i protagonisti del film ma è anche buio e disperazione ciò che essi hanno provocato nella loro vita.
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gianleo67
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venerdì 15 luglio 2016
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ecco l'agnello di dio...
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Dopo il suicidio di un sacerdote appena arrivato nella casa di penitenza dove altri quattro suoi ex colleghi stanno espiando gravi crimini contro la legge e la morale, lo psicologo gesuita Padre García viene inviato per indagare sulle loro reali responsabilità e chiudere definitivamente la struttura. Scoprirà che la verità è sempre un'arma a doppio taglio.
Dal pretesto quasi surreale di un eremo di espiazione quale ultima roccaforte di un'abitudine al vizio ed ai piaceri materiali dura a morire, prosegue il discorso di Larrain sul controcanto di un paese che sembra coltivare in sè le contraddizioni e le miserie di una umanità così particolare eppure così tragicamente universale.
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Dopo il suicidio di un sacerdote appena arrivato nella casa di penitenza dove altri quattro suoi ex colleghi stanno espiando gravi crimini contro la legge e la morale, lo psicologo gesuita Padre García viene inviato per indagare sulle loro reali responsabilità e chiudere definitivamente la struttura. Scoprirà che la verità è sempre un'arma a doppio taglio.
Dal pretesto quasi surreale di un eremo di espiazione quale ultima roccaforte di un'abitudine al vizio ed ai piaceri materiali dura a morire, prosegue il discorso di Larrain sul controcanto di un paese che sembra coltivare in sè le contraddizioni e le miserie di una umanità così particolare eppure così tragicamente universale. Sempre ancorato alle logiche di una narrazione minimale che scandisce le squallide vicende di un realismo sociale e storico che brucia dentro come l'insanabile ferita di un tradimento generazionale (Tony Manero, Post Mortem), il regista cileno punta al cuore nero di una delle istituzioni che non solo non alzò una voce chiara contro l'abominio e la persecuzione, ma ne agevolò e giustificò i crimini, salvo relegare poi i propri corrotti emissari nel limbo di un esilio fisico e spirituale che ne rimuovesse definitivamente il peso dalla coscienza, occultandone le colpe laddove nessuno le potesse finalmente scoprire. Pur nelle cotraddizioni di una storia esemplare che appare forzata sul versante della credibilità e del realismo, ma puntando piuttosto alle astrazioni ed ai simbolismi di un processo psichico di rimozione e mistificazione di una realtà crudele fino al paradosso, il processo psicoanalitico messo in campo dall'ambiguo gesuita di nomina vaticana è lo straordinario espediente di una razionalità che sembra farsi strada attraverso le perversioni e le debolezze della natura umana, facendo sedere sul lettino di rito una triste galleria di personaggi mostruosi e grotteschi, ciascuno a suo modo colpevole di un crimine che non riconosce veramente come tale (la perpetua cui è stata tolta la podestà genitoriale, il cappellano militare testimone degli omicidi politici, il prete rapitore di bambini desaparecidos, quello omosessuale e perfino l'anziano prelato in declino cognitivo di cui non si osa nemmeno sapere che colpe abbia avuto), tutti arroccati in difesa di un personale privilegio materiale che non esita a contestare allo stesso inquisitore che glielo vorrebbe togliere ("Lei che è un burocrate del vaticano...che viaggia in prima classe...che alloggia in alberghi a 5 stelle...che compre nei freeshop...Da quanto tempo non sta in una parrocchia?"). Un film che trova spessore quindi, non tanto e non solo nel dramma morale di una nazione tormentata dai fantasmi del proprio passato e dalle contraddizioni del proprio presente, ma soprattutto nella trama di un ordito psichico che si fa via via sempre più compiuto e intellegibile e dove il triste baratto di una contrattazione morale e politica finisce per addossare la colpa sull'agnello sacrificale della tradizione biblica che viene debitamente accomodato nella tana del lupo dei suoi crudeli e reietti carcerieri. Insomma tra l'esca di addestramento di un levriero tenuto a debita distanza ed un finale di sordida ironia a base di psicofarmaci ed ansiolitici, Larrain dipinge un purgatorio terreno dove l'espiazione delle colpe è una chimera irraggiungibile e dove la concessione ai piaceri carnali è l'unica soluzione possibile per chi ha scoperto che il buon nome della Chiesa non vale affatto la ricerca di Dio. Encomiabile la prova degli attori, con speciale menzione per il dolente e disperato Sandokan di Roberto Farías e le tenere contraddizioni sentimentali del Padre Vidal di Alfredo Castro. Premiato con l'Orso d'Argento - Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino 2015 e rappresentante per il Cile agli Oscar 2016.
"Ecco l'agnello di Dio
che toglie peccati del mondo...
Ecco l'agnello che nessuno lo può salvare.
Perduto nel deserto,
che nessuno lo può trovare.
Ecco l'agnello di Dio senza un posto dove stare.
Ecco l'agnello di Dio senza un posto dove stare."
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giuliog02
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giovedì 15 dicembre 2016
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appassionante orripilazione
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Un film crudo, veritiero o verosimile, ottimamente girato. Tiene avvinti per tutta la narrazione, senza lasciar staccare lo sguardo dallo schermo. Scelta ottimale dei tipi fisiognomici e dell'ambientazione. Recitazione di alto livello di personaggi colpevoli, assolutamente non redenti, capaci di infrangere consciamente le disposizioni che debbono regolare la loro condotta di vita e di compiere qualsiasi nefandezza senza alcuna remora, anzi quasi con gioiosa naturalezza. I quattro sacerdoti sono casi da trattato di psicologia, ma la suora li supera tutti quanto a perfidia. lucidità, sadismo e personalità criminale. Uso magistrale della cinepresa, anche per quanto attiene al taglio delle immagini, intensità della luce ( praticamente sempre bassa ), colori attenuati.
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Un film crudo, veritiero o verosimile, ottimamente girato. Tiene avvinti per tutta la narrazione, senza lasciar staccare lo sguardo dallo schermo. Scelta ottimale dei tipi fisiognomici e dell'ambientazione. Recitazione di alto livello di personaggi colpevoli, assolutamente non redenti, capaci di infrangere consciamente le disposizioni che debbono regolare la loro condotta di vita e di compiere qualsiasi nefandezza senza alcuna remora, anzi quasi con gioiosa naturalezza. I quattro sacerdoti sono casi da trattato di psicologia, ma la suora li supera tutti quanto a perfidia. lucidità, sadismo e personalità criminale. Uso magistrale della cinepresa, anche per quanto attiene al taglio delle immagini, intensità della luce ( praticamente sempre bassa ), colori attenuati. Stacchi perfetti. Una lode al regista ed agli attori. Assolutamente da non perdere.
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nerone bianchi
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sabato 2 aprile 2016
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quella luce ai confini del baratro
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E' una luce particolare quella in cui tutta la vicenda è chiusa, una luce che attenua i colori, i volti, gli ambienti, che trasporta il racconto su un piano diverso dalla realtà, riposizionandolo ai confini dell'incubo, a un passo dal baratro. “El Club” è un film frontalissimo, che arriva al centro della questione pochi minuti dopo l'inizio. Senza giraci attorno prende per il collo l'argomento e lo tiene stretto fino alla fine, senza mai concedergli di riprendere fiato. Bastano pochi fotogrammi e nella tranquilla casetta di una sperduta località del Cile arriva Sandokan, un giovane che non grida, semplicemente dettaglia quello che uno dei preti che lì vivono gli ha fatto da bambino. L'elenco è impietoso e non tralascia alcun particolare.
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E' una luce particolare quella in cui tutta la vicenda è chiusa, una luce che attenua i colori, i volti, gli ambienti, che trasporta il racconto su un piano diverso dalla realtà, riposizionandolo ai confini dell'incubo, a un passo dal baratro. “El Club” è un film frontalissimo, che arriva al centro della questione pochi minuti dopo l'inizio. Senza giraci attorno prende per il collo l'argomento e lo tiene stretto fino alla fine, senza mai concedergli di riprendere fiato. Bastano pochi fotogrammi e nella tranquilla casetta di una sperduta località del Cile arriva Sandokan, un giovane che non grida, semplicemente dettaglia quello che uno dei preti che lì vivono gli ha fatto da bambino. L'elenco è impietoso e non tralascia alcun particolare. Il giovane, fuori dalla casa, continua la sua litania, senza eccessi, quasi lo raccontasse a se stesso. La cosa allarma il manipolo di preti che in quella casa vivono, insiema ad una suora, sotto l'ala protettrice della Chiesa, poichè riconosciuti colpevoli di varie nefandezze. Il fratello chiamato in causa viene invitato ad uscire e far allontanare il giovane, magari sparando un colpo in aria a scopo intimidatorio. Il prete esce e rivolge la pistola contro di sè suicidandosi. La curia manda un sacerdote per fare chiarezza su tutta la vicenda e le storie allora si dipanano in tutta la loro assurda luce, fatta di persone che non si rendono conto di ciò che hanno fatto e che difendono la casa come l'ultimo bastione della loro vita, colpisce la suora che minaccia di far scoppiare uno scandalo se venisse decisa la chiusura della struttura. Film sottotitolato, fatto da pochi attori, molti primi piani, essenziale e chirurgico. Arriva preciso al bersaglio senza mai concedere flessioni all'attenzione.
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stefano capasso
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giovedì 8 settembre 2016
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le colpe e il ciclo delle vendetta
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In una casa di uno sperduto villaggio marinaro del Cile, vivono 4 preti e una monaca. Hanno in comune un passato discutibile, fatto di abusi sessuali, pedofilia e in generale lontananza dalle regole di Dio. In quella casa al confino, allontanati dal mondo, continuano in qualche modo a portare avanti la loro vita di inganni, di mancanza di verità. In seguito ad un incidente grave arriva un giovane prete per indagare sull’accaduto e sulla vita che conducono i 5 in quell’esilio. Ne scaturirà un lungo conflitto, dove le vittime e i persecutori si cambiano continuamente di ruolo fino alla resa dei conti finale
Film duro e drammatico questo di Pablo Larrain che tratta il tema della verità e della colpa.
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In una casa di uno sperduto villaggio marinaro del Cile, vivono 4 preti e una monaca. Hanno in comune un passato discutibile, fatto di abusi sessuali, pedofilia e in generale lontananza dalle regole di Dio. In quella casa al confino, allontanati dal mondo, continuano in qualche modo a portare avanti la loro vita di inganni, di mancanza di verità. In seguito ad un incidente grave arriva un giovane prete per indagare sull’accaduto e sulla vita che conducono i 5 in quell’esilio. Ne scaturirà un lungo conflitto, dove le vittime e i persecutori si cambiano continuamente di ruolo fino alla resa dei conti finale
Film duro e drammatico questo di Pablo Larrain che tratta il tema della verità e della colpa. Una colpa che tutti finiscono per espiare senza reali cambiamenti. La colpa senza perdona genera una serie di vendette senza fine
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carloalberto
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lunedì 11 maggio 2020
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senza speranza
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Il male nella durezza del vivere di poveri pescatori del Pacifico, a La Boca sulla costa Cilena, il cui unico svago sono le scommesse sulle corse dei cani, il male nel passato oscuro di quattro uomini, ex preti in espiazione forzata, e di una donna, ex suora, governante premurosa e amabile carceriera, conviventi in una casa ai margini del paese, il male nella volontà fredda e metodica dell’inquisitore gesuita, inviato a coprire lo scandalo e a normalizzare, il male nella follia della vittima, abusata da bambino da un prete pedofilo, il male perfino nella losca disinvoltura dei tre stranieri venuti a La Boca in vacanza, il male che non ha mai lasciato il Paese, anche dopo Pinochet, e forse lo precedeva preparandone l’avvento.
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Il male nella durezza del vivere di poveri pescatori del Pacifico, a La Boca sulla costa Cilena, il cui unico svago sono le scommesse sulle corse dei cani, il male nel passato oscuro di quattro uomini, ex preti in espiazione forzata, e di una donna, ex suora, governante premurosa e amabile carceriera, conviventi in una casa ai margini del paese, il male nella volontà fredda e metodica dell’inquisitore gesuita, inviato a coprire lo scandalo e a normalizzare, il male nella follia della vittima, abusata da bambino da un prete pedofilo, il male perfino nella losca disinvoltura dei tre stranieri venuti a La Boca in vacanza, il male che non ha mai lasciato il Paese, anche dopo Pinochet, e forse lo precedeva preparandone l’avvento. Un film senza luce e senza speranza di redenzione. Il colore che predomina è il grigio, plumbeo del mare, cinereo delle barche spinte a fatica in acqua, biancastro delle staccionate di legno a recingere povere case, terreo dei volti dei personaggi, che si mischia facilmente al nero delle tenebre, che sopraggiungono rapide con gli incubi della notte. La morte è vista come unica via di fuga da un mondo senza anima, pronto alla sopraffazione del più debole, sacrificato come un cane, un levriero, l’unica creatura innocente della storia, simbolo di una bellezza ormai perduta, per raggiungere squallidi o diabolici obiettivi. Larrain non propone alcuna alternativa salvifica. Nessuno si sottrae alla sua cupa visione, che sia dentro o fuori la chiesa, considerata, nel duplice aspetto di istituzione del potere e di promessa cristiana, come la strada maestra in cui si incanalano le nefandezze dell’animo umano in cerca di un’impossibile sbocco assolutorio. L’uomo, gettato nel mondo, rimane nella pena del suo vivere, accanto al suo carnefice, accanto alla sua vittima, egli stesso vittima e carnefice, confuso nella tetra penombra che regna su La Boca e sulla terra intera abbandonata da Dio.
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