catcarlo
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mercoledì 8 aprile 2015
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la famiglia bélier
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I film come questo corrono sovente su di un crinale sottile che separa la fregatura (dell’ignaro pagante) per insipienza o per grana grossa dalla commedia gentile che non inventa nulla, ma sa intrattenere. ‘La famiglia Bélier’ appartiene alla seconda categoria raccontando una storia simpatica che va esattamente come deve andare, lasciando lo spettatore con l’animo sollevato dai buoni sentimenti combinati a un susseguirsi di momenti divertenti anche grazie a un discreto numero di batture riuscite. Va perciò riconosciuta al regista e alla squadra di sceneggiatori la capacità di assemblare una serie di elementi abbastanza standard – la menomazione fisica, i turbamenti adolescenziali, il rapporto tra genitori e figli in un’età difficile, il racconto di autoaffermazione e anche la corruzione politica – costruendo un film per famiglie meno banale degli elementi che lo compongono e opportunamente non volgare anche se di momenti a rischio scivolata ce ne sono, visto che l’argomento sesso fa capolino spesso e volentieri.
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I film come questo corrono sovente su di un crinale sottile che separa la fregatura (dell’ignaro pagante) per insipienza o per grana grossa dalla commedia gentile che non inventa nulla, ma sa intrattenere. ‘La famiglia Bélier’ appartiene alla seconda categoria raccontando una storia simpatica che va esattamente come deve andare, lasciando lo spettatore con l’animo sollevato dai buoni sentimenti combinati a un susseguirsi di momenti divertenti anche grazie a un discreto numero di batture riuscite. Va perciò riconosciuta al regista e alla squadra di sceneggiatori la capacità di assemblare una serie di elementi abbastanza standard – la menomazione fisica, i turbamenti adolescenziali, il rapporto tra genitori e figli in un’età difficile, il racconto di autoaffermazione e anche la corruzione politica – costruendo un film per famiglie meno banale degli elementi che lo compongono e opportunamente non volgare anche se di momenti a rischio scivolata ce ne sono, visto che l’argomento sesso fa capolino spesso e volentieri. I Bélier sono una famiglia di intraprendenti sordomuti che conducono una fattoria producendo formaggi che poi vendono al mesrcato: madre, padre e figlio minore (Luca Gelberg, l’unico davvero sordomuto) non sentono e non parlano, mentre la primogenita Paula non ha problemi e funge da interprete con il resto del mondo. A un certo momento, il maestro di canto della scuola riconosce in lei una voce dotata (Louane Emera esce da un contest d’Oltralpe e interpreta in prima persona brani dello chansonnier Michel Sardou) e l’invita a iscriversi a un concorso a Parigi, il che scatena quanto ci si può attendere: la famiglia si mette di traverso, il belloccio della scuola va e viene, il maestro di canto è in cerca di affermazione per interposta persona, tutto pare crollare e poi ogni tessera va magicamente al suo posto in una conclusione che gronda opportuno pathos. Il lieto fine è generale, inclusa la stramba iniziativa di papà Bélier di correre per il posto di sindaco che serve a rimpolpare il racconto e strappare qualche sorriso in più: il risultato è un lavoro che non cambierà la (e neppure resterà nella) storia del cinema, ma ha comunque la capacità di rallegrare la giornata. Buona parte del merito ce l’ha l’istintiva simpatia dei personaggi che circondano la protagonista, a partire dal finto burbero professor Thomasson dello scarmigliato Eric Elmosnino per proseguire con la birichina Mathilde (Roxane Duran) amica di Paula e finire con la dinamica coppia costituita da Gigi e Rodolphe Bélier: Karin Viard, al netto di qualche mossetta di troppo, e François Damiens, che sfoggia un rustico barbone, fanno squadra disegnando con la sola mimica due personaggi senza parole che, quando sono in scena, accelerano il ritmo e l’efficacia del racconto. Meno importante risulta invece la messa in scena, almeno fino all’ultimo quarto di narrazione in cui i Bélier finalmente si sforzano di ‘sentire’ il canto della figlia e la ragazza fa di tutto per farli partecipare: qui Lartigau ha uno scarto di fantasia ed ecco allora Rodolphe che ‘ascolta’ la canzone sentendo le vibrazioni dal collo della figlia, il linguaggio dei segni con cui Paula reinterpreta il brano conclusivo.allora e, soprattutto, le emozioni colte dai genitori sui volti degli altri spettatori al saggio di canto della scuola, scena impreziosita dalla bella idea di portare lo spettatore al loro livello togliendo l’audio,
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great steven
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domenica 26 aprile 2015
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molto ottimismo e saggezza per un film simpatico.
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LA FAMIGLIA BELIER (FR, 2015) diretto da ERIC LARTIGAU. Interpretato da KARIN VIARD, FRANçOIS DAMIENS, ERIC ELMOSNINO, LOUANE EMERA, ROXANE DURAN, ILIAN BERGALA, LUCA GELBERG, MAR SODUPE, STEPHAN WOJTOWICZ, JEROME KIRCHER
Paula Bélier è una vispa e intelligente adolescente che frequenta il liceo in una cittadina francese di provincia e ha padre, madre e fratello sordomuti. I suoi parenti gestiscono un allevamento di mucche dal quale traggono succulente bottiglie di latte e un gustoso formaggio che vendono poi in un mercato rionale. Paula è ormai abilissima nel comunicare a gesti con i suoi famigliari, benché essi rimarchino in più occasioni il loro dissenso per il fatto di avere una figlia che riesce sia ad udire che a parlare.
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LA FAMIGLIA BELIER (FR, 2015) diretto da ERIC LARTIGAU. Interpretato da KARIN VIARD, FRANçOIS DAMIENS, ERIC ELMOSNINO, LOUANE EMERA, ROXANE DURAN, ILIAN BERGALA, LUCA GELBERG, MAR SODUPE, STEPHAN WOJTOWICZ, JEROME KIRCHER
Paula Bélier è una vispa e intelligente adolescente che frequenta il liceo in una cittadina francese di provincia e ha padre, madre e fratello sordomuti. I suoi parenti gestiscono un allevamento di mucche dal quale traggono succulente bottiglie di latte e un gustoso formaggio che vendono poi in un mercato rionale. Paula è ormai abilissima nel comunicare a gesti con i suoi famigliari, benché essi rimarchino in più occasioni il loro dissenso per il fatto di avere una figlia che riesce sia ad udire che a parlare. La ragazza scopre ben presto di possedere una particolare propensione e capacità per il canto e, incoraggiata dal maestro di musica Fabien Thomasson che prima la critica ma poi intuisce il suo potenziale, si iscrive a un provino che seleziona nuovi talenti per un’accademia di Parigi. Nel frattempo il padre di Paula, Rodolphe, vuole candidarsi a sindaco del paese, nonostante il suo handicap possa costituire un impedimento per una carriera politica, anche se lui rifiuta recisamente questa concezione. Divisa fra un amore ballerino e triviale per il compagno di scuola Gabriel e l’amicizia quasi fraterna con la coetanea Mathilde, Paula partecipa allo spettacolo scolastico dove si esibisce insieme agli altri ragazzi in una performance di coro e infine, dopo aver sostenuto il provino per entrare al Conservatorio parigino, viene accettata. Ma il dover abbandonare la sua stramba ma affezionatissima famiglia per recarsi nella capitale e cominciare una nuova vita non sarà certo una passeggiata. Non sono molti i film che accentrano la propria trama sulla disabilità che preclude alle persone di sentire ed esprimersi verbalmente, quindi un’iniziale nota di merito a La famille Bélier va già per l’ottima scelta di concentrare una vicenda intorno a un protagonista maschile e uno femminile che comunicano a gesti pur conservando uno spazio espressivo decisamente ampio e funzionale al ruolo dirigenziale ed educativo che esercitano sia ai fini della trama che nei confronti della figlia sana. La sovreccitata K. Viard e il possente F. Damiens costituiscono la carta vincente di una commedia drammatica che sa raccontare i sentimenti profondi e i drammi famigliari con una sincerità spiazzante che esula fortemente dal buonismo per abbracciare una sorta di cauta polemica contro la discriminazione nei riguardi dei diversamente abili, unita a una dose energica di carineria e fine umorismo agreste. L’imbecillità del mondo dei “normali”, che non sa fare altro se non rimanere a guardare e giudicare da un pulpito inesistente, è ben rappresentata dalla figura dell’ottuso e odiato sindaco (Wojtowicz), il quale nasconde le proprie paure insultanti e l’insicurezza marciante dietro una maschera spudorata di galanteria. Una rivelazione eclatante la mette in campo anche la giovanissima L. Emera, che regala ad un pubblico soddisfatto una ragazza che lotta per le proprie ambizioni ma che sa al contempo rispettare gli ideali positivi e incrementanti che due genitori assolutamente fuori dal comune le hanno instillato nel cuore e nella mente con un sistema istruttorio bizzarro ma pur sempre funzionante. Regia coerente e precisa, sceneggiatura galoppante e ben oliata ed eccellente scelta dei brani musicali cantati dai ragazzi in numerose occasioni nel corso della proiezione. Ha raggranellato qualche premio importante alla cerimonia 2015 dei César (gli Oscar francesi) e ai premi Lumière. Una pellicola che unisce il pregio di saper divertire con la sensazione riflessiva che le sue sequenze pacate e ragionate ispirano a chiunque possegga un briciolo di buon senso.
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vanessa zarastro
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sabato 8 agosto 2015
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l’ arcadia canta
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Film francese molto garbato e rassicurante. Il film è incentrato sui problemi dell’adolescenza come la cinematografia francese ci ha abituati mostrata, basti pensare a tutti i film di Eric Rohmer. La ricerca di un’identità, i primi amori e rossori, il desiderio di emancipazione dalla famiglia insieme ai sensi di colpa che in questo caso sono aggravati dal fatto di essere tutti sordomuti ad eccezione di Paula (Louane Emera) protagonista indiscussa, necessaria interprete tra i Beliér e il resto del mondo. Quasi un’ironia del destino, Paula ha un grande dono vocale e viene stimolata dal suo maestro di canto a esercitarsi fino a partecipare (tra umori alti e bassi, entusiasmi e rinunce) a un Concorso canoro organizzato da Radio France a Parigi, da cui esce un lieto fino che ricompatta tutte le tensioni familiari.
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Film francese molto garbato e rassicurante. Il film è incentrato sui problemi dell’adolescenza come la cinematografia francese ci ha abituati mostrata, basti pensare a tutti i film di Eric Rohmer. La ricerca di un’identità, i primi amori e rossori, il desiderio di emancipazione dalla famiglia insieme ai sensi di colpa che in questo caso sono aggravati dal fatto di essere tutti sordomuti ad eccezione di Paula (Louane Emera) protagonista indiscussa, necessaria interprete tra i Beliér e il resto del mondo. Quasi un’ironia del destino, Paula ha un grande dono vocale e viene stimolata dal suo maestro di canto a esercitarsi fino a partecipare (tra umori alti e bassi, entusiasmi e rinunce) a un Concorso canoro organizzato da Radio France a Parigi, da cui esce un lieto fino che ricompatta tutte le tensioni familiari.
Molto belli i paesaggi campestri in cui si trova questo piccolo villaggio di campagna, presumibilmente, a tre ore da Parigi, che rappresenta un luogo idilliaco di un’Arcadia incontaminata.
Bravi tutti gli attori, l’unica vera obiezione è la scelta musicale, in particolare nutro forti dubbi sulle canzoni di Michel Sardou.
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gabriella
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martedì 18 agosto 2015
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il vento fresco della normandia
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Ancora una volta il cinema francese riesce a sorprendere con una storia che fa della semplicità il suo punto di forza. Paula è una sedicenne che vive in una fattoria della Normandia con i genitori ( mamma Gigi e papà Rodolphe) e un fratello minore, tutti sordi, eccetto lei. Paula è la voce della sua famiglia, quella che media tra loro e il resto del mondo, deve trattare con i fornitori ( i prodotti della fattoria vengono venduti al mercato) con i clienti,, con le banche, con il medico, il veterinario , svolge il tutto con attenzione e spontaneità, anche se cominciano i problemi legati all’adolescenza, il corpo che inizia a cambiare, la prima cotta verso un suo compagno di liceo. Il suo insegnante di musica a scuola intuisce in lei un forte potenziale, una voce rimasta in sordina che chiede prepotentemente di uscire, la incoraggia a partecipare a un concorso prima e a studiare poi canto a Parigi.
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Ancora una volta il cinema francese riesce a sorprendere con una storia che fa della semplicità il suo punto di forza. Paula è una sedicenne che vive in una fattoria della Normandia con i genitori ( mamma Gigi e papà Rodolphe) e un fratello minore, tutti sordi, eccetto lei. Paula è la voce della sua famiglia, quella che media tra loro e il resto del mondo, deve trattare con i fornitori ( i prodotti della fattoria vengono venduti al mercato) con i clienti,, con le banche, con il medico, il veterinario , svolge il tutto con attenzione e spontaneità, anche se cominciano i problemi legati all’adolescenza, il corpo che inizia a cambiare, la prima cotta verso un suo compagno di liceo. Il suo insegnante di musica a scuola intuisce in lei un forte potenziale, una voce rimasta in sordina che chiede prepotentemente di uscire, la incoraggia a partecipare a un concorso prima e a studiare poi canto a Parigi. Da qui il dilemma, da una parte il desiderio di esprimere il suo talento, dall’altra il senso di responsabilità verso i genitori che le sembra quasi di tradire, ironia della sorte, una figlia cantante in una famiglia di sordi. Tra l’altro i suoi genitori sembrano non soffrire affatto della “ diversità”, ritenendola una caratteristica anziché un handicap, infatti Rodolphe intende presentarsi come candidato sindaco alle comunali, convinto che per ascoltare non è necessario udire.Un mondo , quello dei non udenti che si esprime attraverso la gestualità di mani che assumono forma e sembianze, disegnano spazi e fili invisibili, accompagnati da espressioni che talvolta sembrano stralunate, occhi spalancati, attenti a qualsiasi segnale e movimento, un campo visivo a cui nulla sfugge.La frattura che si viene a creare tra Paula e la sua famiglia sembra compromettere l’idilliaco rapporto che si era stabilito ,come si può negare a un’adolescente di seguire la sua strada, anche se significa non contare più su quel ponte sicuro e rassicurante e trovare un guado di attraversamento? Sarà proprio Paula a far capire ai suoi genitori che ha ali per volare, ma non per scappare , nella commovente scena finale.
E’ una commedia fresca e genuina, dolce e divertente, irriverente quel che basta a non appesantirla, delicata e musicale, con le canzoni di Michel Sardou che assumono una nota di spigliata modernità e gioventù. Consigliato.
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filippo catani
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giovedì 29 settembre 2016
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commedia sulla diversità
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Nella campagna francese vive una famiglia dove padre, madre e figlio sono sordomuti. La figlia invece non lo è e anzi a scuola scoprirà anche di essere dotata di una bellissima voce. Quando le verrà proposto di seguire la sua passione ed andare a Parigi, le cose in famiglia precipiteranno.
Una commedia ben riuscita perchè al suo interno riesce a far vivere e convivere diverse anime. Innanzitutto quella sociale in quanto viene messa come protagonista assoluta una famiglia di sordomuti che riescono a condurre una vita sociale, lavorativa e soprattutto sessuale assolutamente soddisfacente. Inoltre arriva anche la candidatura a sindaco da parte del padre. Quindi abbiamo la vena ironica con le varie battute che percorrono l'intero film.
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Nella campagna francese vive una famiglia dove padre, madre e figlio sono sordomuti. La figlia invece non lo è e anzi a scuola scoprirà anche di essere dotata di una bellissima voce. Quando le verrà proposto di seguire la sua passione ed andare a Parigi, le cose in famiglia precipiteranno.
Una commedia ben riuscita perchè al suo interno riesce a far vivere e convivere diverse anime. Innanzitutto quella sociale in quanto viene messa come protagonista assoluta una famiglia di sordomuti che riescono a condurre una vita sociale, lavorativa e soprattutto sessuale assolutamente soddisfacente. Inoltre arriva anche la candidatura a sindaco da parte del padre. Quindi abbiamo la vena ironica con le varie battute che percorrono l'intero film. Abbiamo poi la parte musicale con vari pezzi cantati in coro, o singolarmente o in coppia dai vari protagonisti. E poi abbiamo così l'anima adolescenziale con la scoperta dei primi amori e non solo. Molto bene i protagonisti per una commedia delicata che ci permette di passare bene il tempo della sua durata.
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valterchiappa
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sabato 20 gennaio 2018
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zucchero e canzoni
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“Un film che vi farà bene!” annuncia la locandina di “La famiglia Bélier”, la commedia di Eric Lartigau che giunge in Italia dopo il trionfo nei botteghini francesi; “…se siete anime semplici”, aggiungiamo noi, perché trattasi veramente di poca cosa. “La famiglia Bélier” non è più che una pochade, costruita con situazioni adatte a suggerire facili gag, ripiena di facile sentimentalismo, destinata verso un ovvio lieto fine. Sul set attori collaudati e ben noti al pubblico (Karin Viard, François Damiens, Eric Elmosnino) e il frutto più recente della reality TV francese, l’esordiente Louane Emera, ninfetta con le fattezze da Lolita e la voce da usignolo.
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“Un film che vi farà bene!” annuncia la locandina di “La famiglia Bélier”, la commedia di Eric Lartigau che giunge in Italia dopo il trionfo nei botteghini francesi; “…se siete anime semplici”, aggiungiamo noi, perché trattasi veramente di poca cosa. “La famiglia Bélier” non è più che una pochade, costruita con situazioni adatte a suggerire facili gag, ripiena di facile sentimentalismo, destinata verso un ovvio lieto fine. Sul set attori collaudati e ben noti al pubblico (Karin Viard, François Damiens, Eric Elmosnino) e il frutto più recente della reality TV francese, l’esordiente Louane Emera, ninfetta con le fattezze da Lolita e la voce da usignolo.
Una famiglia di agricoltori Normanni ha una particolare caratteristica: i suoi membri sono sordomuti, tranne la giovane figlia Paula, che costituisce il loro interfaccia con il mondo. Evidentemente, dopo l’exploit di “Quasi amici”, il tema della disabilità, inserito nell’ambito della commedia cui dona quel pizzico di scorrettezza, continua ad attrarre autori e pubblico. Papà è fumantino e determinato come un mulo, mamma è civettuola, con il sorriso a 32 denti stampato sul viso, il fratellino è tecno-dipendente, tutti sono perennemente arrapati. Paula, Cenerentola saggia, lavora, gestisce l’azienda e media gli eccessi di tutti, verbali, caratteriali ed anche sessuali (esilarante la scena della visita medica). Sostiene addirittura il padre nel suo progetto apparentemente più folle, candidarsi in politica per combattere il programma di espansione industriale del sindaco uscente. L’arma per la emancipazione sua dalla famiglia e della famiglia da lei è quella più inattesa: il dono di una voce incantevole, che le darà finalmente le ali per spiccare il volo. Il tutto fra addio lacrimosi, bronci, ripensamenti, cotte adolescenziali, gag spesso divertenti.
E canzoni. Bello innanzitutto l’omaggio all’opera di Michel Sardou, chansonnier degli anni ’70, autore di melodie coinvolgenti e popolari (uno dei pezzi della colonna sonora, “En chantant” fu scritto insieme al nostro Toto Cutugno, tanto per capire il genere). Ma, grazie al talento vocale della Emera e al facile impatto dei brani, le scene più coinvolgenti risultano essere proprio quelle musicali.
Non ci stupisce che 7 milioni di Galli siano usciti deliziati dalle sale, né che “La famiglia Bélier” appaghi le esigenze di tanti spettatori poco strutturati sparsi nel mondo. Irrita il fatto che i produttori d’oltralpe riescano costantemente a trasformare le loro operette in fruttuosi prodotti da esportazione, mentre la nostra commedia brillante, che nelle sue migliori espressioni svetta rispetto a tante produzioni straniere, si isola in una dimensione provinciale, perdendo l’opportunità di portare ossigeno così necessario a tutta la nostra industria cinematografica.
Così dico: seppure “La famiglia Bélier” sia un film adatto ad una serata di estremo disimpegno, non andate a vederlo e provate a preferire una sana commedia italiana. Ce ne sono in cartellone.
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stefano capasso
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venerdì 13 novembre 2015
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un processo evolutivo condiviso
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In una scuola di una cittadina francese, la sedicenne Paula Belier viene coinvolta, suo malgrado, a cantare nel coro che sta mettendo su Thomasson, il maestro di musica.
Ben presto l’insegnate scopre che Paula ha un grande talento per il canto: lei è abituata a usare poca voce dal momento che i due genitori e il fratello minore sono tutti sordomuti. Con loro usa da sempre il linguaggio dei segni per comunicare ed è il tramite, il portavoce che permette loro di comunicare con il mondo che li circonda. Quando Thomasson propone a Paula di fare un audizione per entrare nella scuola di canto di Parigi per lei non sarà facile scegliere. L’idea di abbandonare la famiglia e allo stesso tempo il desiderio di trovare la sua strada saranno i due temi che dovrà affrontare in un momento di crescita fondamentale nella vita dell’adolescente.
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In una scuola di una cittadina francese, la sedicenne Paula Belier viene coinvolta, suo malgrado, a cantare nel coro che sta mettendo su Thomasson, il maestro di musica.
Ben presto l’insegnate scopre che Paula ha un grande talento per il canto: lei è abituata a usare poca voce dal momento che i due genitori e il fratello minore sono tutti sordomuti. Con loro usa da sempre il linguaggio dei segni per comunicare ed è il tramite, il portavoce che permette loro di comunicare con il mondo che li circonda. Quando Thomasson propone a Paula di fare un audizione per entrare nella scuola di canto di Parigi per lei non sarà facile scegliere. L’idea di abbandonare la famiglia e allo stesso tempo il desiderio di trovare la sua strada saranno i due temi che dovrà affrontare in un momento di crescita fondamentale nella vita dell’adolescente.
Una bella commedia di Eric Lartigau che alterna con vivacità momenti di umorismo ad altri di emozioni intense con un finale che ho trovato commovente. La necessità di definire la propria identità, di staccarsi dal nucleo familiare, che rassicura e allo stesso tempo confina, trova la sua risoluzione efficace quando tutto il nucleo, partecipa al processo evolutivo. Allora è possibile il confronto reale, dove possono emergere vecchi temi mai affrontati e l’amore che lega i componenti della famiglia può finalmente fluire. Un percorso di crescita che comincia dalla protagonista e che coinvolge tutti
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jackiechan90
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venerdì 22 luglio 2016
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la colonna visiva di michel sardou
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La storia de "La famiglia Bèlier" apparentemente è abbastanza classica: una ragazza scopre di avere una dote particolare ma deve superare un ostacolo per poter raggiungere il suo sogno. Fino a qui nulla di originale. Ma se pensiamo che l'ostacolo in questione è la sua stessa famiglia, che è una famiglia di sordomuti, e il suo dono è quello di avere una voce eccezionale, allora non si può non fare i complimenti per l'originalità agli autori di questa commedia francese, vera rivelazione di quest'anno che è riuscita a raggiungere i 7 milioni di spettatori (quasi 10 dicono alcuni) nel suo paese.
Una vera e propria rivelazione proprio perché si riconosce in esso una genuinità d'intenti e una capacità di coniugare elementi pop (la scelta dei temi adolescenziali unita al riferimento al mondo dei talent) con le tipiche atmosfere familiari da commedia francese con personaggi molto umani ma sempre sopra le righe.
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La storia de "La famiglia Bèlier" apparentemente è abbastanza classica: una ragazza scopre di avere una dote particolare ma deve superare un ostacolo per poter raggiungere il suo sogno. Fino a qui nulla di originale. Ma se pensiamo che l'ostacolo in questione è la sua stessa famiglia, che è una famiglia di sordomuti, e il suo dono è quello di avere una voce eccezionale, allora non si può non fare i complimenti per l'originalità agli autori di questa commedia francese, vera rivelazione di quest'anno che è riuscita a raggiungere i 7 milioni di spettatori (quasi 10 dicono alcuni) nel suo paese.
Una vera e propria rivelazione proprio perché si riconosce in esso una genuinità d'intenti e una capacità di coniugare elementi pop (la scelta dei temi adolescenziali unita al riferimento al mondo dei talent) con le tipiche atmosfere familiari da commedia francese con personaggi molto umani ma sempre sopra le righe. A questo si aggiunga una particolare capacità comica grazie agli equivoci linguistici dati dal doppio linguaggio (LIS francese e parole) che danno il via a numerosi siparietti comici. In questo sta la genialità degli autori, in questo meccanismo così semplice ma efficace. Ovviamente è consigliata la visione in lingua originale per non perdersi i doppi sensi e le freddure francesi (in particolare per quanto riguarda la rivalità Nord-Sud già apprezzata in "Benvenuti al Nord"). Per il resto abbiamo anche la componente teen che è aiutata anche dall'uso delle canzoni di Michel Sardou, noto chansonnier francese, che rappresenta la giusta colonna sonora emozionale per la pellicola (sarebbe più corretto dire che è il film che diventa "colonna visiva" alle canzoni).
Rimane una piacevole commedia degli equivoci che però aiuta anche a riflettere sul problema della comunicazione famigliare, tema universale che qui diventa glocale tutti gli effetti, un miscuglio di prodotti a kilometro zero e valori universali che coinvolgono i giovani di tutto il mondo. Quindi una commedia sapiente e ben calibrata che sicuramente appassionerà gli spettatori che (ancora) non conoscono le canzoni di Michel Sardou.
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giorpost
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domenica 20 maggio 2018
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storia sull'imprescindibile necessità del distacco
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Paula è una sedicenne proveniente da una famiglia diversamente abile: madre, padre e fratello sono, infatti, sordomuti. I quattro, molto uniti ed affiatati, gestiscono la loro attività di produzione di formaggi, tra una capatina al mercato settimanale e qualche reciproca incomprensione. Nella piccola cittadina di provincia tutto sembra scorrere bene fino a quando la politica del luogo minaccia di adottare espropri per favorire le infrastrutture: il padre di...., dunque, decide di scendere in campo nonostante la disabilità. Spinto ed aiutato dalla moglie, sarà questo l'evento che provocherà un mini-tornado in quel nucleo familiare così amalgamato, in quanto inizieranno (ora si) quelle tipiche incomprensioni scaturite da mancanza di attenzione.
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Paula è una sedicenne proveniente da una famiglia diversamente abile: madre, padre e fratello sono, infatti, sordomuti. I quattro, molto uniti ed affiatati, gestiscono la loro attività di produzione di formaggi, tra una capatina al mercato settimanale e qualche reciproca incomprensione. Nella piccola cittadina di provincia tutto sembra scorrere bene fino a quando la politica del luogo minaccia di adottare espropri per favorire le infrastrutture: il padre di...., dunque, decide di scendere in campo nonostante la disabilità. Spinto ed aiutato dalla moglie, sarà questo l'evento che provocherà un mini-tornado in quel nucleo familiare così amalgamato, in quanto inizieranno (ora si) quelle tipiche incomprensioni scaturite da mancanza di attenzione. La giovane, scopertasi come ottima interprete vocale ed infatuata del belloccio della scuola, sentirà forte il bisogno di "volare via" da quella ristretta comunità, sospinta anche da un maestro di musica in cerca di talenti...
La Famille Bélier (Fra, 2014) nasce dall'esigenza di un racconto fatto di linguaggi diversi e stratificati. L' anomalia sociale nella quale cresce e si adatta la protagonista, un' efficace Louane Emera al suo esordio, la porta a sviluppare varie capacità, tra le quali fare -perfino- da interprete dei suoi genitori; la pellicola di Lartigau ci da più di uno spunto sulle effettive possibilità che la vita, talvolta, sa offrire o togliere, a seconda della prospettiva. L' opera, molto "francese" (occorre, dopo averla vista, una capatina su Wiki per approfondire Michel Sardou, non certo per tutti i sopraffini padiglioni aurecolari europei), desta simpatia per la leggerezza con la quale si affrontano tematiche importanti e globali; il cast va assorbito poco alla volta, quasi iper-realistico nella recitazione ma anche bizzarro e, oltretutto, arricchito dall'esperta Karin Viard a bilanciare la giovane Emera, "prodotto" degli innumerevoli talent che imperversano nel Vecchio Continente.
Una favola, questa, dal sapore aspro, specie per il finale poetico nel quale la protagonista s'ingegna in un'interpretazione a doppio filo, tra vocalizzi e linguaggio dei segni a fare da sottotitoli per i -sorpresi- genitori in trasferta a Parigi.
Voto: 6.5
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robert eroica
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lunedì 6 aprile 2015
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dalle parti di violetta
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In una bizzarra famiglia di commercianti di formaggio sono quasi tutti sordomuti: padre, madre, figlio minore. Solo la figlioletta, preadolescente, non solo parla e capisce tutto molto bene, ma ha anche il dono di una voce meravigliosa. Grazie all’interesse di un professore di canto, parteciperà ad un concorso nella capitale francese e forse arriverà anche l’amore. La chiave d’accesso, probabilmente, per arrivare al succo de “La famiglia Belier”, è immedesimarsi nei suoi protagonisti, condividerne le ansie, i patimenti e le gioie improvvise, come quella corsa finale verso una giovinezza a venire, come da cinquanta e passa anni fanno tutti i ragazzetti d’oltralpe, dai “500 colpi” di Truffaut in giù.
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In una bizzarra famiglia di commercianti di formaggio sono quasi tutti sordomuti: padre, madre, figlio minore. Solo la figlioletta, preadolescente, non solo parla e capisce tutto molto bene, ma ha anche il dono di una voce meravigliosa. Grazie all’interesse di un professore di canto, parteciperà ad un concorso nella capitale francese e forse arriverà anche l’amore. La chiave d’accesso, probabilmente, per arrivare al succo de “La famiglia Belier”, è immedesimarsi nei suoi protagonisti, condividerne le ansie, i patimenti e le gioie improvvise, come quella corsa finale verso una giovinezza a venire, come da cinquanta e passa anni fanno tutti i ragazzetti d’oltralpe, dai “500 colpi” di Truffaut in giù. Diciamo probabilmente perché altrimenti si resta fuori da tutto, dal film, dalle immagini, dalla storia. In senso emozionale ma anche e soprattutto, razionale. Come in un teen movie anni Ottanta, una voglia di vincere che contempli solo un ritorno al futuro, quello di una pazza giornata di vacanza, dove i genitori sono esclusi. Anche qui, come allora, siamo dalle parti del sogno ad occhi aperti, della favola gentile, del racconto di formazione senza ombre e con solo luci. Tutto il resto non esiste, e proprio per questo, le cose meno riuscite del film toccano il mondo degli adulti, incapaci, letteralmente, di comprendere gli slanci delle nuove leve. Che poi un vitellino nero si chiami Obama, non c’entra proprio un bel niente.
Robert Eroica
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