Le inquietudini degli Anni Settanta, la rivoluzione sessuale, la voglia di indipendenza delle donne, la difficoltà degli uomini di accettare un cambiamento epocale, tutte realtà ormai conclamate, ma che la regista Julia Dyer sceglie di inquadrare con gli occhi di chi, quella rivoluzione e quel cambiamento, lo subì in modo traumatico, e cioè gli adolescenti e i bambini che erano figli di quegli uomini e quelle donne così in crisi e concentrati sui propri problemi da essere incapaci di svolgere il ruolo di genitore, costringendo quei giovani a crescere in fretta in famiglie non più tradizionali ma neanche trasformate in qualcosa di compiuto.
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Le inquietudini degli Anni Settanta, la rivoluzione sessuale, la voglia di indipendenza delle donne, la difficoltà degli uomini di accettare un cambiamento epocale, tutte realtà ormai conclamate, ma che la regista Julia Dyer sceglie di inquadrare con gli occhi di chi, quella rivoluzione e quel cambiamento, lo subì in modo traumatico, e cioè gli adolescenti e i bambini che erano figli di quegli uomini e quelle donne così in crisi e concentrati sui propri problemi da essere incapaci di svolgere il ruolo di genitore, costringendo quei giovani a crescere in fretta in famiglie non più tradizionali ma neanche trasformate in qualcosa di compiuto. La famiglia in questione è quella dei Cantwell, il padre Martin avvocato, la madre Donna casalinga frustrata che beve troppi drink e diventa l'amante di uno dei loro più cari amici - che quasi tutte le sere con la moglie è ospite a casa Cantwell - e i loro quattro figli, unitissimi fra loro, abituati all'assenza fisica e psicologica dei genitori e stretti intorno a Maggie, la maggiore, una ragazza di quindici anni che ruba la pillola anticoncezionale e le sigarette alla madre ma che è molto più matura e responsabile di lei nell'accudire i fratelli. E' sera a casa Cantwell, gli adulti si ritirano in salotto a chiacchierare e i bambini salgono in soffitta, dove Maggie inizia a raccontare una storia che ha per protagonisti quattro fratelli che scappano di casa dopo che i loro genitori sono morti in un incidente aereo - metafora, desiderio, rabbia e giudizio si uniscono nella scelta del soggetto con dolente consapevolezza da parte dei quattro ragazzi - e mentre al piano di sotto si svolge un piccolo psicodramma in cui Donna confessa la propria relazione clandestina e Martin coinvolge Maggie per aiutarlo a convincere la madre a restare, incapace di affrontare da solo il suo dramma di uomo, al piano di sopra i bambini viaggiano nello spazio e nel tempo, in un paese dove non esistono adulti, nè menzogne, nè cattiveria, un sogno inconscio e palese, un bisogno primario di protezione negato nella proclamazione di indipendenza da chi adulto dovrebbe essere e invece non è. Finale amaro, senza sconti nè aperture, che cancella l'illusione che ogni bambino avrebbe diritto a coltivare nella propria casa e apre la strada ad un percorso in salita per chiunque abbia partecipato a quella notte senza ritorno. Asciutto, ben recitato - il padre trattenuto e vigliacco di John Hawkes è di grande intensità sotto l'apparente indifferenza - il film della Dyer sceglie un'ottica nuova per raccontare un'epoca cinematograficamente sfruttatissima e convince nel tratteggiare un'adolescenza sperduta, fragile e spaventata, ma ben decisa a non farsi strappare il futuro, dando inizio ad una società e ad un mondo fatto di ribellioni, fughe e rivendicazioni di libertà che oggi diamo per scontati ma che agli inizi degli Anni Settanta erano solo un progetto in fieri, e come tutti i processi di rinnovamento e cambiamento, confuso e doloroso quanto necessario.
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