Cesare deve morire

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Un film di Paolo Taviani, Vittorio Taviani. Con Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri, Antonio Frasca, Juan Dario Bonetti.
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Docu-fiction, durata 77 min. - Italia 2012. - Sacher uscita venerdì 2 marzo 2012. MYMONETRO Cesare deve morire * * * 1/2 - valutazione media: 3,75 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   
rmarci 05 martedì 9 luglio 2019
un film geniale, necessario e coraggioso Valutazione 4 stelle su cinque
100%
No
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I fratelli Taviani, acclamati autori del cinema italiano contemporaneo, riesumano il Giulio Cesare di W. Shakespeare trasportandolo all'interno degli ambienti inospitali e decadenti del carcere di Rebibbia in un film estremamente originale, che ha il principale merito di far scoprire l'arte ai detenuti rendendoli consapevoli del patrimonio culturale che hanno perduto e sottolineando l'importanza che l'arte può avere come strumento per un percorso di redenzione, di riscatto sociale. Ciò avviene grazie anche alla recitazione in dialetto, in modo che gli interpreti possano immedesimarsi maggiormente nei personaggi fino a ritrovare loro stessi all'interno dell'opera di Shakespeare, un testo letterario notoriamente senza tempo che affronta tematiche ancora oggi molto attuali come la congiura, il tradimento, le menzogne, la perdita ed il prezzo del potere. [+]

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andrea'70 venerdì 30 marzo 2012
'da quando ho conosciuto l'arte,questa cella è ... Valutazione 5 stelle su cinque
56%
No
44%

E chi si aspettava dai F.lli Taviani a 80 passati(e dopo qualche film un pò sottotono),un film così potente e fresco,sperimentale come neanche un regista trentenne saprebbe fare! Andatelo a vedere a tutti i costi e soprattutto in sala,solo lì vi arriveranno tutte le magnifiche emozioni che suscita. Ringraziamo F.Cavalli per il suo impegno civile,per far nascere in questi uomini che hanno sbagliato(e stanno pagando per questo a Rebibbia)la passione per l'arte che redime una vita e può riempire il tedio del carcere.Eccellente la scelta degli attori(tutti perfetti!)che stranamente mi hanno ricordato fisicamente quelli del classico film di Mankiewicz ma non hanno niente da invidiargli(e non hanno la frangetta che tanto faceva sorridere R. [+]

[+] finzion e realtà "cesare deve morire" (di ifigenia)
[+] la vita imita l'arte (di andrea'70)
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dario giovedì 4 giugno 2015
originale Valutazione 3 stelle su cinque
100%
No
0%

Gli nuoce la mancanza di narrazione. Le scene sono a se stanti e risentono della solita teatralità, tipica delle opere tratte da testi classici. Si decanta più che recitare. Non poco gli attori (improvvisati) riescono a contenere il fenomeno grazie ad una semplicità che li fa convincenti, molto più di tanti professionisti. Regia manierata ma efficace, meglio scenografia e fotografia. Belle le metafore sottese.   

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pensierocivile lunedì 4 febbraio 2013
nessuno sciopero della fame Valutazione 3 stelle su cinque
0%
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Film importante, doloroso, coraggioso, vitale, che va ben al di là della resa cinematografica, comunque di buon livello. I Taviani non gridano, lasciano che a raccontare sia il teatro, la preparazione, la possibilità di partecipare e, ignorando ogni artificio retorico, arrivano ai valori assoluti senza bisogno di alcuno sciopero della fame. Terribile è l'avvio, ripreso poi nel finale, con il ritorno alla "vita" o in attesa di poter raccontare altro, terribili sono quelle celle che si chiudono dopo una gioia, ma non c'è assoluzione, il racconto è racconto, le condanne sono un timbro sotto i volti. CESARE DEVE MORIRE raggiunge vette di grande cinema nell'uso degli ambienti, laddove il carcere scompare, scenografia fantastica e crudele, "sfruttato" per l'attesa del giorno dello spettacolo. [+]

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enzo70 martedì 4 febbraio 2014
un film necessario per capire Valutazione 4 stelle su cinque
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“Fine pena mai” il sottotitolo all’inizio del film, film che finisce con questa frase: “da quando ho conosciuto l’arte questa cella è diventata una prigione”. Film di rara potenza e freschezza espressiva, esercizio durissimo di trasposizione di dolore e speranza, dove la seconda prevale sulla prima, il cinema italiano matura un debito enorme con questi due registi ultraottantenni per un film su un tema attuale come quello della detenzione che ha il tono dell’eternità dell’arte di Shakespeare. Non c’è l’irriverenza di Nanni Loy nello splendido scugnizzi, i Taviani mettono sul proscenio i detenuti di Rebibbia, tutti con pene definitive importanti, il che significa una vita in carcere, e gli chiedono di interpretare un classico della tragedia di sempre, di farlo in dialetto, con semplicità, per non perdere il pathos del tradimento di Giulio Cesare da parte di Bruto. [+]

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enrichetti sabato 24 marzo 2012
conoscere con la poesia Valutazione 0 stelle su cinque
48%
No
52%

C'è un modo per arrivare al cuore delle questioni, anche quando si tratta di argomenti, come il carcere, intorno ai quali circola più immaginario che conoscenza. Il modo è la poesia. Nel 2007 Alessandro Angelini indagava i tormenti di un educatore penitenziario alle prese con il proprio padre detenuto (L'aria salata). Due anni dopo Davide Ferrario sbirciava dall'esterno un allestimento teatrale, sfiorando i muri del penitenziario (Tutta colpa di Giuda). 2012: i fratelli Taviani entrano in carcere, mettono in gioco se stessi, con sguardo fisico, viscerale, poetico. La poesia si immerge in quello che canta, si sporca, osa, sveste e si denuda. E allora entriamo con loro in una galera. [+]

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dario giovedì 4 giugno 2015
originale Valutazione 3 stelle su cinque
0%
No
100%

Gli nuoce la mancanza di narrazione. Non c'è crescita drammatica, ma tante scene teatralizzate, secondo la solita abitudine di decantare invece di recitare, tipica della messa in scena di testi classici. Non poco si salva grazie agli attori, più bravi, qui, di tanti professionisti. Regia rigida, manierata, ma sincera e d'effetto, Meglio la scenografia. Belle metafore all'interno. 

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olgadik domenica 11 marzo 2012
spontaneità e verità tra shakespeare e taviani Valutazione 5 stelle su cinque
44%
No
56%

 Cesare è morto e continuerà a morire, ma l’opera di Shakespeare vive perché è interprete di sentimenti universali ed analisi potente, per chi sappia leggerla, della psiche umana. A presentare una rilettura del “Giulio Cesare” del grande commediografo inglese sono i fratelli Taviani, collocandola in un contesto singolare di cui molto si parla in queste settimane con distratta attenzione. Il ritorno al cinema, dopo i sei anni trascorsi da “La masseria delle allodole”, ha fatto ritrovare al .pubblico la possibilità di veder ancora fuse in una grande opera le varie componenti che caratterizzano da sempre la produzione dei due fratelli: la cronaca che si trasforma in storia e questa in epica, le azioni umane come dettato delle passioni che si agitano nel profondo, l’inesorabilità del fato che in veste di giustizia condanna le persone alla morte quotidiana del penitenziario. [+]

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cristiana narducci lunedì 5 marzo 2012
piu' giovani dei giovani! Valutazione 4 stelle su cinque
48%
No
52%

Gli ottantenni fratelli Taviani dimostrano che si può essere più giovani dei giovani, se si hanno idee da proporre e se si sa come proporle! Questa pellicola non è solo arte, ma svolge anche una funzione sociale fondamentale: per chi è in carcere, scavando dentro le profondità di sé stessi in un processo di evoluzione, e per gli spettatori, trasmettendo il messaggio che persino l'individuo più distruttivo ed apparentemente reietto è pur sempre un essere umano degno di un'ulteriore possibilità. I fratelli Taviani in questo senso ci fanno intraprendere un processo educativo, dimostrazione che non esiste soltanto l'intrattenimento ma ci possono essere finalità ben più alte.

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desgi lunedì 19 marzo 2012
il dolore dignitoso di un destino tragico Valutazione 4 stelle su cinque
43%
No
57%

 I fratelli Taviani portano Shakespeare nel carcere di massima sicurezza a Rebibbia, improvvisano un provino per i detenuti, realizzano un cast e la tragedia può essere allestita. L'operazione, non nuova, del coinvolgimento di detenuti nella recitazione, viene qui condotta in modo intelligente, rovesciando gli schemi consueti: non più gli attori che recitano un testo, ma un autore, il grande Shakespeare, che attraverso la sua opera permette agli attori di rappresentare se stessi. Infatti, l'attenzione è tutta per gli attori, per i loro visi incredibilmente espressivi e belli, per i loro sguardi profondoi e taglienti, per i loro corpi dolenti e tatuati, per le loro pance flaccide che scuotono lo schermo, per le loro parlate gergali che aggiungono verità ad un testo già di per sè perfetto. [+]

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