antonietta dambrosio
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giovedì 12 marzo 2015
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il nuovo sogno di edoardo leo
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Noi e la giulia - recensione
Noi e la giulia è l'arcobaleno che nasce dopo una tempesta di pioggia assordante, è il sorriso generato da un groviglio di sensazioni che si mescolano tra loro fino a creare un sentimento nuovo, frutto di malinconia e speranza, dolore e gioia. Il vago senso di vuoto imposto da un sistema rimasto imprigionato in sterili e accomodanti schemi legati al rigore del potere economico, forse comodi fino a ieri, ma tali da privare ogni singolo della propria identità, si riempie di solidarietà, amicizia ed unione di persone tanto diverse, specchio di una generazione che probabilmente ha perso e le cui ceneri danno corpo ad un sogno che va oltre ogni logica dettata da parametri fermi in una realtà dalla quale si fa fatica a liberarsi ed il cui rifiuto nasce non tanto dalla consapevolezza dell'errore, quanto dal fatto che inesorabilmente ha raggiunto livelli di saturazione tanto alti da sbatterci fuori lasciandoci senza un disegno da cui far partire il nuovo sogno.
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Noi e la giulia - recensione
Noi e la giulia è l'arcobaleno che nasce dopo una tempesta di pioggia assordante, è il sorriso generato da un groviglio di sensazioni che si mescolano tra loro fino a creare un sentimento nuovo, frutto di malinconia e speranza, dolore e gioia. Il vago senso di vuoto imposto da un sistema rimasto imprigionato in sterili e accomodanti schemi legati al rigore del potere economico, forse comodi fino a ieri, ma tali da privare ogni singolo della propria identità, si riempie di solidarietà, amicizia ed unione di persone tanto diverse, specchio di una generazione che probabilmente ha perso e le cui ceneri danno corpo ad un sogno che va oltre ogni logica dettata da parametri fermi in una realtà dalla quale si fa fatica a liberarsi ed il cui rifiuto nasce non tanto dalla consapevolezza dell'errore, quanto dal fatto che inesorabilmente ha raggiunto livelli di saturazione tanto alti da sbatterci fuori lasciandoci senza un disegno da cui far partire il nuovo sogno. Ed il sorriso nasce da quel senso di libertà che scioglie le catene di ogni schema prestabilito lasciando che la nostra mano possa seguire il disegno di un sogno che sia nuovo per ognuno, privo di leggi che impongono qualsiasi forma di sopruso più o meno legalizzata, ed orientato solo verso il ritorno a ai valori che producono vera ricchezza. In un mondo dove neanche le fiabe hanno più valore, Leonardo Leo, firma una commedia che profuma di fiaba sana dal gusto agrodolce e lascia che ognuno scriva il suo finale invitandoci ad essere autori della nostra vita. Diego (Luca Argentero), un venditore di auto costernato e frustrato, Fausto (Edoardo Leo), conduttore di televendite pervaso da malsani pregiudizi ed indebitato fino al collo, e Claudio (Stefano Fresi) un ipocondriaco e fobico commerciante che ha fatto fallire la storica gastronomia di famiglia, si incontrano casualmente nelle aperte campagne del sud per visionare un'antica masseria in vendita. Spinti dal sogno di aprire un agriturismo uniscono le loro risorse umane ed economiche per comprare l'immobile, a loro si aggiungono Sergio (Claudio Amendola), vecchio creditore di Fausto, che pur di difendere il suo forte senso di giustizia si arma ancora di falce e martello, ed Elisa (Anna Foglietta) col il suo pancione ed un sorriso solare, sono la chiave per aprire le porte di un paradiso chiamato Casal de' pazzi. Ma la criminalità organizzata non tarda ad arrivare ed ha il volto di Vito (Carlo Buccirosso) che si presenta a bordo di una vecchia Alfa Giulia che avrà il potere di sprigionare musica classica anche dal fondo di un burrone. E sulle note di Paradise ognuno trasforma il suo fallimento in rinascita, e mondi tanto lontani si incontrano con l'autentico desiderio di ricominciare. Bravi gli interpreti, ottimi Bucirosso e Foglietta, guidati dalla mano fresca di Edoardo Leo che si afferma nello scenario cinematografico animato ormai solo da deboli e sterili commedie, un autore capace di regalare sorrisi più profondi.
Antonietta D'Ambrosio
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antonietta dambrosio
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domenica 15 marzo 2015
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il nuovo sogno di edoardo leo
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Noi e la giulia è l'arcobaleno che nasce dopo una tempesta di pioggia assordante, è il sorriso generato da un groviglio di sensazioni che si mescolano tra loro fino a creare un sentimento nuovo, frutto di malinconia e speranza, dolore e gioia. Il vago senso di vuoto imposto da un sistema rimasto imprigionato in sterili e accomodanti schemi legati al rigore del potere economico, forse comodi fino a ieri, ma tali da privare ogni singolo della propria identità, si riempie di solidarietà, amicizia ed unione di persone tanto diverse, specchio di una generazione che probabilmente ha perso e le cui ceneri danno corpo ad un sogno che va oltre ogni logica dettata da parametri fermi in una realtà dalla quale si fa fatica a liberarsi ed il cui rifiuto nasce non tanto dalla consapevolezza dell'errore, quanto dal fatto che inesorabilmente ha raggiunto livelli di saturazione tanto alti da sbatterci fuori lasciandoci senza un disegno da cui far partire il nuovo sogno.
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Noi e la giulia è l'arcobaleno che nasce dopo una tempesta di pioggia assordante, è il sorriso generato da un groviglio di sensazioni che si mescolano tra loro fino a creare un sentimento nuovo, frutto di malinconia e speranza, dolore e gioia. Il vago senso di vuoto imposto da un sistema rimasto imprigionato in sterili e accomodanti schemi legati al rigore del potere economico, forse comodi fino a ieri, ma tali da privare ogni singolo della propria identità, si riempie di solidarietà, amicizia ed unione di persone tanto diverse, specchio di una generazione che probabilmente ha perso e le cui ceneri danno corpo ad un sogno che va oltre ogni logica dettata da parametri fermi in una realtà dalla quale si fa fatica a liberarsi ed il cui rifiuto nasce non tanto dalla consapevolezza dell'errore, quanto dal fatto che inesorabilmente ha raggiunto livelli di saturazione tanto alti da sbatterci fuori lasciandoci senza un disegno da cui far partire il nuovo sogno. Ed il sorriso nasce da quel senso di libertà che scioglie le catene di ogni schema prestabilito lasciando che la nostra mano possa seguire il disegno di un sogno che sia nuovo per ognuno, privo di leggi che impongono qualsiasi forma di sopruso più o meno legalizzata, ed orientato solo verso il ritorno a ai valori che producono vera ricchezza. In un mondo dove neanche le fiabe hanno più valore, Leonardo Leo, firma una commedia che profuma di fiaba sana dal gusto agrodolce e lascia che ognuno scriva il suo finale invitandoci ad essere autori della nostra vita. Diego (Luca Argentero), un venditore di auto costernato e frustrato, Fausto (Edoardo Leo), conduttore di televendite pervaso da malsani pregiudizi ed indebitato fino al collo, e Claudio (Stefano Fresi) un ipocondriaco e fobico commerciante che ha fatto fallire la storica gastronomia di famiglia, si incontrano casualmente nelle aperte campagne del sud per visionare un'antica masseria in vendita. Spinti dal sogno di aprire un agriturismo uniscono le loro risorse umane ed economiche per comprare l'immobile, a loro si aggiungono Sergio (Claudio Amendola), vecchio creditore di Fausto, che pur di difendere il suo forte senso di giustizia si arma ancora di falce e martello, ed Elisa (Anna Foglietta) col il suo pancione ed un sorriso solare, sono la chiave per aprire le porte di un paradiso chiamato Casal de' pazzi. Ma la criminalità organizzata non tarda ad arrivare ed ha il volto di Vito (Carlo Buccirosso) che si presenta a bordo di una vecchia Alfa Giulia che avrà il potere di sprigionare musica classica anche dal fondo di un burrone. E sulle note di Paradise ognuno trasforma il suo fallimento in rinascita, e mondi tanto lontani si incontrano con l'autentico desiderio di ricominciare. Bravi gli interpreti, ottimi Bucirosso e Foglietta, guidati dalla mano fresca di Edoardo Leo che si afferma nello scenario cinematografico animato ormai solo da deboli e sterili commedie, un autore capace di regalare sorrisi più profondi.
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liuk!
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martedì 30 giugno 2015
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bravo leo
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Ennessivo lavoro sopra le righe di Edoardo Leo che si sta consacrando come maestro della commedia intelligente italiana.
Noi e la Giulia è veramente un prodotto eccellente, divertente e mai banale con una vena poetica di sottofondo.
Unica nota stonata la recitazione di Argentero, pessima.
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m.barenghi
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mercoledì 25 febbraio 2015
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un paio d'ore di sano divertimento
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Storia tanto improbabile quanto divertente di tre sfigati insoddisfatti che decidono di ristrutturare un casale abbandonato e di farne un agriturismo. A loro si aggiungeranno nell'ordine un creditore di uno di loro, un camorrista di animo sensibile e dagli improbabili quanto esilaranti ascendenti familiari, e infine una dotata ragazza incinta tuttofare) . Il clima narrativo è quello del Pieraccioni de "Il ciclone", ma meno sguaiato e più raffinato, anche nelle numerose e riuscite battute. Memorabili e splendidamente interpretati molti personaggi, dal Sergio, berlingueriano irriducibile, di Claudio Amendola al camorrista semicomplice del bravo Buccirosso, al coatto Fausto (Maria) che il regista e autore Edoardo Leo si è ritagliatoaddosso con un certo coraggio.
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Storia tanto improbabile quanto divertente di tre sfigati insoddisfatti che decidono di ristrutturare un casale abbandonato e di farne un agriturismo. A loro si aggiungeranno nell'ordine un creditore di uno di loro, un camorrista di animo sensibile e dagli improbabili quanto esilaranti ascendenti familiari, e infine una dotata ragazza incinta tuttofare) . Il clima narrativo è quello del Pieraccioni de "Il ciclone", ma meno sguaiato e più raffinato, anche nelle numerose e riuscite battute. Memorabili e splendidamente interpretati molti personaggi, dal Sergio, berlingueriano irriducibile, di Claudio Amendola al camorrista semicomplice del bravo Buccirosso, al coatto Fausto (Maria) che il regista e autore Edoardo Leo si è ritagliatoaddosso con un certo coraggio. Memorabili anche alcune battute: su tutte quella di Amendola nel "brindisi dei falliti" in cui conclude le motivazioni del proprio fallimento argomentando che la propria figlia avesse eletto a personaggio del secolo, in un tema, Maria De Filippi!. Improbabile ma gradevolissimo e fiabesco il personaggio di Abu, principe ghanese e vero deus ex machina di svariati episodi. Finale aperto, che riscatta l'errore più importante del film: quella sequenza iniziale in cui si lascia ad intendere che le cose finiranno male, suscitando nello spettatore un presagio pessimistico che poco si attaglia al clima del film stesso. Per questo, come per il realizzarsi del volo finale di Birdman, mi piace sperare che Argentero -dopo il mascherino nero che chiude il film- ingrani la aretromarcia e torni a combattere con tutti gli altri contro la camorra per difendere i propri diritti, prima ancora che la legalità. ù
In sintesi: dopo essere uscito incazzatissimo pochi giorni fa dal piccione meditabondo, ho avuto finalmente la sensazione di una sana boccata d'aria fresca.
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(di sergiolino63)
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dromex
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lunedì 16 marzo 2015
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per riflettere su problemi seri con il sorriso
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Tre quarantenni che non si conoscono (L.Argentero, E.Leo e S.Fresi) delusi dalla vita decidono di fare un cambio drastico e puntano sull'acquisto dello stesso casale in Campania, abbandonato, e di cui hanno trovato l'annuncio in una rivista di compravendita immobiliare.
All'appuntamento con l'agente immobiliare si incontrano tutti e tre e in quella occasione decidono di acquistarlo in società per farne un agriturismo.
Si aggiungeranno in seguito ai tre una ragazza in cinta (A.Foglietta) e un irriducibile comunista (C.Amendola).
I soci cominciano quindi a risistemare il vecchio casale abbandonato e a breve imparano (purtroppo!!) che se vogliono iniziare una nuova attività devono anche fare i conti con i camorristi locali (fra i vari, un grande C.
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Tre quarantenni che non si conoscono (L.Argentero, E.Leo e S.Fresi) delusi dalla vita decidono di fare un cambio drastico e puntano sull'acquisto dello stesso casale in Campania, abbandonato, e di cui hanno trovato l'annuncio in una rivista di compravendita immobiliare.
All'appuntamento con l'agente immobiliare si incontrano tutti e tre e in quella occasione decidono di acquistarlo in società per farne un agriturismo.
Si aggiungeranno in seguito ai tre una ragazza in cinta (A.Foglietta) e un irriducibile comunista (C.Amendola).
I soci cominciano quindi a risistemare il vecchio casale abbandonato e a breve imparano (purtroppo!!) che se vogliono iniziare una nuova attività devono anche fare i conti con i camorristi locali (fra i vari, un grande C.Buccirosso) che vengono a chiedere il pizzo.
Edoardo Leo, qui regista-attore, porta sul grande schermo una bella commedia simpatica e molto profonda che fa riflettere sul problema dei soprusi camorristici a cui nessuno ha il coraggio di ribellarsi.
Il film però polemizza anche su altri aspetti: 1) Quanto le autorità locali aiutano i cittadini? Il film infatti mostra la Polizia Municipale che rilascia licenze solo se "ci si viene incontro". 2) Edoardo Leo fa la battuta nel film "Le donne in cinta non si assumono ma si licenziano!! E' una delle regole dell'impresa!!". Una battuta che descrive il mondo lavorativo di oggi. Potrei continuare con la forte essenza del film perché assolutamente merita e va visto.
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cesare cesare
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venerdì 13 novembre 2015
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il gusto di citare kubrick
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Tre post-lavoratori moderni che rientrano nell’agrario avanzato.
Un successo per le emozioni che evoca: casualmente, con una musica della radio di una Giulia sepolta.
C’è del buono in tutti, anche nel camorrista proprietario della Giulia che, rinchiuso in una cantina, ritrova le proprie origini, mutevoli all’occasione, e il proprio riscatto.
Da sfruttatore diviene “complice” (nell’ottica camorristica) di una impresa cui ha chiesto senza successo di pagare il pizzo.
Ed ecco la rinascita: il camorrista-scimmia che cade dopo un pugno del sessantottino Sergio, gli occhiali che rimbalzano sulla sabbia e il Così parlò Zarathustra di 2001 Odissea nello Spazio.
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Tre post-lavoratori moderni che rientrano nell’agrario avanzato.
Un successo per le emozioni che evoca: casualmente, con una musica della radio di una Giulia sepolta.
C’è del buono in tutti, anche nel camorrista proprietario della Giulia che, rinchiuso in una cantina, ritrova le proprie origini, mutevoli all’occasione, e il proprio riscatto.
Da sfruttatore diviene “complice” (nell’ottica camorristica) di una impresa cui ha chiesto senza successo di pagare il pizzo.
Ed ecco la rinascita: il camorrista-scimmia che cade dopo un pugno del sessantottino Sergio, gli occhiali che rimbalzano sulla sabbia e il Così parlò Zarathustra di 2001 Odissea nello Spazio.
Non è una esagerazione: è un paragone, una metafora, in chiave comica, della possibilità di una rinascita dal valore più semplice e spesso raro: l’onestà.
Anche per il camorrista che guarda con tristezza il luogo abbandonato dai tre.
Con un finale a sorpresa.
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onufrio
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sabato 21 novembre 2015
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un casale da difendere
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Tre uomini entrano in affari acquistando un casale abbandonato ad un prezzo stracciato, a questi si aggiunge un ulteriore socio ed una donna con un recente passato tormentato. I lavori di ristrutturazione per poter aprire l'agriturismo procedono con relativa tranquillità, sino a quando l'arrivo di un tipetto su di una Giulia 1300 non sconvolge il programma dei soci del casale che di fronte ad "un'offerta che non potrebbero rifiutare", rispondono dal canto loro contrattaccando l'"invasore" e tenendolo come ostaggio. Da qui ha inizio una divertente serie di avventure, con un finale che però lascia qualche dubbio, dubbio che vista l'ottima commedia realizzata, potrebbe essere risolto magari con un sequel.
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Tre uomini entrano in affari acquistando un casale abbandonato ad un prezzo stracciato, a questi si aggiunge un ulteriore socio ed una donna con un recente passato tormentato. I lavori di ristrutturazione per poter aprire l'agriturismo procedono con relativa tranquillità, sino a quando l'arrivo di un tipetto su di una Giulia 1300 non sconvolge il programma dei soci del casale che di fronte ad "un'offerta che non potrebbero rifiutare", rispondono dal canto loro contrattaccando l'"invasore" e tenendolo come ostaggio. Da qui ha inizio una divertente serie di avventure, con un finale che però lascia qualche dubbio, dubbio che vista l'ottima commedia realizzata, potrebbe essere risolto magari con un sequel.
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enzo70
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venerdì 27 maggio 2016
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un modo intelligente per dare speranza, bravo leo
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Un gran bel film, una commedia all’italiana intelligente, attuale, con un ottimo cast in cui ognuno fa, e bene, il suo mestiere. Tre uomini sono, come direbbe Almodovar, sull’orlo di una crisi di nervi, Diego, Luca Argentero, ha appeno perso il padre e decide di lasciare l’odiato mestiere di venditore di auto; Claudio, Stefano Fresi, un depresso cronico, ha perso la drogheria di famiglia; Fausto, Edoardo Leo, figlio del berlusconismo, è in fuga dai creditori; insieme vanno a vedere un agriturismo in Campania e decidono di aprire una società, anche se non si conoscono; ma è una società aperta, i quanto man mano di aggiungono Sergio, Claudio Amendola, un irriducibile comunista, Elisa, Anna Foglietta, una donna incinta che con la sua follia dà al gruppo un tocco di genialità; e poi il padrone della Giulietta, Carlo Buccirosso, il camorrista della zona che viene sequestrato quando va a chiedere il pizzo.
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Un gran bel film, una commedia all’italiana intelligente, attuale, con un ottimo cast in cui ognuno fa, e bene, il suo mestiere. Tre uomini sono, come direbbe Almodovar, sull’orlo di una crisi di nervi, Diego, Luca Argentero, ha appeno perso il padre e decide di lasciare l’odiato mestiere di venditore di auto; Claudio, Stefano Fresi, un depresso cronico, ha perso la drogheria di famiglia; Fausto, Edoardo Leo, figlio del berlusconismo, è in fuga dai creditori; insieme vanno a vedere un agriturismo in Campania e decidono di aprire una società, anche se non si conoscono; ma è una società aperta, i quanto man mano di aggiungono Sergio, Claudio Amendola, un irriducibile comunista, Elisa, Anna Foglietta, una donna incinta che con la sua follia dà al gruppo un tocco di genialità; e poi il padrone della Giulietta, Carlo Buccirosso, il camorrista della zona che viene sequestrato quando va a chiedere il pizzo. E allora si sommano il sogno dell’italiano contemporaneo, aprire un agriturismo, con le incertezze della società, ben tipizzate dai personaggi. Noi e la Giulia rimane un film di svago, comico, ma si ride sempre a denti stretti, perché dietro quelle storie ci sono quelle degli spettatori, quelle di un Paese sempre più nel guado tra la speranza ed il timore. E questo film ha il merito di alimentare la prima.
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astotti98
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giovedì 26 marzo 2020
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divertente e con un cast azzeccato
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Ottima commedia diretta e intepretata da Edoardo Leo insieme ad un cast di caratteristi del nostro cinema veramente di alto livello (Amendola e Buccirosso su tutti). Un film che diverte senza l'eccesso di volgarità a cui la commedia italiana sembra ricorrere troppo spesso negli ultimi anni, una commedia piacevole che parla di lavoro e di criminalità senza che lo spettatore perda mai il sorriso o la soglia dell'attenzione per tutta la durata della pellicola. Una boccata di ossigeno per il genere che in certi tratti mi ha ricordato le vette, irraggiungibili oramai al giorno d'oggi, della vecchia e sempre attuale "commedia all'italiana".
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eusebio abbondanza
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sabato 21 febbraio 2015
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una giulia un po' ingolfata
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“Non ho mai girato un primo piano nella mia vita”, affermava orgoglioso Monicelli negli ultimi anni della sua vita. Ed era una rivendicazione del rigore che aveva sempre contraddistinto il suo stile, anche se ben pochi critici se ne erano accorti. Rigore che intesseva anche le sue commedie, che si fermavano sempre un passo prima di scivolare nella facile melassa, sempre attente a non solleticare i sentimenti più facili e più bassi.
Sebbene Leo sia un regista capace, e qui al suo terzo film mostri una crescita tecnica notevole, questo film si ingolfa proprio per mancanza di rigore, per cedere spesso a facili soluzioni, alle trovate “che bello, che bello”, avvicinandolo, nei fatti, molto più ai suoi colleghi Miniero e Genovese, maestri della commedia facile a buon mercato, piuttosto che al suo grande predecessore de “I Soliti Ignoti”, cui qualcuno, avventatamente, ha paragonato questo film.
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“Non ho mai girato un primo piano nella mia vita”, affermava orgoglioso Monicelli negli ultimi anni della sua vita. Ed era una rivendicazione del rigore che aveva sempre contraddistinto il suo stile, anche se ben pochi critici se ne erano accorti. Rigore che intesseva anche le sue commedie, che si fermavano sempre un passo prima di scivolare nella facile melassa, sempre attente a non solleticare i sentimenti più facili e più bassi.
Sebbene Leo sia un regista capace, e qui al suo terzo film mostri una crescita tecnica notevole, questo film si ingolfa proprio per mancanza di rigore, per cedere spesso a facili soluzioni, alle trovate “che bello, che bello”, avvicinandolo, nei fatti, molto più ai suoi colleghi Miniero e Genovese, maestri della commedia facile a buon mercato, piuttosto che al suo grande predecessore de “I Soliti Ignoti”, cui qualcuno, avventatamente, ha paragonato questo film.
Il tema era interessante: quarantenni disperati trovano l'occasione e la forza per il riscatto a una vita di rinunce e fallimenti. Poteva essere la fotografia di un'intera generazione. Poteva essere il ritratto di un paese ammalato di immobilismo. E invece “Noi e la Giulia” imbocca la strada più facile, per arrivare dalle parti di un'occasione mancata.
Certo, la sceneggiatura scorre tra gag e battute divertenti, gli attori sono tutti piuttosto in forma, Buccirosso dà vita a una figura di camorrista piena di sfumature, mentre la Foglietta dà conferma del suo notevole talento.
Eppure, man mano che la storia prosegue, qualcosa convince sempre meno. Il film prende una piega quasi favolistica, la verosimiglianza va lentamente (il film dura due ore) perdendosi tra una battuta, una trovata di sceneggiatura e la solita voce fuoricampo, e tutto si annacqua nel buonismo.
Ed è un peccato, perché il talento di Leo come regista e come attore è sempre più solido. Forse anche lui, come i personaggi che racconta, dovrebbe trovare il coraggio di crescere e scegliere strade meno battute e forse più impervie, ma alla lunga più fruttuose.
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