stefanocapasso
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lunedì 22 maggio 2017
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scelte d'amore
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La diciottenne Shira, figlia del rabbino della comunità ortodossa di Tel Aviv, sta per conoscere il fidanzato propostole dalla famiglia. I suoi sogni vengono infranti dalla morte durante il parto della sorella Esther. Rimasto solo con il figlio, Yochay, marito della sorella, valuta la possibilità di sposare una donna che vive in Belgio per dare una famiglia al figlio. Per evitare questo distacco la famiglia di Shira le chiede di sposare Yochay cosi che possa rimanere con loro insieme al bambino
Film molto bello, intenso e suggestivo questo di Rama Burshtein che ci porta dentro le tradizioni intime delle famiglie e delle comunità ebraiche. C’è sempre una luce bianca sulla scena che sembra simboleggiare la presenza di Dio, in nome del quale tutti i personaggi compiono le loro scelte.
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La diciottenne Shira, figlia del rabbino della comunità ortodossa di Tel Aviv, sta per conoscere il fidanzato propostole dalla famiglia. I suoi sogni vengono infranti dalla morte durante il parto della sorella Esther. Rimasto solo con il figlio, Yochay, marito della sorella, valuta la possibilità di sposare una donna che vive in Belgio per dare una famiglia al figlio. Per evitare questo distacco la famiglia di Shira le chiede di sposare Yochay cosi che possa rimanere con loro insieme al bambino
Film molto bello, intenso e suggestivo questo di Rama Burshtein che ci porta dentro le tradizioni intime delle famiglie e delle comunità ebraiche. C’è sempre una luce bianca sulla scena che sembra simboleggiare la presenza di Dio, in nome del quale tutti i personaggi compiono le loro scelte. Condizione che pone in bilico tra la costrizione e la possibilità di scelte che sono d’amore e che lasciano spazio anche alle contraddizioni personali, ai dubbi e ai ripensamenti. Perché quando si opera per un bene superiore la scelta giusta è stata già fatta.
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jacopo b98
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giovedì 18 luglio 2013
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un esordio di rara bellezza
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Una ragazza (Yaron) appartenente ad una famiglia di ebrei ortodossi è in attesa di sposarsi. Quando la sorella muore mettendo al mondo il figlio, i genitori le chiedono di sposare il vedovo (Klein) della sorella e di fare da madre al nipote. Esordio alla regia della Burshtein, anche sceneggiatrice, questo splendido film d’amore e sull’amore, molto al femminile, è uno dei migliori prodotti presentati a Venezia 69, dove ha vinto la Coppa Volpi, data ad un’attrice che ci regala un’interpretazione così straordinaria che persino gli Oscar avrebbero dovuto accorgersene. Naturalmente così non è stato. In realtà, visto che il Leone d’Oro è andato a Pietà di Kim Ki-Duk, forse la giuria avrebbe fatto meglio a premiare questo splendido film israeliano.
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Una ragazza (Yaron) appartenente ad una famiglia di ebrei ortodossi è in attesa di sposarsi. Quando la sorella muore mettendo al mondo il figlio, i genitori le chiedono di sposare il vedovo (Klein) della sorella e di fare da madre al nipote. Esordio alla regia della Burshtein, anche sceneggiatrice, questo splendido film d’amore e sull’amore, molto al femminile, è uno dei migliori prodotti presentati a Venezia 69, dove ha vinto la Coppa Volpi, data ad un’attrice che ci regala un’interpretazione così straordinaria che persino gli Oscar avrebbero dovuto accorgersene. Naturalmente così non è stato. In realtà, visto che il Leone d’Oro è andato a Pietà di Kim Ki-Duk, forse la giuria avrebbe fatto meglio a premiare questo splendido film israeliano. Diversissimo dal terribile film del coreano, per registro e delicatezza. Un esordio così fresco, originale e dolce non si vedeva da tempo. È la testimonianza di un cinema al femminile che può essere testimonianza di originalità e intelligenza. È un film su una società rimasta indietro, molto, che però può essere lo spunto per la nascita di un amore. E nel finale, quando Shira chiede a Yohai di sposarla, rimane il dubbio che sia per dovere o per vero amore. Bellissimo, da non perdere.
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rita branca
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venerdì 29 novembre 2013
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la sfortuna di non essere occidentale oggi
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La sposa promessa, film israeliano (2012) diretto da Rama Burshtein, con Hads Yaron, Yiftach Klein, Irit Sheleg, Chayim Sharir, Razia Israeli, Hila Feldman, Renana Raz, Ido Samuel.
Malinconico e interessantissimo film che apre uno squarcio sulla cultura ebraica, sui suoi rituali familiari e religiosi.
Il ritmo lento in cui la narrazione si dispiega sembra accentuare l’intensità della pena sofferta da Shila, una diciottenne che è stata chiesta in sposa dalla famiglia di un giovane, tenuto però in stand-by dai genitori di lei a causa della giovane età, nonostante il favorevole atteggiamento della ragazza che già sogna di sposarlo.
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La sposa promessa, film israeliano (2012) diretto da Rama Burshtein, con Hads Yaron, Yiftach Klein, Irit Sheleg, Chayim Sharir, Razia Israeli, Hila Feldman, Renana Raz, Ido Samuel.
Malinconico e interessantissimo film che apre uno squarcio sulla cultura ebraica, sui suoi rituali familiari e religiosi.
Il ritmo lento in cui la narrazione si dispiega sembra accentuare l’intensità della pena sofferta da Shila, una diciottenne che è stata chiesta in sposa dalla famiglia di un giovane, tenuto però in stand-by dai genitori di lei a causa della giovane età, nonostante il favorevole atteggiamento della ragazza che già sogna di sposarlo.
Quest’opera permette di affacciarsi su un contesto sociale in cui, come anche in occidente prima del XX secolo, l’unica ambizione femminile era quella del matrimonio, possibilmente con un uomo che consentisse di vivere una vita priva di preoccupazioni economiche, visto che l’unico ambito destinatole era quello domestico.
I sogni di Shila, ancora appena accennati, sono però tragicamente infranti quando la sorella maggiore perde la vita durante il parto del suo primo bambino e sua madre, nell’intento di tenere il piccolo vicino, manovra gli eventi in maniera tale da obbligarla a sposare il cognato rimasto vedovo.
Shila non si rassegna facilmente, ma alla fine, con la morte nel cuore, accetta la crudele ed egoistica imposizione materna.
Belle la fotografia e la colonna sonora, acuta e accurata l’analisi dell’animo femminile che la regista Rama Burshteincompie, stimolando riflessioni sulla differenza fra la vita femminile di oggi e di ieri nel mondo.
Da diffondere nella scuola.
Rita Branca
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filippo catani
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giovedì 10 marzo 2016
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la difficile scelta di una ragazza
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La comunità di ebrei ortodossi è sconvolta dalla prematura morte della moglie di un importante membro della comunità che si ritrova solo con un figlio appena nato. La famiglia della moglie, davanti alla possibilità che lui si trasferisca all'estero, gli propone di sposare la sorella.
Un film intenso ambientato nella comunità di ebrei ortodossi con i loro riti e i loro luoghi dove per esempio andare a fare la spesa. Ecco che una giovanissima ragazza che vive gli sconvolgimenti dei primi amori si trova improvvisamente catapultata in una situazione più grande di lei. E' giusto sposare il cognato rimasto vedovo? Soprattutto è giusto mettere da parte la propria vita e i propri sentimenti per obbedire a un comando della famiglia? La famiglia stessa è dilaniata dal dubbio; la madre è l'artefice dell'operazione, il padre non è convintissimo mentre la zia (zitella) è assolutamente contraria.
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La comunità di ebrei ortodossi è sconvolta dalla prematura morte della moglie di un importante membro della comunità che si ritrova solo con un figlio appena nato. La famiglia della moglie, davanti alla possibilità che lui si trasferisca all'estero, gli propone di sposare la sorella.
Un film intenso ambientato nella comunità di ebrei ortodossi con i loro riti e i loro luoghi dove per esempio andare a fare la spesa. Ecco che una giovanissima ragazza che vive gli sconvolgimenti dei primi amori si trova improvvisamente catapultata in una situazione più grande di lei. E' giusto sposare il cognato rimasto vedovo? Soprattutto è giusto mettere da parte la propria vita e i propri sentimenti per obbedire a un comando della famiglia? La famiglia stessa è dilaniata dal dubbio; la madre è l'artefice dell'operazione, il padre non è convintissimo mentre la zia (zitella) è assolutamente contraria. Un film che nel giro di ottanta minuti scarsi parla al cuore e non solo ed è impossibile non partecipare al dramma vissuto dalla bravissima protagonista premiata a Venezia.
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arnaco
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giovedì 21 aprile 2016
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amore
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Nonostante tutto congiuri a suo favore non riesco a provare empatia per Shira che pure è vittima di una cultura in cui sopravvivono molti rituali odiosi (ma è un giudizio soggettivo) tra cui quello del matrimonio combinato, per altro diffuso in altre comunità, non solo del passato. Il matrimonio combinato non significa necessariamente assenza di amore, che a volte può nascere dopo, ma anche durante il fidanzamento. Mi domando: Shira è innamorata del suo promesso sposo (non molto attraente in verità)? Non sembra proprio, almeno come spettatori non ce ne viene data nessuna evidenza; durante il colloquio con il cognato reclama solo di avere il diritto di sposare un suo coetaneo e va bene, la si potrebbe anche capire se il cognato fosse un vecchio repellente, ma invece ha solo qualche anno di più ed è pure belloccio.
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Nonostante tutto congiuri a suo favore non riesco a provare empatia per Shira che pure è vittima di una cultura in cui sopravvivono molti rituali odiosi (ma è un giudizio soggettivo) tra cui quello del matrimonio combinato, per altro diffuso in altre comunità, non solo del passato. Il matrimonio combinato non significa necessariamente assenza di amore, che a volte può nascere dopo, ma anche durante il fidanzamento. Mi domando: Shira è innamorata del suo promesso sposo (non molto attraente in verità)? Non sembra proprio, almeno come spettatori non ce ne viene data nessuna evidenza; durante il colloquio con il cognato reclama solo di avere il diritto di sposare un suo coetaneo e va bene, la si potrebbe anche capire se il cognato fosse un vecchio repellente, ma invece ha solo qualche anno di più ed è pure belloccio. E poi non è vero che l'amore non ha età? In quanto a lui, il cognato, pare che fosse innamoratissimo della moglie (quella che muore partorendo il bambino che diventerà la causa involontaria di tutto il dramma), ma di Shira? Direi di no; è vero che lo si vede piangere, ma è solo per il suo orgoglio di uomo respinto. Alla fine l'unico amore è quello, un po' demenziale, della nonna per il nipotino neonato che non vuole le venga allontanato. E per impedirlo non si fa scrupolo di fare soffrire la figlia. Insomma, per farla breve, non direi che è un film d'amore, ma piuttosto un film sulla mancanza di amore. E non è a caso che l'unica persona a capire e cercare di evitare la sofferenza di Shira è la zia mutilata, che non ha mai conosciuto l'amore. A parte questo è un film molto interessante e, per quel che ne capisco, tecnicamente valido.
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angelo umana
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venerdì 30 novembre 2012
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riti e regole nella società ebraica
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Film dei riti e delle norme, familiari e religiose, da queste ultime sovente le prime dipendono e il risultato è che le donne stanno più spesso davanti ai fornelli o accudiscono i bambini, camminano dietro agli uomini in alcune circostanze e le vengono scelti, o proposti, i mariti. Gli uomini invece vanno in sinagoga, si dedicano alla preghiera e perciò affidano i bambini, come fagotti, a mani femminili; sono pure i maggiori attori, così sembra, di quei riti, nei canti ma anche nelle bevute.
Proprio le regole familiari non scritte creano la trama del film (e del libro da cui deriva) e le relative tensioni e struggimenti. Soprattutto da parte di Shira, diciottenne desiderosa di convolare a nozze: molto espressivo il suo viso nell’ansia di conoscere, in un supermercato, il fidanzato designato.
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Film dei riti e delle norme, familiari e religiose, da queste ultime sovente le prime dipendono e il risultato è che le donne stanno più spesso davanti ai fornelli o accudiscono i bambini, camminano dietro agli uomini in alcune circostanze e le vengono scelti, o proposti, i mariti. Gli uomini invece vanno in sinagoga, si dedicano alla preghiera e perciò affidano i bambini, come fagotti, a mani femminili; sono pure i maggiori attori, così sembra, di quei riti, nei canti ma anche nelle bevute.
Proprio le regole familiari non scritte creano la trama del film (e del libro da cui deriva) e le relative tensioni e struggimenti. Soprattutto da parte di Shira, diciottenne desiderosa di convolare a nozze: molto espressivo il suo viso nell’ansia di conoscere, in un supermercato, il fidanzato designato. Nei disegni della madre c’è però per lei un’unione strategica con Yochai, uomo avvenente rimasto vedovo della sorella di Shira, Esther, morta nel parto che ha dato la luce al piccolo Mordechai. A questo modo il bambino resterà nella famiglia, di lui già si occupa con successo la stessa Shira (la sua fisarmonica lo tranquillizza) e la nonna non lo perderà di vista.
E’ un film principalmente di silenzi e di sguardi, tutti più eloquenti dei dialoghi, soprattutto quelli tra Yochai e Shira, che risultano spesso banali, solo funzionali alle complicazioni e all’attesa che tra i due si crea. A Shira appariva dapprima sacrilego occupare il posto che è stato di sua sorella, dice al rabbino che vuole conoscere le sue intenzioni: “Non è una questione di sentimenti, c’è un compito da svolgere e vorrei che tutti fossero soddisfatti di me”. Questo “compito” diventerà pian piano attesa e attrazione, coronata da un emozionatissimo prematrimonio e dalla promettente scena finale dei due che la sera delle nozze si trovano per la prima volta del tutto soli nella stanza da letto.
Potrebbe risultare insussistente il film, per una trama molto semplice, salvo che per i costumi e gli usi ebraici che ci fa conoscere, per i quali bisogna avere rispetto senza contrapporvi sbrigativamente comportamenti occidentali: una società dove sono più gli uomini a rappresentare e a rappresentarsi, ma dove le donne guidano. Risulta invece emozionante attraverso gli occhi trepidanti di Shira (Coppa Volpi al Festival di Venezia per la migliore interprete femminile), il vuoto della trama viene colmato dal suo viso che attende, ma non sarà per questo che il titolo originale sia “Fill the void”.
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fabiana dantinelli
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martedì 11 giugno 2013
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l'incerto esordio di rama burshtein
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Una giovane donna in una comunità patriarcale, un lutto improvviso e una scelta difficile, le premesse per un dramma filmico interessante c'erano tutte, per di più viste le istanze narrative non originalissime, ci si poteva aspettare l'inaspettato, perchè no, un intreccio sorprendente, un finale non scontato. Ma l'opera prima della regista Rama Burshtein deludicchia e nemmeno poco e dire che la “director” in questione è nata a New York e ha studiato in una scuola di cinema a Gerusalemme, anche qui un’anteprima niente male. Eppure questa versione intimista di una comunità rabbinica di Tel Aviv, dove l’acerba Shira si trova pressata a sostituire il ruolo di moglie e madre della defunta sorella Esther, sembra proprio non spiccare il volo.
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Una giovane donna in una comunità patriarcale, un lutto improvviso e una scelta difficile, le premesse per un dramma filmico interessante c'erano tutte, per di più viste le istanze narrative non originalissime, ci si poteva aspettare l'inaspettato, perchè no, un intreccio sorprendente, un finale non scontato. Ma l'opera prima della regista Rama Burshtein deludicchia e nemmeno poco e dire che la “director” in questione è nata a New York e ha studiato in una scuola di cinema a Gerusalemme, anche qui un’anteprima niente male. Eppure questa versione intimista di una comunità rabbinica di Tel Aviv, dove l’acerba Shira si trova pressata a sostituire il ruolo di moglie e madre della defunta sorella Esther, sembra proprio non spiccare il volo. Eh sì perché fra amiche e parenti in trepidante attesa di sospiratissime nozze combinate, anche qui un’occasione sprecata nel personaggio di Frida, la storia accenna ad un crescendo d’inquietudine interiore nella protagonista che però finisce per non coinvolgere né convincere lo spettatore, forse anche perché accenna e basta. Sorvolando sulla tristezza di certe convenzioni un po’ primitive, ma ahinoi non ci si metta pure il giudizio teoretico o non se ne esce più, quello che poteva essere un costrutto di malessere, fragilità, magari segreti oscuri inevitabilmente fatali sulla parabola esistenziale della “sposa promessa”, si riduce infine ad un sempliciotto melange religioso dove cupi riccioloni barbuti non fanno che cantare, pregare e decidere delle sorti di figlie, sorelle, zie e compagini femminili varie. Sarà che quando una donna con questa formazione e con quelle origini, si mette dietro la macchina da presa, forse le aspettative sono già alte, a prescindere, dopotutto non è certo un brutto film, semplicemente non ha niente da dire, o forse “Fill in the void”, riempire il vuoto, questo il titolo originale della pellicola, banalmente esplicativo, ha già detto tutto. Bella la fotografia, ottima l’interpretazione di Hadas Yaron, peccato per la mancata complicità con la bravissima Razia Israeli, la zia monca e zitella che poteva darci più soddisfazioni. Due stellette, avide avide.
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flyanto
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martedì 20 novembre 2012
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quando il matrimonio diventa un dovere
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Film sulla difficile scelta che una giovane donna, gia' promessa sposa ad un suo coetaneo, deve prendere riguardo il fatto di sposare o meno il cognato più anziano di lei ormai rimasto vedovo dopo la morte di parto della sorella. Molto ben girato, nonostante sia un'opera prima da parte del regista, e molto toccante per il travaglio interno sofferto dalla protagonista, cosi' ligia alle tradizioni della comunità' ebraica ortodossa in cui ella vive e di cui fa parte. Un'ottimo spunto al fine di riflettere sulle assurde ed ormai desuete leggi che regolano certe comunità'.
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gabriele.vertullo
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martedì 20 novembre 2012
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elegante ritratto di una storia borghese
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La Sposa Promessa è un film che colpisce per la sua sottile delicatezza e conquista per la sua estrema raffinatezza. Questa straordinaria ricerca estetica non è mai fine a se stessa, ma si stende come un velo a celare le radicate ipocrisie di un sistema immobile e regolato, che non può permettersi deviazioni. La storia si sviluppa in sequenze di soave luminosità e musicalità, improvvisamente ottenebrate dalle ombre di un destino ineluttabile, così che quando le immagini sembrano raggiungere il più alto grado d’evanescenza, lo spettatore viene precipitato nuovamente nei cinici meccanismi della realtà.
Shira è una giovane ragazza ebrea cha attende con entusiasmo ed emozione il giorno delle nozze con il suo futuro sposo presceltole dalla famiglia.
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La Sposa Promessa è un film che colpisce per la sua sottile delicatezza e conquista per la sua estrema raffinatezza. Questa straordinaria ricerca estetica non è mai fine a se stessa, ma si stende come un velo a celare le radicate ipocrisie di un sistema immobile e regolato, che non può permettersi deviazioni. La storia si sviluppa in sequenze di soave luminosità e musicalità, improvvisamente ottenebrate dalle ombre di un destino ineluttabile, così che quando le immagini sembrano raggiungere il più alto grado d’evanescenza, lo spettatore viene precipitato nuovamente nei cinici meccanismi della realtà.
Shira è una giovane ragazza ebrea cha attende con entusiasmo ed emozione il giorno delle nozze con il suo futuro sposo presceltole dalla famiglia. La situazione si complica drasticamente quando sua sorella maggiore, gravida al nono mese, muore durante il parto. I genitori di Shira, per evitare che il loro nipote venga portato via dal padre destinato in nuove nozze ad una donna belga, intimano la giovane figlia di sposare il cognato e di crescere il piccolo bambino. Da questo momento tutte le aspettative e le gioie fantasticate da Shira si dissolvono, innescando un turbamento interno sulla legittimità delle linee familiari.
Il teatro di La Sposa Promessa è il mondo dell’alta “borghesia” ebraica, configurata con tutte le convenzioni e i canoni che la regolano, che non rinuncia alle menzogne e agli inganni pur di preservare un equilibrio cercato più che prestabilito, e che vede nel matrimonio il traguardo ultimo della stabilità e della felicità della vita; emblematico si inserisce il personaggio dell’amica di Shira, che polarizza la compassione di tutte le donne poiché ignorata dai ragazzi.
La storia è supportata e sostanziata da immagini di notevole eleganza visiva: la regista gioca con i colori, sperimentando efficacissime e ardite combinazioni cromatiche, che si traducono in atmosfere evocative e suggestive. Straordinario è il vastissimo repertorio dei costumi dei personaggi, e di come gli abiti si caricano di valenza e si adeguano ad ogni circostanza.
La Sposa Promessa è la storia della precoce maturazione di una giovane donna in una realtà che acquista i tratti dell’anti-fiaba, l’odissea di un’anima nobile e sensibile, che tra liturgie e riti religiosi cela tutte le sue tensioni e i dolori, che occasionalmente si esternano in lacrime e solchi sul dolce viso della bravissima protagonista.
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lukemisonofattotuopadre
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martedì 4 settembre 2012
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notevole: dramma claustrofobico
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Ho visto uno dei migliori debutti di sempre. Fill the Void parla delle difficoltà e dei problemi che le persone devono sopportare quando la religione (portata all'estremo) e la tradizione della e nella loro comunità (chassidica in questo caso) li soffoca.
E' solo a causa di regole rigorose, vecchie e stupide che Shira non può sposare l'uomo che ama ( viene rifiutata dai genitori) di sposare Yochai, marito in lutto e padre che vorrebbe stare da solo nel dolore . Ma le regole sono regole e deve sposarsi di nuovo. Ester, la moglie morta, deve (o almeno questo è quello che accade) essere dimenticata molto rapidamente. Ed è solo per via della meravigliosa, rigorosa, perfetta regia di Rama Burshtein che ci si può godere il film, giudicare per proprio conto, vedere buoni attori, ascoltare buona musica, imparare cose su una religione sconosciuta (per quanto odiosa), capire che le persone che hanno il potere lo usano tutti allo stesso modo, fino a capire di aver visto un film davvero buono.
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Ho visto uno dei migliori debutti di sempre. Fill the Void parla delle difficoltà e dei problemi che le persone devono sopportare quando la religione (portata all'estremo) e la tradizione della e nella loro comunità (chassidica in questo caso) li soffoca.
E' solo a causa di regole rigorose, vecchie e stupide che Shira non può sposare l'uomo che ama ( viene rifiutata dai genitori) di sposare Yochai, marito in lutto e padre che vorrebbe stare da solo nel dolore . Ma le regole sono regole e deve sposarsi di nuovo. Ester, la moglie morta, deve (o almeno questo è quello che accade) essere dimenticata molto rapidamente. Ed è solo per via della meravigliosa, rigorosa, perfetta regia di Rama Burshtein che ci si può godere il film, giudicare per proprio conto, vedere buoni attori, ascoltare buona musica, imparare cose su una religione sconosciuta (per quanto odiosa), capire che le persone che hanno il potere lo usano tutti allo stesso modo, fino a capire di aver visto un film davvero buono.
Vorrei sottolineare due cose che ho apprezzato di più:
1) Io non sono esperto di tradizioni ebraiche o di ortodossi ebrei: questo film mi dice di più e, dato che sono curioso, questo è molto piacevole;
2) Mi viene permesso di pensare ciò che più mi aggrada di questa comunità e delle sofferenze di Shira e Yochai, i due protagonisti: condanno la comunità per il suo fanatismo, la madre di Shira per la sua stupida gelosia e simpatizzo con il dolore di entrambi i personaggi. Alcuni hanno visto semplicemente una storia d'amore: per me c'è di più.
È interessante notare che questi ebrei ortodossi sono ipocriti come dei cattolici! Per tutto il film, continuano a dire a Shira che lei non è costretta a sposare Yochai, ma lo è! In alcuni paesi musulmani le donne sono costrette a fare quello che le viene detto, non possono neanche a parlare in presenza di uomini (questo accade anche in questo film mentre gli uomini cantano -le donne non possono, perché essere una donna è una cattiva scelta in ogni religione), sono spesso picchiate, ma anche qui il risultato è simile, più o meno lo stesso.
Quindi, credo che questo è ciò che il film dice - tutto sommato Bursthein Rama è una donna.
Ricorderò sempre il finale: Yochai e Shira, sposato da poco, entrano sorridenti nella loro camera da letto, si guardano l'un l'altro - e il loro sorriso è sparito.
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[+] luke, penso che tu fraintenda
(di fiat lux)
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