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giuseppe fontana
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giovedì 4 settembre 2014
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il primo film che non esalta la mafia!
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Ho visto il film ad un anno dalla sua uscita, e precisamente oggi quando 32 anni fa uccidevano il Generale Dalla Chiesa. Il film ritrasmette il nostro essere bambini con quella stessa ingenuità e semplicità, lo definisco capolavoro, non di certo per il suo contenuto o la tecnica di ripresa, ma per il semplice fatto che per la prima volta nella storia del cinema italiano e non, PierFrancesco ha sovvertito i canoni della classica sceneggiatura dei film che parlano di mafia, finalmente una mafia direi "normale" fatta da persone che ci vivono accanto, non gente da emulare o esaltare anche negativamente, come si evince dalle ultime uscite sia al cinema che in tv, perché già anni fa c'è lo diceva il maestro Yoda di Star Wars, la forza oscura attrae e plagia per il suo potere la mente dei deboli.
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Ho visto il film ad un anno dalla sua uscita, e precisamente oggi quando 32 anni fa uccidevano il Generale Dalla Chiesa. Il film ritrasmette il nostro essere bambini con quella stessa ingenuità e semplicità, lo definisco capolavoro, non di certo per il suo contenuto o la tecnica di ripresa, ma per il semplice fatto che per la prima volta nella storia del cinema italiano e non, PierFrancesco ha sovvertito i canoni della classica sceneggiatura dei film che parlano di mafia, finalmente una mafia direi "normale" fatta da persone che ci vivono accanto, non gente da emulare o esaltare anche negativamente, come si evince dalle ultime uscite sia al cinema che in tv, perché già anni fa c'è lo diceva il maestro Yoda di Star Wars, la forza oscura attrae e plagia per il suo potere la mente dei deboli.... State attenti... Quello che ha fatto il buon vecchio caro PiF, figlio della generazione cartoon che combattevano il male con l'energia solare e spade laser, Bravo Piffo, finalmente un film che ci racconta del coraggio e della profonda umanità degli uomini che sono morti per noi, per difendere la nostra libertá! Per non dimenticare! GiF
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critichetti
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sabato 13 febbraio 2016
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insomma...
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Dirò la verità:sarebbero due stelle e mezzo,ma voglio fare il buono.Apprezzo molto infatti che PIf,al suo primo film,abbia voluto provare a fare un film comunque impegnato:non si è buttato cioè su una commedia che cerca solo di divertire,ma ha scelto di girarne uno,di cui ha curato anche la sceneggiatura,decisamente più complicato.Devo dire che è passato molto bene tra scene da commedia a scene invece drammatiche (e quando si parla dell'omicidio di Boris Giuliano ne è un esempio meraviglioso),con una rapidità da regista esperto,quindi da questo punto di vista merita un dieci pieno.Peccato,però,per alcuni errori piuttosto gravi,in primis la parte comica che (e mi dispiace dirlo) fa tutto fuorchè divertire.
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Dirò la verità:sarebbero due stelle e mezzo,ma voglio fare il buono.Apprezzo molto infatti che PIf,al suo primo film,abbia voluto provare a fare un film comunque impegnato:non si è buttato cioè su una commedia che cerca solo di divertire,ma ha scelto di girarne uno,di cui ha curato anche la sceneggiatura,decisamente più complicato.Devo dire che è passato molto bene tra scene da commedia a scene invece drammatiche (e quando si parla dell'omicidio di Boris Giuliano ne è un esempio meraviglioso),con una rapidità da regista esperto,quindi da questo punto di vista merita un dieci pieno.Peccato,però,per alcuni errori piuttosto gravi,in primis la parte comica che (e mi dispiace dirlo) fa tutto fuorchè divertire.Sono infatti una serie di equivoci che ormai sanno di già visto e una serie di tormentoni dosati abbastanza male.Ed essendo questo film prima di tutto una commedia è una pecca piuttosto grave.Peccato,perchè comunque Pif di comicità ne capisce parecchio.Poi mi dispiace ma anche sulla recitazione ne ho da ridire.Perchè a giudicare da come di mangia le parole,faccio veramente fatica a credere che l'attrice che interpreta Flora da piccola abbia passato una qualsiasi audizione,a meno che non si sia trovata per sua fortuna con altre più scarse di lei.Ma,volendo inquadrare questa pellicola come "opera prima",devo dire che Pif se l'è cavata.Anche se,in tutta onestà,specie con tutto il bailamme che il film si era portato dietro e viste le buonissime recensioni che tutt'oggi questa pellicola continua a ricevere,devo ammettere che sono un tantino deluso
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thetall82
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giovedì 27 febbraio 2014
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intelligente, ben fatto, gran bel film
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Sono rimasto impressionato positivamente da quest'opera prima di Pierfrancesco Diliberto in arte Pif di cui già apprezzo i reportage su MTV. Un film ben fatto, che tratta in modo leggere un tema drammatico e importante per il nostro Paese come quello della lotta alla mafia. Tramite la classica voce narrante di Pif, il film ripercorre la vita del protagonista Arturo (Pif) dalla nascita nel 1969 alla tarda adolescenza, intrecciando gli avvenimenti per lui più importanti (il concepimento, la prima cotta alle elementari...) con noti fatti di sangue delle lotte di mafia, le uccisioni di giudici e magistrati tra cui Pio La Torre, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino. Bella regia e bella fotografia, ottima interpretazione soprattutto di una Capotondi che parla spigliata e naturale con un perfetto accento siculo.
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Sono rimasto impressionato positivamente da quest'opera prima di Pierfrancesco Diliberto in arte Pif di cui già apprezzo i reportage su MTV. Un film ben fatto, che tratta in modo leggere un tema drammatico e importante per il nostro Paese come quello della lotta alla mafia. Tramite la classica voce narrante di Pif, il film ripercorre la vita del protagonista Arturo (Pif) dalla nascita nel 1969 alla tarda adolescenza, intrecciando gli avvenimenti per lui più importanti (il concepimento, la prima cotta alle elementari...) con noti fatti di sangue delle lotte di mafia, le uccisioni di giudici e magistrati tra cui Pio La Torre, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino. Bella regia e bella fotografia, ottima interpretazione soprattutto di una Capotondi che parla spigliata e naturale con un perfetto accento siculo. Film molto bello che consiglio a tutti.
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sciox
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sabato 1 marzo 2014
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qual è qil posto nella storia della gente di oggi?
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L’applauso del pubblico sui titoli di coda del film di Pif mi ha molto infastidito, perché è solo un applauso vuoto, meritato da chi ha saputo prendere in giro la mafia per 90 minuti rivolgendo l’attenzione del pubblico a quegli eroi di cui spesso l’Italia di oggi si dimentica, ma pur sempre vuoto. Qualcuno si chiederà - Perché? – E’ l’applauso di chi, uscito dal cinema, ritorna a prendere la mafia sul serio, in una vita fatta di omertà.
Intanto il programma scolastico di storia contemporanea si ferma a De Gasperi, ovviamente passando per il Risorgimento, l’Imperialismo, l’Unità d’Italia e le guerre mondiali, come se la storia italiana è solo quella fatta da Mazzini, Cavour, Garibaldi e Mussolini e allora mi chiedo qual è il posto nella storia della gente di oggi? Qualcuno asserisce che la politica attuale è la storia di domani, dovrei quindi accettare che ai miei figli si parli di Ruby e Berlusconi? Di Prodi, Letta e Renzi? O di Grillo? Credo che sia assai offensivo per quegli italiani che hanno sacrificati la propria vita per regalarci una Patria.
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L’applauso del pubblico sui titoli di coda del film di Pif mi ha molto infastidito, perché è solo un applauso vuoto, meritato da chi ha saputo prendere in giro la mafia per 90 minuti rivolgendo l’attenzione del pubblico a quegli eroi di cui spesso l’Italia di oggi si dimentica, ma pur sempre vuoto. Qualcuno si chiederà - Perché? – E’ l’applauso di chi, uscito dal cinema, ritorna a prendere la mafia sul serio, in una vita fatta di omertà.
Intanto il programma scolastico di storia contemporanea si ferma a De Gasperi, ovviamente passando per il Risorgimento, l’Imperialismo, l’Unità d’Italia e le guerre mondiali, come se la storia italiana è solo quella fatta da Mazzini, Cavour, Garibaldi e Mussolini e allora mi chiedo qual è il posto nella storia della gente di oggi? Qualcuno asserisce che la politica attuale è la storia di domani, dovrei quindi accettare che ai miei figli si parli di Ruby e Berlusconi? Di Prodi, Letta e Renzi? O di Grillo? Credo che sia assai offensivo per quegli italiani che hanno sacrificati la propria vita per regalarci una Patria. La scuola d’oggi non può pretendere di formare l’uomo del domani senza aggiornarsi. I giovani d’oggi sconoscono quanto sta accadendo intorno a loro, colpa di una società distrutta, di una scuola impreparata e di famiglie inesistenti. Si parla tanto di andare avanti ma di fatto istruzione, giustizia e politica in Italia sono fermi a parecchi decenni fa e mi chiedo se al governo convenga mantenere questa condizione sociale o se è proprio un tragico deficit. Il problema rimangono comunque i politici d’oggi a cui non sembra importargli molto del nostro Paese, mentre i media ne parlano come se fossero vip.
La scuola cominci a parlare dell’Italia attuale, dei veri esempi, qualcuno ha mai appreso tra i banchi la storia di Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Emanuele Basile, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Mario D’Aleo, Rocco Chinnici, Giuseppe Fava, Ninni Cassarà, Rosario Livatino, Libero Grassi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pino Puglisi, Serafino Famà e di molti altri ancora? Questi sono uomini che si sono davvero impegnati per lo Stato, togati, in uniforme, giornalisti, sacerdoti, gente che si è battuta per una Sicilia e per un’Italia libera, uomini che rappresentano idee, uomini il cui volto dilaniato dalla morte è il volto bello di un’Italia che lotta ancora per essere onesta. E quanti nomi nascondono i loro nomi! Mogli, figli, colleghi, tutti martiri di una guerra che nel 2014 si combatte ancora nell’assordante silenzio talvolta interrotto da un applauso, come se qualcuno credesse veramente che “La mafia uccide solo d’estate”.
Non si nasconda ai giovani la tragicità della lotta alla mafia che, seppur fatta di morte, è la via da percorrere per avere un’Italia onesta e degna di rispetto. Il tricolore che spesso si vede sventolare non merita indifferenza, piuttosto, rivolgergli un istante d’attenzione cambierebbe molte cose e l’applauso, un giorno, sarà sincero. Complimenti a Pif!
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nichi58
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martedì 12 agosto 2014
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bello, ma con un retrogusto amaro
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Lodevole nelle intenzioni, meno nei fondamentali richiesti per confezionare un film, quest'opera ha il pregio di parlare di mafia e di rievocare la terribile scia di sangue che si è portata dietro tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Più che l'invenzione di fare queta operazione attraverso gli occhi di un bambino (mi si consentirà, l'espediente meno convincente del film), l'opera di Pif (che, va detto,è qui alla sua opera prima), colpiscono come frustate le immagini di repertorio, ben impresse nella mente di chi quegli anni li ha vissuti, immagini di repertorio che rendono giustizia e memoria di eroi a chi, tra giudici e società civile, ci ha rimesso così terribilmente la vita.
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Lodevole nelle intenzioni, meno nei fondamentali richiesti per confezionare un film, quest'opera ha il pregio di parlare di mafia e di rievocare la terribile scia di sangue che si è portata dietro tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Più che l'invenzione di fare queta operazione attraverso gli occhi di un bambino (mi si consentirà, l'espediente meno convincente del film), l'opera di Pif (che, va detto,è qui alla sua opera prima), colpiscono come frustate le immagini di repertorio, ben impresse nella mente di chi quegli anni li ha vissuti, immagini di repertorio che rendono giustizia e memoria di eroi a chi, tra giudici e società civile, ci ha rimesso così terribilmente la vita. Però il vero limite del film è la sua, sia pur paradossale, inattualità: quella mafia, pur così sanguinaria, non esiste più, i criminali agiscono ben diversamente attrerso una rete molto, molto ramificata di connessioni con il potere politico ed economico. Molto più di un tempo, ed infatti l'Italia e anche un pezzo d'Europa sono l'odierna espressione della sinistra intraprendenza di questa multinazionale del crimine. Per questo il film di Pif lascia un retrogusto amaro, come se parlasse di cose avvenute – letteralmente – nel secolo scorso e spazzate via dalla realtà che abbiamo sotto gli occhi.
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rescart
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venerdì 3 gennaio 2014
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diderot docet
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Esprit d'escalier è, cito da Wikipedia, “un'espressione francese in uso anche in Italia dalla fine del XIX secolo che identifica quella particolare situazione nella quale una frase che si sarebbe voluta usare come replica immediata e vincente a una provocazione verbale, alla quale non si è saputo dare adeguata risposta, arriva in ritardo, quando si è ormai sulla 'scala' ed è troppo tardi per usarla.”
Il film di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, punta il dito su una mafia che ormai appartiene al passato. Una mafia non ancora globalizzata. Una mafia che faceva più paura della Camorra e della 'ndrangheta, oggi più minacciose di allora - citazione profetica di Andreotti nel film? Una mafia che, come ci insegna Camilleri con il suo inarrivabile commissario Montalbano, non usa più i metodi di vent'anni fa.
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Esprit d'escalier è, cito da Wikipedia, “un'espressione francese in uso anche in Italia dalla fine del XIX secolo che identifica quella particolare situazione nella quale una frase che si sarebbe voluta usare come replica immediata e vincente a una provocazione verbale, alla quale non si è saputo dare adeguata risposta, arriva in ritardo, quando si è ormai sulla 'scala' ed è troppo tardi per usarla.”
Il film di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, punta il dito su una mafia che ormai appartiene al passato. Una mafia non ancora globalizzata. Una mafia che faceva più paura della Camorra e della 'ndrangheta, oggi più minacciose di allora - citazione profetica di Andreotti nel film? Una mafia che, come ci insegna Camilleri con il suo inarrivabile commissario Montalbano, non usa più i metodi di vent'anni fa. Che metodi usi oggi la mafia ce lo dicono romanzi come “Resistere non serve a niente” di Walter Siti, premio Strega 2013. Certo non non si può imputare al modesto Pif di aver fatto un film di formazione, anziché un romanzo di formazione, anche se un racconto di tale genere lo aveva già pur scritto nel 2012. Né d'altronde si può imputare alla giuria del Torino Film Festival di non aver saputo riconoscere il grande esordio, il “masterpiece” nell'opera prima. E allora che dire degli applausi alla fine del film nelle sale cinematografiche, a cui ho personalmente assistito a Milano, testimoniati anche in alcuni commenti presenti in questo Forum? Forse questi applausi si possono interpretare nello stesso modo in cui i parenti di Peppino Impastato hanno commentato la facile strumentalizzazione commerciale di un eroe moderno? Non saprei. Certo applaudire non costa niente e ti fa fare bella figura. Sforzarsi di capire le dinamiche che oggi caratterizzano la nuova mafia nella finanza e nella politica è ben più faticoso. Anzi direi impossibile al di fuori di opere letterarie come quella d Siti, impresa assolutamente inaccessibile per un romanzo di formazione.
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scoop
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lunedì 6 gennaio 2014
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un remake alla woody
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Non è un nuovo Woody Allen, nè un inedito Woody Allen: è semplicemente il solito Woody Allen con anni di età e di carriera in più. E Blue Jasmine non ci dice nulla di più sullo stile tragicomico a cui ci ha abituato il regista statunitense: nevrosi, drink alcolici in cui affogare l'insoddisfazione, attimi di felicità che spezzano la tragicità della vita ("oasi qua e là, un po' di acqua nel deserto" spiega metaforicamente Allen, abbracciando il pessimismo di Schopenhauer: "La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia").
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Non è un nuovo Woody Allen, nè un inedito Woody Allen: è semplicemente il solito Woody Allen con anni di età e di carriera in più. E Blue Jasmine non ci dice nulla di più sullo stile tragicomico a cui ci ha abituato il regista statunitense: nevrosi, drink alcolici in cui affogare l'insoddisfazione, attimi di felicità che spezzano la tragicità della vita ("oasi qua e là, un po' di acqua nel deserto" spiega metaforicamente Allen, abbracciando il pessimismo di Schopenhauer: "La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia"). Nulla di nuovo quindi, l'uomo misero che si affanna per cercare un attimo di credibilità e notorietà di fronte ai suoi simili, e soprattutto di fronte a se stesso, è un tema portante in tutto il cinema di Allen, ben incarnato dai suoi personaggi tipici: attrici insoddisfatte e capricciose, uomini e donne incapaci di amare, volti a rifiutare quello che hanno per partire alla ricerca di quello che pensano di meritare.Il dramma personale e intimo permane anche in Blue Jasmine; a chi gli chiede se era sua intenzione girare un film sulla crisi attuale che coinvolge ricchi e poveri, il regista risponde rimarcando quella che è stata la sua volontà nel ricreare un dramma esclusivamente personale, del singolo, svuotato di ogni riferimento socioculturale.Ed è proprio questo punto a creare un distacco concettuale da Un tram che si chiama desiderio di Elia Kazan (1951); Blue Jasmine è un remake del film di Kazan ambientato ai giorni nostri e spogliato del suo contesto socioculturale, mentre Kazan in Un tram che si chiama desiderio crea personaggi e storie intrise della mentalità tipica degli anni '50 appartenente al sud degli Stati Uniti che influenzerà i suoi protagonisti. Quindi Woody Allen concentra la sua attenzione su una donna che, come Blanche di Kazan, è intrappolata in se stessa da se stessa. L'elemento inaspettato di Blue Jasmine che si discosta da uno dei temi più diffusi del cinema alleniano, ovvero il Caso, cioè il fatto che ci sia una forza maggiore che permette all'uomo di vincere o perdere la partita della vita indipendentemente dalla sua volontà o dalle sue azioni, è proprio la tragicità intrinseca al personaggio di Jasmine: Jasmine ha tutto e poi più nulla, è artefice del suo destino, è lei che lo fa accadere a causa del suo lato tragico, insoddisfatto, bipolare. Se Kazan sviluppa meglio il contesto e i vari personaggi che circondano la protagonista Blanche, Woody Allen tralascia luoghi e ambienti e pur ritraendo in modo stereotipato il mondo dei ricchi, falso, e quello dei poveri, vero, sottolinea come essi, in realtà, non sono poi così distanti perchè formati da persone accomunate da stessi sentimenti di gioia e di dolore: "I ricchi sono istruiti e potenti, ma commettono le stesse sciocchezze dei poveri. E sono ugualmente infelici". Inoltre Allen analizza meglio di Kazan la figura portante del film: Jasmine è una donna che non conosce se stessa, infatti ha creato un nome ben preciso che desse di lei una certa immagine agli occhi degli altri, che ha poca fiducia in sè perchè una romantica e quindi, per definizione, una donna bisognosa di un appoggio forte che le dia sicurezza, un uomo, da cui dipende e attraverso il quale vive successi finanziari e l'imprevisto fallimento. Jasmine recita una parte e quando non può più farlo, costretta a vivere nel mondo reale e ad utilizzare i suoi veri mezzi, continua imperterrita come un attore che recita le battute fuori di scena; ecco che molte volte si ritrova a parlare da sola, rivangando il passato, in una sequenza di flashback senza preavviso. E per quanto cerchi di accettare il suo declino vivendo in mezzo a gente "normale", finirà con l'essere vinta dall'onta del rifiuto e della negazione di quello che è e di ciò che la circonda.Woody Allen cerca di essere più realista del solito, anche se talvolta non rinuncia a mettere in ballo la carta della Fortuna che gioca a sfavore della protagonista. Riesce a inspessire ancora di più il personaggio di Jasmine, ma questo fa parte della sua capacità introspettiva, e a ricreare un efficace montaggio tra scene presenti e passate per catapultarci nel mondo confuso e pieno di risentimento della protagonista. Fotografia e inquadrature rimangono poco personalizzate e poco curate e sebbene Woody Allen non abbia mai parlato esplicitamente di Un tram che si chiama desiderio (l'idea per il film gli è stata suggerita da una storia raccontata da sua moglie), rimane il fatto che Blue Jasmine deve essere definito per forza un remake, senza per questo non coglierne pregi e difetti.
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[+] hai sbagliato film...
(di francesca72)
[ - ] hai sbagliato film...
[+] che ridere.... non hai sbagliato solo tu :)
(di kondor17)
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sciox
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sabato 1 marzo 2014
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qual è il posto nella storia della gente di oggi?
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L’applauso del pubblico sui titoli di coda del film di Pif mi ha molto infastidito, perché è solo un applauso vuoto, meritato da chi ha saputo prendere in giro la mafia per 90 minuti rivolgendo l’attenzione del pubblico a quegli eroi di cui spesso l’Italia di oggi si dimentica, ma pur sempre vuoto. Qualcuno si chiederà - Perché? – E’ l’applauso di chi, uscito dal cinema, ritorna a prendere la mafia sul serio, in una vita fatta di omertà.
Intanto il programma scolastico di storia contemporanea si ferma a De Gasperi, ovviamente passando per il Risorgimento, l’Imperialismo, l’Unità d’Italia e le guerre mondiali, come se la storia italiana è solo quella fatta da Mazzini, Cavour, Garibaldi e Mussolini e allora mi chiedo qual è il posto nella storia della gente di oggi? Qualcuno asserisce che la politica attuale è la storia di domani, dovrei quindi accettare che ai miei figli si parli di Ruby e Berlusconi? Di Prodi, Letta e Renzi? O di Grillo? Credo che sia assai offensivo per quegli italiani che hanno sacrificati la propria vita per regalarci una Patria.
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L’applauso del pubblico sui titoli di coda del film di Pif mi ha molto infastidito, perché è solo un applauso vuoto, meritato da chi ha saputo prendere in giro la mafia per 90 minuti rivolgendo l’attenzione del pubblico a quegli eroi di cui spesso l’Italia di oggi si dimentica, ma pur sempre vuoto. Qualcuno si chiederà - Perché? – E’ l’applauso di chi, uscito dal cinema, ritorna a prendere la mafia sul serio, in una vita fatta di omertà.
Intanto il programma scolastico di storia contemporanea si ferma a De Gasperi, ovviamente passando per il Risorgimento, l’Imperialismo, l’Unità d’Italia e le guerre mondiali, come se la storia italiana è solo quella fatta da Mazzini, Cavour, Garibaldi e Mussolini e allora mi chiedo qual è il posto nella storia della gente di oggi? Qualcuno asserisce che la politica attuale è la storia di domani, dovrei quindi accettare che ai miei figli si parli di Ruby e Berlusconi? Di Prodi, Letta e Renzi? O di Grillo? Credo che sia assai offensivo per quegli italiani che hanno sacrificati la propria vita per regalarci una Patria. La scuola d’oggi non può pretendere di formare l’uomo del domani senza aggiornarsi. I giovani d’oggi sconoscono quanto sta accadendo intorno a loro, colpa di una società distrutta, di una scuola impreparata e di famiglie inesistenti. Si parla tanto di andare avanti ma di fatto istruzione, giustizia e politica in Italia sono fermi a parecchi decenni fa e mi chiedo se al governo convenga mantenere questa condizione sociale o se è proprio un tragico deficit. Il problema rimangono comunque i politici d’oggi a cui non sembra importargli molto del nostro Paese, mentre i media ne parlano come se fossero vip.
La scuola cominci a parlare dell’Italia attuale, dei veri esempi, qualcuno ha mai appreso tra i banchi la storia di Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Emanuele Basile, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Mario D’Aleo, Rocco Chinnici, Giuseppe Fava, Ninni Cassarà, Rosario Livatino, Libero Grassi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pino Puglisi, Serafino Famà e di molti altri ancora? Questi sono uomini che si sono davvero impegnati per lo Stato, togati, in uniforme, giornalisti, sacerdoti, gente che si è battuta per una Sicilia e per un’Italia libera, uomini che rappresentano idee, uomini il cui volto dilaniato dalla morte è il volto bello di un’Italia che lotta ancora per essere onesta. E quanti nomi nascondono i loro nomi! Mogli, figli, colleghi, tutti martiri di una guerra che nel 2014 si combatte ancora nell’assordante silenzio talvolta interrotto da un applauso, come se qualcuno credesse veramente che “La mafia uccide solo d’estate”.
Non si nasconda ai giovani la tragicità della lotta alla mafia che, seppur fatta di morte, è la via da percorrere per avere un’Italia onesta e degna di rispetto. Il tricolore che spesso si vede sventolare non merita indifferenza, piuttosto, rivolgergli un istante d’attenzione cambierebbe molte cose e l’applauso, un giorno, sarà sincero. Complimenti a Pif!
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angelo bottiroli - giornalista
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sabato 7 dicembre 2013
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molto originale e bello, da vedere
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Può un comico come Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, diventato famoso grazie ad un programma televisivo come “Le iene” diventare autore e regista di un film serio, e per certi versi drammatico, sulla mafia siciliana di cui si è scritto di tutto e di più?
Ed è possibile che un comico possa aggiungere ancora qualcosa a tutto quello che è stato detto e scritto sugli “anni di piombo” dove la Sicilia salì agli onori della cronaca internazionale per le continue uccisioni come quelle del generale Dalla Chiesa, i Giudici Falcone e Borsellino e molti altri?
La risposta non soltanto è positiva, ma per certi versi strabiliante perché il film “La mafia uccide solo d’estate” di cui Pif è autore e regista è sicuramente qualcosa di nuovo ed originale ed è la mafia siciliana vista dagli occhi di un bambino figlio di un normale impiegato di banca.
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Può un comico come Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, diventato famoso grazie ad un programma televisivo come “Le iene” diventare autore e regista di un film serio, e per certi versi drammatico, sulla mafia siciliana di cui si è scritto di tutto e di più?
Ed è possibile che un comico possa aggiungere ancora qualcosa a tutto quello che è stato detto e scritto sugli “anni di piombo” dove la Sicilia salì agli onori della cronaca internazionale per le continue uccisioni come quelle del generale Dalla Chiesa, i Giudici Falcone e Borsellino e molti altri?
La risposta non soltanto è positiva, ma per certi versi strabiliante perché il film “La mafia uccide solo d’estate” di cui Pif è autore e regista è sicuramente qualcosa di nuovo ed originale ed è la mafia siciliana vista dagli occhi di un bambino figlio di un normale impiegato di banca.
Come consuetudine, non sto a raccontare la trama, perché bastano le prime righe iniziali che potete leggere dovunque per capire di cosa tratta il film. Mi soffermo invece su alcuni aspetti che mettono in risalto l’originalità della pellicola, come ad esempio l’inserimento degli attori del film in filmati che sembrano d’epoca dove le immagini sono chiaramente quelle di allora che si uniscono a quelle – originali – del funerale di Carlo Alberto dalla Chiesa e delle varie vittime della mafia.
L’attrice romana Cristiana Capotondi, che in fatto di bellezza non ha nulla da invidiare alle più gettonate attrici italiane di Hollywood, è perfetta nella parte della siciliana: l’inflessione che abbiamo già notato in altre pellicole è perfetta. Bravi tutti i bambini che recitano nel film,ma il tocco dell’artista, quello della genialità è il continuo richiamo ad Andreotti che è come un’ombra sempre presente: nei manifesti, nelle immagini delle trasmissioni originali di allora, persino nell’imitazione che il bambino Arturo fa del politico tra i più famosi d’Italia.
Tutti particolari che insieme all’idea di far vedere la mafia attraverso gli occhi di un bambino rendono Pif sicuramente più bravo come regista ed autore che non come attore.
Il film è sicuramente da vedere per la sua originalità e per la genialità di alcuni particolari che non possono passare inosservati.
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francesco2
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sabato 13 giugno 2015
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che delusione
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Il già popolare Pif decide di raccontare la mafia da due punti di vista, che non possono -E forse non devono neanche- annullarsi tra di loro: quella di palermitano e quella di bambino.
La parola "Racconto", in questo caso, assume una violenza autobiografica; ed anche se sarebbe presunzione entrare nella sua testa -Come in quella di chiunque-, si può ipotizzare che abbia scelto l'"Ironia" come cifra stilistica non per ridere sulla mafia, ma anzi per cogliere gli aspetti grotteschi di un fenomeno che, sotto l'aspetto culturale
-Ma anche economico- finisce per investire un'intera città , quando ufficialmente è circoscritto ad un'esigua minoranza di persone, evitando la complessa questione dei "Colletti bianchi".
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Il già popolare Pif decide di raccontare la mafia da due punti di vista, che non possono -E forse non devono neanche- annullarsi tra di loro: quella di palermitano e quella di bambino.
La parola "Racconto", in questo caso, assume una violenza autobiografica; ed anche se sarebbe presunzione entrare nella sua testa -Come in quella di chiunque-, si può ipotizzare che abbia scelto l'"Ironia" come cifra stilistica non per ridere sulla mafia, ma anzi per cogliere gli aspetti grotteschi di un fenomeno che, sotto l'aspetto culturale
-Ma anche economico- finisce per investire un'intera città , quando ufficialmente è circoscritto ad un'esigua minoranza di persone, evitando la complessa questione dei "Colletti bianchi".
Ma.
Ma l'ironia non c'entra col FOLKLORE, trappola ijn cui lui cade in pieno: certi personaggi non marginali, come i genitori, sono solo macchiette, e l"Argomento Andreotti" diventa una trovata stantia e ripetitiva, eccezion fatta -Parzialmente- per la situazione del TRavestimento", lasciata cadere forse troppo presto.
Ma del resto, senza una sceneggiatura -Per quanti film italiani dobbiamo usare questo termine?- adeguata, anche quest'idea avrebbe "Resistito"? Perché allora, e non me ne vogliate, elogiare Pif e non (Abbastanza) il Benigni di "Johnny Stecchino", con la sua mafia "Buccia di banana" e le sue battute sul "Traffico?" Del resto, a parte la scena del funerale dove Andreotti viene definitivamente "Sconfessato", ma che rischia di trasmettere quel senso di retorica che -Penso- vorrebbe evitare, il film mostra tutti suoi limiti col "Datore di lavoro" di PIF, il palermitano che "Ammicca al francese". Diventa una farsa (neanche) caricaturale nella scena dell'omicidio di Lima, che s'intreccia sempre di più con la storia d'amore del protagonista, con battute tipo: "Prima lavoravi per Lima, ora lo critichi?" "Ma l'ho fatto per stare con te". Ed a poco servono spunti come quello che precede la morte di Chinnici.
Il finale che non svelo, retorico molto retorico, mi fa rimpiangere anche un onesto film come "I cento passi" di Giordana, e mostra come esperimenti tipo "Tano da morire" (Realizzato da una non palermitana) siano difficilmente replicabili.
A proposito: chi scrive è nato e cresciuto a Palermo.
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