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mericol
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venerdì 27 febbraio 2015
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una grave malattia, una grande volontà di vivere
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Alice,insegnante di linguistica in una Università americana, ha una famiglia felice, il marito e tre figli. Le viene diagnosticato un Alzheimer precoce, probabilmente ereditario, quindi a più rapida evoluzione. Anche una sua figlia sembra destinata alla stessa malattia.
Alice prevede la distruzione graduale del suo patrimonio intellettuale. Perderà progressivamente l’uso di parole comuni, l’orientamento nei luoghi in cui ha vissuto l’intera vita. Finirà per non riconoscere volti familiari. Perderà la memoria del passato. Senza il passato, non ci sarà presente, né futuro.
Il progresso intellettivo che ha visto gradualmente svolgersi in se stessa, che ha visto nascere e poi progredire nei suoi figli, mamma attenta e premurosa com’è stata, il tesoro intellettivo, prerogativa del genere umano, verrà progressivamente ma inesorabilmente a dissolversi.
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Alice,insegnante di linguistica in una Università americana, ha una famiglia felice, il marito e tre figli. Le viene diagnosticato un Alzheimer precoce, probabilmente ereditario, quindi a più rapida evoluzione. Anche una sua figlia sembra destinata alla stessa malattia.
Alice prevede la distruzione graduale del suo patrimonio intellettuale. Perderà progressivamente l’uso di parole comuni, l’orientamento nei luoghi in cui ha vissuto l’intera vita. Finirà per non riconoscere volti familiari. Perderà la memoria del passato. Senza il passato, non ci sarà presente, né futuro.
Il progresso intellettivo che ha visto gradualmente svolgersi in se stessa, che ha visto nascere e poi progredire nei suoi figli, mamma attenta e premurosa com’è stata, il tesoro intellettivo, prerogativa del genere umano, verrà progressivamente ma inesorabilmente a dissolversi. I medici dichiarano che la velocità della comparsa e accentuazione dei sintomi procede in rapporto diretto alla ereditarietà e al livello intellettivo antecedente alla malattia...
Alice vede trasformarsi quindi la sua mente e il suo fisico. Ne prevede la drammatica conclusione. Reagisce con forza, con la ferma volontà di vivere ancora.
All’inizio della malattia ha salvato in un video, che ora rivede, la sua immagine con l’invito a se stessa, quando sarà giunto il momento, di aprire un cassetto dell’armadio, trovare un flacone carico di compresse, assumerle tutte in un solo colpo, adagiarsi sul letto e riposare serenamente. Per sempre evidentemente! Alice incerta inizialmente, non segue alla fine questo disperato messaggio.
La più giovane tra i suoi figli. Lydia, ha la passione del teatro. Legge alla mamma testi letterari. Il bello al quale si rende partecipe, supera i limiti tracciati dalle parole e dai ricordi, che non ha più Il bello e l’amore danno sensazioni istantanee, senza dover ricorrere a parole o a ricordi.. Il bello e l’amore! Vale la pena ancora vivere e incamminarsi con la figlia ,a conclusione, lungo un sentiero non carico forse di lunghi tempi di vita, ma colmo di bello e di amore.
Un tema così impegnativo, un personaggio tanto complesso,richiede una interpretazione maiuscola. I registi (Glatzer e Westmoreland ) la trovano in una straordinaria Julianne Moore, migliore attrice protagonista ai recenti Oscar 2015. Non a caso, tra l’altro, il premio per il migliore protagonista maschile è stato attribuito a Eddie Redmayne per “La teoria del tutto”, anch’egli interprete magnifico di un personaggio, difficile da portare sullo schermo, che alla crudele malattia reagisce con la ferma volontà di vivere e creare.
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(di mari66)
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nerone bianchi
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giovedì 26 febbraio 2015
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il bianco totale
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Un film garbato, serio, emotivamente forte, che affronta un tema molto difficile come l'Alzheimer e lo fa senza strafare, mostrandoci il dramma silenzioso delle persone che loro malgrado si trovano a camminare su questi sentieri impervi. Un lavoro che scorre senza picchi ne esplosioni, parte alto e lassù si mantiene per tutta la sua ora e mezza di durata. Ho avuto il privilegio di vedere il film in un cineforum, senza alcuna interruzione nel mezzo, cosa che sarebbe stata davvero poco appropriata. Bravi gli attori, la protagonista svetta alta, ottima la musica e tutto il resto. Un film davvero onesto, che non ci stravolge certo la vita ma che può aiutarci nel rapporto con persone care (ed è il mio personale caso) che soccombono sotto il peso di questa incredibile malattia, che non usa manifestarsi a colpi di scimitarra o fracassando portoni, preferisce invece entrare dall'uscio principale suonando il campanello e pulendosi le scarpe allo zerbino.
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Un film garbato, serio, emotivamente forte, che affronta un tema molto difficile come l'Alzheimer e lo fa senza strafare, mostrandoci il dramma silenzioso delle persone che loro malgrado si trovano a camminare su questi sentieri impervi. Un lavoro che scorre senza picchi ne esplosioni, parte alto e lassù si mantiene per tutta la sua ora e mezza di durata. Ho avuto il privilegio di vedere il film in un cineforum, senza alcuna interruzione nel mezzo, cosa che sarebbe stata davvero poco appropriata. Bravi gli attori, la protagonista svetta alta, ottima la musica e tutto il resto. Un film davvero onesto, che non ci stravolge certo la vita ma che può aiutarci nel rapporto con persone care (ed è il mio personale caso) che soccombono sotto il peso di questa incredibile malattia, che non usa manifestarsi a colpi di scimitarra o fracassando portoni, preferisce invece entrare dall'uscio principale suonando il campanello e pulendosi le scarpe allo zerbino. Entra, si accomoda e con buone maniere, sorseggiando un tè, cancella pezzo dopo pezzo la nostra memoria, accompagnandoci per mano verso quel nulla che ci atterrisce. Il film respira alla stessa maniera, con una velocità tutta sua che implacabilmente converge verso quel bianco totale in cui ogni cosa si dissolve.
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maria f.
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giovedì 19 febbraio 2015
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evviva i buoni film!
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Film asciutto, essenziale, concreto, preciso, ottimo.
Avere consapevolezza che la tua identità scomparirà dalla tua mente e ciò che ti circonda e ti appartiene ti diventerà estraneo, è raccapricciante.
Il regredire pone Alice in una condizione di estrema fragilità, la rende più vulnerabile, l’ambiente intorno le diventa sconosciuto.
Un malato di Alzheimer è simile a un bambino al momento della nascita, ma se in quest’ultimo si palpa la voglia irrefrenabile di scoprire, sperimentare, mangiarsi il mondo, appropriarsi della realtà che lo circonda, avere fiducia e osare, un malato di Alzheimer deve anche lui imparare, assimilare, afferrare, catturare, ma perché sta perdendo la memoria.
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Film asciutto, essenziale, concreto, preciso, ottimo.
Avere consapevolezza che la tua identità scomparirà dalla tua mente e ciò che ti circonda e ti appartiene ti diventerà estraneo, è raccapricciante.
Il regredire pone Alice in una condizione di estrema fragilità, la rende più vulnerabile, l’ambiente intorno le diventa sconosciuto.
Un malato di Alzheimer è simile a un bambino al momento della nascita, ma se in quest’ultimo si palpa la voglia irrefrenabile di scoprire, sperimentare, mangiarsi il mondo, appropriarsi della realtà che lo circonda, avere fiducia e osare, un malato di Alzheimer deve anche lui imparare, assimilare, afferrare, catturare, ma perché sta perdendo la memoria.
Lo sforzo che compie per cercare di mantenere la sua mente attiva è dannatamente faticoso, è un’impresa ardua, anzi è quasi una lotta impari, impossibile, cercare di esserci ogni giorno ancora per un po’, impegnarsi per non perdere del tutto se stesso.
E’ devastante intuire di non essere più in grado di riconoscere i propri affetti: moglie o marito, figli, nipoti, perfino la casa diventa un luogo ostico, un labirinto, dove si perde il senso dell’orientamento.
Può accadere, che una persona cara -la moglie per esempio - si avvicini per una carezza, e non venendo riconosciuta a causa di questa condizione di smarrimento, è scacciata, oppure al contrario, per ringraziarla, in segno d’affetto, con quello stile di un tempo, forse un po’ fuori moda ma sempre galante, portando la mano di lei alle labbra, la bacia e le dice: ” Grazie signora, ma noi ci conosciamo?”
Questi momenti drammatici rendono queste persone a volte ancora più preziose, e la fatica e la prostrazione per chi le assiste danno spazio a un desiderio di proteggerle, e anche se stanno allontanandosi e abbandonando la realtà, forse si nutre la speranza che possa restare sulla lavagna della loro mente anche solo un fotogramma, una pennellata d’amore sì da tenerli agganciati impercettibilmente ma saldamente al mondo reale e donare loro, ancora lunghi momenti dello spettacolo della vita nella veste di attori.
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evildevin87
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domenica 15 febbraio 2015
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senza via di scampo
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Fa piacere ogni tanto vedere un film che punta sulla tematica importante senza scadere in mielosi buonismi e facendo vedere la nuda e cruda realtà della faccenda.
La nostra protagonista Alice è una donna intelligente e colta, felice di ciò che fa nella vita e fiera moglie e madre di tre figlie. Poi un brutto giorno succede qualcosa di apparentemente insignificante: uno strano vuoto di memoria. Ma non finisce lì: col passare dei giorni questi vuoti diventano sempre più frequenti. All'inizio solo le parole, poi dove sono gli oggetti, gli appuntamenti, la planimetria dei luoghi che frequenta, i ricordi diventano sempre più nebbiosi e frammentati.
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Fa piacere ogni tanto vedere un film che punta sulla tematica importante senza scadere in mielosi buonismi e facendo vedere la nuda e cruda realtà della faccenda.
La nostra protagonista Alice è una donna intelligente e colta, felice di ciò che fa nella vita e fiera moglie e madre di tre figlie. Poi un brutto giorno succede qualcosa di apparentemente insignificante: uno strano vuoto di memoria. Ma non finisce lì: col passare dei giorni questi vuoti diventano sempre più frequenti. All'inizio solo le parole, poi dove sono gli oggetti, gli appuntamenti, la planimetria dei luoghi che frequenta, i ricordi diventano sempre più nebbiosi e frammentati. Le peggiori paure si avverano: la nostra Alice ha il morbo di Alzheimer. Per la precisione una forma rara, precoce e più rapida nello sviluppo. E il film ci mostrerà come un male di tale portata possa rovinare per sempre anche una vita delle più soddisfacenti e realizzate.
Il film è straziante, ci porta con sè sempre più in basso nel baratro di una malattia neurodegenerativa in maniera realistica e spietata dando il giusto spazio a sentimentalismi di sorta facendo vedere semplicemente la dura realtà. A reggere tutto il baraccone è la prova attoriale dell'eccezionale Julianne Moore, a dir poco strepitosa. Di contro abbiamo Kristen Stewart, nei panni della figlia Lydia, che probabilmente il giorno che distribuivano l'espressività era a letto con la febbre. Tuttavia la cosa non intacca la qualità e l'impatto emotivo del film, che nel complesso risulta eccellente e scorrevole anc he se lento.
Di questa pellicola si può dire che nonostante la profonda amarezza e l'atroce conclusione trasmette speranza da tutti i pori. Non dobbiamo essere succubi dei nostri problemi ma combatterli a testa alta e cercare non lasciarci mai andare allo sconforto e alla disperazione.
Film pesante ma da vedere assolutamente, soprattutto perchè tratta un tema di cui, nonostante la sua gravità, ne sentiamo parlare troppo poco.
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maria cristina nascosi sandri
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sabato 14 febbraio 2015
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still alice suona un po’ come still life .........
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STILL LIFE, recens. di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Still Alice suona un po' come still life che in lingua inglese sta per 'natura morta', ma, letteralmente, si potrebbe tradurre 'ancora in vita'.
E così anche Still Alice può esser tradotto in Alice morta o Ancora Alice o Alice (ancora) viva, nonostante l'Alzheimer che, ottuso nemico, si porta via la vita, il vissuto, l'intelligenza di un eccellente e pensante essere umano e ne fa sparire ogni traccia, fatto salvi gli affetti suoi più cari e vicini, il marito, i figli, i nipoti.
Rimane, dunque, l'amore - questa è la fine del film, rigoroso, fedele, nei confronti della tematica narrata, opera a quattro mani della coppia Richard Glatzer e Wash Westmoreland, trasposta dall'omonimo romanzo best-seller del 2007 di Lisa Genova - come ultimo viatico, tra il cosciente e l'inconscio di una bella mente che s'allontana per sempre col sorriso ormai dell'assenza dalla scena della vita attiva, appagante che aveva avuto, per entrare in una definitiva non-vita.
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STILL LIFE, recens. di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Still Alice suona un po' come still life che in lingua inglese sta per 'natura morta', ma, letteralmente, si potrebbe tradurre 'ancora in vita'.
E così anche Still Alice può esser tradotto in Alice morta o Ancora Alice o Alice (ancora) viva, nonostante l'Alzheimer che, ottuso nemico, si porta via la vita, il vissuto, l'intelligenza di un eccellente e pensante essere umano e ne fa sparire ogni traccia, fatto salvi gli affetti suoi più cari e vicini, il marito, i figli, i nipoti.
Rimane, dunque, l'amore - questa è la fine del film, rigoroso, fedele, nei confronti della tematica narrata, opera a quattro mani della coppia Richard Glatzer e Wash Westmoreland, trasposta dall'omonimo romanzo best-seller del 2007 di Lisa Genova - come ultimo viatico, tra il cosciente e l'inconscio di una bella mente che s'allontana per sempre col sorriso ormai dell'assenza dalla scena della vita attiva, appagante che aveva avuto, per entrare in una definitiva non-vita.
E' vero senza ricordi, non c'è presente - il che si riallaccia molto bene con l'ebraico Il passato l'abbiam davanti...
Still Alice è un buon film, ben interpretato da un'ottima e ben documentata Julianne Moore che dà prova di grande sensibilità e maturità artistica in ascesa, non a caso candidata all'Oscar quest'anno come miglior attrice, dopo aver vinto un Golden Globe.
Giusto e ben narrato il plot dell'iter verso l'abyme, la discesa agli inferi della malattia conclamata, solo a brevi tratti un tantino poco credibile.
Ma l'aver condotto quello stesso iter con un pizzico di ironia - più forse auto-ironia - riscatta quelle piccole perdonabili ridondanze.
Sì, Still Alice può ancora dare qualche speranza, nel suo narrare tanta disperazione: ancora in vita, dunque, dopo l'arrivo della malattia, non 'non più vita'...
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[+] alzheimer
(di antoniozeg)
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mirtillina
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martedì 10 febbraio 2015
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ricordi
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Guardando il film ripenso al mio lavoro, a quanto mi manca, a quello che posso in base alle mie piccole capacità'... Alle esperienze vissute con colleghi fantastici, e ai miei cari pazienti con le emozioni che sono stati in grado di darmi e che porterò sempre nel cuore...
Questo film mi ha fatto rivivere tutto questo e molto di più..
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mirtillina
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martedì 10 febbraio 2015
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ricordi
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Guardando il film ripenso al mio lavoro, a quanto mi manca, a quello che posso in base alle mie piccole capacità'... Alle esperienze vissute con colleghi fantastici, e ai miei cari pazienti con le emozioni che sono stati in grado di darmi e che porterò sempre nel cuore...
Questo film mi ha fatto rivivere tutto questo e molto di più..
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patry63
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martedì 10 febbraio 2015
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paure a nudo
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Ho voluto vedere Still Alice attratta dall'argomento di cui trattava:ho scoperto,in realtà,che sotto sotto sono andata a vedere le mie paure,a mettermici faccia a faccia.Ho così trovato un film recitato da una straordinaria Moore,che mette a nudo le debolezze e allo stesso tempo la forza di volontà di una donna colpita da una malattia terribile qual'è l'alzheimer,ma che trova nell'affetto dei suoi familiari e in particolare nelle cure della figlia(quella che sembrava la più distaccata dall'ambito familiare) quasi la finalità di tante sofferenze!
L'ho trovato un film garbato e gentile che ben sviluppa un tema di cui si parla ancora troppo poco!Assolutamente da vedere!
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gaiart
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mercoledì 4 febbraio 2015
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tutta colpa di aβ42
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Still Alice
Presenilin-1 è un gene che può mutare. Oltre a ciò è il principale indicatore dell’Alzheimer precoce ereditario di cui soffrono circa 36 milioni di persone nel mondo.
La maggior parte delle mutazioni nei geni PS 1 e 2 aumentano la produzione di una piccola proteina chiamata Aβ42, che è la componente principale delle placche amiloidi senili, quelle che causano questa feroce malattia mortale.
Il film Still Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, con Kristen Stewart, Julianne Moore, Kate Bosworth, Alec Baldwin, è l’adattamento cinematografico del romanzo Perdersi (Still Alice) scritto nel 2007 dalla neuroscienziata Lisa Genova e pubblicato in Italia da Edizioni Piemme.
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Still Alice
Presenilin-1 è un gene che può mutare. Oltre a ciò è il principale indicatore dell’Alzheimer precoce ereditario di cui soffrono circa 36 milioni di persone nel mondo.
La maggior parte delle mutazioni nei geni PS 1 e 2 aumentano la produzione di una piccola proteina chiamata Aβ42, che è la componente principale delle placche amiloidi senili, quelle che causano questa feroce malattia mortale.
Il film Still Alice di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, con Kristen Stewart, Julianne Moore, Kate Bosworth, Alec Baldwin, è l’adattamento cinematografico del romanzo Perdersi (Still Alice) scritto nel 2007 dalla neuroscienziata Lisa Genova e pubblicato in Italia da Edizioni Piemme. Vi si narra la storia di una deriva che elude qualsiasi ritorno.
Alice Howland che è moglie, madre di tre figli e nota professoressa di linguistica alla Columbia University di New York, all’improvviso dimentica. Dapprima parole, poi ricordi, e via via fino a perdersi al campus stesso mentre corre al parco in un luogo che frequenta da 20 anni.
La diagnosi è una forma precoce di Alzheimer. Indimenticabile Julianne Moore in un ruolo agghiacciante che terrorizza ognuno di noi: la cristallizzazione, l’indurimento e conseguente perdita nel cervello dell’elasticità mentale, dei ricordi, in sostanza del sè.
La sua performance è secca, autentica, senza manierismi, nitida come la nitidezza persa dal cervello suo personaggio.
“Richard si era fatto visitare da un neurologo a inizio anno a Los Angeles, a seguito di gravi difficoltà nel parlare. La diagnosi: SLA” - racconta il compagno e co-regista di Still Alice Wash Westmoreland. “Proprio in quel momento ci arrivò la sceneggiatura e nonostante tutto, scegliemmo di fare il film, forse perché avendo una malattia seppur diversa, ma altrettanto grave e mortale come l’Alzheimer, saremmo stati in grado di empatizzare di più e di rendere al meglio le sofferenze e i disagi che un malato prova all’improvviso”.
Ed è proprio l’empatia forte che gli spettatori vivono con Julianne Moore e il suo disagio. Può capitare a tutti, all’improvviso e, da diario di uno sconosciuto, il film diviene reale narrazione di un male inguaribile, non trattabile, non migliorabile, nemmeno nella qualità della vita. Nemmeno nella sensazione del sé, nell’inevitabile perdita d’identità e sgretolamento della dignità personale, senza mai cadere nel pietismo.
Diverse le scene commoventi. In una, Moore finisce per farsi la pipì addosso, perchè non ricorda dov’è la toilette, nella sua casa al mare.
Oppure quando decide di affidare ricordi e dinamiche di vita quotidiana al suo cellulare, aggrappandosi alla tecnologia, offrendo brandelli del suo sè ad un mac, in un video in cui ricorda a se stessa cosa deve fare in caso di totale deterioramento: fasi pratiche di come poter commettere il suicidio.
L’avere visto questo film fa riflettere sulla fragilità della vita, sul suo significato e sulla potenza dell’amore, cose vissute in prima persona, innanzitutto dai due bravi registi.
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gabrykeegan
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lunedì 2 febbraio 2015
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un racconto di intelligenza e dignità
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La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Perdersi, scritto dalla neuroscienziata Lisa Genova. La storia è quella di migliaia di persone e di famiglie, che devono fare i conti con una malattia perfida e contro cui non c'è ancora una cura.
Proprio questo fa sì che il modo di affrontare i vari stadi di progressivo avanzamento faccia la differenza nel contrastare uno dei mali più brutti.
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La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Perdersi, scritto dalla neuroscienziata Lisa Genova. La storia è quella di migliaia di persone e di famiglie, che devono fare i conti con una malattia perfida e contro cui non c'è ancora una cura.
Proprio questo fa sì che il modo di affrontare i vari stadi di progressivo avanzamento faccia la differenza nel contrastare uno dei mali più brutti.
La protagonista, dapprima caparbia nel voler continuare a insegnare e combattere a suon di test ed esercizi, diventa piano piano più docile e incapace di poter anche solo essere cosciente di avere un problema.
Già dall'inizio si notano i riferimenti alla memoria e ai ricordi, in certe piccole frasi che passano inosservate. Mano a mano che passa il tempo, lo spettatore segue con la propria mente il percorso neurologico di un cervello brillante che si affievolisce e inizia ad avere buchi.
Un progressivo cammino verso la totale assenza di ricordi e di capacità. Il dramma di una donna intelligente che da un momento all'altro si trova non solo a perdere la memoria delle cose normali, ma ad affrontare il fatto che perderà tutte le conoscenze acquisite in anni di studio, con la fatica necessaria per formare un impianto cerebrale forte.
La malattia che tutti conoscono è questa volta trattata su una donna in età ancora giovane e questo acuisce la drammaticità di una situazione portata però avanti con fiera consapevolezza dei propri mezzi e con la dignità necessaria che necessitano le gravi difficoltà della vita.
Intorno a lei è la famiglia a fare da scudo e ad affrontare con tutte le tensioni giustificate un evento tragico, ma che rafforza il rapporto d'amore, che fa uscire fuori risorse mai sperate e paure ovvie, in cui anche gli uomini si scoprono fragili e sensibili, mentre le donne fanno appiglio al proprio istinto di protezione.
Inutile dire che la candidata all'Oscar Julianne Moore sia la vera star di questo lungometraggio che non è per niente banale e melenso, ma anzi fa riflettere con lucidità e lancia segnali di incoraggiamento per chi si interessa di questa malattia o la ha affrontata direttamente.
L'attrice viene incaricata dal regista e dagli sceneggiatori di reggere l'intera trama con la propria bravura ed eleganza. Una dignità professionale che si trasforma in una dignità umana, con espressioni delicate e una recitazione impeccabile nei momenti clou del film, che scorre via leggero.
La Moore rende bene l'idea dello spaesamento, del non ricordare le parole evidenziando il tutto con un sorriso che alleggerisce la sofferenza o con un pianto secco, con gli occhi gonfi e rossi che significano impotenza ma allo stesso tempo capacità di saper far fronte a tutto con intelligenza.
Da professoressa importante, diventa donna indifesa e incapace di esprimere i propri pensieri. Ed è fondamentale il rapporto con la figlia minore (Kirsten Stewart) che l'aveva sempre vista come la padrona di casa, la genitrice pretenziosa.
La ragazza matura col progressivo indietreggiare della madre e accresce l'empatia, portando il proprio amore a un livello successivo, quello in cui i ricordi escono dal cuore e non hanno bisogno delle connessioni cerebrali.
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