purplerain
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sabato 26 gennaio 2013
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per riflettere!!
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La pellicola di Lomabardi non rappresenta in sè un film d'azione o un drammatcio, ma raccoglie in sè un po' tutto e soprattutto fa riflettere!! Non ci racconta di un esodo, nè ci mostra africani in fuga dal loro paese tra peripezie e avventura varie!! L'immigrato in questione lo conosciamo già in Italia, alla ricerca di fortuna in un paese difficile!! E il regista, con maestria e mano attenta ai dettagli, evita di calcare troppo la mano sullo sfruttamento e sulle difficoltà che gli immigrati incontrano una volta giunti nel Bel paese, ma ci mostra quanto sia difficile e dura la vita in generale, nel rapporto quotidiano anche con la gente del posto e quanto sia difficile restare onesti!! Youssouf, il protagonista, all'inizio prova il lavoro
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La pellicola di Lomabardi non rappresenta in sè un film d'azione o un drammatcio, ma raccoglie in sè un po' tutto e soprattutto fa riflettere!! Non ci racconta di un esodo, nè ci mostra africani in fuga dal loro paese tra peripezie e avventura varie!! L'immigrato in questione lo conosciamo già in Italia, alla ricerca di fortuna in un paese difficile!! E il regista, con maestria e mano attenta ai dettagli, evita di calcare troppo la mano sullo sfruttamento e sulle difficoltà che gli immigrati incontrano una volta giunti nel Bel paese, ma ci mostra quanto sia difficile e dura la vita in generale, nel rapporto quotidiano anche con la gente del posto e quanto sia difficile restare onesti!! Youssouf, il protagonista, all'inizio prova il lavoro onesto in un autolavaggio, ma poi lo zio lo prende sotto la sua protezione e da lì cominciano i problemi: è difficile per tutti, soprattutto per gli immigrati, sbarcare il lunario e avere soldi in tasca con un lavoro onesto, per cui inizia l'avventura nel difficile mondo della droga, a contatto con drofati e camorristi!! Bella la sceneggiatura, che ci mostra quel lato oscuro della vita di immigrati, difficile da conoscere e da capire perchè per le persone è più facile girarsi a guardare dall'altra parte, ma Youssuf non può e attraverso il suo sguardo triste riusciamo a comprendere almeno in parte, cosa prova nel sentirsi sfruttato prima da estranei e poi dal suo angelo custode, suo zio!! E col passare dei minuti il dramma prende il sopravvento perchè è difficile uscire da un certo giro!! Il regista evita accuratamente scene troppo violente, evita linguaggi scurrili, e evita soprattutto il doppiaggio, lasciando in lingua pressocchè originale, il francese, quasi tutto il film, cosa che ci aiuta ad essere maggiormente vicino all'ambiente dei protagonisti!! E' in definitiva un film che fa riflettere, perchè ci offre uno spaccato di un mondo che ci circonda e che noi tutti osserviamo con distacco, indifferenza e a volte anche con odio, ma sarà difficile continuare a farlo con lo stesso stato d'animo dopo averlo visto attraverso gli occhi di Youssuf!!
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mareincrespato70
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mercoledì 25 giugno 2014
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la bandiera della speranza...
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Grande opera di lucido impegno civile.
Castel Volturno, provincia di Caserta, circa 30 km da Napoli, periferia geografica, ma forse del mondo e di un'Europa non si sa se più silente o ignava.
Il bravo regista napoletano Guido Lombardi, parte da qui, con ineccepibile e virtuoso stile documentaristico, per raccontarci il mondo degli immigrati africani, il loro orgoglio, le pene, le disillusioni, il loro malaffare concorrenziale a quello locale, il razzismo solo accennato di striscio e di ritorno, il miraggio del denaro facile, anche a costo della morte.
Ma questo splendido film, parte da uno sguardo diverso, quello dei protagonisti della vita di tutti i giorni: ecco sul proscenio Yssouf, Moses, la bella Suad, che, chi in francese chi inglese entrambi d'importazione, adattandosi ai fonemi locali e usandoli, rappresentano le loro vite dolenti, le umiliazioni della precarietà disperata, la violenza come paesaggio quotidiano, ma anche come scelta consapevole, anche se ingiusta.
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Grande opera di lucido impegno civile.
Castel Volturno, provincia di Caserta, circa 30 km da Napoli, periferia geografica, ma forse del mondo e di un'Europa non si sa se più silente o ignava.
Il bravo regista napoletano Guido Lombardi, parte da qui, con ineccepibile e virtuoso stile documentaristico, per raccontarci il mondo degli immigrati africani, il loro orgoglio, le pene, le disillusioni, il loro malaffare concorrenziale a quello locale, il razzismo solo accennato di striscio e di ritorno, il miraggio del denaro facile, anche a costo della morte.
Ma questo splendido film, parte da uno sguardo diverso, quello dei protagonisti della vita di tutti i giorni: ecco sul proscenio Yssouf, Moses, la bella Suad, che, chi in francese chi inglese entrambi d'importazione, adattandosi ai fonemi locali e usandoli, rappresentano le loro vite dolenti, le umiliazioni della precarietà disperata, la violenza come paesaggio quotidiano, ma anche come scelta consapevole, anche se ingiusta.
Non un film sul razzismo e sugli immigrati, o meglio quest'ultimo è solo lo sfondo perchè “gli immigrati coi soldi sono tutti in galera”; o si braccano a vicenda, o inseguono gli altri delinquenti come una muta di cani, sempre pronti a morire o a fuggire: educazione criminale all'interno di una comunità. Che in questa barbarie deve negarsi, appunto, come comunità identitaria.
Ma la misura del regista, il suo stile impeccabile, colpiscono per la totale assenza di retorica, per il bando dei facili pietismi che, troppo spesso, nutrono le nostre coscienze, a favore di una rappresentazione che si sublima nel suo realismo: qui è la realtà a formare, a comporre i pezzi di questo film-documentario.
In una Castel Volturno, livida, decadente, naturalmente inospitale, ma perchè già per tutti, italiani e non, le fogne sarebbero (sono) una conquista, c'è spazio anche per qualche sorriso gentile, per un senso solidaristico raffigurato dalla bandiera senegalese che, nonostante tutti, accoglie e dispensa calore ed ospitalità, perchè fra poveri è malinconicamente più facile. Poco spazio per gli amori condivisi, la vita quotidiana soffoca spazi e gli aneliti di dignità servono a coltivare almeno, quella sì, la speranza. La casa delle Candele, nel suo rifugio di disperati, diventa l'àncora per aggrapparsi al futuro, per intravederlo laggiù (Là- bas).
Bravi davvero tutti gli interpretii: solo Ester Elisha (l'affascinante Suad) è attrice professionista
Film dedicato dal regista ai sei immigrati africani, vittime innocenti della strage di Castel Volturno del settembre del 2008: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia; si trovavano presso la sartoria Ob Ob Exotic Fashions: le indagini hanno accertato che non avevano nessun legame con la criminalità, ma furono trucidati, a scopo dimostrativo dal gruppo camorristico dei Casalesi riconducibile al clan Setola. Uno degli immigrati che si trovavano all'interno della sartoria, era Joseph Ayimbora, un cittadino del Ghana che, sopravvissuto, fingendosi morto, , riuscì ad avere il tempo di guardare in faccia chi gli aveva sparato. In seguito la sua testimonianza è stata decisiva per riconoscere gli autori della strage. Joseph Ayimbora è poi anch'egli deceduto a causa di un aneurisma cerebrale circa due anni fa.
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renato volpone
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sabato 10 marzo 2012
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coloriamo il nero
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Il film ci butta, forse con troppa delicatezza, nel mondo degli immigrati neri, nelle loro aspettative, nelle loro speranze. Ci racconta quello che non vogliamo sentire, che non vogliamo sapere. Il regista è molto bravo a comporre le immagini usando tecniche davvero piacevoli, lasciando che l'emozione e la tensione crescano dentro lentamente. La storia ci parla di un ragazzo nero che arriva a Napolii e si incontra - scontra con la realtà dell'immigrazione: Il buono, il condivisibile, la solidarietà, ma anche il cattivo, il facile guadagno, la violenza. Non c'è morale, ne perdono, ma solo un racconto, forse troppo breve, forse poco sviluppato, alcuni personaggi sono accennati e lasciati a se stessi come la ragazza prostituta, ma l'importante è che il messaggio arriva e apre un'altra porta su questa realtà che a noi fa comodo ignorare.
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nic76
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sabato 10 marzo 2012
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là-bas dà voce all'italia nera
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Là-bas cala lo spettatore con naturalezza e con coinvolgimento emotivo sempre maggiore nell'esperienza dei migranti che tentano la fortuna in un paese che credono pieno di opportunità e che si rivela poi un vicolo cieco, dove l'unica certezza è la sottomissione.
Moses, ricco capo di un gruppo di spacciatori, deve comunque supplicare perchè il proprietario dell'autolavaggio in cui Youssuf lavora non lo licenzi dopo che ha "osato" dice che 150 euro ala settimana sono una paga troppo bassa. Gli uomini e le donne hanno un prezzo che va restituito a chi li protegge e li sfrutta, così è per Youssuf lo scultore e per Suad, la ragazza di cui il giovane si innamora e che finisce sulla strada.
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Là-bas cala lo spettatore con naturalezza e con coinvolgimento emotivo sempre maggiore nell'esperienza dei migranti che tentano la fortuna in un paese che credono pieno di opportunità e che si rivela poi un vicolo cieco, dove l'unica certezza è la sottomissione.
Moses, ricco capo di un gruppo di spacciatori, deve comunque supplicare perchè il proprietario dell'autolavaggio in cui Youssuf lavora non lo licenzi dopo che ha "osato" dice che 150 euro ala settimana sono una paga troppo bassa. Gli uomini e le donne hanno un prezzo che va restituito a chi li protegge e li sfrutta, così è per Youssuf lo scultore e per Suad, la ragazza di cui il giovane si innamora e che finisce sulla strada.
La sceneggiatura lineare e i dialoghi azzeccatissimi di Guido Lombardi, l'uso metaforico del paesaggio, i silenzi rivelatori, l'ottima fotografia di Francesca Amitrano e le musiche originali di Giordano Corapi, conferiscono al film un carattere unico.
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