zarar
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venerdì 10 marzo 2017
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bianco e nero
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“In ordine di sparizione” è la felice (vedremo poi perché) alternativa italiana al titolo che nell’originale suona più o meno come “Fottuti idioti”. In un villaggio della Norvegia perso in mezzo alla neve Nils conduce una vita da cittadino esemplare. Il suo lavoro, di cui è fiero, è quello di tenere costantemente aperta la strada per la città alla guida di un potente spazzaneve; la sua esistenza è impeccabilmente regolata, gesto per gesto, minuto per minuto, con la fedele collaborazione di una moglie devota. Il mondo gli crolla addosso quando l’unico figlio viene ritrovato morto, apparentemente per una overdose.
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“In ordine di sparizione” è la felice (vedremo poi perché) alternativa italiana al titolo che nell’originale suona più o meno come “Fottuti idioti”. In un villaggio della Norvegia perso in mezzo alla neve Nils conduce una vita da cittadino esemplare. Il suo lavoro, di cui è fiero, è quello di tenere costantemente aperta la strada per la città alla guida di un potente spazzaneve; la sua esistenza è impeccabilmente regolata, gesto per gesto, minuto per minuto, con la fedele collaborazione di una moglie devota. Il mondo gli crolla addosso quando l’unico figlio viene ritrovato morto, apparentemente per una overdose. Lui sa che la cosa è assolutamente impossibile, che suo figlio non è mai stato né mai sarebbe potuto diventare un drogato, e dunque rifiuta con tutto se stesso la colpevole rapidità con cui la polizia archivia il caso. La moglie, sopraffatta dal dolore e sconvolta dalla sua apparente freddezza di fronte a questo colpo, lo abbandona. Ma lui non è indifferente: sta soltanto maturando e poi eseguendo silenziosamente, con fredda determinazione e in assoluta solitudine, un percorso di indagine e di vendetta personale che coinvolgerà, uno per uno, tutta la catena dei responsabili della morte del suo innocente figlio, dagli esecutori, ai mandanti a diversi livelli, sino al principale responsabile, un ricco, spietato e squinternato trafficante di droga. Uno per uno saranno uccisi senza pietà, secondo una precisa contabilità che li allineerà ‘in ordine di sparizione’. Un pulp noir che assomiglia a molti film o romanzi del genere e non assomiglia a nessuno di loro. C’è qualcosa dell’orgia sanguinolenta non priva di ironia di un Tarantino, qualcosa della violenza feroce e asettica di Stieg Larson e della peculiare giallistica nordica in generale, qualcosa della solitudine profonda de ‘Il senso di Smilla per la neve’, ma c’è anche una speciale originalità che sorprende gradevolmente (compatibilmente con gli sgradevoli contenuti J). Sarà la perfetta regia con cui si gestiscono affinità e contrasti tra atmosfere, toni, simboli con un particolarissimo effetto tra ironico e drammatico: il gigantesco spazzaneve che si apre la strada in mezzo a una neve che seppellisce tutto e la determinazione di Nils nel disseppellire la verità e punire i colpevoli; la precisa, sistematica violenza di Nils vendicatore come perfetto risvolto della sistematica precisa attitudine del lavoratore e cittadino modello, il contrasto spiazzante tra il flusso caotico di violenza e sangue e l’assoluta purezza degli sfondi, siano questi un bianchissimo paesaggio innevato, o l’elegante impeccabile minimalismo del design nordico di interni di lusso; la convergenza di ricerca di naturalità e purezza del boss fanatico vegano e la tranquilla ferocia con cui gestisce il suo mestiere di spacciatore e assassino. Nella doccia scozzese estremamente energetica e paradossale di queste convergenze/opposizioni il film non lascia tregua, comunicando allo spettatore, al di là egli effetti più immediati, la sensazione sotterranea che il massimo della perfezione formale e del controllo non faccia altro che esaltare un inevitabile ‘disordine’ del reale: assurdità che possono svariare dal tragico al comico, forze oscure, pulsioni violente e distruttive, un tema – a ben vedere - quasi Bergmaniano. E’ questo che, nell’orgia sanguinolenta di questo noir, consente ad un bravissimo Skarsgård di dare al protagonista principale, nonostante tutto, una dolente, riconoscibile umanità. Un risultato notevole ed originale. Tre stelle e mezzo.
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ettavi
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sabato 27 agosto 2016
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non perdete tempo
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Nulla a che vedere con dei film di Tarantino. Ma a parte questo è un film di 0 sostanza e gli spari di -0 importanza.
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dario
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sabato 14 novembre 2015
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asciutto
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Solita vendetta, ma congegnata non male. Se si accetta il giochino - e il regista fa di tutto per farcela accettare - ci si può divertire. Andamento svelto, buona recitazione (strepitoso Ganz), sceneggiatura allegra (a volte pare un videogame) e tanta fantasia, per nulla preoccupata della coerenza. Morti ammazzati a go-go (assurdo).
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kondor17
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lunedì 17 agosto 2015
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un western pulp nordico
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Gradita sorpresa questo film svedese di Moland, con ottimi attori e un ritmo lento e suadente, scandito dagli epitaffi bianco su nero, capitoli di una faida tanto grottesca quanto efferata. Nils, il nostro Stellar Skargard, si vede morire il figlio per una tragica fatalità. Al riconoscimento del cadavere il poliziotto dice che la causa è overdose ma lui sa che non è così, anche se è difficile dimostrarlo. La moglie Gudrun sbrocca, svalvola e non gli rivolge più la parola guardandolo fisso negli occhi con quel tono accusatorio che spesso avviene tra partner quando la famiglia è scossa da drammi continui e inspiegabili. Disperato, Nils si reca quindi all'hangar, tira fuori il fucile e sta per spararsi in bocca, quando da dietro un tavolo spunta fuori la sagoma tumefatta di un collega del figlio, che aveva rubato una borsa di coca al conte, chiedendo al ragazzo, responsabile dei bagagli dell'aeroporto, di tenerla un paio di giorni.
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Gradita sorpresa questo film svedese di Moland, con ottimi attori e un ritmo lento e suadente, scandito dagli epitaffi bianco su nero, capitoli di una faida tanto grottesca quanto efferata. Nils, il nostro Stellar Skargard, si vede morire il figlio per una tragica fatalità. Al riconoscimento del cadavere il poliziotto dice che la causa è overdose ma lui sa che non è così, anche se è difficile dimostrarlo. La moglie Gudrun sbrocca, svalvola e non gli rivolge più la parola guardandolo fisso negli occhi con quel tono accusatorio che spesso avviene tra partner quando la famiglia è scossa da drammi continui e inspiegabili. Disperato, Nils si reca quindi all'hangar, tira fuori il fucile e sta per spararsi in bocca, quando da dietro un tavolo spunta fuori la sagoma tumefatta di un collega del figlio, che aveva rubato una borsa di coca al conte, chiedendo al ragazzo, responsabile dei bagagli dell'aeroporto, di tenerla un paio di giorni. Questa scena è la chiave di volta. Nils si alza e non usa più il fucile, ne per sé né per l'amico idiota ma sinceramente pentito. Inizierà invece una lucida caccia all'uomo, priva di emozioni, atta soprattutto a dare un senso alla vita di Gudrun. Dopo la morte di Jesse, il primo della lista, Nils le chiede, curioso e soddisfatto, "sai tesoro dove sono stato, stanotte?" ma lei lo gela con un "ma tu, chi sei?" Poco dopo Gudrun se ne andrà, lasciando un biglietto bianco piegato in quattro sopra il comò della camera. Ciò nonostante Nils prosegue l'opera, includendo, oltre al conte - bravissimo Hagen, anche la banda serbo - albanese che col conte si spartisce in pace il mercato. In pace fino a quel momento. Uno accusa l'altro, ci sono le scuse, ma occhio per occhio, figlio per figlio. Inizia una faida tra le due bande, ma Nils anticipa i serbi, rapendo il figlio del conte spacciandosi per amico di mamma e dipendente del papà. Ma non per chiedere il riscatto, bensì per proteggere il ragazzino dai serbi e forse dal padre, che non stava mai con lui, facendogli la morale per ogni virgole, per poi spacciare e uccidere senza ripensamento alcuno.
Mitica la scena dei serbi, capitanata dal grande Bruno Ganz, sulla neve o quelle dolcissime tra Nils e il bambino del conte. Anche le scene pulp con lo spazzaneve a polverizzare oltre alla neve corpi auto e alberi sono qualcosa di unico. Oppure quando il pappa Ganz sale in corsa, pistola in pugno, sulla Christine di Nils. Non scambiano una parola, scambiandosi solo sguardi e nel totale silenzio seguono minuti densi di cose non dette, ma di una crescente fiducia. Complicità che diventa divertimento alla vista di Bogdan ancora in aria col parapendio sorvolare la strada innevata in un deserto bianco. Chissà mai dove e quando atterrerà.
Bellissimo film. Fotografia musiche recitazione ottime. Non mi è piaciuto l'episodio del fratello con la compagna orientale. Voto 8
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storie di cinema
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venerdì 20 marzo 2015
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o il sole o il welfare!
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Il cinema scandinavo negli ultimi anni ha conquistato una visibilità mondiale, facilmente spiegabile con l'ottima qualità dei loro prodotti. Basti pensare ai film di Nicolas Winding Refn (Bronson, la trilogia di Pusher) che lo hanno portato dritto ad Hollywood, o alle serie tv come “Loro Uccidono” e “The Bridge”. Per non parlare della trilogia di Stieg Larsson, diventata prima grande successo letterario, e successivamente evento cinematografico con Uomini che odiano le donne. Il fatto poi che l'industria hollywoodiana abbia attinto a piene mani sui prodotti della penisola scandinava trasformandoli in remake e adattamenti (fino a scomodare David Fincher), non fa che sottolinearne ulteriormente la qualità delle idee.
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Il cinema scandinavo negli ultimi anni ha conquistato una visibilità mondiale, facilmente spiegabile con l'ottima qualità dei loro prodotti. Basti pensare ai film di Nicolas Winding Refn (Bronson, la trilogia di Pusher) che lo hanno portato dritto ad Hollywood, o alle serie tv come “Loro Uccidono” e “The Bridge”. Per non parlare della trilogia di Stieg Larsson, diventata prima grande successo letterario, e successivamente evento cinematografico con Uomini che odiano le donne. Il fatto poi che l'industria hollywoodiana abbia attinto a piene mani sui prodotti della penisola scandinava trasformandoli in remake e adattamenti (fino a scomodare David Fincher), non fa che sottolinearne ulteriormente la qualità delle idee. Successo meritato quindi, non c'è dubbio. Tra i registi che si sono maggiormente messi in mostra c'è Hans Petter Moland. il suo stile è ispirato alla commedia nera dei fratelli Coen, i suoi personaggi sono di tarantiniana memoria. E "In ordine di Sparizione" un Lock&Stock in terra Nordica, è l'ottimo completamento della personale strada intrapresa dal regista con A Somewhat Gentle Man.
Nils Dickman (In inglese letteralmente “testa di cazzo”, come ci viene più volte ricordato) si da dà fare per la sua gente. Combatte la neve, rendendo percorribili le strade del paese. Il suo lavoro è stato anche umanamente ricompensato dai suoi cittadini che lo hanno eletto uomo dell'anno. A volte però capita che i caratteri più buoni nascondano un impensabile lato oscuro. Una parte buia della personalità che una molla può scatenare. In questo caso arriva la triste notizia della morte del figlio, per overdose secondo le autorità, ipotesi che non convince Nils. Il cittadino modello si trasforma così in una lucidissima macchina assetata di vendetta e verità, che non avrà pietà di chiunque proverà ad ostacolare la sua prepotente rivalsa. La sua battaglia scatenerà un susseguirsi di grottesche situazioni, fino a coinvolgere le due bande di narcotrafficanti della città.
Commedia nera ed improbabili scazzottate nascondono (non troppo) l'ironia e le riflessioni di Moland sul genere umano e sulla società attuale. Si medita sugli usi e i costumi dei diversi paesi, si sbeffeggiano le facili etichette affibbiate ad intere popolazioni per mezzo di stereotipi e luoghi comuni. Si gioca col bigottismo. E c'è pure spazio per una divertente considerazione sulle politiche sociali "In un posto dove c’è sempre il sole non hai bisogno del Welfare. Raccogli una banana e sei apposto. Le persone si arrangiano. In Spagna sono nei guai, in portogallo sono nei guai, non parliamo poi della Grecia e dell'Italia, Tutti paesi caldi. il Sudamerica fa schifo, l'Africa anche, la California è quasi in bancarotta. O il sole o il Welfare". Personaggi molto caricati, dialoghi assurdi, divisione della storia in capitoli (in ordine di sparizione come suggerisce il titolo in Italiano, non tradotto letteralmente). Molto riporta al genere pulp di Tarantino. La bravura degli attori completa la pregevole opera, tutti bravi ad interpretare al meglio stati d'animo e indole dei propri ruoli (su tutti Stellan Skarsgård nei panni dell’impassibile Nils e Pål Sverre Hagen in quelli del l’egocentrico Conte).
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taxidriver
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mercoledì 11 febbraio 2015
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norwegian born killer
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Bel film. Padri vendicativi e madri distrutte dal dolore, figli ammazzati per sbaglio, gangster vegetariani e teste mozzate offerte in dono, malavitosi biondi e gay che limonano in macchina e padrini della mala albanese vestiti di nero, spalaneve loschi e morti a go-go.
Insomma, ci siamo quasi.
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lucov
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lunedì 26 gennaio 2015
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mai visto uno così....
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da vedere anche solo per capire chi si salverà alla fine del film!
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no_data
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lunedì 19 gennaio 2015
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sembra comedy ma non è. o forse sì.
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Poco commedia se non a sprazzi. All'inizio si fatica un po' a pensare il film come tale, più avanti viene fuori l'anima noir.
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filippo catani
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giovedì 15 gennaio 2015
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un padre giustiziere
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Norvegia. Più o meno negli stessi momenti in cui un uomo viene nominato cittadino dell'anno il figlio viene ucciso da una banda di trafficanti di droga. Il padre si metterà allora sulle tracce degli assassini scatenando una serie imprevedibile di eventi.
Qual'è l'operazione portata avanti da Moland? In pratica si tratta di trasformare la classica storia del padre vendicatore in una storia venata da umorismo nero e dialoghi più o meno assurdi il tutto in salsa nordica. Ora i riferimenti a Tarantino e non solo sono evidenti. Il fatto è che il film, pur essendo assolutamente godibile, non riesce a fare il salto di qualità e si inserisce nel reparto variazioni sul tema.
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Norvegia. Più o meno negli stessi momenti in cui un uomo viene nominato cittadino dell'anno il figlio viene ucciso da una banda di trafficanti di droga. Il padre si metterà allora sulle tracce degli assassini scatenando una serie imprevedibile di eventi.
Qual'è l'operazione portata avanti da Moland? In pratica si tratta di trasformare la classica storia del padre vendicatore in una storia venata da umorismo nero e dialoghi più o meno assurdi il tutto in salsa nordica. Ora i riferimenti a Tarantino e non solo sono evidenti. Il fatto è che il film, pur essendo assolutamente godibile, non riesce a fare il salto di qualità e si inserisce nel reparto variazioni sul tema. Bellissime le ambientazioni nordiche e la fotografia invernale che insieme ai caratteri di alcuni personaggi ricorda un po' il Minnessota di Frago. Skarsgàrd e Ganz fanno un ottima figura. Il titolo in italiano si riferisce al fatto che il film segue in ordine cronologico le vicende in base all'ordine di coloro che moriranno che saranno ricordati con il loro nome e il simbolo della loro religione.
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liuk!
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sabato 27 dicembre 2014
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ripetitivo
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Film norvegese che parte come thriller ma scade subito nel film d'azione con poca azione ed eccessiva ripetitività. Buono il cast ma da solo poco può fare quando mancano totalmente le idee. Pellicola fredda come l'ambientazione.
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