camillo triolo
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domenica 28 febbraio 2016
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un'esca per gli ultimi lupi
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Max su di una sedia a rotelle, in una casa di riposo per Ebrei, mette in opera il suo piano, deve trovare la pace dell'anima prima di morire senza pace,
I lupi devono essere uccisi; ma come?
Usando per esca un lupo malato, plagiato col favore della sua malattia.
Non dirò altro sull'esito della caccia scatenata da Max, per non togliere il gusto della visione di questo capolavoro a chi avrà il piacere e la fortuna di andarlo a vedere.
Io lo ho visto due volte in due giorni consecutivi e la seconda volta lo ho apprezzato ancora di più, anzi se la prima mi ha trascinato incatenato alla storia, la seconda ho potuto seguirlo ed ammirarne la costruzione filmica in tutta la sua perfezione.
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Max su di una sedia a rotelle, in una casa di riposo per Ebrei, mette in opera il suo piano, deve trovare la pace dell'anima prima di morire senza pace,
I lupi devono essere uccisi; ma come?
Usando per esca un lupo malato, plagiato col favore della sua malattia.
Non dirò altro sull'esito della caccia scatenata da Max, per non togliere il gusto della visione di questo capolavoro a chi avrà il piacere e la fortuna di andarlo a vedere.
Io lo ho visto due volte in due giorni consecutivi e la seconda volta lo ho apprezzato ancora di più, anzi se la prima mi ha trascinato incatenato alla storia, la seconda ho potuto seguirlo ed ammirarne la costruzione filmica in tutta la sua perfezione.
Una partita a scacchi, dove tattica e strategia si intersecano a genialità sino giungere ad un inaspettato scacco matto.
Ma il film non è solo questo;
Si presta a svariati piani di lettura, il bene ed il male intrecciati indissolubilmente, l'uomo e le problematiche esistenziali, l'imprevedibilità della vita e quella della storia del mondo, la precarietà dell'esistenza, la ricerca disperata e disperante del senso della vita; morale ed etica non sempre chiare, banalità del male e talvolta del bene.
Sembrerebbe troppo per un film e finirebbe per renderlo superficiale ed inefficace, ma in questo caso con rara (per i nostri tempi) genialità drammaturgica in quest'opera si realizza senza didascalismo di maniera, ma con una tecnica raffinata che conduce ad una maieutica lo spettatore, suo malgrado e senza forzarlo.
Il CINEMA che ti entra dentro e ci resta come patrimonio culturale.
Il film meriterebbe diverse candidature agli Oscar, regia, storia, sceneggiatura, attore protagonista etc. etc. ma così non sarà.
Colpa dei tempi? o dei costumi?
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filippotognoli
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sabato 6 febbraio 2016
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il labirinto dei ricordi
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"Chi e' un nasista?" chiede la bambina al vecchio Zev, (leggendo la "z" all'inglese come "s")."E' una persona cattiva" risponde il Lupo. Q.ta e' solo una delle tante battute da cui si evince tutto lo spirito di "Remember". Mi aspettavo un buon film storico sull'olocausto, girato da un regista che stimo da anni e con un cast di attori della terza eta', che come il vino, invecchiando migliorano. Mi trovo a dover scrivere di un film molto al di sopra della media che rimarra' impresso nella memoria e nei ricordi (mai titolo fu piu' profetico) degli spettatori. Egoyan costruisce un labirinto della mente, un thriller storico, una vendetta personale, una ricerca delle radici del male superbo.
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"Chi e' un nasista?" chiede la bambina al vecchio Zev, (leggendo la "z" all'inglese come "s")."E' una persona cattiva" risponde il Lupo. Q.ta e' solo una delle tante battute da cui si evince tutto lo spirito di "Remember". Mi aspettavo un buon film storico sull'olocausto, girato da un regista che stimo da anni e con un cast di attori della terza eta', che come il vino, invecchiando migliorano. Mi trovo a dover scrivere di un film molto al di sopra della media che rimarra' impresso nella memoria e nei ricordi (mai titolo fu piu' profetico) degli spettatori. Egoyan costruisce un labirinto della mente, un thriller storico, una vendetta personale, una ricerca delle radici del male superbo. Sorretto da Chistopher Plummer magnifico e da un Martin Landau altrettanto profondo, il film di Egoyan ha lo spessore del vero capolavoro. L'orrore di cui parla Marlon Brando in "Apocalypse now" qui trova un contesto ideale nei ricordi di Zev Gutman, reduce da uno dei piu' grandi orrori dell'umanita', il campo di concentramento di Auschwitz. Il dolore x la perdita della moglie e la demenza senile, lo rendono ancora piu' umano e vicino alle debolezze di ognuno di noi. La ricerca del suo aguzzino Rudy Kurlander guidato dall'amico Max Rosenbaum e' un viaggio all'interno dell'io piu' nascosto e riservera' piu' di una sorpresa.Senza svelare il clamoroso finale, bisogna citare anche un irriconoscibile e ancora una volta eccezionale trasformista sotto il nome di Bruno Ganz alias Rudy Kurlander (x chi non l'avesse riconosciuto).Come dice il Lupo "Siamo troppo vecchi per mentire".Voto 10!
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maria cristina nascosi sandri
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venerdì 5 febbraio 2016
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remember, per non dimenticare di ricordare, mai...
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Un‘non dimenticare di ricordare’ doloroso,estremo,metaforico,estremamente metaforico. E’‘Remember’,il nuovo film di Atom Egoyan,regista nato al Cairo nel 1960 da genitori armeni,ma poi naturalizzato canadese dall’età di tre anni,presentato in concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia dello scorso anno ed ora finalmente nelle sale italiane.
Idealmente è stato definito una prosecuzione di Ararat, sua pellicola del 2002, ma, giocato–ha affermato lo stesso regista in conferenza-stampa–su un piano solo,a differenza dell’ultimo.
‘Remember’ è un film bellissimo,sorprendente,un thriller,per certi aspetti,boulevérsant,come direbbero i Francesi per molti altri:avrebbe potuto essere il Leone e invece…Si può leggere duplicemente,prestandosi ad almeno due chiavi di lettura:la prima,semplificante,che non permette di concepire come una persona anziana, in odore di incipiente Alzheimer, possa portare‘a termine’quanto prefisso e concordato con altra persona,sua coetanea e,apparentemente,correligionaria.
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Un‘non dimenticare di ricordare’ doloroso,estremo,metaforico,estremamente metaforico. E’‘Remember’,il nuovo film di Atom Egoyan,regista nato al Cairo nel 1960 da genitori armeni,ma poi naturalizzato canadese dall’età di tre anni,presentato in concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia dello scorso anno ed ora finalmente nelle sale italiane.
Idealmente è stato definito una prosecuzione di Ararat, sua pellicola del 2002, ma, giocato–ha affermato lo stesso regista in conferenza-stampa–su un piano solo,a differenza dell’ultimo.
‘Remember’ è un film bellissimo,sorprendente,un thriller,per certi aspetti,boulevérsant,come direbbero i Francesi per molti altri:avrebbe potuto essere il Leone e invece…Si può leggere duplicemente,prestandosi ad almeno due chiavi di lettura:la prima,semplificante,che non permette di concepire come una persona anziana, in odore di incipiente Alzheimer, possa portare‘a termine’quanto prefisso e concordato con altra persona,sua coetanea e,apparentemente,correligionaria.
Ma la si abbandona subito:il film si offre a ben altre considerazioni più complesse.Per dare ad esso un significante,ma,soprattutto,un significato,dobbiamo scomodare Freud ed i recessi più inconsci della nostra insondabile mente.Inizialmente‘sembra’la ‘solita’ tematica vendico-ebraica:due sopravvissuti alla Shoah,ad Auschwitz,molto anziani ormai,residenti in un ospizio di lusso che(pare)rispettare il loro vissuto personale permettendo loro di vivere in un ambiente ricreato,in parte,con il mobilio di casa,decidono di vendicarsi di chi ha distrutto le loro famiglie nel campo di concentramento.
Uno, il più malato (Martin Landau, magnifico attore per Hitchcock e W. Allen,tra i tanti ruoli,mai da protagonista,seppur da Oscar),predispone,letteralmente, per l’altro ancora autonomo, ma che ha subìto un lutto recente–la morte della moglie e soffre di altalenante Alzheimer–un viaggio della vendetta in pieno stile,sulle orme dei passi di Simone Wiesenthal e della sua crociata antinazista post-bellica (un Christopher Plummer incredibilmente vero,nella sua realistica naturalezza,lui grande attore anche teatrale,shakespeariano).
Splendido l’andamento del plot,straniante,ribaltante per vari aspetti,come si diceva.Curioso ed essenziale il ruolo che alcuni bimbi svolgono nella vicenda:son sempre strumento di riconoscimento,di bontà innocente allo stato puro, di consapevolezza del ben operare,salvaguardando la vita.Si potrebbe dire che i Bambini sono la Memoria del Mondo,della Storia,per lui che vive nel passato che è un continuo presente,hic et nunc.Ma,per dirla ebraicamente,il Passato ci sta davanti ed è proprio così.Inseguendo sempre quello,il protagonista arriverà ad una doppia verità, terribile, insopportabile: ciò che il suo cervello ha rimosso,negli anni,gli apparirà davanti in tutta la sua crudeltà.
Certo uno, nessuno, centomila–ma anche Pirandello è ‘figlio’ di Freud–e lui,per difendere se stesso,dopo averlo fatto col subconscio,lo farà con una pistola,difenderà il suo esser stato oggetto di manipolazione a sua volta dell’Ebreo che l’ha telecomandato,totalmente:prenderà coscienza,infine,tornando completamente lucido e pagando la ‘banalità del suo male’, il suo pedissequo esser prima nazista, poi difensore(negato)degli Ebrei,annichilendosi,con il suicidio.
Film da vedere e rivedere,da metabolizzare perché la sua‘soluzione finale’è un rovesciamento inusitato eppure,forse,ovvio,banale:come potrebbe dire Hannah Arendt…
MARIA CRISTINA NASCOSI SANDRI
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luigi chierico
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lunedì 8 febbraio 2016
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un sorprendente capolavoro
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Ritengo che sia indispensabile essere consapevoli quale genere di film si va a vedere per apprezzarlo,in tale consapevolezza è necessario assistere a questo poderoso film, assolutamente nuovo e geniale nella sua costruzione,nel suo svolgersi dei fatti per giungere ad un epilogo:giustizia è fatta,in nome della memoria,Remember:“Sì mi ricordo”. Una storia,perché di Storia si tratta,di soli uomini,non per soli uomini ma per il mondo intero,per l’umanità direi che ha subito l’inaudita violenza e cattiveria,la brutalità del nazismo al punto da non accorgersi poi di averli anche in casa sotto falso nome.Non una sola parola di questa vicenda che sorprende anche il più attento osservatore. Tutti i protagonisti sono di gran bravura ma i due soggetti principali che hanno architettato la vendetta perché “per certe colpe non ci si può chiedere perdono”sono di una bravura eccezionale.
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Ritengo che sia indispensabile essere consapevoli quale genere di film si va a vedere per apprezzarlo,in tale consapevolezza è necessario assistere a questo poderoso film, assolutamente nuovo e geniale nella sua costruzione,nel suo svolgersi dei fatti per giungere ad un epilogo:giustizia è fatta,in nome della memoria,Remember:“Sì mi ricordo”. Una storia,perché di Storia si tratta,di soli uomini,non per soli uomini ma per il mondo intero,per l’umanità direi che ha subito l’inaudita violenza e cattiveria,la brutalità del nazismo al punto da non accorgersi poi di averli anche in casa sotto falso nome.Non una sola parola di questa vicenda che sorprende anche il più attento osservatore. Tutti i protagonisti sono di gran bravura ma i due soggetti principali che hanno architettato la vendetta perché “per certe colpe non ci si può chiedere perdono”sono di una bravura eccezionale.Soltanto in teatro,ricordando Randone, Gassmann,Albertazzi e l’inglese Oliver,è possibile assistere ad una recitazione della portata di Christopher Plummer, nella parte di Zev Guttman,e di Martin Landau,nella parte di Max Zucker.Lo spettatore è invitato a partecipare alla tristezza e allo squallore a cui conduce la vecchiaia soprattutto se accompagnata dalla senilità precoce.E’ consapevole del disagio di questo male e pare voglia accompagnare il protagonista Max Zucker nel suo lento andare,a compiere la sua missione,una caccia all’uomo che si nasconde sotto il nome Rudy Kutlander.Max e’un automa,non è più lui,lo accompagna il ricordo sovente di Ruth,sua moglie, già morta che crede di vedere durante il suo pellegrinare. Una missione difficile la sua, ma che deve compiere,così come è scritto e stabilito. Non sfugge l’accompagnamento di una colonna sonora che ricorda,nei momenti più salienti,le sirene che lugubri suonavano ad Auschwitz,per dare l’allarme allorché qualche prigioniero rimaneva imbrigliato o fulminato vicino alla rete,allorché in un anelito di libertà tentava la fuga dall’inferno.Non manca neanche la presenza dei cani lupo, a ricordare la ferocia nei campi di sterminio:uomini bestie, homo homini lupus. In film pieno di avvenimenti,di incontri,in una continua suspense ed alternarsi di successi e delusioni prima di arrivare in un giardino ricco di fiori,là fuori casa,dove in una splendida giornata di sole nel Nevada,si farà luce e buio per tutti,protagonisti e spettatori.Un autentico capolavoro accompagnato sul finire da un brano di Wagner eseguito al pianoforte da Max Zucher perché “La musica non la si può odiare”. Quando si resta al buio in sala si scorgeranno proiettate sullo schermo, a fare da sfondo alla coda della pellicola, le immagini dei morti ad Auschiwitz,o di quello che è restato di loro,nomi che non possono e non devono essere dimenticati neanche da chi di loro è stato colpito dalla senilità precoce.
Un elogio solenne al regista Atom Egoyan che ha saputo coniugare il passato col presente senza mostrare nulla del passato ma facendoci vivere in un presente, che per Zev Guttman non è il giorno della Memoria, ma la Memoria di una vita che si porta dietro: “Hanno sterminato la mia famiglia”.Se per il Fuhrer “La coscienza è un affare da ebrei” come ricorda Davd Grossman nel suo bellissimo libro “Vedi alla voce amore”, non è così per Zed per il quale “certe colpe non si possono perdonare”. Immedesimandosi nella psicologia dell’animo e nella sofferenza della malattia dei protagonisti,lasciando i morti in sala,si esce in silenzio,attoniti ma entusiasti.
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fabiofeli
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lunedì 8 febbraio 2016
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ricordo ... ora ricordo
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Zev Gutman (Christopher Plummer) è un uomo anziano che vive in una casa di riposo negli USA ed è affetto da demenza senile. Sul braccio destro porta tatuato un numero che testimonia che è stato in un lager nazista. Non ricorda che la moglie è morta da una settimana e che ha fatto una promessa a Max (Martin Landau), un anziano correligionario con gravi problemi respiratori, scampato anche lui ad Auschwitz: dopo la morte della moglie deve scovare l’uomo che ha distrutto le loro famiglie nel campo di sterminio ed ha cambiato nome nell’espatrio. Max gli dà precise istruzioni in una lettera accompagnata dal denaro necessario a compiere il suo compito sull’aguzzino da cercare.
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Zev Gutman (Christopher Plummer) è un uomo anziano che vive in una casa di riposo negli USA ed è affetto da demenza senile. Sul braccio destro porta tatuato un numero che testimonia che è stato in un lager nazista. Non ricorda che la moglie è morta da una settimana e che ha fatto una promessa a Max (Martin Landau), un anziano correligionario con gravi problemi respiratori, scampato anche lui ad Auschwitz: dopo la morte della moglie deve scovare l’uomo che ha distrutto le loro famiglie nel campo di sterminio ed ha cambiato nome nell’espatrio. Max gli dà precise istruzioni in una lettera accompagnata dal denaro necessario a compiere il suo compito sull’aguzzino da cercare. Il nome Zev in ebraico significa lupo e il vecchio si mette in movimento come un cacciatore, anche se ha bisogno della lettera per rammentare continuamente quello che deve fare. Solo lui, forse, può riconoscere il persecutore, anche se sono passati 70 anni. E’ un “lupo” piuttosto malandato, dal passo stentato e con vuoti di memoria, quello che si mette sulle tracce di Rudy Kurlander: questo è il nome adottato dal nazista e che negli Usa e in Canada portano anche altre tre persone. La ricerca comincia mentre il figlio di Zev ne denuncia la scomparsa dalla casa di riposo. La ricerca rimane infruttuosa per vari tentativi e infine sembra raggiungere il suo scopo. Ma non è lecito svelare il finale …
La storia è costruita come un “thriller” alla Hitchcock, come altre opere di Egoyan, e scorre come un meccanismo perfetto: si impernia su memoria e rimozione, faccia speculare del ricordo. I ricordi individuali troppo brucianti e dolorosi vengono rimossi perché pericolosi per la stabilità mentale. Ma non è lecito cancellare i ricordi, individuali e/o collettivi, come racconta anche il recente film Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli. La recitazione di Plummer è notevole: rende perfettamente credibile il personaggio. Ma anche Landau e lo stesso Bruno Ganz, a suo tempo impegnato interprete del cinema della “neue Welle” tedesca, forniscono una buona prova. Il finale è sconvolgente. Da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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[+] la memoria tra dolore e importanza
(di antonio montefalcone)
[ - ] la memoria tra dolore e importanza
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vanessa zarastro
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sabato 6 febbraio 2016
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memoria o rimozione?
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Mancanza di memoria o rimozione? Quando i dolori sono così stati forti e le emozioni così violente si tende a non volerci tornare su. Qualcuno cambia identità, altri perdono la memoria, altri ancora non sopravvivono. Pochissimi rielaborano ogni momento per non scordare e, magari, per fare in modo che giustizia sia fatta. Così i tre anziani personaggi accomunati dal terribile passato di Auchwitz sembrano rappresentare tre tipologie diverse. L’identità negata e l’identità con-fusa sono quelle che rappresentano la maggiore contraddizione.
C’è dunque la memoria al centro del film presentato al Festival di Venezia del 2015: il ricordarsi chi si è, cosa si è stati e cosa sia successo.
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Mancanza di memoria o rimozione? Quando i dolori sono così stati forti e le emozioni così violente si tende a non volerci tornare su. Qualcuno cambia identità, altri perdono la memoria, altri ancora non sopravvivono. Pochissimi rielaborano ogni momento per non scordare e, magari, per fare in modo che giustizia sia fatta. Così i tre anziani personaggi accomunati dal terribile passato di Auchwitz sembrano rappresentare tre tipologie diverse. L’identità negata e l’identità con-fusa sono quelle che rappresentano la maggiore contraddizione.
C’è dunque la memoria al centro del film presentato al Festival di Venezia del 2015: il ricordarsi chi si è, cosa si è stati e cosa sia successo. Molti degli emigrati in America nel secolo scorso cambiarono il nome, qualcuno per semplificarlo (i russi o gli ebrei ad esempio) altri per nascondersi (i nazisti appunto) altri ancora fecero solo delle traduzioni dei significati (come ad esempio Wolf= Zev cioè lupo).
Zev Guttman (il bravissimo Christopher Plummer) è un vedovo ebreo con palese demenza senile che viene spinto dal suo amico Max (un irriconoscibile Martin Landau) – proprietario della casa di riposo dove risiede - a cercare il responsabile dello sterminio delle loro famiglie ad Auchwitz. Secondo le ricerche Max, che aveva lavorato con Simon Wiesenthal, gli scrive varie pagine di appunti e lo sostiene anche economicamente nella ricerca. Otto Wallish è il vero nome del colpevole che ha cambiato nome e identità e ci sono 4 persone omonime in America: bisogna trovare quella giusta e ucciderla perché alla veneranda età a cui sono arrivati non ci sarebbe tempo per l’estradizione e il processo in Germania.
Le peregrinazioni di Zev tra il Canada e l’Ohio, nella periferia dell’ex industriale Cleveland, nei non-luoghi statunitensi come le stazioni dei Greyhounds, alternate agli asettici alberghi e case di riposo tutte simili, costituiscono lo scenario nel quale si aggira Zev, con sforzo sovrumano, mani tremanti e memoria alterna, in un costante spaesamento. La sua lotta contro i suoi stessi limiti può essere considerata una parabola di sopravvivenza al decadimento fisico e mentale. Zev continuerà fino ad arrivare dall’altra parte degli Stati Uniti, nel Nevada dove il finale - come spesso nei film del regista Atom Egoyan - ribalta il senso e il significato della peregrinazione, lasciando comunque un dubbio di fondo nello spettatore.
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enzo70
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martedì 16 febbraio 2016
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un lungo ed intenso viaggio nella memoria
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Remember è un lungo ed intenso viaggio nel ricordo in nome della vendetta. Nella ricorrente cinematografia sul nazismo questo bel film del regista canadese Atom Egoyan si caratterizza per una forte carica innovativa ed emotiva allo stesso tempo. Il protagonista è un uomo affetto da demenza senile, da poco rimasto vedovo, che intraprende un lungo viaggio alla ricerca dell’uomo che ad Auschwitz si è reso colpevole della strage della sua famiglia.
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Remember è un lungo ed intenso viaggio nel ricordo in nome della vendetta. Nella ricorrente cinematografia sul nazismo questo bel film del regista canadese Atom Egoyan si caratterizza per una forte carica innovativa ed emotiva allo stesso tempo. Il protagonista è un uomo affetto da demenza senile, da poco rimasto vedovo, che intraprende un lungo viaggio alla ricerca dell’uomo che ad Auschwitz si è reso colpevole della strage della sua famiglia. Alle spalle del progetto c’è Zev, anch’esso anziano ed anch’esso internato ad Auschwitz e mente pensante del progetto di vendetta; che non può eseguire in quanto è costretto su una sedia a rotelle. Il resto non ve lo dico, perché il film alla fine è una sorta di ricerca dell’identità perduta e svelare la trama significa diminuire l’interesse in questo bel film. Come detto, questo film si caratterizza per una importante intensità narrativa che sovrasta il ritmo, giustamente, lento del film; Remember è un film composto da una serie di tasselli di un mosaico che si ricompone solo alla fine della proiezione. Christopher Plummer è perfetto nell’interpretazione del difficile ruolo di Zev, il protagonista del film.
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alex62
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lunedì 22 febbraio 2016
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il ricordo non deve morire
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C'è un popolo che ha fatto della memoria un'arte di vitale importanza, che ha legato alla trasmissione della memoria storica, da una generazione all'altra, di padre in figlio, il suo Credo religioso. Gli Ebrei non hanno mai cessato di credere che l'unico Dio, quello dei loro padri, li avrebbe salvati, sempre, sarebbe intervenuto nella storia con le sue prodigiose imprese...ma poi c'è stata Auschwitz!
L'Olocausto è il punto di svolta della storia del popolo di Adonai: i pochi sopravvisuti hanno fatto del ricordo e della trasmissione di quegli orrori l'unica ragione della loro sporavvivenza.
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C'è un popolo che ha fatto della memoria un'arte di vitale importanza, che ha legato alla trasmissione della memoria storica, da una generazione all'altra, di padre in figlio, il suo Credo religioso. Gli Ebrei non hanno mai cessato di credere che l'unico Dio, quello dei loro padri, li avrebbe salvati, sempre, sarebbe intervenuto nella storia con le sue prodigiose imprese...ma poi c'è stata Auschwitz!
L'Olocausto è il punto di svolta della storia del popolo di Adonai: i pochi sopravvisuti hanno fatto del ricordo e della trasmissione di quegli orrori l'unica ragione della loro sporavvivenza.
Questo film c'inganna, lo fa fin dalla prima scena, ci mente in modo spudorato, ci conduce per mano lungo un percorso obbligato: ma proprio in questo è la sua genialità. Il negazionismo o semplicemente la banale dimenticanza di quelli che non hanno conosciuto direttamente l'atrocità, il buco nero del Male. Noi lo vediamo sotto i nostri occhi e non riusciamo ad aprirli, gli occhi, nemmeno quando il povero vecchietto demente assesta due colpi micidiali uno al cuore e uno alla fronte del suo aguzzino: chi è capace di sparare così a 90 anni, se non è stato addestrato a farlo fino da giovanissimo?!
Ma anche lì, noi ci rifiutiamo di cogliere ciò che è sotto i nostri occhi.
Ci fa comodo negare l'evidenza, perché quell'evidenza è appartenuta ai nostri nonni o bisnonni, appena due-tre generazioni ci separano dalla Shoah. Sono morti quasi tutti i protagonisti: carnefici e vittime; ma il ricordo non dovrà morire.
Come nella scena commovente in cui la bimba legge la lettera-destino del protagonista.
Sì, è la storia di una vendetta, ma è anche tutt'altro: è la denuncia della nostra ipocrisia, del nostro pretendere di convivere con la Banalità del male:
Come possiamo essere così ciechi da pretendere di scendere a patti col male, se vuoi patteggiare con lui, ti divora!
È nostro compito raccontare ai giovani, affinché loro raccontino ai loro figli, affinché questo bene così prezioso e fragile, la Memoria, non si perda. Affinché non accada di nuovo che nel cuore dell'Europa, del civilissimo Occidente, ritornino i predatori umani, inarrestabili, assetati del sangue innocente.
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gianleo67
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sabato 19 marzo 2016
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"mi ricordo, sì, io mi ricordo"
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Persa da una settimana la moglie, come lui ricoverata in una clinica geriatrica, Zev Gutman è un anziano ebreo affetto da demenza senile che viene convinto dall'amico Max Rosenbaum, anch'esso ospite della struttura e costretto su di una sedia a rotelle, ad intraprendere un lungo viaggio per stanare ed uccidere il criminale nazista responsabile della strage delle rispettive famiglie, rifugiatosi in America sotto le mentite spoglie di un sopravvissuto all'Olocausto di nome Rudy Kurlander. Tra momenti di lucidità ed altri di totale spaesamento, la missione del vecchio Zev lo condurrà verso la scoperta di una verità che sembrava sepolta nei meandri di una memoria definitivamente compromessa dall'età e dalla malattia.
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Persa da una settimana la moglie, come lui ricoverata in una clinica geriatrica, Zev Gutman è un anziano ebreo affetto da demenza senile che viene convinto dall'amico Max Rosenbaum, anch'esso ospite della struttura e costretto su di una sedia a rotelle, ad intraprendere un lungo viaggio per stanare ed uccidere il criminale nazista responsabile della strage delle rispettive famiglie, rifugiatosi in America sotto le mentite spoglie di un sopravvissuto all'Olocausto di nome Rudy Kurlander. Tra momenti di lucidità ed altri di totale spaesamento, la missione del vecchio Zev lo condurrà verso la scoperta di una verità che sembrava sepolta nei meandri di una memoria definitivamente compromessa dall'età e dalla malattia. Finale a sorpresa.
Da sempre interessato ad indagare il rapporto tra le apparenze e le indicibili verità che si celano al di sotto della superficie di relazioni umane dolorose e conflittuali, l'armeno-canadese Atom Egoyan lambisce gli echi del più grande genocidio del XX secolo (insieme forse al Medz Yeghern ed all'Holodomor) con una storia classica di riscatto e di vendetta già frequentata dal cinema americano (Il maratoneta - 1976 John Schlesinger ; I ragazzi venuti dal Brasile 1978 - Franklin J. Schaffner), cercando di rifuggire i consueti canoni del genere per imbastire un discorso sempre personale sul sottile confine che separa la verità dalla menzogna, l'identità dall'identificazione, l'etica dalla giustizia, in un gioco di ruoli in cui l'artificio narrativo sembra però falsare una verità umana e psichica che emerge forzosamente nelle battute finali della storia.
La vendetta, come l'identità, e' il simulacro di una verità proditoria, lo stanco fantasma di una memoria del passato che si aggira attonita e smarrita nei luoghi del presente, alla ricerca di una dolorosa riconciliazione con le proprie colpe, di una ritorsione contro i propri misfatti, dell' inevitabile rendez vous con la Storia che presenta le ferale nemesi del proprio conto con la morte prima che sia troppo tardi.
Sempre affascinante per la capacità di sottendere pulsioni e motivazioni nella magmatica lentezza di una messa in scena che segue da presso lo stralunato personaggio di un Christopher Plummer alla continua ricerca di un appiglio con una realtà via via più sfuggente ed evanescente, il film di Egoyan si affida troppo alla geometrica perfezione di una vicenda ad incastro che finisce per crollare sotto la fragilità di una struttura portante di inverosimiglianze e provvidenziali casualità (Bruno Ganz si salva per l'album di guerra, Heinz Lieven grazie al tatuaggio di rito e Dean Norris paga per le giuste colpe del padre) , dove l'imponderabile e l'imprevedibile insito nella natura umana sembrano addomesticati dal pretestuoso artificio del meccanismo filmico che sa benissimo dove andare a parare. Insomma Una spia dormiente (e demente) nelle mani del nemico, in un gioco manipolatorio in cui le ragioni sono quelle giuste e ad essere sbagliati sono invece i protagonisti. Quasi a metà strada tra i Golem eterodiretti di Telefon ed il disperato solipsismo di Memento, un thriller psicologico che gioca a carte coperte credendo di avere l'asso nella manica e che invece si risolve nella boutade di un colpo di scena melodrammatico con tanto di confessione finale e commenti dalla casa di riposo per reduci giudei in cerca di una inverosimile vendetta incrociata. "Mi ricordo, sì, io mi ricordo"...ma quella era un'altra storia. Presentato in concorso alla 72ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, vince il premio assegnato dai ragazzi (particolarmente impressionabili) del Vittorio Veneto Film Festival.
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flyanto
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lunedì 8 febbraio 2016
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una vendetta ben congegnata
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Il regista Atom Egoyan affronta il tema della Shoah in un contesto del tutto nuovo, creando un'opera alquanto originale.
In un ricovero per anziani vi sono due anziani ebrei che, nonostante siano emigrati negli Stati Uniti e qui si siano ricostruiti un'esistenza nuova, non sono riusciti a dimenticare gli orrori del lungo e doloroso periodo trascorso nel campo di concentramento di Auschwitz. Nel corso degli anni presso il ricovero in cui hanno fatto la reciproca conoscenza, i due anziani hanno deciso di vendicarsi, uccidendolo, sul comandante tedesco delle forze delle SS, anch'egli trasferitosi ormai negli Stati Uniti sotto falso nome, che sterminò loro la famiglia durante il periodo di prigionia ad Auschwitz.
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Il regista Atom Egoyan affronta il tema della Shoah in un contesto del tutto nuovo, creando un'opera alquanto originale.
In un ricovero per anziani vi sono due anziani ebrei che, nonostante siano emigrati negli Stati Uniti e qui si siano ricostruiti un'esistenza nuova, non sono riusciti a dimenticare gli orrori del lungo e doloroso periodo trascorso nel campo di concentramento di Auschwitz. Nel corso degli anni presso il ricovero in cui hanno fatto la reciproca conoscenza, i due anziani hanno deciso di vendicarsi, uccidendolo, sul comandante tedesco delle forze delle SS, anch'egli trasferitosi ormai negli Stati Uniti sotto falso nome, che sterminò loro la famiglia durante il periodo di prigionia ad Auschwitz. Così uno di loro scappa dall'istituto dove risiede e, seguendo letteralmente le istruzioni scrittegli dal compagno su di un foglio, per lui assai utili in quanto sofferente di un'avanzata forma di demenza senile, va alla ricerca del tanto ricercato carnefice. La ricerca non sarà semplice e condurrà l'anziano uomo a vagare per varie città degli Stati Uniti, ma alla fine riuscirà a raggiungere l'obiettivo prefissato....
L'originalità di questa pellicola è costituita non solo dalla trama in sè, un poco diversa nel suo svolgersi da quelle trattanti solitamente il tema della Shoah, ma sopratutto per ciò che concerne il finale, che rivela un colpo di scena inaspettato rendendola quanto mai avvincente e poco scontata. Se nel complesso la vicenda risulta di per sè, appunto, come un viaggio teso principalmente al conseguimento della vendetta, il finale fa capire quanto il dolore ed il ricordo delle terribili sofferenze non si siano mai sopiti arrivando ad ordire un piano vendicativo altamente congegnato nei minimi particolari.
Ciò che dà pregio al film è dovuto anche all'ottima interpretazione dei due attori principali. Christopher Plummer e Martin Landau nel ruolo dei due anziani ebrei, con una menzione però particolare per Plummer che spicca notevolmente su tutti col suo personaggio sofferente e svanito su cui si basa tutta la pellicola per ben 90 minuti. Un' esempio di pregevole ed ammirevole recitazione.
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