carloalberto
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giovedì 12 agosto 2021
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de imitatione christi per dimostrare popper
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Risolto in linea col pensiero di Popper il paradosso della tolleranza, rappresentato icasticamente nella scena della palestra, ossia che una società che si definisce tollerante non può essere tollerante con gli intolleranti, la sceneggiatura è costruita schematicamente come un teorema, che, in 14 dimostrazioni, quante sono le stazioni di una immaginaria via crucis cui si sottopone la protagonista in una sorta di Imitatio Christi medievale, giunge, infine, all’assioma ideologico, dato per presupposto indiscutibile, da cui nasce il soggetto stesso del film, che trae spunto dal vissuto adolescenziale degli autori, probabilmente traumatico, ossia che la fede ortodossa ed il fanatismo religioso sono il male assoluto, che possono generare in alcuni casi, persino, il martirio degli innocenti.
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Risolto in linea col pensiero di Popper il paradosso della tolleranza, rappresentato icasticamente nella scena della palestra, ossia che una società che si definisce tollerante non può essere tollerante con gli intolleranti, la sceneggiatura è costruita schematicamente come un teorema, che, in 14 dimostrazioni, quante sono le stazioni di una immaginaria via crucis cui si sottopone la protagonista in una sorta di Imitatio Christi medievale, giunge, infine, all’assioma ideologico, dato per presupposto indiscutibile, da cui nasce il soggetto stesso del film, che trae spunto dal vissuto adolescenziale degli autori, probabilmente traumatico, ossia che la fede ortodossa ed il fanatismo religioso sono il male assoluto, che possono generare in alcuni casi, persino, il martirio degli innocenti.
Già dalle prime scene è chiaro che si vuol suscitare insofferenza ed un senso di fastidio verso i rappresentanti della setta lefebvriana. Il giovane prete, sproloquiante e compiaciuto della propria dottrina, che si dilunga in insopportabili ed interminabili sermoni durante la catechesi impartita ai cresimandi, la madre nervosa, scorbutica e bigotta, che diventa carceriera e aguzzina della figlia nel nome del suo Dio, il padre, succube e complice muto della moglie che avrà soltanto alla finee quando ormai è troppo tardi un moto di ribellione, seppur contenuto in un singolo gesto.
L’unico personaggio positivo è la ragazza alla pari francese, che, non a caso, si chiama Bernadette, simbolo incarnato della vera fede cristiana, pietosa, comprensiva ed aperta alla modernità, e questo almeno secondo le personali convinzioni del regista.
Alla fine non si riesce ad empatizzare nemmeno con la vittima designata, causa l’ottuso e pervicace desiderio di offrire la propria vita al Signore in cambio della guarigione del fratellino, che per noi non può che apparire come semplice volontà suicida dettata da una autosuggestione paranoica indotta dai cattivi maestri.
Il presunto miracolo finale, che sembra ambiguamente destinato ad interpretazioni di segno opposto, riassume, invece, emblematicamente in sé il profondo senso religioso da cui sono animati i fratelli Anna e Dietrich Bruggemann. Nell’imperscrutabile disegno divino sono, forse, compresi anche i fanatici sostenitori di un credo, che, come tanti altri, offre ancora una strenua resistenza alle lusinghe della società moderna, rifiuta di adeguarsi alle nuove suadenti regole che promettono paradisi in terra, in cielo e in ogni dove, e questa caparbia fede in arcaiche credenze per noi risulta incomprensibile dal momento che, quali figli inconsapevoli del nostro tempo, riteniamo sia pacifico che chiunque non la pensi come noi sia semplicemente folle.
Bruggemann fallisce nella dimostrazione del suo teorema, perché il paradosso della tolleranza è irrisolvibile, anche se si sceglie la soluzione alternativa della tolleranza assoluta, poiché risulta impossibile per un essere umano abbandonare qualsiasi presa di posizione e non avere nessuna visione del mondo da difendere. Il suo film rimane però valido, sia per il coraggio con cui affronta temi attuali e scottanti della società contemporanea, ovvero l’incontro-scontro tra mondi e culture diverse che si negano all’integrazione forzata, temendo la perdita di identità, sia per il modo freddo e distaccato, volutamente cerebrale, della narrazione. Il film si apre, inaspettatamente, al sentimento soltanto nella sequenza finale, quando la camera dall’alto riprende il ragazzino che fa visita alla sua giovane amata, sottratta precocemente alla vita e ai suoi sogni di amore, mentre viene seppellita nel cimitero ai margini di un immenso prato verde, che si perde, subito dopo, nell’inquadratura di un cielo sconfinato, dove terminano le angosce umane ed inizia il senso del divino in cui riecheggiano le parole che l’infermiera, non a caso interpretata dalla sorella di Bruggemann che ha partecipato alla sceneggiatura del film, pronuncia sul letto di morte della protagonista.
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kaipy
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martedì 20 giugno 2017
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chi è senza peccato
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Molto bello.
molto parlato.
molto lento.
una via crucis di 14 stazioni. Ogni stazione un sasso lanciato contro un innocente.
il peggiore di tutti? il prete.
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aristoteles
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martedì 31 maggio 2016
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almeno il marito...
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Almeno il Marito,o Bernadette,forse anche il dottore, uno schiaffone a quella madre così intrappolata in un mondo tutto suo,doveva darglielo.
A parte questo atto doveroso pragmatico mai avvenuto,in maniera più delicata volevo sottolineare il fatto che qui andiamo a cadere nel surreale.
Il fanatismo religioso,perché di questo stiamo parlando, raccontato in questa lunga Via Crucis non convince molto,sopratutto nella parte finale,quando la ragazzina sta veramente male.
Nessun genitore,qualsiasi fosse la religione, avrebbe chiuso gli occhi e sopratutto il cuore.
Insomma la madre descritta sempra Robocop con le sue regole fisse.
L'attrice principale è veramente brava e per il film avranno speso poco (ed è un merito) visto che le ambientazioni sono tra le più scarne di sempre,in riga tuttavia con il clima austero della pellicola.
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Almeno il Marito,o Bernadette,forse anche il dottore, uno schiaffone a quella madre così intrappolata in un mondo tutto suo,doveva darglielo.
A parte questo atto doveroso pragmatico mai avvenuto,in maniera più delicata volevo sottolineare il fatto che qui andiamo a cadere nel surreale.
Il fanatismo religioso,perché di questo stiamo parlando, raccontato in questa lunga Via Crucis non convince molto,sopratutto nella parte finale,quando la ragazzina sta veramente male.
Nessun genitore,qualsiasi fosse la religione, avrebbe chiuso gli occhi e sopratutto il cuore.
Insomma la madre descritta sempra Robocop con le sue regole fisse.
L'attrice principale è veramente brava e per il film avranno speso poco (ed è un merito) visto che le ambientazioni sono tra le più scarne di sempre,in riga tuttavia con il clima austero della pellicola.
Il ritmo è veramente lento ,comunque il prodotto finale non mi è dispiaciuto,anche se ,a cominciare da quel prete bacchettone e dal concetto del sacrificio avevo già capito che ci aspettavano molti dolori e poca gioia.
Lontano dai fanatici si vive meglio, di qualsiasi sesso,etnia o religione.
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noillusions
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venerdì 29 aprile 2016
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film astioso e contradditorio
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io non l'avrei premiato mai. il regista, rabbioso contro il cattolicesimo per motivi suoi, non si rende nemmeno conto di come, sin dalla prima scena, cada assieme all'intera sua pellicola in una completa contraddizione, e che sia lui stesso a enunciarla senza capirlo. il film inizia con un prete che dice ai suoi allievi "non vedete che la chiesa non fa recitare neanche più la messa in latino? che il mondo è in preda al demonio, tutti si divertono, vanno a ballare e sentono la musica rock? volete farlo anche voi?". e quindi è il regista stesso che lo dichiara, è quello il buffo: il fondamentalismo religioso di cui parla il film appartiene a una ristretta schiera di fanatici che rifiutano il resto del mondo.
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io non l'avrei premiato mai. il regista, rabbioso contro il cattolicesimo per motivi suoi, non si rende nemmeno conto di come, sin dalla prima scena, cada assieme all'intera sua pellicola in una completa contraddizione, e che sia lui stesso a enunciarla senza capirlo. il film inizia con un prete che dice ai suoi allievi "non vedete che la chiesa non fa recitare neanche più la messa in latino? che il mondo è in preda al demonio, tutti si divertono, vanno a ballare e sentono la musica rock? volete farlo anche voi?". e quindi è il regista stesso che lo dichiara, è quello il buffo: il fondamentalismo religioso di cui parla il film appartiene a una ristretta schiera di fanatici che rifiutano il resto del mondo. ovvero: lo spettatore dovrebbe alzarsi e andarsene perché dovrebbe capire che passerà 2 ore a guardare un film su una chiesa che non esiste più. ed è il regista stesso a dichiararlo (!) tempo sprecato.
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nerone bianchi
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venerdì 27 novembre 2015
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un film che fermenta
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L'architettura del film è davvero molto bella, denota la mano profonda di chi l'ha disegnata. Le vicende di un'adolescente vittima di uno dei tanti fondamentalismi, in questo caso quello cattolico, viene raccontata attraverso le 14 stazioni della Via Crucis, e le similitudini, man mano che il film va avanti, diventano davvero inquietanti. Impressiona la bravura della protagonista, una ragazzina credo di quindici anni, ma tutto il cast è perfettamente nei ruoli. La vicenda è significativa e ci mette di fronte alla violenza del pensiero unico, ai suoi devastanti effetti soprattutto quando impattano il mondo dei più giovani. La scelta di girare il film attraverso inquadrature fisse si rivela però un boomerang spaventoso.
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L'architettura del film è davvero molto bella, denota la mano profonda di chi l'ha disegnata. Le vicende di un'adolescente vittima di uno dei tanti fondamentalismi, in questo caso quello cattolico, viene raccontata attraverso le 14 stazioni della Via Crucis, e le similitudini, man mano che il film va avanti, diventano davvero inquietanti. Impressiona la bravura della protagonista, una ragazzina credo di quindici anni, ma tutto il cast è perfettamente nei ruoli. La vicenda è significativa e ci mette di fronte alla violenza del pensiero unico, ai suoi devastanti effetti soprattutto quando impattano il mondo dei più giovani. La scelta di girare il film attraverso inquadrature fisse si rivela però un boomerang spaventoso. All'inizio si apprezza la particolarità di questa soluzione, se ne avverte la forza narrativa, la prima stazione è davvero impressionante, dieci minuti di macchina da presa fissa, un tavolo, un prete che parla e dei ragazzi che ascoltano. Poi il gioco si ripete e si capisce che andrà avanti sempre così. Quando una cosa diventa prevedibile perde istantaneamente la sua capacità di attrazione e il film sbanda paurosamente. Il pubblico sa che i quadri saranno 14, comincia a contarli, è sgomento, la scena della confessione da il colpo di grazia. Poi si avverte qualche piccolo smottamento, la camera regala millimetrici movimenti, si respira, la storia riprende quota e si arriva alla fine. E' comunque uno di quei film che fermentano e resistono ai giorni che passano.
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enrike b
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lunedì 9 novembre 2015
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la religione opinabile...
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L'argomento intorno a cui ruota il film sembra essere la religione, ma in verità è un flim che ne trae solo spunto. Il film è scandito dalle stazioni della via Crucis di Gesù e ogni titolo racchiude perfettamente il senso della situazione ricreata. Ecco così che la protagonista attraversa la propria via crucis, in cui lei si lascia guidare dai propri estremismi religiosi in contrapposizione ai suoi genitori, uguali estremisti della stessa religione: geniale contrapposizione. Allora la religione è opinabile? O i suoi dettami? Il modo in cui la storia viene proposta fa nascere nello spettatore tante domande, ma da' anche delle risposte, e il mio titolo è solo una provocazione come il film, ma la religione non è cattiva ovviamente.
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L'argomento intorno a cui ruota il film sembra essere la religione, ma in verità è un flim che ne trae solo spunto. Il film è scandito dalle stazioni della via Crucis di Gesù e ogni titolo racchiude perfettamente il senso della situazione ricreata. Ecco così che la protagonista attraversa la propria via crucis, in cui lei si lascia guidare dai propri estremismi religiosi in contrapposizione ai suoi genitori, uguali estremisti della stessa religione: geniale contrapposizione. Allora la religione è opinabile? O i suoi dettami? Il modo in cui la storia viene proposta fa nascere nello spettatore tante domande, ma da' anche delle risposte, e il mio titolo è solo una provocazione come il film, ma la religione non è cattiva ovviamente. Se la sostanza sarà argomento di qualche interessante dibattito, la forma di Brueggemann lascia pochi dubbi: il film è ben diretto, sceneggiato e montato. Gli attori sono all'altezza della drammaticità delle varie stazioni della protagonista.
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flyanto
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giovedì 5 novembre 2015
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la negatività di tutto ciò che è un eccesso
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"Kreuzweg", che letteralmente significa "le stazioni dell via crucis", come la traduzione italiana del titolo del film, è un'opera molto cruda per ciò che riguarda la vicenda in sè ed ovviamente per la rappresentazione e la conseguente condanna di ciò che determina, appunto, la storia stessa.
La protagonista è una ragazza adolescente di nome Maria la quale si sta preparando per ricevere il sacramento della Cresima. Ella vive con una fervente, per non dire addirittura fondamentalista, famiglia cattolica e pertanto molto rigida per ciò che riguarda la condotta e l'educazione, nonchè l'ubbidienza rigorosa e senza margini di sconto dei principi cattolici.
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"Kreuzweg", che letteralmente significa "le stazioni dell via crucis", come la traduzione italiana del titolo del film, è un'opera molto cruda per ciò che riguarda la vicenda in sè ed ovviamente per la rappresentazione e la conseguente condanna di ciò che determina, appunto, la storia stessa.
La protagonista è una ragazza adolescente di nome Maria la quale si sta preparando per ricevere il sacramento della Cresima. Ella vive con una fervente, per non dire addirittura fondamentalista, famiglia cattolica e pertanto molto rigida per ciò che riguarda la condotta e l'educazione, nonchè l'ubbidienza rigorosa e senza margini di sconto dei principi cattolici. Pur rispettando ogni severo principio e trovando giusta l'educazione impartitela dalla propria famiglia, frequentando i compagni di scuola, soprattutto un suo coetaneo maschio, ella si sente attratta da molti elementi esterni come, ad esempio, il volere fare parte di un coro ed ascoltare musica ed avere la voglia di frequentare innocentemente, com'è naturale, il proprio amico. Ma la famiglia manifesta apertamente il proprio disdegno per tutto ciò, obbligando la giovane ragazza ad allontanarsene definitivamente in quanto ritenuto un peccato. L'ambiente bigotto, le continue oppressioni e divieti da parte della famiglia e della Chiesa che ella frequenta, indurranno Maria a sentirsi profondamente in colpa ed a decidere di condurre e soffrire una sorta di esistenza fatta principalmente di privazioni di ogni genere, compresa quella della semplice enaturale nutrizione, che la condurranno piano piano direttamente alla morte, come quasi un sacrificio al fine di diventare addirittura una sorta di santa.
Sicuramente questa pellicola si distingue per originalità nonchè, ripeto, per la crudezza della tematica che purtroppo riflette molte situazioni assurde in cui varie comunità religiose ortodosse e poco "elastiche" nel rispettare i dettami della propria religione vivono, dimostrandosi di essere totalmente accecate da una fede che esse interpretano in maniera esagerata e troppo alla lettera e, pertanto, alla fine, del tutto sbagliata. La condanna che il regista Bruggemann porta avanti nel corso della vicenda che, peraltro, a guisa della via crucis di Cristo, è divisa e scandita in dodici parti, è fin troppo chiara perchè infatti, non solo viene deplorata un'educazione troppo rigida in quanto dannosa per un individuo ma, nei peggiori ed estremi casi, lo conduce anche alla rovina più totale, come avviene nel caso della protagonista.
Lo stile della regia è asciutto, rigoroso e dunque perfetto a rappresentare la totale rigidità dell'ambiente. Gli attori, a noi poco noti, risultano molto efficaci nei propri ruoli: dalla giovane che interpreta l'adolescente ed innocente Maria all' attrice che interpreta la fredda e scostante madre.
Interessante, in quanto sicuramente induce lo spettatore ad una riflessione profonda per ciò che concerne una vastità di temi importanti: la religione, l'educazione impartita e ricevuta, l'ambiente circostante in cui si vive e si cresce, il libero arbitrio ed i limiti più o meno flessibili che possono essere superati o meno di certi principi.
Giustamente premiato con l'Orso d'Argento al Festival del Cinema di Berlino nel 2014.
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(di goldy)
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goldy
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martedì 3 novembre 2015
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contradittorio
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L'impostazione della storia ha dell'incredibile poichè è difficile immaginare che nel mondo cattolico di oggi esistano ancora luoghi dove la religione tocca tali livelli di di integralismo e intransigenza .Non mi rimane che pensare che in alcuni luoghi della Germania ci siano giovani educati in tale clima e allora si spiegherebbe un film di denuncia. Ma qui di denuncia non ce n'è visto il miracolo del fratellino che arriva a parlare e che quindi darebbe credibiità e senso al sacrificio della sorella.
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gianleo67
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venerdì 13 marzo 2015
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histoire de...marie
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Indottrinata secondo i precetti di un rigido cattolicesimo che rifiuta le concessioni pastorali del Concilio Vaticano Secondo e dal severo ambiente familiare animato dallo stesso spirito, la giovane Maria si accinge ad accogliere il sacramento della Conferma come un momento cruciale di una vita che ritiene di dover sacrificare per amore del Signore. Divisa tra i turbamenti di un'adolescenza che reclama affetti e piccole vanità e le restrizioni di una disciplina morale mortificante e repressiva, inizia a maturare una crisi interiore che la porterà ad un irreversibile e drammatico deperimento fisico.
Animato da un sotterraneo spirito critico verso le derive vernacolari di un settarismo cattolico che sembra rifiutare le istanze più elementari e scontate di una inevitabile modernità, i fratelli Brüggemann si cimentano in un piccolo saggio di sociologia applicata secondo i canoni, rigorosi e minimalisti insieme, di un racconto di formazione (spirituale) che segue con parossismo distante ma non distaccato le tristi stazioni della personale 'Via Crucis' di una giovane adepta intrappolata suo malgrado nel pernicioso cortocircuito tra i precetti di una dottrina repressiva ed i primi turbamenti di un'adolescenza in fiore.
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Indottrinata secondo i precetti di un rigido cattolicesimo che rifiuta le concessioni pastorali del Concilio Vaticano Secondo e dal severo ambiente familiare animato dallo stesso spirito, la giovane Maria si accinge ad accogliere il sacramento della Conferma come un momento cruciale di una vita che ritiene di dover sacrificare per amore del Signore. Divisa tra i turbamenti di un'adolescenza che reclama affetti e piccole vanità e le restrizioni di una disciplina morale mortificante e repressiva, inizia a maturare una crisi interiore che la porterà ad un irreversibile e drammatico deperimento fisico.
Animato da un sotterraneo spirito critico verso le derive vernacolari di un settarismo cattolico che sembra rifiutare le istanze più elementari e scontate di una inevitabile modernità, i fratelli Brüggemann si cimentano in un piccolo saggio di sociologia applicata secondo i canoni, rigorosi e minimalisti insieme, di un racconto di formazione (spirituale) che segue con parossismo distante ma non distaccato le tristi stazioni della personale 'Via Crucis' di una giovane adepta intrappolata suo malgrado nel pernicioso cortocircuito tra i precetti di una dottrina repressiva ed i primi turbamenti di un'adolescenza in fiore. Pur seguendo la struttura minimalista di una collezione di episodi quali altrettanti fioretti della mortificante pratica quotidiana di una espiazione senza scopo (niente ragazzi, niente musica, niente distrazioni, niente comodità), gli autori dissezionano con spirito entomologico le contraddizioni di un'ambiente sociale dove si annida, più pericoloso tra tutti i mali, il rischio del fraintendimento e dell'abuso (quello psicologico prima che morale), il tragico equivoco di una malintesa liceità di comportamenti che sembrano apertamente contrastare con le naturali esigenze di una personalità che nasce e si sviluppa in un contesto che non può e non vuole capirli, divisa com'è tra le necessità della socializzazione e la gabbia della restrizione. Nel calvario dell' inconsapevole (incolpevole) martirio di una giovane vittima del senso di colpa e dell'inedia a fin di bene, i fratelli Brüggemann finiscono per far confluire gli elementi dissonanti di un simbolismo privo di forzature (il doloroso percorso verso la ferale 'conferma' della fede in Cristo, una 'Bernadette' saggia e devota che sembra volerne guidare il cammino, la 'miracolosa' guarigione del fratellino autistico, l'inutile 'sacrificio' di una piccola santa laica nel triste sudario di un letto di morte, finanche la grigia desolazione di una sepoltura anonima che si apre alla 'speranza' di un riscatto celeste) conferendo alla narrazione gli spunti per una riflessione morale che sembra mitigarne in parte il gelido e sconcertante distacco della messa in scena, laddove prevale la scelta, rigorosa e ossessiva, di inquadrature fisse in campo medio entro cui confinare il lento ed inesorabile scivolamento nello psicodramma personale di una personalità fragile e indifesa di fronte alle contraddizioni di una educazione bigotta e intransigente.
Nel bellissimo piano sequenza finale l'ardito movimento di macchina che dal pietoso sepolcro terreno si protende verso il candore celestiale di uno schermo bianco. Meritato 'Orso d'Argento' al 64 Festiva Internazionale del Cinema di Berlino.
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