Kreuzweg - Le stazioni della fede

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Un film di Dietrich Brüggemann. Con Lea Van Acken, Franziska Weisz, Florian Stetter, Lucie Aron.
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Titolo originale Kreuzweg. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 107 min. - Germania 2014. - Satine Film uscita giovedì 29 ottobre 2015. MYMONETRO Kreuzweg - Le stazioni della fede * * * 1/2 - valutazione media: 3,56 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

DE IMITATIONE CHRISTI PER DIMOSTRARE POPPER Valutazione 3 stelle su cinque

di carloalberto


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giovedì 12 agosto 2021

 Risolto in linea col pensiero di Popper il paradosso della tolleranza, rappresentato icasticamente nella scena della palestra, ossia che una società che si definisce tollerante non può essere tollerante con gli intolleranti, la sceneggiatura è costruita schematicamente come un teorema, che, in 14 dimostrazioni, quante sono le stazioni di una immaginaria via crucis cui si sottopone la protagonista in una sorta di Imitatio Christi medievale, giunge, infine, all’assioma ideologico, dato per presupposto indiscutibile, da cui nasce il soggetto stesso del film, che trae spunto dal vissuto adolescenziale degli autori, probabilmente traumatico, ossia che la fede ortodossa ed il fanatismo religioso sono il male assoluto, che possono generare in alcuni casi, persino, il martirio degli innocenti.
Già dalle prime scene è chiaro che si vuol suscitare insofferenza ed un senso di fastidio verso i rappresentanti della setta lefebvriana. Il giovane prete, sproloquiante e compiaciuto della propria dottrina, che si dilunga in insopportabili ed interminabili sermoni durante la catechesi impartita ai cresimandi, la madre nervosa, scorbutica e bigotta, che diventa carceriera e aguzzina della figlia nel nome del suo Dio, il padre, succube e complice muto della moglie che avrà soltanto alla finee quando ormai è troppo tardi un moto di ribellione, seppur contenuto in un singolo gesto.
L’unico personaggio positivo è la ragazza alla pari francese, che, non a caso, si chiama Bernadette, simbolo incarnato della vera fede cristiana, pietosa, comprensiva ed aperta alla modernità, e questo almeno secondo le personali convinzioni del regista.
Alla fine non si riesce ad empatizzare nemmeno con la vittima designata, causa l’ottuso e pervicace desiderio di offrire la propria vita al Signore in cambio della guarigione del fratellino, che per noi non può che apparire come semplice volontà suicida dettata  da una autosuggestione paranoica indotta dai cattivi maestri.
Il presunto miracolo finale, che sembra ambiguamente destinato ad interpretazioni di segno opposto, riassume, invece, emblematicamente in sé il profondo senso religioso da cui sono animati i fratelli Anna e Dietrich Bruggemann. Nell’imperscrutabile disegno divino sono, forse, compresi anche i fanatici sostenitori di un credo, che, come tanti altri, offre ancora una strenua resistenza alle lusinghe della società moderna, rifiuta di adeguarsi alle nuove suadenti regole che promettono paradisi in terra, in cielo e in ogni dove,  e questa caparbia fede in arcaiche credenze per noi  risulta incomprensibile dal momento che, quali figli inconsapevoli del nostro tempo, riteniamo sia pacifico che chiunque non la pensi come noi sia semplicemente folle.
Bruggemann fallisce nella dimostrazione del suo teorema, perché il paradosso della tolleranza è irrisolvibile, anche se si sceglie la soluzione alternativa della tolleranza assoluta, poiché risulta impossibile per un essere umano abbandonare qualsiasi presa di posizione e non avere nessuna visione del mondo da difendere. Il suo film rimane però valido, sia per il coraggio con cui affronta temi attuali e scottanti della società contemporanea, ovvero l’incontro-scontro tra mondi e culture diverse che si negano all’integrazione forzata, temendo la perdita di identità, sia per il modo freddo e distaccato, volutamente cerebrale, della narrazione. Il film si apre, inaspettatamente, al sentimento soltanto nella sequenza finale, quando la camera dall’alto riprende il ragazzino che fa visita alla  sua giovane amata, sottratta precocemente alla vita e ai suoi sogni di amore, mentre viene seppellita nel cimitero ai margini di un immenso prato verde, che si perde, subito dopo, nell’inquadratura di un cielo sconfinato, dove terminano le angosce umane ed inizia il senso del divino in cui riecheggiano le parole che l’infermiera, non a caso interpretata dalla sorella di Bruggemann che ha partecipato alla sceneggiatura del film, pronuncia sul letto di morte della protagonista.
 

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