giuseppetoro
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domenica 9 agosto 2020
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buon film
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film incentrato su una storia militare in missione. Due colleghi, uno muore l'altro dovrà vivere per oltre due giorni con un piede su un possibile ordigno..
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franzone
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domenica 24 novembre 2019
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americanata
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Parte bene, poi comincia a grondare retorica e americanità varie
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rufus
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sabato 25 agosto 2018
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ridicolo
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L'inizio è promettente , suspense ed effetti speciali sembrano il preludio a un filmone , ma poi il film cade nel ridicolo . Se non volete perdere 2 ore non guardatelo , perché
è davvero dilettantesco .
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supersantos
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lunedì 13 novembre 2017
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la manovra schumann
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Non il solito film sulla guerra.
Al posto di battaglie in 3d,colpi di bazooka ed esplosioni fragorose ci si concentra sulla solitudine del soldato,le sue paure,i suoi affetti più cari.
Tutto molto intimo ed intimista.
Forse,ad un certo punto,i flashback sono troppi ed il confine tra i miraggi e la realtà porta ad una certa ripetitività delle azioni,ma rimarrete comunque incollati allo schermo per capire come andrà a finire.
Ovviamente non posso svelare i contenuti del finale ed annesse considerazioni a chi non ha visto ancora la pellicola.
Mi limito a commentare che è un film di cui vi consiglio la visione,che racconta profondamente la vita e la voglia di vivere,mentre intorno non c'è che morte,desolazione,arsura.
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Non il solito film sulla guerra.
Al posto di battaglie in 3d,colpi di bazooka ed esplosioni fragorose ci si concentra sulla solitudine del soldato,le sue paure,i suoi affetti più cari.
Tutto molto intimo ed intimista.
Forse,ad un certo punto,i flashback sono troppi ed il confine tra i miraggi e la realtà porta ad una certa ripetitività delle azioni,ma rimarrete comunque incollati allo schermo per capire come andrà a finire.
Ovviamente non posso svelare i contenuti del finale ed annesse considerazioni a chi non ha visto ancora la pellicola.
Mi limito a commentare che è un film di cui vi consiglio la visione,che racconta profondamente la vita e la voglia di vivere,mentre intorno non c'è che morte,desolazione,arsura.
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ennio
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mercoledì 23 agosto 2017
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film che illude per poi deludere
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Film alla fine deludente. Ottima prima metà, che fa pensare a opere sobrie e intense come "127 ore" o "sepolto vivo", poi la luce si spegne e la regia annega in una seconda metà persa in eccessivi flashback sentimentalistici piazzati lì in difetto di idee.
A dire il vero il sopsetto che il film finisse male mi era sorto già nella prima scena, quando il soldato/killer/tiratore scelto dei Marines si rifiuta inspiegabilmente di sparare a un importante terrorista solo perchè in quel momento "c'è un matrimonio" e quindi lui pensa alla sua bella innamorata e gli batte il cuoricino.
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francodip
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martedì 25 luglio 2017
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bello
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Bel film fatto molto bene e che fa pensare molto al significato ed all'importanza della vita.
Merita di essere visto!!
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eleonoramillo
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giovedì 25 maggio 2017
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interiore e intenso
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Mine é un film intimistico ed essenziale, diretto e con un messaggio chiaro come pochi si vedono di recente al cinema. Mike è un soldato americano in missione in un deserto non ben specificato e durante la sua missione sente di aver calpestato una mina. Dopo aver perso il suo compagno di spedizione perchè esploso su una mina poco prima, cominceranno le 72 ore più difficili e decisive della sua vita. Durante queste 72 ore infatti dovrà ceracre di sopravvivere alla sete, alla fame, agli attacchi dei lupi e anche a quelli dei nemici. Ma in realtà la sfida primaria che deve affrontare MIke è quella di guardare dritto in faccia alla sua vita e al suo stato attuale.
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Mine é un film intimistico ed essenziale, diretto e con un messaggio chiaro come pochi si vedono di recente al cinema. Mike è un soldato americano in missione in un deserto non ben specificato e durante la sua missione sente di aver calpestato una mina. Dopo aver perso il suo compagno di spedizione perchè esploso su una mina poco prima, cominceranno le 72 ore più difficili e decisive della sua vita. Durante queste 72 ore infatti dovrà ceracre di sopravvivere alla sete, alla fame, agli attacchi dei lupi e anche a quelli dei nemici. Ma in realtà la sfida primaria che deve affrontare MIke è quella di guardare dritto in faccia alla sua vita e al suo stato attuale. Tramite una serie di Flashback infatti ricostruiamo la vita di MIke fatta di un' infanzia difficile causata da un padre violento e un amore forte ma che a causa del suo temperamento e paura di essere felice ha paura e teme di perdere. Essere bloccato quindi su una mina è in realtà una metafora di un blocco emotivo più profondo che coinvolge il protagonista e che tramite l'incontro con un beduino e la riflessione sulla sua vita che compie durante queste 72 ore riesce a suèperare. Quello che infatti MIke non riesce a fare è andare avanti, buttarsi alle spalle la vilolenza del padre e l' infanzia difficile, la malattia della madre e la paura di non iruscire a cogliere e vivere il bello della propria esistenza a pieno per paura di perdere le cose belle. E così dopo questa sfida fisica e mentale che deve affrontare il protagonista riesce a diventare finalmente libero di vivere a pieno la sua esitenza le sue emozioni e la sua felicità. Il deserto in cui si trova per la maggior parte del film si può vedere come una metafora della aridità e smarrimento interiore che vive il protagonista. MIne è un film semplice, dirittto forte e potente che permettte a qualunque spettatore di immedesimarsi perchè tutti abbiamo paura di affrontare certi ostacoli e certe paure per timore di non farcela e per paura che quello possa essere veramente il nostro ultimo passo. Armie Hammer riesce a sostenere il peso del film sulle sue spalle eseguendo una performance attoriale impeccabile e credibilr, la regia è curata e non banale c'è infatti una particolare attenzione alla scelta delle scene e alla fluidità del racconto ma senza perdere di vista il messaggio vuole essere trasmesso. Film da vedere per riflettere e analizzare una nuova generazione di autori italiani che riesce ad avere un respiro internazionale.
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(di alemovies)
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alberto
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venerdì 19 maggio 2017
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ottimo esordio per fabio e fabio
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Abbiamo una nuova coppia nel cinema "italiano": Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, due registi esordienti ormai conosciuti con l'appellativo di Fabio e Fabio e che con "Mine" ( da alcuni pronunciato main da altri semplicemente mine) sono favoriti ai David di Donatello, da una parte perché hanno contribuito a proseguire il percorso sui generis che stanno attuando i nostri director (dal cinecomic di Mainetti allo sportivo "Veloce come il vento" di Rovere), dall'altra perchè in contemporanea hanno raccontato una storia che non è fine a se stessa, non si riduce ad un semplice trap-movie, ma al contrario riesce sia a intrattenere e a comunicare tensione allo spettatore, sia a lanciare un messaggio bellissimo e importante: nella vita un ostacolo, ciò che ti blocca e ti trattiene nel dubbio è uguale all'altro; vuoi rimanere con un piede su una mina ed essere costretto ad aspettare per molte ore i soccorsi, vuoi trovarsi davanti i propri genitori in pessimi rapporti, si tratta sempre di prove che la vita si diverte a piazzare e nonostante tutto, il passo in avanti va fatto, una volta che lasci il piede fermo è finita.
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Abbiamo una nuova coppia nel cinema "italiano": Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, due registi esordienti ormai conosciuti con l'appellativo di Fabio e Fabio e che con "Mine" ( da alcuni pronunciato main da altri semplicemente mine) sono favoriti ai David di Donatello, da una parte perché hanno contribuito a proseguire il percorso sui generis che stanno attuando i nostri director (dal cinecomic di Mainetti allo sportivo "Veloce come il vento" di Rovere), dall'altra perchè in contemporanea hanno raccontato una storia che non è fine a se stessa, non si riduce ad un semplice trap-movie, ma al contrario riesce sia a intrattenere e a comunicare tensione allo spettatore, sia a lanciare un messaggio bellissimo e importante: nella vita un ostacolo, ciò che ti blocca e ti trattiene nel dubbio è uguale all'altro; vuoi rimanere con un piede su una mina ed essere costretto ad aspettare per molte ore i soccorsi, vuoi trovarsi davanti i propri genitori in pessimi rapporti, si tratta sempre di prove che la vita si diverte a piazzare e nonostante tutto, il passo in avanti va fatto, una volta che lasci il piede fermo è finita. Nella campagna promozionale hanno promesso un semplice thriller valorizzato da un'interessante idea di base, ma la pellicola regala qualcosa di più: nel deserto in cui si trovano due soldati di ritorno da una missione fallita si materializzerà di tutto: insidie e sostegni, nemici e alleati, ricordi buoni e ricordi cattivi, ma soprattutto il più scontato tra i valori, la speranza. Il protagonista, interpretato da Armie Hammer (entrato molto nella parte), pur credendo di essere sfortunatissimo, scoprirà invece l'esatto opposto, grazie anche alle pillole di saggezza dell'intermezzo comico del film, impersonato dal simpaticissimo Clint Dyer. Fabio e Fabio hanno costruito dunque una sceneggiatura solida e hanno diretto in maniera sicura, tanto da non dover invidiare i thriller americani (va detto comunque che la produzione è americana/spagnola). Bella la fotografia di Villanova, appropriate le musiche di Balboni e Bonini e anche gli effetti digitali sono candidati ai David. Inoltre sono molte le scene in cui la tensione è alle stelle e non è escluso che a qualcuno potrebbe scappare una lacrimuccia. Un'opera davvero ben congegnata. Andiamone fieri.
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uppercut
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sabato 15 aprile 2017
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più che tarkovski, il modello è lanciostory
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No, dai, Tarkovski, no. Citare il maestro russo entro un commento a un filmetto ruspante ma davvero fragile, è davvero un eccesso di generosità critica. D'accordo incoraggiare gli esordi però è utile evidenziarne anche i limiti. E il limite più vistoso di Mine è la sua ansia di apparire credibile come film (aho', non ve pare girato dalla Bigelow...?) e non come storia. Lo sforzo è di sembrare un vero film e non un film vero. Si avverte come il brivido nel poter far parlare i due personaggi iniziali con nomi anglofoni che sanno tanto di film visto addirittura in 3D, con gli effettoni speciali e sai che costi per girare nel deserto...! Fabio & Fabio sembrano alle prese più con una provona d'esame alla scuola di cinema dove vogliono sbalordire i vecchi professori che ancora insegnano Truffaut (o Tarkovski.
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No, dai, Tarkovski, no. Citare il maestro russo entro un commento a un filmetto ruspante ma davvero fragile, è davvero un eccesso di generosità critica. D'accordo incoraggiare gli esordi però è utile evidenziarne anche i limiti. E il limite più vistoso di Mine è la sua ansia di apparire credibile come film (aho', non ve pare girato dalla Bigelow...?) e non come storia. Lo sforzo è di sembrare un vero film e non un film vero. Si avverte come il brivido nel poter far parlare i due personaggi iniziali con nomi anglofoni che sanno tanto di film visto addirittura in 3D, con gli effettoni speciali e sai che costi per girare nel deserto...! Fabio & Fabio sembrano alle prese più con una provona d'esame alla scuola di cinema dove vogliono sbalordire i vecchi professori che ancora insegnano Truffaut (o Tarkovski...) e non con personaggi da far crescere e seguire con cura, affetto, attenzione alla vita reale. Il protagonista ne esce con tutti i connotati di un personaggio alla Lanciostory che spara alla grande sia col fucile che con la lingua ("Cosa vuoi fare?" gli fa il compagno mentre gli islamici sono a dieci metri. E lui, gelido: "Qualcosa" e poi... bùm o forse pàm). Insomma dialoghi che sembrano in effetti rubati da L'infanzia di Ivan... Gioca' a fa' gli ammericani può essere davvero la strada da intraprendere per provare a risollevare le sorti di un cinema nazionale sempre più in odore di terzomondismo? La risposta si nasconde in fondo allo specchio. Una battuta del film di Tarkovski o di Mine?
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alex62
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mercoledì 1 febbraio 2017
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«è per questo che sei qui…»
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Avere, sentirsi la guerra dentro e non poter fare nulla per liberarsene.
È la guerra ciò che cerca il cecchino Mike, protagonista di «Mine» e, pur di averla, è disposto a farsi paracadutare in pieno deserto, dall'altra parte del mondo. È pronto anche ad arruolarsi volontario, a lasciare la sua Jenny (Annabelle Wallis), il suo Paese…perché - dice - “si sente abbandonato da tutti”. Avverte che è rimasto solo, nonostante tutto.
Mike e Tommy sono amici e sono di pattuglia insieme per una missione molto rischiosa.
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Avere, sentirsi la guerra dentro e non poter fare nulla per liberarsene.
È la guerra ciò che cerca il cecchino Mike, protagonista di «Mine» e, pur di averla, è disposto a farsi paracadutare in pieno deserto, dall'altra parte del mondo. È pronto anche ad arruolarsi volontario, a lasciare la sua Jenny (Annabelle Wallis), il suo Paese…perché - dice - “si sente abbandonato da tutti”. Avverte che è rimasto solo, nonostante tutto.
Mike e Tommy sono amici e sono di pattuglia insieme per una missione molto rischiosa. Mike è un tiratore scelto, ma, al momento in cui dovrebbe, si rifiuta di fare il suo dovere, si rifiuta di uccidere, perché dovrebbe interrompere un momento di festa con il sangue.
La fuga dei due amici, verso una salvezza che si allontana sempre più s'interromperà in un campo minato. E per una settimana, quel campo diventerà il luogo in cui Mike si è bloccato, senza riuscire a fare un solo passo in avanti. Da luogo interiore si trasformerà in luogo fisico e in quel teatro si materializzeranno tutte le sue paure.
Lì lo dilanieranno i suoi demòni, tutti i suoi demòni saranno evocati e terranno un “Sabba” intorno al suo corpo sempre più assetato, affamato, ferito, debole.
Quando l'anima di un uomo muore, non c'è nessun rimedio. Può apparire all'esterno che la sua vita continui a scorrere esattamente come sempre, ma la sua anima si è spenta e questo gli impedisce di andare avanti. Diventa un contenitore vuoto e nulla ha più senso. Rimane intrappolato come in un carcere buio. Niente sembra poter cambiare la sua disperazione in luce.
Il protagonista, Armie Hammer, è di una bravura straordinaria. La regia è perfetta, ed è incredibile che sia una quasi-opera prima per due artisti autodidatti, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro. Due amici, proprio come Mike e Tommy, che hanno deciso di lanciarsi in questa incredibile avventura che è fare cinema.
Questo film meriterebbe grandi premi, in primo luogo perché è realizzato benissimo, e poi perché parla, in un modo schietto e pulito di uno dei peggiori crimini dei governi occidentali: l'aver disseminato di mine interi territori; aver rubato la vita, gli arti, la gioia a tante migliaia di uomini, donne e soprattutto bambini. Non stiamo parlando di “governi canaglia”, complici dei terroristi, ma dei nostri governi.
C'è una presenza oscura e malefica nel profondo di Mike, suo padre era un alcolizzato violento (come spesso accade siano gli alcolisti) e Mike ha conosciuto l'inferno, ci ha vissuto dentro: era la sua infanzia. Ma quel padre, così violento, così incapace di essere uomo, era suo padre e Mike, se non farà i conti con lui non potrà andare avanti. Ecco perché è arrivato col piede su quella mina. Quel campo minato è una straordinaria occasione per lui per evocare tutti i fantasmi che l'hanno condotto alla morte dell'anima.
E solo l'abbraccio di suo padre potrà liberarlo: perché, nonostante tutto, è suo padre.
Quando l'anima di un uomo muore, sembra non esserci nessun rimedio, perché noi non lo sappiamo, o facciamo finta d'ignorarlo, ma la nostra anima può morire.
Però indubitabilmente il Bene verrà da noi e la farà risorgere.
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