Cesare deve morire |
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Un film di Paolo Taviani, Vittorio Taviani.
Con Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri, Antonio Frasca, Juan Dario Bonetti.
continua»
Docu-fiction,
durata 77 min.
- Italia 2012.
- Sacher
uscita venerdì 2 marzo 2012.
MYMONETRO
Cesare deve morire
valutazione media:
3,75
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il Giulio Cesare non muore maidi 24luceFeedback: 844 | altri commenti e recensioni di 24luce |
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sabato 10 marzo 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I fratelli Taviani sono venuti di persona all'Odeon di Firenze per presentarlo.Accolti da una vera ovazione, tributata prima dello spettacolo a questi ragazzi ottantenni di San Miniato. Un tributo ad una carriera artistica di prim'ordine, culminata con l'Orso d'Oro di questi giorni per “Cesare deve morire”. Dopo la visione si rimane così colpiti che l'unico desiderio è quello di starsene soli in mezzo al pubblico, per non distrarsi da quel senso di pienezza che dà la visione di un capolavoro. Alla presentazione gli interpreti del film sono elencati col nome proprio, a uno a uno, per ringraziarli, da Vittorio Taviani, che in questo modo li pone tutti sullo stesso piano,suggerendo l'importanza della partecipazione collettiva al successo del film. Come è noto sono detenuti del carcere di massima sicurezza di Rebibbia. Il copione è “tratto da” Giulio Cesare di Shakespeare. Dal racconto della genesi del film, tutto sembra casuale. A cominciare dall'insistenza di un amico che li informava che a Rebibbia i detenuti facevano Shakespeare. Sotto la guida di Fabio Cavalli, che da anni fa teatro coi detenuti. Quando i registi, infine, ci sono andati, hanno sentito una tale passione nel recitare (un “Piero e Francesca” in dialetto napoletano! ) che si son detti”Cosa aspettiamo? Facciamo un film. Se poi è un documentario, non importa”. Girato in un rigoroso e drammatico bianco e nero. Per le prove il set ha invaso tutto il carcere. Anche lì sembra un caso: le prove non le potevano fare nel teatro del carcere, perchè era in in restauro. Risultato : tutte le scene risultano prepotentemente vita vissuta. “Ma questa Roma è come lo paese mio!” dice quasi sovrappensiero in una prova l' interprete di Cassio. Si studiano la parte a memoria, con impegno, e via via che le dicono, le parole acquistano sempre più significato. Il “Giulio Cesare” pervade le loro notti e trascina negli eventi drammatici, anche i compagni di cella dei protagonisti principali. La prigione non c'è più , i corridoi esterni sono vie di Roma, quelli interni, i palazzi in cui si adunavano i congiurati, il cortile dove “Augusto” fa l'elogio funebre di “Cesare”, morto ai suoi piedi, è il Foro Romano. La famosa frase “Perché Bruto è un uomo d'onore”, ripetuta da Augusto, era espressione-dicono i Taviani- della vita di questi detenuti. E aggiungono: “Queste persone avevano dimestichezza col delitto. Quando dicevano le battute, dicevano cose che avevano conosciuto. Quegli spaventi e quegli orrori erano a loro congeniali. Gli stavano dentro, era qualcosa che gli apparteneva” Filmare i carcerati che dinamizzano ricordi sepolti e riescono ad esprimerli prendendo a prestito le parole di Shakespeare, che cos'è? E' un film, un'opera teatrale o il film di un'opera teatrale? Nessuna delle tre. Un capolavoro, proprio forse perchè non è classificabile. Frutto di un lavoro coraggioso fuori dgli schemi. Quello che si può dire con sicurezza è che questa opera è riuscita per il profondo rapporto che i registi hanno saputo instaurare con i detenuti. “Con loro si è creata complicità e amicizia”dicono infatti nella presentazione i Taviani. E aggiungono “Un'esperienza forte, drammatica e contradditoria, che dimostra che gli uomini possono cambiare” E se la riabilitazione dei carcerati fosse cosa da artisti?
LUCIA EVANGELISTI evanluci24@gmail.com
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