elgatoloco
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lunedì 23 novembre 2020
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grande lelouch, anche se stanco, grande hallyday
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"Salaud, on t'aime"(Claude Lelouch, anche autore di soggetto e sceneggiatura, con Valérie Perrin, 2017, dove il titolo italiano"Parliamo delle mie donne"è fuorviante e improprio, dato"salaud"vale almeno"bastardo"). Intendiamoci: le donne ci sono, ossia una moglie o meglio una convivnete e cinque figlie, tutte di età diverse e avute da donne diverse, nello stile di questo grande fotografo internazionale Jacques Kamisìnsky, che ha visto il mondo e giò ventenne, intervistando FIdel a Cuba aveva concepito con una donna una figlia ora cinquantenne... Dirlo alle altre quattro figlie, radunate nello chalet di montagna dall'amico e medico personale del diretto interessato, può provocare qualche disastro, come in effetti succede, con una figlia che"dà in escandescenze", anche se poi se ne scusa.
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"Salaud, on t'aime"(Claude Lelouch, anche autore di soggetto e sceneggiatura, con Valérie Perrin, 2017, dove il titolo italiano"Parliamo delle mie donne"è fuorviante e improprio, dato"salaud"vale almeno"bastardo"). Intendiamoci: le donne ci sono, ossia una moglie o meglio una convivnete e cinque figlie, tutte di età diverse e avute da donne diverse, nello stile di questo grande fotografo internazionale Jacques Kamisìnsky, che ha visto il mondo e giò ventenne, intervistando FIdel a Cuba aveva concepito con una donna una figlia ora cinquantenne... Dirlo alle altre quattro figlie, radunate nello chalet di montagna dall'amico e medico personale del diretto interessato, può provocare qualche disastro, come in effetti succede, con una figlia che"dà in escandescenze", anche se poi se ne scusa. Ma c'è dell'altro: Fréderic, l'amcio.medico ha detto alle 4 donne che sarebbero dovute venire, essendo il padre gravmente ammalto, notizia non comunicata all'amico, però, il che crea, nel sottofinale del film, un disastro, dato che il fotorgrafo ascolta una conversazione relativa tra il ,medico e le quattro figlie, La rivelazione dlela verità, però , arriva quando, presso una bella cascata(siamo d'estate, presso i Pirenei)il fotografo s'è impiccato. La poetica di Lelouch è quella da sempre: "La vie, l'amour, la mort"come si chiamava un suo vecchio film ma era già quellada"Un homme,, une femme"(1966), anche se era già in alcune sue opere precedenti, che chi scrive non ha visto, dato che per motivi anagrafici non poteva averle viste o vederle(c'è sempre un"prima"rispetto a tutto e a chjiunque, almeno...)e qui essnzializza ancora una volta questi temi, puntando anche sull'ultimo, per motivi d'età(Hallyday, che poi ha interpretato un altro film con Lelouch, è però morto nel 2019)sull'ultimo tema, legandoo però strettamente ai primi due. Grande rigore fomrlae, che vuol dire creatività mai"sparata"(non c'è psichedlia, insomma e non ci sono"cavalcate nell'impossibile"che talora fonjiscono nel nulla), sintesi tra immaginazione e situazione simil-"reali", sempre che"realtà"voglia dire qualcosa. Gestione straordinaria della scena e della machcina da presa da parte di uno dei grandi della fimlografia francese, che la critica "impegnata"ha sempre considerato un"terzo violino"(neppure secondo)rispetto a Godard, Chabrol, Truffaut e anche ad altri. Hallyday è bravisismo, come anche Eddy Mitchell, Sabrine Bnnaire, ma anche tutte le altre interpreti sono bravissime. Musiche di Satchmo(Luis Armstrong) ed Edda Fitzgerald ma anche dell'allroa appena socmparso George Moustaki, grandi. E tanti bellissimi aninali, da quelli domestici(cane e gatto)a una volpe, di forte impatto simbolico, come un'aqulia reale e cme tante mucche(vi sarà un'esposizione postuma in chiesa della relative foto del grande fotografo)e tante simpaticisisme pecore. El Gato
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wolvie
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sabato 25 aprile 2020
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proprio stronzo
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Titolo originale " Stronzo, ti amiamo" e ci siamo, perché Jacques Kaminsky,stronzo, lo è, non c è nessun dubbio. Jacques è un famoso fotografo, inviato di tutte le guerre, che a 70 anni decide di isolarsi in una lussuosa baita in montagna (Alta Savoia). Nella sua vita Jacques ha sedotto molte donne e ne ha abbandonate altrettante. Quattro mogli e da ognuna una figlia: Autunno,Estate, Primavera ed Inverno, che decisamente lo detestano amorevolmente. Restio a starsene da solo con i suoi demoni, seduce l agente immobiliare che gli ha venduto la baita, Nathalie, appena ripresasi dalla morte del marito, guida alpina scomparso sui ghiacciai, abbastanza restia a trasferirsi in vetta con i suoi figli adolescenti.
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Titolo originale " Stronzo, ti amiamo" e ci siamo, perché Jacques Kaminsky,stronzo, lo è, non c è nessun dubbio. Jacques è un famoso fotografo, inviato di tutte le guerre, che a 70 anni decide di isolarsi in una lussuosa baita in montagna (Alta Savoia). Nella sua vita Jacques ha sedotto molte donne e ne ha abbandonate altrettante. Quattro mogli e da ognuna una figlia: Autunno,Estate, Primavera ed Inverno, che decisamente lo detestano amorevolmente. Restio a starsene da solo con i suoi demoni, seduce l agente immobiliare che gli ha venduto la baita, Nathalie, appena ripresasi dalla morte del marito, guida alpina scomparso sui ghiacciai, abbastanza restia a trasferirsi in vetta con i suoi figli adolescenti. A parte i meravigliosi scenari e la stupenda baita, il film mostra molto poco dei demoni di Jacques, lasciati allo sguardo vitreo di Hallyday e il timore di Nathalie si scioglie come neve al sole davanti alle avance di Jacques. Il film ci illustra però lo spaccato sociale a cui fa riferimento, non esistono retroterra che ancorano i personaggi, chi più chi meno sono rappresentanti dell' agiata borghesia francese, ebbene sì, i tanto vituperati radical-chic. Jacques poi risulta praticamente viziato da quel che il denaro gli puo' permettere. Invita il suo medico, amico e sodale Frederic, il personaggio meglio centrato del film, rimane impressa la scena quando i due amici, sul divano, guardando " Un Dollaro d' Onore", cantando insieme a Dean Martin e Ricky Nelson " My Rifle, My Pony and Me". Con un piccolo raggiro Frederic inscena, all' insaputa di tutti, una malattia allo stadio finale di Jacques (Ma poi sarà vera?) per fare arrivare le sue figlie alla baita. Seguiranno: incomprensioni, momenti di rara condivisione ed innegabile felicità, chiarimenti e scuse compassionevoli, come in un qualsiasi medio/dramma canonico. Purtroppo la scoperta di una quinta figlia avuta a Cuba durante la rivoluzione, farà deflagrare il precario equilibrio raggiunto e Jacques prenderà una decisione che giunge inaspettata e slegata dai toni proposti fino a quel momento dalla trama. Da qui parte l apoteosi finale del film, che inesorabilmente si prolunga per 30 minuti di troppo: funerale, elegia, apoteosi funerea in ricordo dei defunti, trionfo dei buoni sentimenti. Le intenzioni per girare un grande film ci sono tutte, ma il risultato, aldilà di qualche momento bucolico estetizzante è sconclusionato, non risalta nulla. Un Lelouch annacquato che non c'entra il bersaglio.
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benedetti
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martedì 21 aprile 2020
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qualcosa va oltre
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E' difficile dare un giudizio su questo film. e' vero il personaggio è un narcisista, non da l'impressione di saper amare, inverosimili alcuni passaggi, come l'innomoramento repentino dell'ultima compagna, il comportamento evidentemente irresponsabile dell'amico/medico, l'arrivo delle figlie così veloce in un posto così fuori mano diciamo..ma c'è qualcosa che resta dentro e qualcosa che va oltre tutto questo, un senso della vita, della famiglia che non è comune, che non è attuale per i tanti paparini di questo tempo tutti fieri delle loro figlie dei "tesoro" degli "amore" dei "cuore mio".
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E' difficile dare un giudizio su questo film. e' vero il personaggio è un narcisista, non da l'impressione di saper amare, inverosimili alcuni passaggi, come l'innomoramento repentino dell'ultima compagna, il comportamento evidentemente irresponsabile dell'amico/medico, l'arrivo delle figlie così veloce in un posto così fuori mano diciamo..ma c'è qualcosa che resta dentro e qualcosa che va oltre tutto questo, un senso della vita, della famiglia che non è comune, che non è attuale per i tanti paparini di questo tempo tutti fieri delle loro figlie dei "tesoro" degli "amore" dei "cuore mio"..stride con la natura profonda dell'uomo, almeno quanto lo sfoggio esagerato di ricchezza che poi rimane inchiodato per terra, impiccato sulla terra, dimostrando la debolezza reale del protagonista di questo film.
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francesco2
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domenica 19 aprile 2020
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accontentarsi di questo lelouch
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Sono passati oltre vent anni da La cena, uno degli ultimi film di Scola, opera che impegnava -ma forse neanche troppo, volendo essere cattivelli- svariate personalita del cinema . Sempre volendo essere cattivelli -e neanche troppo- qualcuno poteva obiettare che il regista di C eravamo tanto amati avesse realizzato un film privo di ispirazione autentica, desideroso soprattutto di ritrovare vecchi amici, inevitabilmente in-vecchi-ati dal tempo
Sarebbe stata una considerazione parzialmente gratuita, probabilmente, come lo sarebbe -sostanzialmente, ma non del tutto- verso quest opera di Lelouch, uscita in Italia con tre anni di ritardo, e con un titolo completamente diverso.
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Sono passati oltre vent anni da La cena, uno degli ultimi film di Scola, opera che impegnava -ma forse neanche troppo, volendo essere cattivelli- svariate personalita del cinema . Sempre volendo essere cattivelli -e neanche troppo- qualcuno poteva obiettare che il regista di C eravamo tanto amati avesse realizzato un film privo di ispirazione autentica, desideroso soprattutto di ritrovare vecchi amici, inevitabilmente in-vecchi-ati dal tempo
Sarebbe stata una considerazione parzialmente gratuita, probabilmente, come lo sarebbe -sostanzialmente, ma non del tutto- verso quest opera di Lelouch, uscita in Italia con tre anni di ritardo, e con un titolo completamente diverso.
Parliamo delle mie donne sostituisce, infatti, l originale Porco, ti amo. Ecco dunque un vecchio volpone - chi, se non Johnny Halliday-, che si vede piombare in casa le quattro figlie, avute da matrimoni diversi, attirate da una bugia. Con al seguito, s intende, la rispettiva prole.
Nonostante la drammaticita della menzogna in questione, il clima -intervallato da una malinconia tipicamente transalpina e da una misteriosa aquila addomesticata -sic- appare frequentemente quello di una rimpatriata, vuoi per personaggi che scadono nel puro bozzettismo - i ragazzini, per esempio- , vuoi per interpretazioni sottotono -la Bonnaire su tutti, raramente cosi anonima- o altri come la Jacob, forse mai interprete nel senso piu autentico, ma nota ai cinefili per aver lavorato con quel genio del cinema che fu Kieszlowski.
Quali siano i capricci del caso, o del destino secondo i convincimenti personali, Lelouch l aveva mostrato con tutt altra efficacia, anche se non senza manierismi. Ma anche questo piccolo film in cui la leggerezza scade nella faciloneria -avviene anche il contrario, ma meno spesso- restituisce la decadenza di quello che scompare per sempre. E che, in questo caso specifico, i protagonisti non hanno vissuto, alla luce del rapporto, perennemente discontinuo, tra questo anziano padre e le proprie figlie.
Allora, possiamo perdonare a Lelouch tutti gli errori, miscasting compreso, il finale iperdidascalico -tagliato, oltretutto, rispetto alla versione originale- ed assaporiamo questo film come le protagoniste fanno con il vino finale, senza entusiasmarci -ma neanche deprimerci- troppo.
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[+] il vero commento.........
(di francesco2)
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adelio
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giovedì 18 gennaio 2018
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l’artista, l’uomo, l’aquila e….il tempo
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Titolo e Regista accattivanti per chi si reca alla proiezione, si oscura la sala, si piomba in una sorta di “streaming” su un tapis roulant di bianca neve che ci ubriaca, che ci proietta rapidamente attraverso la nostra coscienza sino al luogo dove dimora il nostro spirito, dove c’è pace, candore e bellezza, in una parola ci si ferma allo Chalet dell’”AIGLE” che non ci lascerà per tutto il film. Qui si arriva ... ma da qui si parte…. subito si è ammaliati dalla dolcezza dallo spiccare in volo di splendide mongolfiere rosse tra vette eterne immacolate ed immutabili, paiono gocce di sangue, cuori vermigli che annunciano la passionalità dell’artista e l’amore dell’uomo.
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Titolo e Regista accattivanti per chi si reca alla proiezione, si oscura la sala, si piomba in una sorta di “streaming” su un tapis roulant di bianca neve che ci ubriaca, che ci proietta rapidamente attraverso la nostra coscienza sino al luogo dove dimora il nostro spirito, dove c’è pace, candore e bellezza, in una parola ci si ferma allo Chalet dell’”AIGLE” che non ci lascerà per tutto il film. Qui si arriva ... ma da qui si parte…. subito si è ammaliati dalla dolcezza dallo spiccare in volo di splendide mongolfiere rosse tra vette eterne immacolate ed immutabili, paiono gocce di sangue, cuori vermigli che annunciano la passionalità dell’artista e l’amore dell’uomo. Una sorta di preludio del distacco dalla terra verso il cielo del nostro protagonista, il fotografo Kaminski in arte Johnny Hallyday (ancora molto in forma nonostante l’età). La storia apparentemente autobiografica e narcisistica, troppo banale per un regista come Lelouche, in realtà prende una china tanto gradevole quanto didascalica che finisce per raccontarci il terminar del viaggio della vita di chi è stato “Artista” e vuole tornare “Uomo”, riscoprendo le proprie qualità affettive e sociali, forse dimenticate col tempo, e di chi dopo aver ritrovato l’Uomo vuole riscoprire la propria anima. Il primo spunto è la presenza continua di una imperturbabile aquila, classico simbolo raffigurante l’anima o meglio la trasfigurazione stessa dell’anima nell’accompagnamento del defunto nell’aldilà ….. ma questo è solo l’inizio.. subito ci arrivano altri segnali che invero provocano anche qualche sorriso, è l’ingresso di 4 figlie del protagonista/fotografo, avute da altrettante donne, ognuna con il nome di una stagione (letteralmente Primavera, Estate, Autunno ed Inverno). È del tutto evidente, a questo punto, la volontà del regista di mostrarci, rispetto all’Uomo, le stagioni trascorse della propria vita e, rispetto all’Artista, le Arti nella loro accezione comunicativa quelle che più direttamente si pongono tra immaginario e realtà che educando lo spirito arricchiscono la nostra cultura. Concetto forse complesso ma che risulta evidente nel momento in cui ci si rende conto che ognuna delle figlie svolge un’attività comunicativa e artistica, infatti c’è chi si occupa di “Letteratura” da scrittrice, chi di “Teatro” da attrice, chi di “Immagine” da modella e infine chi di “Arte circense” facendo il clown. In questo scenario l’Uomo ci comunica la necessità di far pace con la vita, con la mondanità e i rumori della Città, mentre l’Artista ha l’esigenza impellente di ristabilire un rapporto con i canali dell’Arte. Chiede una riconciliazione con i suoi affetti: le figlie, vuole ritrovare la sua umanità: Nathalie, un’ultima dolce ispiratrice e discreta compagna della sua nuova vita nello Chalet. Tutte queste figure, ognuna a modo proprio, racconta, interagisce con la vita dell’Uomo/Artista trae e trasmette alimento attraverso il dialogo. L’artista benché unicamente Fotografo (o Regista dal momento che aleggia un messaggio autobiografico) ne è parte, contribuisce ad accrescere il bagaglio culturale che forma la sfera umana variamente rappresentata. Prima di finire i suoi giorni e la professione del fotografo, Kaminsky raccoglie tutti attorno a se: apparecchi fotografici, cimeli, fotografie, figlie, un carissimo amico medico d’infanzia e…. con il supporto di una compagna straordinaria raggiunge la tanto cercata “catarsi” dello spirito ritrovando la sua vera anima. In un istante però dal colmo della felicità, che è il ritrovato dialogo con la vita, la pace con il mondo artistico, la riscoperta dell’amore, si passa al peggiore dei dolori quello di rendersi conto che il tempo a disposizione è finito e che il nostro passaggio sulla terra qualche segno lo ha lasciato anche nel male (vedi diverbio con le figlie, specie l’ultima …Inverno). La scoperta di una 5° figlia, sconosciuta alle altre sorelle, dal nome FRANCIA (nome anch’esso evidentemente simbolico) completa la narrazione, dichiarando il rapporto e l’affetto verso il Paese di appartenenza, scatena la rabbia e al contempo la riconciliazione delle giovani donne con il padre, avviando ormai lo spettatore all’epilogo. L’Uomo muore superando il giudizio dei viventi,…NON l’Artista. L’Artista vive con il suo spirito, le sue opere, i suoi segni restano…. della sua essenza si ciberanno la cultura e le Arti comunicative tutte, l’umanità e … anche il Paese di appartenenza. Dopo la morte, quel suo ultimo sigaro recuperato, da un posacenere in cui era stato abbandonato, per essere fumato in gruppo dalla Compagna Nathalie, dalla figlia ricongiunta “Francia” e dalle figlie storiche Primavera, Estate, Autunno e Inverno è un omaggio al ruolo dell’Artista nella Società, è la rappresentazione di come viene condiviso il beneficio culturale che ne deriva dal lascito della sua opera a testimonianza del suo passaggio. Salaud, on t’aime… mai slogan è stato più azzeccato. Film gradevole, ripaga le aspettative pur non essendo eccezionale.
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martinside
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giovedì 31 agosto 2017
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tragico paesaggio di famiglia,
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Famiglia e morte, montagna e casa, al centro di una pellicola che non esplode ma sa toccare corde intime con profonda saggezza. Se "Parliamo delle mie donne" non è un film memorabile, resta comunque godibile ed interessante. Ci sono tavolate dove ci si ciba di risate e discordie, esistenze diverse che si intrecciano attorno ad un padre con almeno 4 figlie, ciascuna avuta da una donna diversa. Un espediente ben studiato e che resta ambiguamente accattivante fino al finale permette al regista di raccontare rapporti famigliari difficili, tensioni, aspettative, sogni e attriti. Tutto sotto gli occhi degli spettatori ma prima ancora dell'aquila da cui la bella residenza prende il nome.
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Famiglia e morte, montagna e casa, al centro di una pellicola che non esplode ma sa toccare corde intime con profonda saggezza. Se "Parliamo delle mie donne" non è un film memorabile, resta comunque godibile ed interessante. Ci sono tavolate dove ci si ciba di risate e discordie, esistenze diverse che si intrecciano attorno ad un padre con almeno 4 figlie, ciascuna avuta da una donna diversa. Un espediente ben studiato e che resta ambiguamente accattivante fino al finale permette al regista di raccontare rapporti famigliari difficili, tensioni, aspettative, sogni e attriti. Tutto sotto gli occhi degli spettatori ma prima ancora dell'aquila da cui la bella residenza prende il nome. Solo le riprese del paesaggio e dei luoghi valgono la visione del film che, seppur non imperdibile, arricchisce a livello umano più di quanto si immagini appena usciti dalla sala.
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cocca46
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giovedì 20 luglio 2017
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film piacione
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Tanta ruffianeria in questo film del regista che sembra cercare un alibi e una giustificazione per se'. Ai panorami bellissimi, alla casa raffinata, calda e ampissima, alla bella fotografia (naturalmente, visto che il protagonista e' un famoso fotografo), Lelouche affianca l'aquila maestosa (allude a se stesso?) che si avvicina agli umani per avere del cibo, ma che rimane comunque distante e inarrivabile. Sono questi tutti elementi che naturalmente irretiscono lo spettatore, ma poi a guardare bene la psicologia dei personaggi e' spicciola e superficiale. Sembra quasi che il vecchio regista velatamente minacci i suoi sette figli di cinque donne diverse in ragione di una sua fragilita' e vulnerabilita', visto che l'atto finale del protagonista non e' sostenuto apparentemente da un percorso di tormento o di crisi.
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Tanta ruffianeria in questo film del regista che sembra cercare un alibi e una giustificazione per se'. Ai panorami bellissimi, alla casa raffinata, calda e ampissima, alla bella fotografia (naturalmente, visto che il protagonista e' un famoso fotografo), Lelouche affianca l'aquila maestosa (allude a se stesso?) che si avvicina agli umani per avere del cibo, ma che rimane comunque distante e inarrivabile. Sono questi tutti elementi che naturalmente irretiscono lo spettatore, ma poi a guardare bene la psicologia dei personaggi e' spicciola e superficiale. Sembra quasi che il vecchio regista velatamente minacci i suoi sette figli di cinque donne diverse in ragione di una sua fragilita' e vulnerabilita', visto che l'atto finale del protagonista non e' sostenuto apparentemente da un percorso di tormento o di crisi. In conclusione si puo' vedere se si prende in superficie e non ci si pongono molte domande.
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brunaparolini
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lunedì 3 luglio 2017
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storie di famiglia di lelouch
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La storia si svolge tutta in alta montagna, in uno chalet che Jacques Kaminski ha acquistato per viverci con la sua attuale compagna Nathalie. Lui è stato un importante fotografo di guerra che ha trascorso la sua esistenza girando il mondo. In questo percorso ha conosciuto e amato molte donne, dalle quali ha avuto cinque figlie, ma non si è mai occupato di loro ed ora con l’avanzare dell’età il suo più grande desiderio sarebbe quello di averle lì con lui tutte insieme in quel contesto di grande suggestione. Il suo caro amico e medico personale Frédéric, invitato allo chalet è a conoscenza di questo suo grande desiderio, quindi, a sua insaputa, studia uno stratagemma per invogliare le figlie a raggiungerlo, dicendo loro che il padre a poco tempo di vita, perché molto malato.
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La storia si svolge tutta in alta montagna, in uno chalet che Jacques Kaminski ha acquistato per viverci con la sua attuale compagna Nathalie. Lui è stato un importante fotografo di guerra che ha trascorso la sua esistenza girando il mondo. In questo percorso ha conosciuto e amato molte donne, dalle quali ha avuto cinque figlie, ma non si è mai occupato di loro ed ora con l’avanzare dell’età il suo più grande desiderio sarebbe quello di averle lì con lui tutte insieme in quel contesto di grande suggestione. Il suo caro amico e medico personale Frédéric, invitato allo chalet è a conoscenza di questo suo grande desiderio, quindi, a sua insaputa, studia uno stratagemma per invogliare le figlie a raggiungerlo, dicendo loro che il padre a poco tempo di vita, perché molto malato. Le stesse scioccate da questa notizia, giungono dal padre una ad una lasciandolo assolutamente sbalordito, per questi arrivi inaspettati!! Da qui è un susseguirsi di tavolate affollate e allegre e di rilevanti confessioni, una di queste, però, crea scompiglio perché Kaminski dichiara di aver saputo da poco tempo di avere una quinta figlia, nata da un rapporto avuto con una ragazza, conosciuta mentre faceva un servizio fotografico, all’età di 20 anni. Questa notizia genera sconforto, soprattutto nella figlia più giovane, la quale lo insulta pesantemente!!
Kaminski dopo questo avvenimento si pone molte domande arrivando alla conclusione di essere stato un cattivo padre e di aver vissuto la sua esistenza nell’assoluto egoismo e soprattutto di non aver dato il giusto valore alle sue figlie e di non aver coltivato, nel tempo, un profondo legame con loro.
Il gesto disperato che alla fine lui compie ha comunque dato i suoi frutti perché le figlie e Nathalie stessa hanno un forte riavvicinamento, pensando non solo al padre ma anche all’uomo che è stato. Infatti la scena finale è alquanto eloquente!!
Bellissime le musiche!!!!
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angeloumana
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sabato 1 luglio 2017
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"gran spolvero di sentenze e luoghi comuni"
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Roberto Nepoti nella sua recensione di questo film su La Repubblica parla di “gran spolvero di sentenze e luoghi comuni” ed è perciò che alla fine il film risulta artificioso, irreale, inconsistente, pretestuosamente celebrativo ed anche un po’ banale. Scorre come acqua fresca che non lascia segni, nonostante appartenga allo storico 80enne regista Claude Lelouch, e sebbene fosse atteso in Italia da 3 anni … per incassare la “bellezza” di soli 31 mila euro. E’ l’80enne Lelouch il protagonista della storia, impersonato però da Johnny Hallyday, 74enne, abbastanza decrepito e verso il fine-vita da voler riunire le sue figlie avute tutte da donne diverse (nel vero il regista ne ha avuti 7 da cinque donne diverse, una bella vita variata, magari un nuovo modello di famiglia, più interessante del “tu sei l’unica donna per me”).
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Roberto Nepoti nella sua recensione di questo film su La Repubblica parla di “gran spolvero di sentenze e luoghi comuni” ed è perciò che alla fine il film risulta artificioso, irreale, inconsistente, pretestuosamente celebrativo ed anche un po’ banale. Scorre come acqua fresca che non lascia segni, nonostante appartenga allo storico 80enne regista Claude Lelouch, e sebbene fosse atteso in Italia da 3 anni … per incassare la “bellezza” di soli 31 mila euro. E’ l’80enne Lelouch il protagonista della storia, impersonato però da Johnny Hallyday, 74enne, abbastanza decrepito e verso il fine-vita da voler riunire le sue figlie avute tutte da donne diverse (nel vero il regista ne ha avuti 7 da cinque donne diverse, una bella vita variata, magari un nuovo modello di famiglia, più interessante del “tu sei l’unica donna per me”). Il protagonista dichiara apertamente che siamo fedeli finché non troviamo di meglio e che lui le donne le ha fatte piangere. Un’antologia di donne e di storie, citate per via di fugaci incontri in cui le figlie ora raccolte furono concepite, per quasi dimenticarsene dopo, tutto preso il nostro eroe (il fotografo Kaminsky nella fiction) dalla sua professione che lo ha fatto sempre partire alla ricerca di nuovi fatti e volti da ritrarre. Inevitabile che il famoso fotografo ed esteta si sia soffermato su diverse donne in particolare.
E’ molto artificioso ed egoistico che ora, ritiratosi in una magione alpina ai piedi del Monte Bianco, abbia voluto riunire tutte le figlie di cui non s’è mai occupato, le quali non fremono per sorbirmi le mie sorelle, perfette estranee tra loro. Si riuniscono, provenienti da diversi angoli della Francia e perfino da Cuba (Valérie Kaprisky), per via di un catastrofico stratagemma ideato dall’amico-medico (Eddy Mitchell) del “patriarca”: lui le rivedrà tutte attorno e con sorpresa, col suo immancabile sigaro e le frasi fatte di finta sapienza. Da “tombeur de femmes”, pur cascante ma navigato ne farà “cadere” un’altra ai suoi piedi, una Sandrine Bonnaire di vent’anni più giovane di lui, in questo caso l’agente immobiliare che gli ha venduto lo splendido chalet: incredibile come i due condividano baci e letto da amanti ancora focosi e che lei trovi nell’anziano qualcosa che non avevo ancora trovato, sebbene lui non sembri niente di che, o forse ha molto vendibili la fama e i soldi, e l’aria appunto da “tombeur”.
Una commedia inconsistente, accessoriata del dramma necessario e dei convenevoli da ritrovi parentali, oltreché da qualche tributo al cinema e alle nevi del Monte Bianco, augurandoci che la neve resti nonostante il riscaldamento globale. Il titolo originale è Stronzo ti amiamo, nel senso che anche i padri stronzi possono essere amati, meglio se vecchi e in procinto di lasciare succose eredità: avviene più spesso nei film che spesso sistemano (arreglan, in spagnolo) tutte le questioni. Ricorda almeno il concetto di Tre amici, le mogli e (affettuosamente) le altre, del 1974 e con attori superbi.
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[+] una precisazione
(di francesco2)
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flyanto
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martedì 27 giugno 2017
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un padre e le sue donne
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Ritorna nelle sale cinematografiche il regista Claude Lelouch con una nuova ed un poco autobiografica commedia intitolata "Parliamo delle Mie Donne".
Il protagonista (l'ex-cantante ed attore Johnny Halliday) interpreta il ruolo di un ormai anziano e famoso fotografo di guerra il quale ha vissuto tutta la propria esistenza dedicandosi principalmente al suo appassionante lavoro ed a molteplici donne da cui, peraltro, ha avuto cinque figlie.
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Ritorna nelle sale cinematografiche il regista Claude Lelouch con una nuova ed un poco autobiografica commedia intitolata "Parliamo delle Mie Donne".
Il protagonista (l'ex-cantante ed attore Johnny Halliday) interpreta il ruolo di un ormai anziano e famoso fotografo di guerra il quale ha vissuto tutta la propria esistenza dedicandosi principalmente al suo appassionante lavoro ed a molteplici donne da cui, peraltro, ha avuto cinque figlie. Trascurate, le giovani donne hanno un cattivo rapporto col padre che ora sembra intenzionato a riallacciare i rapporti con loro ed a recuperare il tempo perduto. Isolatosi in una lussuosa baita in montagna, dove conosce una più giovane di lui immobiliarista (Sandrine Bonnaire) con cui intreccia subito una relazione sentimentale, l'uomo convoca e si riunisce con le suddette figlie piene di rancori. La convivenza non sarà ovviamente facile.....
Questa commedia agro-dolce che tratta di rapporti mal vissuti di un genitore con la propria prole, dal punto di vista della trama non dice nulla di nuovo in quanto una tematica già ampiamente trattata in altre pellicole precedenti. Lelouch, qui ha voluto rappresentare, come egli stesso ha dichiarato in numerose interviste, il proprio, probabilmente difficile, rapporto con i suoi figli e svariate mogli che, anch'essi trascurati per la sua attività intensa nel mondo del cinema, ne hanno risentito profondamente. Una sorta, dunque, di tacita "richiesta di perdono" che egli ben maneggia sullo schermo senza però eccellere e costruendo così un'opera sicuramente ben girata dal punto di vista stilistico ma piena di luoghi comuni ed azioni prevedibili. A parte un colpo di scena verso la fine del film, gli elementi necessari ad una rappresentazione di tal genere vi sono tutti (risentimento, pentimento, affetto misto a rancore e stato di salute precario) e pertanto il film risulta una commedia abbastanza scontata, sia pure molto piacevole a guardarsi. In conclusione, Lelouch rimane un grande maestro del cinema anche se qui in una forma molto meno smagliante.
In aggiunta, vi è da sottolineare che i ruoli femminili sono interpretati da attrici francesi (quali, appunto, Sandrine Bonnaire, Irène Jacob e Valerie Kaprsisky) di cui da tempo, almeno qui in Italia, si è sentito poco parlare e che pertanto è stato piacevole ritrovare sullo schermo.
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