time_traveler
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domenica 7 agosto 2011
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e se quessi fossero i tuoi ultimi secondi di vita?
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A dieci anni esatti da "Donnie Darko", Jake Gyllenhall si immerge di nuovo nell'affascinante tematica dei viaggi nel tempo. Il source code è un complicato meccanismo appena scoperto e impiegato dal governo statunitense per "guardare" nel passato. A questo compito è stato assegnato il capitano Stevens, che si ritrova catapultato su un treno pochi minuti di un primo attentato alla città di Chicago, nei panni di un passeggero. Il militare dovrà individuare l'attentatore ed impedire che un secondo attentato avvenga in pieno centro cittadino. Il film si riallaccia un pò a quanto già mostrato da Déjà-vu nel 2006, e propone il modello per cui esistano infinite realtà parallele, normalmente non comunicanti tra di loro.
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A dieci anni esatti da "Donnie Darko", Jake Gyllenhall si immerge di nuovo nell'affascinante tematica dei viaggi nel tempo. Il source code è un complicato meccanismo appena scoperto e impiegato dal governo statunitense per "guardare" nel passato. A questo compito è stato assegnato il capitano Stevens, che si ritrova catapultato su un treno pochi minuti di un primo attentato alla città di Chicago, nei panni di un passeggero. Il militare dovrà individuare l'attentatore ed impedire che un secondo attentato avvenga in pieno centro cittadino. Il film si riallaccia un pò a quanto già mostrato da Déjà-vu nel 2006, e propone il modello per cui esistano infinite realtà parallele, normalmente non comunicanti tra di loro. Il source code permette appunto ciò, permette di spostarsi da un livello all'altro e interagine con esso. Un film dal ritmo veloce e che lascia spazio anche all'amore. Un film che si lascia guardare e scoprire a mano a mano che il tempo (velocemente) passa. Bello, veramente piacevole e con un cast capacissimo di rendere verosimili i propri personaggi e i fatti descritti dalla pellicola. Promosso a pieni voti! Incantevole!
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bergamo73
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domenica 23 ottobre 2011
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quando l'arte è di famiglia
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Finchè sai che Duncan Jones è una bella speranza della Britannica regia va bene; quando ad un promettente esordio (Moon) segue un ottimo film come questo Source Code infatti, ti rendi conto di avere davanti uno di quei registi del quale non farsi scappare il prossimo film, e non è poco. Quando però scopri che il nome completo è Duncan Zowie Haywood Jones, cioè Zowie Bowie, figlio dell'immenso David Bowie e Mary Angela Barnett, proprio quello della canzone Kooks, allora un dubbio ti viene. Ti viene il dubbio che magari tra ventanni immenso sarà pure lui e così ce ne saranno due di fila. Una roba (permettetemi il poco culturale paragone calcistico) alla Cesare e Paolo Maldini.
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Finchè sai che Duncan Jones è una bella speranza della Britannica regia va bene; quando ad un promettente esordio (Moon) segue un ottimo film come questo Source Code infatti, ti rendi conto di avere davanti uno di quei registi del quale non farsi scappare il prossimo film, e non è poco. Quando però scopri che il nome completo è Duncan Zowie Haywood Jones, cioè Zowie Bowie, figlio dell'immenso David Bowie e Mary Angela Barnett, proprio quello della canzone Kooks, allora un dubbio ti viene. Ti viene il dubbio che magari tra ventanni immenso sarà pure lui e così ce ne saranno due di fila. Una roba (permettetemi il poco culturale paragone calcistico) alla Cesare e Paolo Maldini. Cose che non succedono poi così spesso insomma. La storia e la sceneggiatura sono di spessore, si parla di virtuale, reale, vite ed universi paralleli, fisica quantistica e medicina del futuro. Duncan Jones scende nel suo, laurea in filosofia, ed aggiunge metafisica, fantascienza metafora della condizione umana. Il connubio finale crea una piccola teoria delle stringhe fisico-cinematografica: materia, energia, tempo e spazio, tutte in una teoria, tutte in un film. La quinta stella in effetti non viene raggiunta per motivi in fondo veniali, come qualche milione di dollari di budget in più!! Il mondo degli "otto minuti" è recitato infatti in maniera estremamente credibile, quindi bravi Jake Gyllenhall e Michelle Monaghan, il resto invece soffre della mancanza di bravi caratteristi e si avvicina quasi ad una recitazione da serie tv. Anche le ambientazioni alla lunga risultano innaturalmente povere e limitanti, castrando il senso estetico. Motivi veniali come dicevamo, che non dipendono dalla sostanza quanto piuttosto dalla tornitura finale della forma. Peccato, perchè sui dettagli si costruiscono capolavori.
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marzaghetti
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venerdì 4 gennaio 2013
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avvincente fantathriller ricco di azione esplosiva
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Da uno spunto affascinante anche se non originalissimo (un po' “Matrix”, un po' “12 scimmie”, un po' “Ricomincio da capo”), Duncan Jones costruisce un avvincente fanta-thriller ricco di azione esplosiva, dialoghi non ovvii e continui colpi di scena. Gyllenhaal è una certezza nei ruoli dell'eroe spaesato (ricorda il giovane Harrison Ford), Michelle Monaghan è deliziosa e Vera Farmiga straccia tutti come intensità di recitazione. Valutazione: 3,75.
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donnie code
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lunedì 9 maggio 2011
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a spasso nel tempo
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Donnie è cresciuto. Ma non ha perso il suo vizio. Questa può essere a primo impatto la reazione di chiunque veda questo film , già perchè jake a distanza di 10 anni si trova protagonista di un film unico e irripetibile costantemente incalzante e pieno d'azione incentrato sul tema a lui più caro,che l'ha cresciuto possiamo dire,solo che stavolta non c'è Frank ad aiutarlo (o ad angosciarlo), ma solo la sua testa, l'unico elemento ancora 'vivo' del suo corpo, alle prese con un macchinario ingegnoso che lo riesce a portare indietro nel tempo esattamente fino ad otto minuti prima l'evento catastrofico affinchè possa evitare future catastrofi terroristiche riuscendo a cogliere i lineamenti dell'attentatore e dandogli quindi un nome, ma in questa immane tragedia di continua morte nella disperata ricerca dell'attentatore, si apre un barlume per l'anima del capitano, un barlume che profuma d'amore.
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Donnie è cresciuto. Ma non ha perso il suo vizio. Questa può essere a primo impatto la reazione di chiunque veda questo film , già perchè jake a distanza di 10 anni si trova protagonista di un film unico e irripetibile costantemente incalzante e pieno d'azione incentrato sul tema a lui più caro,che l'ha cresciuto possiamo dire,solo che stavolta non c'è Frank ad aiutarlo (o ad angosciarlo), ma solo la sua testa, l'unico elemento ancora 'vivo' del suo corpo, alle prese con un macchinario ingegnoso che lo riesce a portare indietro nel tempo esattamente fino ad otto minuti prima l'evento catastrofico affinchè possa evitare future catastrofi terroristiche riuscendo a cogliere i lineamenti dell'attentatore e dandogli quindi un nome, ma in questa immane tragedia di continua morte nella disperata ricerca dell'attentatore, si apre un barlume per l'anima del capitano, un barlume che profuma d'amore. Un film che lascerà il segno grazie ad un Duncan Jones da Oscar.
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filippo catani
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giovedì 12 maggio 2011
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8 minuti per cambiare il presente e il passato
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Source code è un ottimo film di fantascienza ma soprattutto non è il solito film basato su viaggi con la macchina del tempo. Il capitano Colter Stevens si risveglia da un sonnellino in un treno diretto a Chicago e di fronte a lui trova Cristina, una bellissima ragazza che sta parlando con lui. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che il capitano non ha idea del perchè sia lì, non conosce Cristina ma soprattutto ha i documenti e i lineamenti di un'altra persona. Come se non bastasse dopo otto minuti una terribile esplosione devasta il treno.
Il film si fa apprezzare specialmente per il suo ritmo incalzante che coinvolge e rende partecipe lo spettatore.
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Source code è un ottimo film di fantascienza ma soprattutto non è il solito film basato su viaggi con la macchina del tempo. Il capitano Colter Stevens si risveglia da un sonnellino in un treno diretto a Chicago e di fronte a lui trova Cristina, una bellissima ragazza che sta parlando con lui. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che il capitano non ha idea del perchè sia lì, non conosce Cristina ma soprattutto ha i documenti e i lineamenti di un'altra persona. Come se non bastasse dopo otto minuti una terribile esplosione devasta il treno.
Il film si fa apprezzare specialmente per il suo ritmo incalzante che coinvolge e rende partecipe lo spettatore. Ottima anche la scelta di non tirarla troppo per le lunghe e direi che la durata della pellicola è giusta. Certo questo film ripropone quello che è il sogno (che attenzione può diventare anche incubo) di tante persone e cioè poter tornare indietro nel tempo e riuscire a cambiare le cose. Inevitabilmente questo avrebbe riflessi anche nel presente.
Complice anche un cast assolutamente azzeccato, Source code è un film da vedere anche per i non amanti del genere.
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etta calì
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lunedì 16 maggio 2011
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8 minuti per lottare contro il tempo
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"Source code" affonda le sue radici in un terreno ignoto potenzialmente fertile di fantasiose e strabilianti trasposizioni cinematografiche: il tema della distorsione di tempo e spazio, degli ignoti labirinti della mente, del potere umano di cambiare il proprio destino, di modificare il passato e il futuro. Ampiamente accattivante, il film di Duncan Jones spalanca le porte allo spettatore, che si trova catapultato nella contorta ed avvincente storia di Colter Stevens, interpretato da un Jake Gyllenhaal coinvolgente e genuino.
8 minuti destinati a ripetersi innumerevoli volte sono qui ben sfruttati per sostenere una solida e labirintica trama, le cui caratteristiche da un punto di vista esteta-architettonico appaiono armoniosamente concatenate.
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"Source code" affonda le sue radici in un terreno ignoto potenzialmente fertile di fantasiose e strabilianti trasposizioni cinematografiche: il tema della distorsione di tempo e spazio, degli ignoti labirinti della mente, del potere umano di cambiare il proprio destino, di modificare il passato e il futuro. Ampiamente accattivante, il film di Duncan Jones spalanca le porte allo spettatore, che si trova catapultato nella contorta ed avvincente storia di Colter Stevens, interpretato da un Jake Gyllenhaal coinvolgente e genuino.
8 minuti destinati a ripetersi innumerevoli volte sono qui ben sfruttati per sostenere una solida e labirintica trama, le cui caratteristiche da un punto di vista esteta-architettonico appaiono armoniosamente concatenate. Pochissimi minuti quindi, che inizialmente non sembrerebbero gettare un chissà quale gran numero di prospettive speranzose riguardo una strada alternativa da poter intraprendere, alla ricerca di un finale compiutamente adatto...eppure la storia si intreccia e si snoda con bravura ed inaspettato fascino, portando inevitabilmente il pubblico a ragionare e ad emozionarsi (due aspetti che non sempre coesistono film di questo spessore tematico).
Ben realizzato e abbastanza originale, supportato da un cast efficace, "Source code" non si limita a mettere il punto dove potrebbe: si spinge oltre, ignorando il rischio, fino a richiudere con orgoglio il vertiginoso cerchio della narrazione ed attribuire così un intenso significato alla vicenda. Se 8 minuti bastano per tentare di cambiare le sorti delle vicende raccontate, questi 90 sono ampiamente sufficienti a convincere lo spettatore, senza dubbio eccitato e anche un pò divertito!
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riccardo76
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sabato 17 settembre 2011
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una speranza per la lotta al terrorismo
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Il capitano Colter Stevens si risveglia su un treno; è confuso, non si ricorda perché è lì. Davanti a lui c’è una bella ragazza che gli sta parlando; da quello che dice, si direbbe che lo conosca bene, ma Colter non ha la minima idea di chi ella sia e non capisce perché si ostini a chiamarlo con un altro nome. Panico totale.
Questa è l’inquietante situazione iniziale di Source Code, di Duncan Jones (il regista dell’innovativo Moon), un elettrizzante thriller fantascientifico che riesce a tenere in tensione lo spettatore sin dalle prime sequenze, senza fargli mai abbassare la guardia, incuriosendolo e sorprendendolo continuamente con colpi di scena.
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Il capitano Colter Stevens si risveglia su un treno; è confuso, non si ricorda perché è lì. Davanti a lui c’è una bella ragazza che gli sta parlando; da quello che dice, si direbbe che lo conosca bene, ma Colter non ha la minima idea di chi ella sia e non capisce perché si ostini a chiamarlo con un altro nome. Panico totale.
Questa è l’inquietante situazione iniziale di Source Code, di Duncan Jones (il regista dell’innovativo Moon), un elettrizzante thriller fantascientifico che riesce a tenere in tensione lo spettatore sin dalle prime sequenze, senza fargli mai abbassare la guardia, incuriosendolo e sorprendendolo continuamente con colpi di scena. Quest’ultimo si trova infatti a dover cercare una spiegazione logica ad una situazione che non ha niente da invidiare agli episodi della serie Ai confini della realtà. Di logico poi ha ben poco persino la spiegazione che viene data, anche se il modo in cui è raccontata fa sì che la “sospensione dell’incredulità” dello spettatore venga mantenuta per tutto il film.
In un’America dove il terrorismo continua a colpire e a mietere vittime, l’esercito sembra aver trovato una strada da percorrere per combatterlo, attraverso la ricerca (fanta)scientifica: sfruttando la memoria cerebrale di vittime di attentati e trasferendola nella mente di valorosi uomini dell’esercito, gravemente feriti in guerra e prossimi alla morte, è possibile far rivivere a questi gli ultimi otto minuti prima dell’attentato, in modo da permettere loro di scoprire l’identità dell’attentatore. Ecco in sintesi il “Source Code”, un progetto utopistico nel quale si ritrova coinvolto a sua insaputa il capitano Coter, un eccellente Jake Gyllenhaall, che nel suo percorso iniziato nel 2003 con Donnie Darko ha dimostrato di essere un attore a tutto tondo, impersonando alla perfezione ruoli nei più svariati generi, dal dramma alla commedia, dall’action movie al thriller e alla fantascienza. Egli riesce a dare spessore al protagonista, facendone emergere anche il lato umano. Infatti, quello che gli viene richiesto nelle innumerevoli “immersioni” nel passato è di concentrarsi esclusivamente sulla ricerca dell’ordigno esplosivo e dell’attentatore, senza curarsi delle altre persone, in quanto ormai morte, e quindi considerate come semplici proiezioni del passato. Il progetto in effetti non prevede una modifica degli eventi passati, bensì di quelli futuri, attraverso l’individuazione dell’attentatore, in modo da scongiurare gli attentati successivi, in questo caso quello nel centro di Chicago. Ma Colter non riesce proprio a considerare soltanto delle proiezioni quei passeggeri, così reali e umani - e a tal proposito il regista insiste nel sottolineare la loro fisicità, mostrandoci il loro sudore e il loro sangue - soprattutto la bella che gli siede di fronte, della quale alla fine si innamora, assaporandone tutta la sua carnalità e umanità in un bacio passionale. Per tale motivo il capitano decide, andando contro gli ordini dei superiori e contro le leggi della logica spazio- temporale, di cercare di salvarli, con l’aiuto dell’impassibile Goodwin, impersonata da una sempre impeccabile Vera Farmiga, alla quale alla fine riuscirà a far sciogliere la rigida corazza del suo cuore. Ma l’umanità del capitano emerge anche e soprattutto dai suoi numerosi fallimenti prima compiere la missione, facendo diventare il film una metafora della vita di ogni uomo, che spesso si trova a fallire lungo il suo cammino e per quale il tempo non è mai abbastanza. Ma come ogni uomo, Colter impara dai suoi errori, e alla fine, mettendo a frutto la propria esperienza riesce ad andare avanti. Certo in questo caso il protagonista si trova avvantaggiato, in quanto ha la possibilità di ricominciare da capo ogni volta che fallisce, come in un videogioco, possibilità che ogni uomo desidererebbe avere e che rende il film altamente utopistico, soprattutto nelle finalità, estese al livello sociale.
Nell’era post 11 settembre il regista sembra aver pienamente impersonato le paure di una società afflitta e disillusa di fronte alla sua impotenza nei confronti della minaccia terroristica e sembra volerci regalare uno spiraglio di speranza, come mostra il bellissimo finale del film, una speranza che, curiosamente coincide nella realtà con quella data dall’uccisione di Bin Laden. Una riflessione perciò sorge spontanea: la speranza è reale o illusoria?
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paopon
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domenica 30 settembre 2012
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nuova etica ... fantascientifica !
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Realtà parallele, paradossi spazio temporali, loop temporale, fisica quantistica. Lo script non è facile ma il film suscita emozione e presenta uno spessore culturale che spesso difetta al genere fantascientifico. Jones, facendo vivere allo spettatore, come al soldato Colter, contemporaneamente una realtà confusionale, crea la curiosità prima e poi la suspance; entrambi vengono spinti contemporaneamente a cercare spiegazioni logiche, ad appassionarsi. Questo crea un ritmo incalzante: l’action-thriller è perfetto, un orologino svizzero, in tutti i sensi perché la velocità ed il count down si susseguono senza tregua.
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Realtà parallele, paradossi spazio temporali, loop temporale, fisica quantistica. Lo script non è facile ma il film suscita emozione e presenta uno spessore culturale che spesso difetta al genere fantascientifico. Jones, facendo vivere allo spettatore, come al soldato Colter, contemporaneamente una realtà confusionale, crea la curiosità prima e poi la suspance; entrambi vengono spinti contemporaneamente a cercare spiegazioni logiche, ad appassionarsi. Questo crea un ritmo incalzante: l’action-thriller è perfetto, un orologino svizzero, in tutti i sensi perché la velocità ed il count down si susseguono senza tregua. Ma possibile, soprattutto, rendere credibile il protagonista, un soldato (Jake Gyllenhaal) che vive gli ultimi minuti di vita sapendo di essere morto, facendolo per salvare altre vite? Un eroe per forza!. Ecco la novità del messaggio etico di Jones: la fantascienza ci ha abituati ad un’umanità assoggettata al mito dell’immortalità, da ‘Zardoz’ ad ‘In time’: eppure la passione, la speranza, il bisogno d’amore, il desiderio di vivere così ben impersonate da Gyllenhaal, rendono verosimile il suo dramma personale!
Riguardo al finale, l’ happy end può davvero sembrare forzato, il dibattito è aperto: come previsto dai più grandi scrittori di fantascienza, da Asimov in poi.
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psyland
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giovedì 5 maggio 2011
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un viaggio tra la fantascienza e l'azione
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Poter rivivere gli ultimi 8 minuti della vita di una persona per ricostruire gli eventi trascorsi intorno a lui in quel lasso di tempo. Idea non certo nuova ma sfruttata egregiamente. La scelta di non approfondire la fisica su cui poggia il film è certamente vincente; lo spettatore rimane totalmente coinvolto nella trama senza sentirsi in dovere di sapere perché è possibile il suo fluire. La storia è affascinante e fluida in ogni momento, non manca di emozioni umane nonostante le relazioni sono solo fra una manciata di persone. Fa riflettere sulla bellezza degli attimi e sulla nostra capacità di schiarire le ombre del mondo semplicemente lanciando un sorriso in più sulla folla.
Film da vedere a priori, in particolare se si vuole affrontare temi forti della vita con la leggerezza di una "fantascienza d'azione".
[+] psyland non c'è dell'altro??????????????
(di weach)
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federico rivelli
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domenica 29 maggio 2011
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essere creatori di infiniti futuri
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Il giovane autore britannico dimostra ancora una volta quanto sia importante, per indagare la realtà del presente, poter immaginare il comportamento di personaggi che vivono in mondi immaginari, spesso verosimili, ma sempre innovativi ed estremi in più di un particolare.
Prosegue, dunque, la rinascita della fantascienza ontologica, fondata sul fatto che al centro del film stia proprio l’essere umano e, specialmente, la sua relazione con ogni aspetto che la science fiction possa immaginare.
Così ogni cosa è compresa e conosciuta attraverso il filtro del personaggio, attraverso le sue reazioni, la sua personale esperienza, il suo approccio sensibile.
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Il giovane autore britannico dimostra ancora una volta quanto sia importante, per indagare la realtà del presente, poter immaginare il comportamento di personaggi che vivono in mondi immaginari, spesso verosimili, ma sempre innovativi ed estremi in più di un particolare.
Prosegue, dunque, la rinascita della fantascienza ontologica, fondata sul fatto che al centro del film stia proprio l’essere umano e, specialmente, la sua relazione con ogni aspetto che la science fiction possa immaginare.
Così ogni cosa è compresa e conosciuta attraverso il filtro del personaggio, attraverso le sue reazioni, la sua personale esperienza, il suo approccio sensibile. Tutto ciò riesce a creare notevoli spunti di riflessione, che il pubblico può cogliere, o semplicemente trascurare, decidendo di godersi comunque un thriller originale, ben realizzato e costruito.
Duncan jones in questa seconda prova gioca nuovamente con gli elementi classici del cinema, modificandone le caratteristiche e gli scopi, apportando tutte quelle piccole variazioni che mostrano le infinite possibilità interpretative della mente umana.
Sembra essere, infatti, una insita indole del regista quella di ricavare dai modelli più classici e consolidati della settima arte un qualcosa di nuovo, che conservi il ricordo di ciò che fu, ma che allo stesso tempo si evolva in altro, in nuova forma, in nuovo significato, a volte addirittura speculare al primo, come se si guardasse il tutto attraverso l’ausilio di uno specchio.
E allora apparirà chiaro come sia possibile immaginare un robot buono e comprensivo, la dove l’archetipo si mostrava maligno (il personaggio di Gerty in “Moon”) o come si possa annullare la suspense, originata dall’esplosione imminente di una bomba, attraverso la circoscrizione dell’eccezionalità dell’evento ad un qualcosa di atteso, ripetitivo e prevedibile.
Queste evoluzioni mai banali dei fatti, queste piccole distorsioni delle scene già viste un migliaio di volte in altrettanti film, rendono il lavoro del giovane regista estremamente unico ed originale.
Danno, inoltre, la possibilità di aprire nuove prospettive d’osservazione sulla vicenda in atto, mettendo in luce il fatto che la comprensione risulta essere sempre frutto dell’interpretazione molteplice ed irripetibile di ogni istante.
Ogni momento, dunque, non potrà mai essere riosservato alla stessa maniera, ma sarà continuamente mostrato attraverso nuove angolazioni. Ciò significa essere creatori di infiniti futuri , sempre nuovi ed ogni volta differenti.
Infine, non è da sottovalutare l’importante connubio che quest’opera riesce a raggiungere tra puro intrattenimento e rilevante riflessione, tanto da mostrare più strati di lettura che possono essere scelti a seconda della personalità o del fine dello stesso spettatore.
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[+] infiniti futuri o infinite follie??????
(di weach)
[ - ] infiniti futuri o infinite follie??????
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