the thin red line
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venerdì 7 novembre 2014
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un pugno sotto la cinta
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Mi capita di rado di dare 4 stelle ad un film ma questo le merita tutte. Per raccontare una storia come questa senza cadere in banalità o finali lieti e stucchevoli ci voleva coraggio dall'inizio alla fine e ciò non è mancato alla regista Lynne Ramsay che senza alcuno tatto ci colpisce sotto la cinta dove fa davvero male. Una madre prova in tutte le maniere a farsi amare da un figlio che la odia sin da piccolo senza un particolare motivo. Non riuscendoci, pur restando presente, lo abbandona a se stesso durante la crescita sperando che un giorno esso possa cambiare ma ciò non accade mai. La trama è narrata con la tecnica del salto temporale che ci permette di seguire l'evolversi degli eventi passati e presenti senza dirci troppo ne poco fino all'epilogo finale per nulla scontato come del resto tutto lo svolgimento della pellicola.
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Mi capita di rado di dare 4 stelle ad un film ma questo le merita tutte. Per raccontare una storia come questa senza cadere in banalità o finali lieti e stucchevoli ci voleva coraggio dall'inizio alla fine e ciò non è mancato alla regista Lynne Ramsay che senza alcuno tatto ci colpisce sotto la cinta dove fa davvero male. Una madre prova in tutte le maniere a farsi amare da un figlio che la odia sin da piccolo senza un particolare motivo. Non riuscendoci, pur restando presente, lo abbandona a se stesso durante la crescita sperando che un giorno esso possa cambiare ma ciò non accade mai. La trama è narrata con la tecnica del salto temporale che ci permette di seguire l'evolversi degli eventi passati e presenti senza dirci troppo ne poco fino all'epilogo finale per nulla scontato come del resto tutto lo svolgimento della pellicola. Nel presente una madre distrutta che vuole ricominciare, nel passato una madre distrutta che vorrebbe farla finita. L'assoluta mancanza di pace nella vita familiare della donna è insopportabile e ci fa torcere le budella, il fastidioso e tedioso comportamento del marito cieco di fronte a ciò che sta accadendo rende ancora più solitario il dramma della protagonista. Come già si capisce da sopra la sceneggiatura spietata e cruda all'estremo è la spina dorsale di questo film sostenuto pure da una regia dai colori forti e dalle tinte rosso sangue fin dal primo frame. Non si può immaginare nulla di peggio che avere un figlio che ti odia, ti diprezza e ti vorrebbe morta senza apparente motivo. Il male puro, senza causa, contrapposto all'amore incondizionato di una madre è il vero tema di questa pellicola gigantesca e passata sorprendentemente inosservata! Tilda Swinton è straordinaria, bisognerebbe clonarla, ma la sorpresa è Ezra Miller che duetta con lei per tutto il film con toni spregevoli con una naturalezza che appartiene solo ai grandi attori. Ecco come si confeziona un film. Ammirevole
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noia1
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martedì 7 aprile 2015
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sfiduciante gioiellino
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Una madre ed il proprio rapporto col figlioletto.
Film impressionante, una serie di porte aperte nella mente di una madre il cui dubbio è angosciante, incomprensibilmente, sforzatasi più che potesse, ci ha rimesso nella maniera peggiore senza neppure poter avere risposte.
Ciò che può fare è solo ricordare, sforzarsi il più possibile nell’accavallarsi di d’immagini disposte in lei, indizi, indizi fuorvianti, sentieri chiusi, suggerimenti insperati e sfiducianti loro malgrado.
Film freddissimo, a tratti inquietante, insistente su molti tratti tanto da lasciare il segno, perfetto sotto quasi tutti i punti di vista, accattivante, doloroso, e che, senza rispondere, crea dubbi che fiancheggiano qualsiasi famiglia, dubbi con cui si convive, irrisolvibili ed insopportabili.
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Una madre ed il proprio rapporto col figlioletto.
Film impressionante, una serie di porte aperte nella mente di una madre il cui dubbio è angosciante, incomprensibilmente, sforzatasi più che potesse, ci ha rimesso nella maniera peggiore senza neppure poter avere risposte.
Ciò che può fare è solo ricordare, sforzarsi il più possibile nell’accavallarsi di d’immagini disposte in lei, indizi, indizi fuorvianti, sentieri chiusi, suggerimenti insperati e sfiducianti loro malgrado.
Film freddissimo, a tratti inquietante, insistente su molti tratti tanto da lasciare il segno, perfetto sotto quasi tutti i punti di vista, accattivante, doloroso, e che, senza rispondere, crea dubbi che fiancheggiano qualsiasi famiglia, dubbi con cui si convive, irrisolvibili ed insopportabili.
Una madre fa tutto per il proprio figlio, lui però venera il padre, nemmeno con la sorella il rapporto è dei migliori, la piccola (come la madre) adora Kevin (il fratellone) lui però tratta entrambe al limite del crudele. Una persona che distrugge una famiglia, niente di eclatante, il solo puro odio. Nemmeno il faccia a faccia finale sarà confortante, un duro apologo sul rapporto tra familiari, un amore incomprensibilmente forte, assurdo eppure intenso.
Forse l’unica pecca è quella di calcare fin troppo sull’escalation di cattiverie psicologiche nel rapporto di famiglia, il fine meccanismo d’indagine tanto efficace si perde troppo presto nel clou della vicenda rimanendo tale per troppo ammosciando il ritmo e, se non abbastanza sensibili, anche annoiando.
Kevin si sente di peso per la madre? Sente un rapporto falso? L’amore del padre era più sincero? Vuole distruggere la famiglia? Tutto è nella mente di Eva.
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arual66
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sabato 4 luglio 2015
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swinton e miller in un faccia a faccia travolgente
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E' difficile recensire a caldo un film come questo, perchè "We need to talk about Kevin" (la traduzione italiana é abbastanza imbarazzante per quanto fosse difficile da sbagliare) è un film che disorienta, colpisce freneticamente lo spettatore nonostante il suoi ritmi dilatati. La sofferenza, le incomprensioni forse più apparenti che reali tra una madre e un figlio fanno da trampolino di lancio per scrutare nel più profondo lato oscuro che l'umanità nasconde. Kevin è un ragazzo "difficile" ma splendidamente umano nella sua follia, Eva una donna distrutta dall'obbligo della sua umanità. La Swinton, quasi irriconoscibile per aver abbandonato la regalità distintiva dei suoi ruoli, sembra quasi l'inquieta protagonista di un moderno Roemary's Baby, per come la macchina insegue i suoi sguardi, rincorrendo l'eterno incubo di un'esistenza segnata dalla strage architettata dal figlio, che nonstante fin da piccolo dimostrasse di odiarla, sembrerebbe aver risparmiato volontariamente proprio lei nel suo delirante, ma lucidissimo progetto.
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E' difficile recensire a caldo un film come questo, perchè "We need to talk about Kevin" (la traduzione italiana é abbastanza imbarazzante per quanto fosse difficile da sbagliare) è un film che disorienta, colpisce freneticamente lo spettatore nonostante il suoi ritmi dilatati. La sofferenza, le incomprensioni forse più apparenti che reali tra una madre e un figlio fanno da trampolino di lancio per scrutare nel più profondo lato oscuro che l'umanità nasconde. Kevin è un ragazzo "difficile" ma splendidamente umano nella sua follia, Eva una donna distrutta dall'obbligo della sua umanità. La Swinton, quasi irriconoscibile per aver abbandonato la regalità distintiva dei suoi ruoli, sembra quasi l'inquieta protagonista di un moderno Roemary's Baby, per come la macchina insegue i suoi sguardi, rincorrendo l'eterno incubo di un'esistenza segnata dalla strage architettata dal figlio, che nonstante fin da piccolo dimostrasse di odiarla, sembrerebbe aver risparmiato volontariamente proprio lei nel suo delirante, ma lucidissimo progetto. E il sangue sgorga da ogni parte del film, lo stesso sangue che scorre nelle vene di entrambi i protagonisti e che è quello delle vittime della scuola di Kevin, della sorella e del padre, che è la marmellata e la salsa di pomodoro nel supermercato (degna di nota la scena iniziale per il suo ruolo magistralmente disturbante e premonitore) e la vernice sulla facciata della casa. Durante tutto il film, vediamo la Swinton, tra un flash-back e l'altro, intenta a scrostare con forza la stessa vernice, sporcandosi continuamente, senza curarsene finchè non avrà terminato il suo lavoro. La pulizia della casa rappresenta la catarsi della madre che, come si intravede nel finale, potrebbe portare lo stesso Kevin a una speranza di redenzione. Eva non ha paura di sporcarsi perchè ha trovato il coraggio di affrontare la realtà, coraggio che non è più l'effimero conforto dato da valium e bottiglie di vino, ma dalla sola sua natura di madre.
Se la Swinton è stata particolarmente acclamata per questa sua prova, non sono stati riservati abbastanza menzioni positive a un intensissimo Ezra Miller, praticamente perfetto nella sua interpretazione di Kevin, nonostante fosse poco più che diciottenne.
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vale_75
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martedì 10 novembre 2020
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forma interessante per un film privo di sfumature
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Fatico esprimere un giudizio su E ora parliamo di Kevin. L'ho trovato un film troppo estremo a livello di caratterizzazione psicologica dei personaggi, e troppo insistito ed esplicito nei presunti simbolismi collegati al sangue. Il personaggio di Kevin è totalmente privo di sfumature (se non negli ultimi cinque minuti di film), è un bambino, e poi un ragazzo, satanico, l'assoluta incarnazione del male, è la spiegazione del figlio non voluto è decisamente semplicistica per spiegare l'orrore di tutto quello che segue.
Più interessante il montaggio che porta avanti in parallelo la vita solitaria di Eva dopo la strage e la vita di prima, che convergono verso il finale che è già stato rivelato da 1000 indizi.
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Fatico esprimere un giudizio su E ora parliamo di Kevin. L'ho trovato un film troppo estremo a livello di caratterizzazione psicologica dei personaggi, e troppo insistito ed esplicito nei presunti simbolismi collegati al sangue. Il personaggio di Kevin è totalmente privo di sfumature (se non negli ultimi cinque minuti di film), è un bambino, e poi un ragazzo, satanico, l'assoluta incarnazione del male, è la spiegazione del figlio non voluto è decisamente semplicistica per spiegare l'orrore di tutto quello che segue.
Più interessante il montaggio che porta avanti in parallelo la vita solitaria di Eva dopo la strage e la vita di prima, che convergono verso il finale che è già stato rivelato da 1000 indizi. Ottima tilda swinton, ma assolutamente improbabile l'accoppiata con Reily. Davvero strepitosi entrambi gli interpreti di Kevin.
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luca scialo
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giovedì 7 luglio 2022
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una gravidanza indesiderata genera un mostro
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Eva è una donna ricca di passioni ed è una donna in carriera, fino a quando una gravidanza indesiderata non frena quella vita così dinamica. Il rapporto con quel primo genito, Kevin, è complicato fin dall'inizio. Come se a quel bambino avesse trasferito tutta la sua insofferenza. E così da neonato piange in continuazione, da piccolo non interagisce con lei e continua a fargli dispetti, da adolescente è schivo e solitario. E sempre per farle un dispetto, si mostra affettuoso col padre, che così crede che sia Eva ad essere in difetto. Un crescendo di incomunicabilità e insofferenza, che porterà ad un tragico epilogo. Terzo film per Lynne Ramsay che traspone il non facile romanzo di Lionel Shriver.
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Eva è una donna ricca di passioni ed è una donna in carriera, fino a quando una gravidanza indesiderata non frena quella vita così dinamica. Il rapporto con quel primo genito, Kevin, è complicato fin dall'inizio. Come se a quel bambino avesse trasferito tutta la sua insofferenza. E così da neonato piange in continuazione, da piccolo non interagisce con lei e continua a fargli dispetti, da adolescente è schivo e solitario. E sempre per farle un dispetto, si mostra affettuoso col padre, che così crede che sia Eva ad essere in difetto. Un crescendo di incomunicabilità e insofferenza, che porterà ad un tragico epilogo. Terzo film per Lynne Ramsay che traspone il non facile romanzo di Lionel Shriver. Il film è disturbante, ma ben costruito, alternando presente e passato, come un tragico mosaico che si monta a poco a poco. Trasmettendo allo spettatore le sofferenze di una madre che sembra aver pietà per il figlio solo quando, ormai in carcere, mostra per la prima volta un'espressione preoccupata e un briciolo di umanità. La riuscita la si deve anche ad un cast ben assortito: dalla sempre intensa Tilda Swinton al volto imperscrutabile di Ezra Miller fino alla presenza del rassicurante terzo film, la regista Lynne Ramsay ha trovato ispirazione nel controverso romanzo di Lionel Shriver. Un padre mediatore che bilancia una famiglia destinata a cadere a pezzi, trascinando anche lui.
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rita branca
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venerdì 11 ottobre 2013
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un’incolmabile incomprensione
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E ora… parliamo di Kevin , film (2012) di Lynne Ramsay, con Tilsa Swinton, Ezra Miller, John C. Reilly, Jasper Newell, Rocky Duer
Film altamente drammatico sull’impossibile rapporto fra un figlio ipersensibile ed una madre troppo algida, inadeguata al suo ruolo, quantomeno con Kevin, quel figlio.
Il tema riguarda una famiglia americana benestante in cui i coniugi sembrano amarsi, lui rotondetto e sempre amorevole e sorridente con tutti, lei poco espansiva, introversa, delicata e facilmente vulnerabile, mai sorridente, riservata, rigorosa, a volte anche un po’ dura e inflessibile nei giudizi, chiusa in schemi fissi, non lascia mai spazio ad errori emotivi, mai uno scatto, mai un grido che riveli una debolezza o bisogno di tenerezza.
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E ora… parliamo di Kevin , film (2012) di Lynne Ramsay, con Tilsa Swinton, Ezra Miller, John C. Reilly, Jasper Newell, Rocky Duer
Film altamente drammatico sull’impossibile rapporto fra un figlio ipersensibile ed una madre troppo algida, inadeguata al suo ruolo, quantomeno con Kevin, quel figlio.
Il tema riguarda una famiglia americana benestante in cui i coniugi sembrano amarsi, lui rotondetto e sempre amorevole e sorridente con tutti, lei poco espansiva, introversa, delicata e facilmente vulnerabile, mai sorridente, riservata, rigorosa, a volte anche un po’ dura e inflessibile nei giudizi, chiusa in schemi fissi, non lascia mai spazio ad errori emotivi, mai uno scatto, mai un grido che riveli una debolezza o bisogno di tenerezza. Dietro il suo volto pulito di forte sentore puritano, ogni delusione e motto del cuore sono severamente controllati, chiusi a chiave nella cassaforte della mente.
Kevin, il figlio in questione che ha un legame rilassato e affettuoso, normale insomma, col padre, è in perenne lotta con la madre: ogni sua azione è una dichiarazione di guerra a cui lei risponde con risentito silenzio, che evidentemente non placa il bambino, poi il ragazzo adolescente, che tenta espedienti sempre più estremi nell’intento di attrarre l’attenzione materna e sempre più inaccettabili da lei, nel provare a isolarla da qualunque altro affetto con i mezzi più crudeli.
Cosa si nasconde dietro questo non rapporto di tormenti? Forse la percezione fin dal grembo materno di non essere davvero benvenuti da chi conta nella vita di ciascuno?
Neanche nei momenti di massima tragedia di cui la protagonista è vittima, il dolore si scioglie in lacrime; forse è questo che l’infelicissimo Kevin ha sempre disperatamente cercato: una madre che mostrasse emozioni e calore che ne allentassero le tensioni di cui la vita lo aveva solo armato per affrontare il mondo, ma era l’amore che voleva, quello materno, poiché quello del padre e della sorellina non gli bastavano, anzi costituivano un’ulteriore barriera che lo distanziava dal nascosto cuore materno.
E ora… parliamo di Kevin è un film di grande spessore che offre numerosi spunti di riflessione a educatori, genitori e figli.
Splendida la fotografia, forti i contrasti di colore in cui spesso spicca il rosso, sconvolgente l’inquadratura iniziale in cui si vedono innumerevoli esseri umani che si contorcono come vermi a contatto troppo ravvicinato, metafora del desiderio di tenere a debita distanza gli altri verso cui si prova un’innata repulsione? Tantissimi i simboli disseminati nel film, mai banale nelle scelte fatte. Pregevole recitazione sia della Tilsa Swinton che dei vari attori che hanno svolto il ruolo di Kevin. Bella e efficace la colonna sonora.
Assolutamente degno di nota!
Rita Branca
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