Happy pills, il secondo film dato in prima giornata al 63esimo Festival dei Popoli, è frutto di sette anni di riprese. Arnaud Robert e Paolo Woods documentano svariati modi in cui oggi molti sono protesi verso l’ottenimento della “felicità”. Utilizzano mezzi chimici , le pills del titolo, per ottenerla in tempi brevi, incuranti delle conseguenze. Sgomenta vedere cosa è felicità per molti dei personaggi descritti.
Ci sono i palestrati che gareggiano a suon di iniezioni nel petto per sviluppare i muscoli da Big Jim e poi si fanno fotografare in scenari diruti per far risaltare il corpo da statua che si ritrovano con l’applicazione costante. Agghiacciante constatare l’esistenza di persone che lo hanno come scopo di vita. Per incoraggiare queste pratiche sono stati creati concorsi che incoronano il più statuario.
C’è poi un giovane uomo gay che interpreta la felicità come possibilità di avere rapporti sessuali con il primo venuto senza vivere il terrore dell’Aids. Per questo scopo prende regolarmente un farmaco anti Aids, senza avere contratto la malattia.
Ben diverso, e per questo più accettabile, il personaggio di cui si descrivono le ultime ore di vita. E’ un anziano che parla della vita trascorsa come di un periodo ininterrotto di felicità, accanto ad una moglie amatissima per 45 anni. Quando lei è mancata, ha avuto la fortuna di una seconda moglie con cui stava vivendo un rapporto altrettanto soddisfacente. Qui dov’è la Chimica? Nell’eutanasia, che ha scelto di farsi fare per porre fine ad un cancro incurabile che gli produce forte dolore. Viene filmata l’ultima intervista, obbligatoria per legge, cui lo sottopongono per appurare la sua convinzione di farsi sopprimere con sostanze letali, con una decisione presa in assoluta libertà.
Tutte cose mai viste al Cinema, inquietanti. Ma l’episodio che tratta di eutanasia qui in Italia è il benvenuto, visto che le richieste dei cittadini su questo argomento sono disattese da tutti i governi.
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