notech
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domenica 26 giugno 2016
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solita solfa
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Il film in se non è fatto male, ma nessuna novità sul genere, in perfetto stile ammeregano. Solita ricerca, solita vendetta che si conclude con qualche omicidio.
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ginopeloso
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lunedì 16 maggio 2016
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un film onesto
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Un'ottima storia, ben raccontata
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leonard zelig
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lunedì 4 aprile 2016
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un film che fa (e si fa) ricordare
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Durante la visione di questo film ho pensato che fosse quasi un capolavoro.
pochi film (oggi) continuano a parlarti anche dopo averli goduti. Remember è uno di questi.
la ricerca di vendetta più per principio che per odio ti fa interrogare su molte questioni e mette lo spettatore in viaggio con il protagonista.
ha senso il viaggio? La vendetta?
più volte questo film stupisce e solleva spunti di riflessione.
ottima regia, montaggio e il cast (Bruno Ganz irriconoscibile).
lo riguarderei? Assolutamente sì
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gianleo67
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sabato 19 marzo 2016
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"mi ricordo, sì, io mi ricordo"
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Persa da una settimana la moglie, come lui ricoverata in una clinica geriatrica, Zev Gutman è un anziano ebreo affetto da demenza senile che viene convinto dall'amico Max Rosenbaum, anch'esso ospite della struttura e costretto su di una sedia a rotelle, ad intraprendere un lungo viaggio per stanare ed uccidere il criminale nazista responsabile della strage delle rispettive famiglie, rifugiatosi in America sotto le mentite spoglie di un sopravvissuto all'Olocausto di nome Rudy Kurlander. Tra momenti di lucidità ed altri di totale spaesamento, la missione del vecchio Zev lo condurrà verso la scoperta di una verità che sembrava sepolta nei meandri di una memoria definitivamente compromessa dall'età e dalla malattia.
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Persa da una settimana la moglie, come lui ricoverata in una clinica geriatrica, Zev Gutman è un anziano ebreo affetto da demenza senile che viene convinto dall'amico Max Rosenbaum, anch'esso ospite della struttura e costretto su di una sedia a rotelle, ad intraprendere un lungo viaggio per stanare ed uccidere il criminale nazista responsabile della strage delle rispettive famiglie, rifugiatosi in America sotto le mentite spoglie di un sopravvissuto all'Olocausto di nome Rudy Kurlander. Tra momenti di lucidità ed altri di totale spaesamento, la missione del vecchio Zev lo condurrà verso la scoperta di una verità che sembrava sepolta nei meandri di una memoria definitivamente compromessa dall'età e dalla malattia. Finale a sorpresa.
Da sempre interessato ad indagare il rapporto tra le apparenze e le indicibili verità che si celano al di sotto della superficie di relazioni umane dolorose e conflittuali, l'armeno-canadese Atom Egoyan lambisce gli echi del più grande genocidio del XX secolo (insieme forse al Medz Yeghern ed all'Holodomor) con una storia classica di riscatto e di vendetta già frequentata dal cinema americano (Il maratoneta - 1976 John Schlesinger ; I ragazzi venuti dal Brasile 1978 - Franklin J. Schaffner), cercando di rifuggire i consueti canoni del genere per imbastire un discorso sempre personale sul sottile confine che separa la verità dalla menzogna, l'identità dall'identificazione, l'etica dalla giustizia, in un gioco di ruoli in cui l'artificio narrativo sembra però falsare una verità umana e psichica che emerge forzosamente nelle battute finali della storia.
La vendetta, come l'identità, e' il simulacro di una verità proditoria, lo stanco fantasma di una memoria del passato che si aggira attonita e smarrita nei luoghi del presente, alla ricerca di una dolorosa riconciliazione con le proprie colpe, di una ritorsione contro i propri misfatti, dell' inevitabile rendez vous con la Storia che presenta le ferale nemesi del proprio conto con la morte prima che sia troppo tardi.
Sempre affascinante per la capacità di sottendere pulsioni e motivazioni nella magmatica lentezza di una messa in scena che segue da presso lo stralunato personaggio di un Christopher Plummer alla continua ricerca di un appiglio con una realtà via via più sfuggente ed evanescente, il film di Egoyan si affida troppo alla geometrica perfezione di una vicenda ad incastro che finisce per crollare sotto la fragilità di una struttura portante di inverosimiglianze e provvidenziali casualità (Bruno Ganz si salva per l'album di guerra, Heinz Lieven grazie al tatuaggio di rito e Dean Norris paga per le giuste colpe del padre) , dove l'imponderabile e l'imprevedibile insito nella natura umana sembrano addomesticati dal pretestuoso artificio del meccanismo filmico che sa benissimo dove andare a parare. Insomma Una spia dormiente (e demente) nelle mani del nemico, in un gioco manipolatorio in cui le ragioni sono quelle giuste e ad essere sbagliati sono invece i protagonisti. Quasi a metà strada tra i Golem eterodiretti di Telefon ed il disperato solipsismo di Memento, un thriller psicologico che gioca a carte coperte credendo di avere l'asso nella manica e che invece si risolve nella boutade di un colpo di scena melodrammatico con tanto di confessione finale e commenti dalla casa di riposo per reduci giudei in cerca di una inverosimile vendetta incrociata. "Mi ricordo, sì, io mi ricordo"...ma quella era un'altra storia. Presentato in concorso alla 72ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, vince il premio assegnato dai ragazzi (particolarmente impressionabili) del Vittorio Veneto Film Festival.
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bericopredieri
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giovedì 17 marzo 2016
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una picevole sorpresa.
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Assolutamente imprevedibile il finale di questo film che in un sol colpo ribalta tutte le nostre certezze.. il buono è cattivo, il bianco è nero, la vendetta diventa auto punizione, film geniale di un regista tornato ad alti livelli, superba recitazione (ma questa non è una novità) di Christofer Plummer.
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camillo triolo
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domenica 28 febbraio 2016
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un'esca per gli ultimi lupi
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Max su di una sedia a rotelle, in una casa di riposo per Ebrei, mette in opera il suo piano, deve trovare la pace dell'anima prima di morire senza pace,
I lupi devono essere uccisi; ma come?
Usando per esca un lupo malato, plagiato col favore della sua malattia.
Non dirò altro sull'esito della caccia scatenata da Max, per non togliere il gusto della visione di questo capolavoro a chi avrà il piacere e la fortuna di andarlo a vedere.
Io lo ho visto due volte in due giorni consecutivi e la seconda volta lo ho apprezzato ancora di più, anzi se la prima mi ha trascinato incatenato alla storia, la seconda ho potuto seguirlo ed ammirarne la costruzione filmica in tutta la sua perfezione.
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Max su di una sedia a rotelle, in una casa di riposo per Ebrei, mette in opera il suo piano, deve trovare la pace dell'anima prima di morire senza pace,
I lupi devono essere uccisi; ma come?
Usando per esca un lupo malato, plagiato col favore della sua malattia.
Non dirò altro sull'esito della caccia scatenata da Max, per non togliere il gusto della visione di questo capolavoro a chi avrà il piacere e la fortuna di andarlo a vedere.
Io lo ho visto due volte in due giorni consecutivi e la seconda volta lo ho apprezzato ancora di più, anzi se la prima mi ha trascinato incatenato alla storia, la seconda ho potuto seguirlo ed ammirarne la costruzione filmica in tutta la sua perfezione.
Una partita a scacchi, dove tattica e strategia si intersecano a genialità sino giungere ad un inaspettato scacco matto.
Ma il film non è solo questo;
Si presta a svariati piani di lettura, il bene ed il male intrecciati indissolubilmente, l'uomo e le problematiche esistenziali, l'imprevedibilità della vita e quella della storia del mondo, la precarietà dell'esistenza, la ricerca disperata e disperante del senso della vita; morale ed etica non sempre chiare, banalità del male e talvolta del bene.
Sembrerebbe troppo per un film e finirebbe per renderlo superficiale ed inefficace, ma in questo caso con rara (per i nostri tempi) genialità drammaturgica in quest'opera si realizza senza didascalismo di maniera, ma con una tecnica raffinata che conduce ad una maieutica lo spettatore, suo malgrado e senza forzarlo.
Il CINEMA che ti entra dentro e ci resta come patrimonio culturale.
Il film meriterebbe diverse candidature agli Oscar, regia, storia, sceneggiatura, attore protagonista etc. etc. ma così non sarà.
Colpa dei tempi? o dei costumi?
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alfredyk
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domenica 28 febbraio 2016
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faccia a faccia con la verità
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Zev ( Christopher Plummer ) ormai 90enne, soggiorna presso una casa di riposo per anziani. Affetto da demenza senile, tende a dimenticare dopo ogni risveglio ciò che accade intorno a lui. Sono passati 7 giorni da quando sua moglie Ruth è morta e la storia inizia proprio dall'ultimo giorno del rito della Shivah, il lutto ebraico, che si celebra per onorare i defunti. Successivamente Zev verrà avvicinato da un altro ospite, Max ( Martin Landau ) suo coetaneo, invalido e senza l'uso delle gambe, il quale gli ricorderà di quanto abbiano sofferto insieme l'orrore di Auschwitz e della promessa che si erano scambiati di vendicare lo sterminio delle loro famiglie. Per questo motivo Max consegnerà a Zev una busta contenente le istruzioni dettagliate attraverso le quali raggiungere e uccidere il criminale Nazista, comandante del campo di sterminio, ancora in vita dopo tanti anni.
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Zev ( Christopher Plummer ) ormai 90enne, soggiorna presso una casa di riposo per anziani. Affetto da demenza senile, tende a dimenticare dopo ogni risveglio ciò che accade intorno a lui. Sono passati 7 giorni da quando sua moglie Ruth è morta e la storia inizia proprio dall'ultimo giorno del rito della Shivah, il lutto ebraico, che si celebra per onorare i defunti. Successivamente Zev verrà avvicinato da un altro ospite, Max ( Martin Landau ) suo coetaneo, invalido e senza l'uso delle gambe, il quale gli ricorderà di quanto abbiano sofferto insieme l'orrore di Auschwitz e della promessa che si erano scambiati di vendicare lo sterminio delle loro famiglie. Per questo motivo Max consegnerà a Zev una busta contenente le istruzioni dettagliate attraverso le quali raggiungere e uccidere il criminale Nazista, comandante del campo di sterminio, ancora in vita dopo tanti anni.
Conoscevo poco il percorso artistico di Atom Egoyan, il che equivale a dire che di lui conoscevo " Il Dolce Domani ", film visto in un passato non troppo lontano per aver dimenticato il suo modo di fare cinema.
Remember è un film che si lascia guardare, ti accompagna per mano senza strappi e senza affanni attraverso il labirinto nel quale il personaggio di Zev si muove ed in questo percorso Egoyan ci condurrà alla scoperta della verità attraverso un confronto finale in cui ad emergere è la lucida follia di chi riesce a vivere nella menzogna, la consapevolezza che dura lo spazio di un istante e un passato che nessuna demenza senile potrà mai cancellare.
Bravissimo Christopher Plummer come sempre, ci offre un interpretazione molto intensa, sofferta e malgrado ciò non senza inaspettate ambiguità del suo personaggio.
Intrigante anche il ruolo di Martin Landau nella parte dello stratega Max, ex collaboratore del Centro Simon Wiesenthal, che userà Lev come strumento per mettere in pratica il suo proposito di vendetta.
Di più non si può dire, ma il film merita di essere visto.
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eugenio
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venerdì 26 febbraio 2016
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ricordare per non dimenticare
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La grande tragedia dell’Olocausto e ciò che ha causato nei sopravvissuti,pochi,dopo.
Nelle sale è uscito recentemente “Il figlio di Saul” spaccato tremendo di prigionieri ebrei costretti a diventare carnefici nei loro stessi compagni.
Il filone dell’Olocausto continua imperterrito a scuotere coscienze,come monito a sottolineare l’importanza storica della memoria, che deve essere preservata per evitare ancora una volta che l’uomo possa dimenticare quello scempio di carne umana che sono stati i totalitarismi.
Ed è proprio sulla memoria che il regista Altom Egoyan, canadese di origini armene, decide di scommetere nel suo ultimo film, “Remember”- “Ricordare” con al centro le vicende di due ottuagenari ebrei, scampati da Auschwitz, ritrovatisi in una casa di riposo, Max per grave malattia, ma lucido di mente (Martin Landau) e Zev, in buone condizioni fisiche ma affetto da demenza senile ( Christopher Plummer).
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La grande tragedia dell’Olocausto e ciò che ha causato nei sopravvissuti,pochi,dopo.
Nelle sale è uscito recentemente “Il figlio di Saul” spaccato tremendo di prigionieri ebrei costretti a diventare carnefici nei loro stessi compagni.
Il filone dell’Olocausto continua imperterrito a scuotere coscienze,come monito a sottolineare l’importanza storica della memoria, che deve essere preservata per evitare ancora una volta che l’uomo possa dimenticare quello scempio di carne umana che sono stati i totalitarismi.
Ed è proprio sulla memoria che il regista Altom Egoyan, canadese di origini armene, decide di scommetere nel suo ultimo film, “Remember”- “Ricordare” con al centro le vicende di due ottuagenari ebrei, scampati da Auschwitz, ritrovatisi in una casa di riposo, Max per grave malattia, ma lucido di mente (Martin Landau) e Zev, in buone condizioni fisiche ma affetto da demenza senile ( Christopher Plummer).
Accumunati dal desiderio di vendicarsi del nazista che ha sterminato le loro famiglie nel campo di concentramento di Auschiwtz e che ora si è rifugiato in America sotto falso nome, i due sfruttano le loro debolezze come punti di forza, la lucidità del primo contro il piano dettagliato, riportato precisamente su minute del secondo, Zev, su carta come simbolo di qualcosa che rimane,che resta.
Gli spostamenti di Zev alla ricerca dell’assassino hanno come filone appunto la memoria, quella affannosa, diretta, sottile membrana capace di assorbire ogni informazione ma che, arrivata al limite, si usura sfilettandosi in piccoli pezzi e rendendo la ricerca un continuo peregrinare per mezza America con treni, bus, e taxi, a volte accompagnato, altre no..
Difficile una sinossi di questa researche tutt’altro che nostalgica: l’obiettivo è la vita stessa, la marcia è scandita dal suono di una pistola così strana tra le sue tremolanti mani di Zev da sembrare innaturale. Una vita scossa da dei numeri tatuati sul braccio, un riscatto che giunge con l’amaro in bocca di un’identità precaria sfumata dagli spostamenti.
Zev viaggia, pare non concludere nulla. E’ nel bilico di questo dramma “in movimento” che raggiunge note raggelanti da thriller che l’uomo pare specchiarsi, nelle note di Wagner suonate al pianoforte, compositore da lui amato alla ricerca di quellOtto Wallisch che ha sterminato la famiglia.
Il volto scavato, la sofferenza di colui che ha visto la morte in faccia si specchia nell’immagine di Cristopher Plummer, attore veramente capace di tradurre in emozione un ruolo di superstite cucito “su misura” per lui. Accompagnato da un cast di tutto rispetto con Martin Landau (Max) e il sempre capace Bruno Ganz, Egoyan muove bene le sue scelte ma scegliendo volutamente la chiave thriller, dà adito a un tentativo di sorpresa che vuole scuotere fin troppo il pubblico ponendo l’accento a complicate scelte di carattere etico e morale.
Vedere per credere.
Pollice alto.
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pier delmonte
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venerdì 26 febbraio 2016
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sceneggiatura da sit-com
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Non si puo’ dire che sia un film riuscito, la trama fa acqua da tutte le parti, la liberta’ cinematografica deve avere certi limiti, non elenco le situazioni inverosimili altrimenti supererei le mie solite quattro righe di recensione. Atom Egoyan (il regista ) ? non mi sei piaciuto neanche un po’, ma ti perdono, visto il tema che hai proposto.
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alex62
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lunedì 22 febbraio 2016
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il ricordo non deve morire
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C'è un popolo che ha fatto della memoria un'arte di vitale importanza, che ha legato alla trasmissione della memoria storica, da una generazione all'altra, di padre in figlio, il suo Credo religioso. Gli Ebrei non hanno mai cessato di credere che l'unico Dio, quello dei loro padri, li avrebbe salvati, sempre, sarebbe intervenuto nella storia con le sue prodigiose imprese...ma poi c'è stata Auschwitz!
L'Olocausto è il punto di svolta della storia del popolo di Adonai: i pochi sopravvisuti hanno fatto del ricordo e della trasmissione di quegli orrori l'unica ragione della loro sporavvivenza.
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C'è un popolo che ha fatto della memoria un'arte di vitale importanza, che ha legato alla trasmissione della memoria storica, da una generazione all'altra, di padre in figlio, il suo Credo religioso. Gli Ebrei non hanno mai cessato di credere che l'unico Dio, quello dei loro padri, li avrebbe salvati, sempre, sarebbe intervenuto nella storia con le sue prodigiose imprese...ma poi c'è stata Auschwitz!
L'Olocausto è il punto di svolta della storia del popolo di Adonai: i pochi sopravvisuti hanno fatto del ricordo e della trasmissione di quegli orrori l'unica ragione della loro sporavvivenza.
Questo film c'inganna, lo fa fin dalla prima scena, ci mente in modo spudorato, ci conduce per mano lungo un percorso obbligato: ma proprio in questo è la sua genialità. Il negazionismo o semplicemente la banale dimenticanza di quelli che non hanno conosciuto direttamente l'atrocità, il buco nero del Male. Noi lo vediamo sotto i nostri occhi e non riusciamo ad aprirli, gli occhi, nemmeno quando il povero vecchietto demente assesta due colpi micidiali uno al cuore e uno alla fronte del suo aguzzino: chi è capace di sparare così a 90 anni, se non è stato addestrato a farlo fino da giovanissimo?!
Ma anche lì, noi ci rifiutiamo di cogliere ciò che è sotto i nostri occhi.
Ci fa comodo negare l'evidenza, perché quell'evidenza è appartenuta ai nostri nonni o bisnonni, appena due-tre generazioni ci separano dalla Shoah. Sono morti quasi tutti i protagonisti: carnefici e vittime; ma il ricordo non dovrà morire.
Come nella scena commovente in cui la bimba legge la lettera-destino del protagonista.
Sì, è la storia di una vendetta, ma è anche tutt'altro: è la denuncia della nostra ipocrisia, del nostro pretendere di convivere con la Banalità del male:
Come possiamo essere così ciechi da pretendere di scendere a patti col male, se vuoi patteggiare con lui, ti divora!
È nostro compito raccontare ai giovani, affinché loro raccontino ai loro figli, affinché questo bene così prezioso e fragile, la Memoria, non si perda. Affinché non accada di nuovo che nel cuore dell'Europa, del civilissimo Occidente, ritornino i predatori umani, inarrestabili, assetati del sangue innocente.
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