gabrykeegan
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venerdì 5 febbraio 2016
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dietro le quinte del successo
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Il secondo film in pochi anni sul co-fondatore della Apple e grande personaggio, di cui si è parlato ancora di più dopo la scomparsa nel 2011, è diretto e scritto da due premi Oscar. Danny Boyle cura la regia a suo modo, con quello stile da “montagne russe” che ha contraddistinto le sue grandi opere come Trainspotting o The Millionaire. Lo spettatore si trova a dover seguire dialoghi serrati e ad essere attratto dai momenti clou della trama rappresentati con montaggi alternati tra tempo della narrazione e flashback che spiegano il percorso dei protagonisti con una velocità supersonica che si blocca all’improvviso per poi ripartire.
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Il secondo film in pochi anni sul co-fondatore della Apple e grande personaggio, di cui si è parlato ancora di più dopo la scomparsa nel 2011, è diretto e scritto da due premi Oscar. Danny Boyle cura la regia a suo modo, con quello stile da “montagne russe” che ha contraddistinto le sue grandi opere come Trainspotting o The Millionaire. Lo spettatore si trova a dover seguire dialoghi serrati e ad essere attratto dai momenti clou della trama rappresentati con montaggi alternati tra tempo della narrazione e flashback che spiegano il percorso dei protagonisti con una velocità supersonica che si blocca all’improvviso per poi ripartire. L’altro premio Oscar è Aaron Sorkin, sceneggiatore impeccabile di uno sviluppo basato sulla biografia dello stesso Jobs scritta da Walter Isaacson e pubblicata nel 2011. Come nella sua opera più premiata, The Social Network, Sorkin cavalca l’onda del mito informatico pubblico e scruta gli aspetti più psicologici e personali di un’altra persona che ha cambiato il mondo dal punto di vista tecnologico. Come lo Zuckerberg interpretato da Jesse Eisenberg, anche il Jobs di Fassbender è un antipatico, egocentrico e apparentemente algido. Allo stesso tempo è però un geniale uomo di marketing, un designer preciso e un abile psicologo pronto a carpire i desideri delle persone. Jobs non è né un ingegnere, né un tecnico. Come dice Seth Rogen “non sa suonare nessuno strumento”, ma è - come lui stesso si definisce - un direttore d’orchestra abile e fondamentale per far funzionare bene l’azienda. Non a caso, è proprio grazie a lui che nasce e poi torna a fiorire la mela morsicata, mentre il suo antagonista Bill Gates è un fantasma dalla mente matematica che appare solo in poche battute, come se fosse anni luce distante dalla sua filosofia di imprenditorialità. Un’altra differenza è quella con il precedente film sul CEO di Apple: Jobs di Joshua Michael Stern, interpretato da Ashton Kutcher, dove si sviluppava tutta la carriera, con le sue stranezze e con una fisicità più adatta al ruolo. Un consiglio - se non si conosce bene la biografia - è quello di guardare prima quel lungometraggio, per capire la cronologia delle decisioni e la carriera nel suo insieme per poi tuffarsi nella mente e nelle relazioni con chi gli stava intorno in questa ultima opera. Fassbender è un Jobs un po’ diverso, è quello che svela le sue virtù e le sue debolezze dietro le quinte della sua vita pubblica, totalmente diversa, più brillante e senza intoppi. La Hoffman lo segue come un’ombra e lo aiuta nelle relazioni interpersonali, lo sostiene, cerca di correggerlo e difenderlo. La Winslet è quindi come al solito impeccabile nella sua interpretazione ed è ovviamente il braccio destro del protagonista, che non si ferma quasi mai se non nei momenti di maggior tensione. È sempre inseguito da colleghi, giornalisti, ex amici. L’unica che riesce a destabilizzarlo e bloccarlo fisicamente e mentalmente è la figlia Lisa, unica goccia di sentimento in un mare di progettazione tecnologica poco schematica ma tanto pragmatica, votata a imprimere il proprio nome nella storia più che a fare soldi. Un film con poche ambientazioni, ma con un cast ottimo, un ritmo tagliente e soprattutto che non tende a farci amare il protagonista, ma a raccontare la storia di un personaggio che ha sicuramente influenzato il mondo e che molto probabilmente non lo avrebbe potuto fare se non avesse avuto una forza mentale fuori dal comune, un senso del comando innato e la capacità di risolvere i problemi: sia quelli professionali che quelli personali.
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funny_face
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venerdì 5 febbraio 2016
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biografia adrenalinica
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Film adrenalinico senza essere d'azione: non sempre le biografie sono sostenute da un buon ritmo, eppure questa tiene lo spettatore sull'attenti. Ogni battuta del protagonista, così come dei personaggi secondari, può rivelare un'ironia tagliente ed inaspettata, oppure una profondità appena intuibile. Magnifico lo scambio di battute tra Fassbender e Sculley, in cui vengono rivelati i momenti più drammatici di Jobes, senza mai scendere nel patetismo ed aggiungendo un ritmo incalzante e che tiene col fiato sospeso, nonostante la storia sia nota ai più. Il dramma familiare non ruba mai la scena alla sua lotta nell'informatica, perché queste sono sempre state le sue priorità.
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Film adrenalinico senza essere d'azione: non sempre le biografie sono sostenute da un buon ritmo, eppure questa tiene lo spettatore sull'attenti. Ogni battuta del protagonista, così come dei personaggi secondari, può rivelare un'ironia tagliente ed inaspettata, oppure una profondità appena intuibile. Magnifico lo scambio di battute tra Fassbender e Sculley, in cui vengono rivelati i momenti più drammatici di Jobes, senza mai scendere nel patetismo ed aggiungendo un ritmo incalzante e che tiene col fiato sospeso, nonostante la storia sia nota ai più. Il dramma familiare non ruba mai la scena alla sua lotta nell'informatica, perché queste sono sempre state le sue priorità.
Alla fine della pellicola, lo spettatore non può fare a meno di rimanere stordito ed in conflitto nel suo giudizio: Jobes è davvero un genio, oppure poco più di un nome? Si può considerare un buon padre, oppure una figura di sfondo nella vita della figlia? Puoi ritenerlo un buon amico, un collega affidabile, oppure un megalomane destinato a deludere i più?
Semplicemente un ottimo film, sostenuto da una regia impeccabile e per me superiore alle aspettative, da una sceneggiatura quasi irriverente ed attori di massimo livello: Fassbender si conferma un interprete in grado di dare spessore alle figure più dibattute, dinamiche e tormentate, così come Kate Winslet ha provato nuovamente di essere eclettica come poche, mimetizzandosi in quell'ambiente per lo più maschile, eppure mantenendo un'aria autoritaria ed affidabile.
Decisamente valso il biglietto!
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elpiezo
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martedì 2 febbraio 2016
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un racconto sagace!!!!
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L'esperto regista Danny Boyle racconta sapientemente la storia di Steve Jobs visionario e controverso personaggio che ha rivoluzionato il mondo della tecnologia. Sfruttando appieno l'abilità della coppia Fassbender Winslet (per entrambi performance da oscar) il film si snoda in una sorta di funambolico dietro alle quinte dei momenti topici della vita del curioso protagonista. Il successo, l'ambizione le innovazioni partorite da una mente dalle visioni superiori alla media. Ma anche le sconfitte professionali e familiari marchiate da quell'arroganza e quella supponenza tipica di mister Jobs. Come un unico monologo diviso in più atti, il film ci conduce nei meandri di un teatro in attesa della folla, dietro a quel palco che che ha sempre atteso Steve Jobs con incontrollata trepidazione.
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filippo catani
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martedì 2 febbraio 2016
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un ritratto spietato
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Steve Jobs osservato in tre momenti importanti della sua carriera. Nel 1984 prima del lancio del Macintosh, nel 1988 per Next e 1998 per IMac.
Boyle realizza un piccolo capolavoro costruendo intorno alla figura di Steve Jobs un ritratto che non è nè un panegirico nè una damnatio memoriae. Jobs viene osservato prima della presentazione di tre importantissime sue creature mostrandone l'ambizione, il carisma e la voglia di lasciare un segno nel mondo. Allo stesso tempo si denota una pessima conduzione dei rapporti umani e della gestione dei sentimenti. Tutto questo senza bisogno di infilarsi in inutili tecnicismi o altro ma semplicemente facendo parlare il protagonista con poche ma selezionate figure importanti per la sua vita.
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Steve Jobs osservato in tre momenti importanti della sua carriera. Nel 1984 prima del lancio del Macintosh, nel 1988 per Next e 1998 per IMac.
Boyle realizza un piccolo capolavoro costruendo intorno alla figura di Steve Jobs un ritratto che non è nè un panegirico nè una damnatio memoriae. Jobs viene osservato prima della presentazione di tre importantissime sue creature mostrandone l'ambizione, il carisma e la voglia di lasciare un segno nel mondo. Allo stesso tempo si denota una pessima conduzione dei rapporti umani e della gestione dei sentimenti. Tutto questo senza bisogno di infilarsi in inutili tecnicismi o altro ma semplicemente facendo parlare il protagonista con poche ma selezionate figure importanti per la sua vita. Prima di tutte il suo braccio destro. L'unica donna e persona che riesce a tenergli testa e con cui si svolta una sorta di amicizia e interpretata da una sontuosa Winslet in odore di Oscar. Resta da dire però che gran merito del successo e della gradevolezza del film (a tratti anche davvero incalzante) si deve ad una splendida interpretazione di Fassbender che potrebbe insidiare l'Oscar di Di Caprio. L'attore è bravissimo a calarsi nei panni del leader della casa di Cupertino. Insomma un film che per taglio e per il ritratto del protagonista si richiama molto a quel The Social network che tanto fece discutere ma tanto piacque anche. Insomma un film intenso sapientemente diviso in tre parti che ci offre un ritratto di Steve Jobs e delle folle adoranti che sempre aspettavano il lancio di un suo prodotto in veri e propri show messi in piedi sulla maniacalità dei dettagli dello stesso Jobs. Davvero ottimo.
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xerox
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lunedì 1 febbraio 2016
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gentile sig. alberto58....
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Punto primo, spero che il mio commento vada al posto giusto, cioè sotto il suo intervento, che non ho ancora capito come si fa a sottocommentare!
Venendo a noi sig. Alberto58. TROPPO ENTUSIASMO!, sig. Alberto per questo Paradiso in terra che sono gli Stati Uniti... Ho purtroppo svariati zii e zie che sono dovuti andare in quelle lande per fuggire dalla miseria del nostro meridione. Zie e zii che hanno passato la stragrande parte della loro vita negli USA, e con i quali siamo sempre in contatto. No, signor Alberto, gli USA non sono quel Paradiso che immagina lei. Questi "paladini dell'umanità(!)" come dice lei, col loro turbocapitalismo, sono riusciti a pervertire letteralmente il cervello dell'essere umano.
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Punto primo, spero che il mio commento vada al posto giusto, cioè sotto il suo intervento, che non ho ancora capito come si fa a sottocommentare!
Venendo a noi sig. Alberto58. TROPPO ENTUSIASMO!, sig. Alberto per questo Paradiso in terra che sono gli Stati Uniti... Ho purtroppo svariati zii e zie che sono dovuti andare in quelle lande per fuggire dalla miseria del nostro meridione. Zie e zii che hanno passato la stragrande parte della loro vita negli USA, e con i quali siamo sempre in contatto. No, signor Alberto, gli USA non sono quel Paradiso che immagina lei. Questi "paladini dell'umanità(!)" come dice lei, col loro turbocapitalismo, sono riusciti a pervertire letteralmente il cervello dell'essere umano. Gli ultimi dei servi, dei dipendenti di basso livello, degli operai, RAGIONANO COME SE FOSSERO TANTI WARREN BUFFETT!!! Sono gli ultimi livelli dell' "american dream", ma ragionano come se fossero i primi. I lavoratori, gli operai, devono lavorare, lavorare, lavorare, e far guadagnare tanti soldi al boss, che se no ti manda a casa. Quali malattie, ferie, congedi parentali (cosa sono?), assistenza ai famigliari ammalati (cosa sono?). DEVI RENDERE, E TANTO. AL PADRONE, ALTRIMENTI CHE TI TIENE A FARE? Straordinari? MAI RIFIUTARLI, ANZI RINGRAZIA IL PADRONE CHE TE LI FA FARE!!! Lei esce dal cinema sulle nuvolette pensando a John Kennedy o a Bob Dylan, ma dalle nuvolette butti anche un occhio a tutti quei milioni e milioni di homeless che trascinano la loro vita dentro un sacco di plastica, che non riescono a curarsi se non si pagano le assicurazioni, a tutti quegli americani che vivono in un perenne scontro razziale, a Guantanamo, alla CIA che combina disastri in tutto il mondo abbattendo regimi democratici per installarci dei tiranni. Non guardi solo Star Wars e Steve Jobs: ogni tanto guardi anche qualche film di Michael Moore, che fa sempre bene... Le sembra ancora tutto questo Gran Paradiso, gli USA?
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alberto58
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domenica 31 gennaio 2016
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the american dream
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Li ho visti nascere i computer. Nel 1977 perforavo centinaia di schede e le consegnavo all'operatore del centro di calcolo che dopo un po' mi restituiva un tabulato con un lungo elenco di errori di compilazione. Nel 1985 il programma lo scrivevo a video e lo inviavo al sistema operativo che mi rispondeva in pochi minuti. Nel 1990 convinsi il mio capo ad acquistare Windows e Word della Microsoft per produrre testi di adeguata qualità tipografica. Non sapevo che già sei anni prima Steve Jobs aveva creato un computer a interfaccia grafica. Io nel 1984 taglia e incolla lo facevo con forbici spillatrice consegnando poi il tutto alle segretarie.....Insomma la mia intera vita a contatto con l'informatica è chiamata in causa da questo film, come penso la vita di tantissime persone.
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Li ho visti nascere i computer. Nel 1977 perforavo centinaia di schede e le consegnavo all'operatore del centro di calcolo che dopo un po' mi restituiva un tabulato con un lungo elenco di errori di compilazione. Nel 1985 il programma lo scrivevo a video e lo inviavo al sistema operativo che mi rispondeva in pochi minuti. Nel 1990 convinsi il mio capo ad acquistare Windows e Word della Microsoft per produrre testi di adeguata qualità tipografica. Non sapevo che già sei anni prima Steve Jobs aveva creato un computer a interfaccia grafica. Io nel 1984 taglia e incolla lo facevo con forbici spillatrice consegnando poi il tutto alle segretarie.....Insomma la mia intera vita a contatto con l'informatica è chiamata in causa da questo film, come penso la vita di tantissime persone. Ma c'è di più. C'è tutta la magia del miglior cinema amercano, Come in Star Wars. Quando, poco dopo Natale, ho visto Star War VII sono uscito dal cinema su una nuvoletta e poi sono salito in auto ed ho guidato come se pilotassi l'Enterprise, accompagnato dalla colonna sonora del film. Oggi mi e' successa la stessa cosa ed ho vagato a lungo per le strade di Roma accompagnato dalle note di "Shelter from the storm" magistralmente scelto per confezionare il film e consegnarlo alla memoria. Bob Dylan con la sua voce roca e la sua chitarra richioama l'anima stessa dell'America. Del suo sogno. Il pensiero sul sogno americano mi e' arrivato subito, con le prime scene del film, grandiosamente evocative, poi a lungo mi sono chiesto se la sequela di durissimi scontri verbali, quasi al limite dello scontro fisico, tra Steve jobs ed il resto del mondo (soci, collaboratori, moglie e figlia) non fosse un po' eccessiva, ma quel finale sorridente e luminoso, che ricorda un po' Blade Runner, per quel contrasto con l'atmosfera pesante che impera per tutto il reti del film, giustifica quel clima, come una preparazione per quel fantastico finale, che ti permette di uscire dal cinema quasi volando.
Se c'è una cosa che gli americani ci hanno dato è la loro capacità di sognare concretamente, di farsi paladini dell’umanità immaginando un futuro e, molto pragmaticamente, realizzandolo. Dalla vittoria nella seconda guerra mondiale, al fatto di aver portato l’umanità sulla luna, alle figure di John Kennedy e di Martin Luther King, anche quando il sogno si è trasformato in incubo, come in Vietnam o in Iraq, gli americani trasmettono quella fede assoluta nel futuro. Il film presenta subito Steve Jobs come il classico americano sognatore-pragmatico che consacra tutto se stesso al miglioramento della condizione dell’umanità. A chi gli dice che non è un sistema operativo chiuso che il mercato vuole, lui risponde che la gente va guidata e non seguita, lui sa bene quello che SERVE DAVVERO allle persone, all'umanità. In questo suo cammino verso il futuro Jobs è travolgente, e travolge anche la sua vita privata. Il film è prodigo di indicazioni tecniche, di riferimenti alle leggi mercato, chi si intende di informatica e marketing troverà pane per i suoi denti, ma la chiave è molto umana, e risiede tutta nel rapporto di Steve con chi gli sta più vicino ed in particolare, con sua figlia. Cosa può esserci per un padre di più importante dell’unica figlia ? E’ questo il perno su cui ruota il film.
Un film luminoso, straordinario, imperdibile. Con la creazione dell’interfaccia grafica dei computer, poi imitata da Windows, Jobs ha avuto un ruolo fondamentale nel progettare quella realtà in cui oggi siamo tutti immersi. Chiunque abbia uno smartphone ha ogni giorno a che fare con l’intuizione di Jobs e solo per questo dovrebbe andare a vedere il film, tanto più se ha una figlia.
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xerox
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domenica 31 gennaio 2016
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....geni? no grazie!
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Ma possibile che a questo povero Jobs tutti i rompiballe gli si presentassero sempre davanti 10 minuti prima che aprisse una convention di presentazione di qualcosa? Tutto il film mi pare girato in un palco, dove si alternano persone che hanno a che dirgli e rimproverargli qualcosa: la vecchia compagna, la figlia, la sua segretaria-badante che gli gestisce anche la vita privata, il vero genio informatico a cui succhia il sangue, il suo boss della Apple, più gli svariati tecnici con cui bisticcia perchè non funziona qualcosa. Un filino claustrofobico, stò film... Avrei preferito che il film sviluppasse di più l'aspetto rivoluzionario che il pc ha comportato per le masse umane, più che la biografia famigliare.
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Ma possibile che a questo povero Jobs tutti i rompiballe gli si presentassero sempre davanti 10 minuti prima che aprisse una convention di presentazione di qualcosa? Tutto il film mi pare girato in un palco, dove si alternano persone che hanno a che dirgli e rimproverargli qualcosa: la vecchia compagna, la figlia, la sua segretaria-badante che gli gestisce anche la vita privata, il vero genio informatico a cui succhia il sangue, il suo boss della Apple, più gli svariati tecnici con cui bisticcia perchè non funziona qualcosa. Un filino claustrofobico, stò film... Avrei preferito che il film sviluppasse di più l'aspetto rivoluzionario che il pc ha comportato per le masse umane, più che la biografia famigliare. Comunque, non si esce dalla convinzione che con questa gente è meglio averci a che fare da lontano, più che averceli come collaboratori, o peggio, famigliari. A me è sembrato di ripercorrere la stessa storia di Bill Gates, che vampirizzava tutti i talenti che aveva intorno per costruire la sua fortuna... Kate Winslet: ma come è lontano Titanic!!!
Ma chi ti ha vestita in questo film? Sembri una badante moldava! E con delle scarpe veramente orrende!
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melania
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venerdì 29 gennaio 2016
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danny non delude
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Grande ritratto di un uomo.
Da vedere.
Narrato con sapienza.
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dhany coraucci
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giovedì 28 gennaio 2016
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come jobs è un film che non fa nulla per piacere
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Steve Jobs era un uomo dispotico, presuntuoso, ingrato ed egocentrico e non faceva nulla per piacere. Anche il film si adegua perfettamente alla sua antipatia e, allo stesso modo, non fa nulla per piacere. E nel debole sforzo di essere creativo adotta una scelta stilistica a dir poco irritante. È tutto raccontato nel backstage dei teatri prima delle grandi presentazioni dei vari prototipi, con quella modalità veloce, ansiosa e cardiopatica diventata ormai “obsoleta” (scusate la raffinatezza.... hi-tech) per il cinema. Tra mille interruzioni, mille personaggi che chiedono umilmente udienza, mille orologi che scandiscono i minuti che separano al debutto in palcoscenico e mille termini tecnici e tecnologici che risultano, anche per una generazione così “sul pezzo” come è la nostra, totalmente astrusi, ci affanniamo come gli altri dietro di lui, a seguire i noiosissimi alti e bassi di una vita che francamente non trovo leggendaria.
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Steve Jobs era un uomo dispotico, presuntuoso, ingrato ed egocentrico e non faceva nulla per piacere. Anche il film si adegua perfettamente alla sua antipatia e, allo stesso modo, non fa nulla per piacere. E nel debole sforzo di essere creativo adotta una scelta stilistica a dir poco irritante. È tutto raccontato nel backstage dei teatri prima delle grandi presentazioni dei vari prototipi, con quella modalità veloce, ansiosa e cardiopatica diventata ormai “obsoleta” (scusate la raffinatezza.... hi-tech) per il cinema. Tra mille interruzioni, mille personaggi che chiedono umilmente udienza, mille orologi che scandiscono i minuti che separano al debutto in palcoscenico e mille termini tecnici e tecnologici che risultano, anche per una generazione così “sul pezzo” come è la nostra, totalmente astrusi, ci affanniamo come gli altri dietro di lui, a seguire i noiosissimi alti e bassi di una vita che francamente non trovo leggendaria. Si tenta di umanizzare tutto questo claustrofobico mondo computerizzato con la vicenda della figlia prima rifiutata e poi accolta ed è l'unica nota interessante di tutto il film (ma non mi ha “toccato” in profondità come avrebbe voluto il regista), oppure con le note e le parole di Bob Dylan, con le immagini di Alan Turing o di John Lennon che scorrono sugli schermi del palco o con l'onnipresente assistente Kate Winslet (sopravvalutata da un Golden Globe), ora madre, ora sorella, ora serva, ma non amante, la quale vive della sua luce riflessa, e il risultato, a mio parere, è chiaramente esemplificato nella scelta dell'attore protagonista Michael Fassbender che è bravo, per carità, nulla da eccepire, ma anche (e sempre) senz'anima.
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angelo76
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mercoledì 27 gennaio 2016
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da vedere
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bello, intenso, vero.
una bellissima ricostruzione
da vedere
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