vanessa zarastro
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lunedì 18 aprile 2016
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provaci ancora baumbach
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Nello stile del precedente Frances Ha il film sembra svolgersi in un periodo indefinibile come 30 o 40 anni fa, se non fosse per gli smartphones di nuova generazione: lo spinello per dimenticare, il bere per incontrare e per essere cool…il college con i circoli letterari e i teatrini off, sembrano essere una costante senza tempo della Manhattan che tutti abbiamo iniziato a conoscere e ad amare fin dagli anni ’70.
Baumbach è proprio un figlio di Woody Allen e questo film sembra essere la prosecuzione di Frances Ha che, addirittura in bianco e nero, poteva considerarsi un omaggio al femminile del Manhattan alleniano.
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Nello stile del precedente Frances Ha il film sembra svolgersi in un periodo indefinibile come 30 o 40 anni fa, se non fosse per gli smartphones di nuova generazione: lo spinello per dimenticare, il bere per incontrare e per essere cool…il college con i circoli letterari e i teatrini off, sembrano essere una costante senza tempo della Manhattan che tutti abbiamo iniziato a conoscere e ad amare fin dagli anni ’70.
Baumbach è proprio un figlio di Woody Allen e questo film sembra essere la prosecuzione di Frances Ha che, addirittura in bianco e nero, poteva considerarsi un omaggio al femminile del Manhattan alleniano.
Il problema di questi film molto verbosi è che, una volta usciti dal cinema, non si riesce a ricordare quasi nulla e se qualcuno ci chiede «di che parla il fim?» riusciamo solo a dire «…di New York e di problemi di crescita dei giovani» ma abbiamo difficoltà a descriverne una scena.
In effetti New York amata e odiata contemporaneamente dai protagonisti costituisce da sempre il luogo delle “opportunità”, dove tutto può succedere, dove si possono concretizzare i sogni: Brooke potrebbe aprire un ristorante hamishe con anche il parrucchiere un po’ come si stesse a casa propria e Tracy potrebbe organizzare un proprio Club letterario con una propria rivista dove pubblicare i suoi racconti e quelli degli amici.
Tra uno spinning e l’altro l’irrefrenabile Brooke, accompagnata dalla futura sorellastra Tracy, incontra gli investitori, dirige i lavori di ristrutturazione, cerca finanziatori tra i suoi ex per il ristorante “Da mamma”. È così che finisce dalla sua ex-amica che ha sposato il suo ex-fidanzato ricco e che vive a Greenwich nel Connecticut. Qui in una raffinata villa super-minimalista il regista si diverte a rappresentare una parodia della “perfetta” coppia borghese piena di iniziative dal marketing al volontariato con gli anziani.
Il film è sicuramente carino, forse un po’ meno divertente del precedente, ma non so perché non riesce a entusiasmare completamente.
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flyanto
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martedì 19 aprile 2016
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due simpaticissimi ritratti femminili a confronto
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Noah Baumbach firma un'altra opera dove, come sempre ed alla maniera un poco di Woody Allen, la città di New York ne è la protagonista principale insieme ovviamente a dei singolari personaggi, per lo più femminili. "Mistress America" così presenta sullo schermo due particolari e simpatiche giovani donne, con circa 10 anni di differenza tra loro, che per una casualità (precisamente il matrimonio tra i rispettivi genitori ormai divorziati dai propri consorti precedenti) entrano in contatto grazie ad una forte simpatia ed intesa reciproca. Da una parte vi è la giovane universitaria, anzi matricola, Tracy, ancora insicura e del tutto inconsapevole dello stile di vita newyorkese provenendo dalla provincia.
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Noah Baumbach firma un'altra opera dove, come sempre ed alla maniera un poco di Woody Allen, la città di New York ne è la protagonista principale insieme ovviamente a dei singolari personaggi, per lo più femminili. "Mistress America" così presenta sullo schermo due particolari e simpatiche giovani donne, con circa 10 anni di differenza tra loro, che per una casualità (precisamente il matrimonio tra i rispettivi genitori ormai divorziati dai propri consorti precedenti) entrano in contatto grazie ad una forte simpatia ed intesa reciproca. Da una parte vi è la giovane universitaria, anzi matricola, Tracy, ancora insicura e del tutto inconsapevole dello stile di vita newyorkese provenendo dalla provincia.e dall'altra la circa trentenne Brooke la quale, pur essendo un tipo di persona inconcludente e parecchio svagata nei suoi progetti di vita e professionali, possiede però una personalità talmente forte e particolare da suscitare in Tracy la sua più profonda ammirazione. E' così che le due donne iniziano a frequentarsi ed a vivere episodi nella quotidianità cittadina che condurranno Tracy ad una finalmente maggiore maturità e Brroke a riconoscere nelle varie persone di cui si circonda gli affetti sinceri da quelli più superficiali ed indistinti che la Grande Mela offre quotidianamente.
Senza alcun dubbio Noah Baumbach con questa pellicola ha centrato in pieno il suo obiettivo e cioè di parlare della sua New York frenetica ed intellettuale che, si evince, egli ama tantissimo, e della sua gente, per lo più, appunto, personaggi femminili, a volte un poco nevrotici, a volte ancora un poco ingenui, a volte addirittura stralunati ma sicuramente di buon cuore. Intorno a loro, poi, una vasta umanità di intellettuali, finti amici, personaggi di successo o meno che servono a mettere bene in luce e risaltare i protagonisti principali, il tutto perfettamente condensato in poco più di un'ora e mezza di proiezione che risulta essere la misura temporale più adatta per raccontare tali tipi di storie e realtà.
Occorre anche sottolineare che in "Mistress America" compare nuovamente, nella parte del personaggio di Brooke, la musa ispiratrice di ormai tutte le ultime opere di Baumbach, cioè Greta Gerwig, la quale, sempre simpatica ed efficace nei suoi ruoli, funge anche da sceneggiatrice insieme al regista, ideando e costruendo una serie di dialoghi quanto mai brillanti e divertenti.
Da non perdere per chi apprezza le storie minimaliste e la regia particolare di Noah Baumbach.
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