cinemamania
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venerdì 16 settembre 2011
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io sono li: un gioiellino piccolo ma prezioso!
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Io sono Li ha due significati. Li è una ragazza cinese emigrata in Italia col pensiero fisso rivolto verso suo figlio di otto anni rimasto in Cina. Il lavoro le è necessario per pagare la cosiddetta mafia cinese e consentire, quindi, che venga pagato anche il viaggio del piccolo che è al momento accudito dal nonno nel paese natìo. Io sono lì (questa volta con l’iniziale minuscola e con l’accento) vuol anche significare che la ragazza lavora in Italia ma emotivamente è tutta lì (in Cina) accanto al figliolo. La bellissima regia è di Andrea Segre e gli interpreti sono Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran e Giuseppe Battiston.
Ho avuto la piacevole possibilità di assistere alla proiezione della Prima Assoluta alla Mostra del Cinema di Venezia in una sala Darsena affollata all’inverosimile; erano presenti anche tutti i componenti del cast.
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Io sono Li ha due significati. Li è una ragazza cinese emigrata in Italia col pensiero fisso rivolto verso suo figlio di otto anni rimasto in Cina. Il lavoro le è necessario per pagare la cosiddetta mafia cinese e consentire, quindi, che venga pagato anche il viaggio del piccolo che è al momento accudito dal nonno nel paese natìo. Io sono lì (questa volta con l’iniziale minuscola e con l’accento) vuol anche significare che la ragazza lavora in Italia ma emotivamente è tutta lì (in Cina) accanto al figliolo. La bellissima regia è di Andrea Segre e gli interpreti sono Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran e Giuseppe Battiston.
Ho avuto la piacevole possibilità di assistere alla proiezione della Prima Assoluta alla Mostra del Cinema di Venezia in una sala Darsena affollata all’inverosimile; erano presenti anche tutti i componenti del cast. Grandi applausi al momento dell’ingresso in sala di attori, regista, produttori e altre maestranze; altri lunghissimi applausi alla conclusione del film! Un vero gioiellino, una piccola opera d’arte che consiglio di vedere a tutti.
Shun Li è una giovane cinese che lavora in una grande sartoria romana. E’ una infaticabile lavoratrice. Il capo la trasferisce improvvisamente, e senza spiegarle il motivo, a Chioggia per lavorare come barista in una osteria. Impara velocemente il mestiere e impara anche a conoscere la clientela (in gran parte pescatori della laguna). Tra questi c’è il Bepi, un anziano pescatore che trent’anni prima era immigrato, anche lui, dalla vicina Jugoslavia ai tempi di Tito. La tenera amicizia tra i due immigrati viene male interpretata sia dalla comunità cinese che da quella veneta. I pregiudizi e i pettegolezzi diventano macigni.
La parlata veneta dei tre pilastri Marco Paolini, Roberto Citran e Giuseppe Battiston fa da contraltare a quella cinese di Zhao Tao (Shun Li) e a quella italiana di Rade Sherbedgia (Bepi). Questo colorato e variegato insieme di culture e lingue viene perfettamente sorretto da una profonda e simpaticissima sceneggiatura. La serenità dei pescatori nelle chiacchiere da bar trova il suo apice nell’umanissimo divertimento che emana dai tre amici (Paolini, Citran e Sherbedgia) nelle loro dissertazioni. E' da incorniciare la scena della discussione sulla maniera cinese di cucinare le "canocie". La tenerezza e delicatezza dell’interpretazione di Zhao Tao e Rhade Sherbedgia colpiscono al cuore e commuovono senza mai né impietosire né esagerare.
Una storia che cattura ed emoziona. Raccontata tremendamente bene. Il quarto d’ora di applausi finali scroscianti, con standing ovation in onore all’intero cast, sono stati strameritati.
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angelo umana
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venerdì 23 settembre 2011
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la laguna è femmina il mare è maschio
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In “Cose dell’altro mondo” avevamo visto gli extracomunitari imprescindibili come forza lavoro, in “Io sono Lì” scopriamo che hanno pure dei sentimenti … e solo i cuori aperti possono percepirli. Come quello di Bepi, naturalizzato “chioggiotto” (siamo sempre in Veneto) dopo 30 anni dall’aver lasciato la Jugoslavia, che vive solo, soprannominato “poeta” dagli amici che frequentano l’Osteria Paradiso, in realtà uno che trova spesso rime lievi da dare ai suoi pensieri. In questa osteria viene “trasferita” a lavorare la cinese Lì, coloro che l’hanno fatta arrivare pretendono da lei il riscatto del debito che chi viene in Italia si assume, finché non arriverà quella che gli emigranti chiamano “la notizia”: solo allora saranno affrancati dai loro capi e potranno lavorare solo per sé, e Lì potrà far arrivare il suo bambino di 8 anni che vive col nonno in Cina.
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In “Cose dell’altro mondo” avevamo visto gli extracomunitari imprescindibili come forza lavoro, in “Io sono Lì” scopriamo che hanno pure dei sentimenti … e solo i cuori aperti possono percepirli. Come quello di Bepi, naturalizzato “chioggiotto” (siamo sempre in Veneto) dopo 30 anni dall’aver lasciato la Jugoslavia, che vive solo, soprannominato “poeta” dagli amici che frequentano l’Osteria Paradiso, in realtà uno che trova spesso rime lievi da dare ai suoi pensieri. In questa osteria viene “trasferita” a lavorare la cinese Lì, coloro che l’hanno fatta arrivare pretendono da lei il riscatto del debito che chi viene in Italia si assume, finché non arriverà quella che gli emigranti chiamano “la notizia”: solo allora saranno affrancati dai loro capi e potranno lavorare solo per sé, e Lì potrà far arrivare il suo bambino di 8 anni che vive col nonno in Cina.
I due cuori aperti si conoscono e si avvicinano, nella laguna il “casone” da pescatore di Bepi sarebbe un loro nido ideale ma l’organizzazione cinese non ammette rapporti coi residenti che vadano oltre quelli di servizio, e sia, ma ciò che risulta incomprensibile, forse incongruo o inverosimile nel film, è l’ignoranza della cerchia di amici di Bepi che non vedono di buon occhio questa frequentazione. Pareva che un’amicizia italo-orientale, tra uomo e donna, fosse già sdoganata. Qualche anno fa in un film di Lino Toffolo, anch’egli veneziano, un vetraio intesseva una relazione con una donna asiatica. Questa avversità ambientale verso una relazione inter-razziale era attuale (ale, ale, ale) forse 30 anni fa, in un bellissimo film dove un’italiana (forse Pamela Villoresi, ma non ci giurerei) si innamorava di un negro. Incredibile che degli amiconi chioggiotti vedano con sospetto l’amicizia tra Bepi e Lì.
E’ un bellissimo film, forse un’opera d’arte pure se sembra nascere con poche pretese. Andrebbe fatto vedere a tutti i nostri ragazzi, così, per prepararsi al “nuovo impero”… o quanto meno per rendersi conto della forza e della pazienza delle popolazioni che si stabiliscono in Italia, dei sacrifici che sono disposti ad accettare per assicurarsi un futuro. Tutto questo vediamo in Shun Lì, la magnifica attrice Zhao Tao che sta perfettamente, millimetricamente e disciplinata nella sua parte. Per contro i frequentatori “indigeni” del bar sembrano una razza in decadenza, destinata alla consunzione (il raggiungimento della pensione equivale a non avere più “un c… da fare”). Eppure gli “amici” del bar sono nulla di meno di Giuseppe Battiston, Roberto Citran e Marco Paolini, mentre Bepi è Rade Sherbedgia, affascinante. E’ merito loro, comunque,di suggerirci una vita semplice, senza tanti “schei”, senza macchine e ascensori.
Numerose le suggestioni che fanno desiderare di avere il film in una propria videoteca: le Alpi così nitide ed imponenti viste dalla laguna di Chioggia; il paesaggio veneto, quasi banale per chi lo vede spesso, sembra una preziosità in questo film; i lumini che i cinesi accendono e fanno galleggiare nell’acqua per celebrare il loro poeta; le lettere della mamma al figlio che, come le canzoni, “nascono da sole, vengono fuori già con le parole” (by Vasco Rossi); l’idea che la laguna è femmina e perciò calma, paziente, mentre il mare è maschio, sempre in movimento (o in affanno?); le "canocie" preparate da cinesi e i "ciodi" che in veneziano sono i debiti. La musica delle ultime immagini sembra un inno alla vita, o all’amicizia inter-razziale. Sprizza salute il cinema italiano.
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[+] la mente torna ...
(di angeloumana)
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renato volpone
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giovedì 13 ottobre 2011
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paura della diversità
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Splendido e commovente film sulla diversità e sul razzismo. Li èuna ragazza cinese costretta a lavorare duro per poter riabbracciare il figlio, Bepi è un vecchio pescatore della laguna veneta "il poeta". Le loro vite si incontrano, ma si scontrano con i preconcetti sia dei cinesi che dei veneti. Sopra tutto aleggia la poesia che come un fiore luminoso sull'acqua illumina di speranza la vita dei cuori sensibili. Bravissimi e affascinanti i due protagonisti.
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(di maratre)
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pepito1948
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martedì 11 ottobre 2011
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il mare che resta dentro
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IO SONO LI
“L’acqua del mare entra nella laguna e ne esce, ma non tutta. Una parte resta dentro” dice in sintesi una ragazza cinese alla sua connazionale ed amica; questa la chiave di lettura che dà un senso compiuto al primo film di fiction di Andrea Segre, documentarista affermato e particolarmente sensibile al tema dei migranti. In “Io sono Li” il fenomeno dell’immigrazione non è più direttamente e drammaticamente raccontato dai veri protagonisti -come in “Il sangue verde” sui fatti di Rosarno-, ma fa da presupposto e sfondo della storia, imperniata sul rapporto di due stranieri portatori di diverse culture che si incontrano ed interagiscono in una terra come il nostro Nord Est, che non è proprio il massimo esempio di calorosa accoglienza ed integrazione sociale dei migranti, ampiamente utilizzati ma a stento tollerati.
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IO SONO LI
“L’acqua del mare entra nella laguna e ne esce, ma non tutta. Una parte resta dentro” dice in sintesi una ragazza cinese alla sua connazionale ed amica; questa la chiave di lettura che dà un senso compiuto al primo film di fiction di Andrea Segre, documentarista affermato e particolarmente sensibile al tema dei migranti. In “Io sono Li” il fenomeno dell’immigrazione non è più direttamente e drammaticamente raccontato dai veri protagonisti -come in “Il sangue verde” sui fatti di Rosarno-, ma fa da presupposto e sfondo della storia, imperniata sul rapporto di due stranieri portatori di diverse culture che si incontrano ed interagiscono in una terra come il nostro Nord Est, che non è proprio il massimo esempio di calorosa accoglienza ed integrazione sociale dei migranti, ampiamente utilizzati ma a stento tollerati.
Lo slavo Gepi è un ex pescatore, poeta per diletto con gli amici del bar, da 30 anni a Chioggia ed ormai padrone della lingua e delle abitudini dei residenti, è uno spirito libero ed è proprietario di un casotto per la pesca in mezzo alla laguna che funge anche da saltuario rifugio. La cinese Shun Li è uno dei tanti ingranaggi di un sistema produttivo rigido, dove tutto è programmato e funzionante come un orologio ed ogni eventuale lacuna viene immediatamente fronteggiata spostando le componenti umane come mere pedine. Se le direttive saranno pedissequamente osservate, verranno prima o poi la “notizia” ed il premio finale.
Alla prima occasione Li viene dirottata da Roma a Chioggia come commessa del bar frequentato da Gepi. Nella fredda e piatta quotidianità della vita del locale, tra avventori abituali nullafacenti ed insensibili a qualsiasi novità, nasce e si avvia una piccola onda che progressivamente si autoalimenta, si ingrossa fino a scontrarsi contro la diga del pregiudizio e di implacabili interessi “superiori” che non consentono deroghe, e tutto si sfrange, anzi si stempera nel mare delle impossibilità.
Il rapporto che si instaura tra i due protagonisti fiorisce al di sopra delle differenze culturali, lievita al di fuori di connotazioni convenzionali (amore? amicizia? intesa confidenziale?) ma ha solo presente, non futuro. Le catene smorzano il volo delle ali. La separazione dividerà i destini dei due, li spingerà verso strade diverse, ma una parte dell’acqua che li ha invasi rimarrà a far parte per sempre della loro dimensione interna, marchiandone la futura esistenza.
Una storia di relazioni umane senza arzigogoli ed incrostazioni, fatta di sguardi, piccoli gesti, sorrisi abbozzati che valgono più di qualsiasi parola, narrata attraverso immagini e dialoghi intrisi di poesia: la laguna perennemente piatta e sempre uguale a se stessa (vengono in mente le veneziane atmosfere lattiginose della “Nostalghia” di Tarkovski) che sembra richiamare la vita statica ed asfittica della comunità veneta, i pensieri cinesi recitati fuori contesto, i colori brumosi ed invariabili del paesaggio che paiono fermare il tempo e rendere insignificante il corso delle stagioni. Tutto è funzionale a rimarcare come in un altorilievo il movimento ed il calore dei sentimenti della coppia, a contrasto con il freddo sfondo di una natura bella ma pigra ed il circostante contorno di animi sterilizzati dall’indifferenza.
Segre, attraverso i suoi personaggi tratti dalla vita comune, ci mostra una realtà di provincia ormai radicalmente cambiata e priva delle connotazioni di una volta, in cui la multietnicità, anche se recepita a fatica, è diventata il volto caratterizzante ed il motore pulsante della vita di questo nuovo mondo, nonostante le resistenze anche passive del vecchio che sopravvive arroccandosi nel proprio guscio di anacronistica autoconservazione.
Di spessore il cast. A parte un Battiston fuori parte nei panni di un vitellone grezzo e razzista, ben scelti e bravissimi i due protagonisti, lei nota nel contesto cinese lui, di origini serbo-croate, scrittore, poeta ed attore di fama internazionale, avendo alle spalle una lunga carriera che lo ha portato anche sul set dell’ ultimo film del grande Kubrik.
Emozioni, poesia e umanità: tre ingredienti che, in mani abili e sicure, non tradiscono mai chi ama il buon cinema.
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melania
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domenica 25 settembre 2011
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bellissimo film
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E' un film delicato,profondo,è come ascoltare un brano musicale,una sinfonia.Ha un tocco leggero,l'attrice Zhao Tao è magnifica,bravissimo anche Rade Sherbedgia.La relazione che nasce tra Li e il "poeta"colpisce per l'assenza di scene d'amore e per la profondità dei sentimenti che si esprime con poetica leggerezza e dà molte emozioni.Un film da vedere.
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valentina scuderi
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mercoledì 11 aprile 2012
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"la laguna è femmina, il mare è maschio"
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Ho trovato il film molto bello, emozionante e commuovente. La storia, seppur triste, è raccontata con estrema dolcezza e sensibilità. A mio parere il regista è riuscito veramente bene a rappresentare quello che è il nostro occidente quotidiano, caratterizzato da una realtà complessa e da numerose problematiche: la principale è sicuramente il fenomeno dell'immigrazione cinese, continuamente in crescita ma, difficile da accettare, e ancor più da integrare. Da non sottovalutare la tematica del razzismo, alla quale si collegano stereotipi, pregiudizi, xenofobia, sfruttamento e discriminazione.
In questo caso la storia è basata sull'incontro e allo stesso tempo sullo scontro di diverse culture, apparentemente lontante, ma che si riescono ad avvicinare grazie a un elemento molto prezioso come quello della poesia.
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Ho trovato il film molto bello, emozionante e commuovente. La storia, seppur triste, è raccontata con estrema dolcezza e sensibilità. A mio parere il regista è riuscito veramente bene a rappresentare quello che è il nostro occidente quotidiano, caratterizzato da una realtà complessa e da numerose problematiche: la principale è sicuramente il fenomeno dell'immigrazione cinese, continuamente in crescita ma, difficile da accettare, e ancor più da integrare. Da non sottovalutare la tematica del razzismo, alla quale si collegano stereotipi, pregiudizi, xenofobia, sfruttamento e discriminazione.
In questo caso la storia è basata sull'incontro e allo stesso tempo sullo scontro di diverse culture, apparentemente lontante, ma che si riescono ad avvicinare grazie a un elemento molto prezioso come quello della poesia.
Da una parte abbiamo il personaggio di Li: giovane donna, che lavora in un laboratorio tessile romano per ottenere i documenti e riuscire a far venire in Italia suo figlio di otto anni. All'improvviso viene trasferita a Chioggia, piccola città della laguna veneta, per lavorare come barista in un'osteria. Questa donna, caratterizzata da determinazione e coraggio, affronta il suo destino di immigrata ma si sente molto sola. E' da qui che nasce l'amicizia con Bepi, pescatore di origini slave, soprannominato dagli amici "il poeta", che da anni frequenta quella piccola osteria. La loro amicizia, però, è un'amicizia negata, che turba le due comunità: quella cinese e quella chioggiotta.
Li, è una donna che non può scegliere nè cosa fare nè con chi stare. Infatti non può avere rapporti con i residenti e se non rispetta questa regola, la fiducia si spezza, e tutti i sacrifici accumulati fino a quel momento verranno annullati.
Secondo me quest'amicizia è molto simbolica perchè in primis fa ragionare sulla stupidità e sull'ignoranza della gente che non la vede di buon occhio e pensa solo a sparlare; poi è molto significativa perchè rappresenta non solo il tentativo di integrazione da parte di Li, ma anche una speranza di cambiamento vissuta da un altro stesso immigrato, come Bepi, che la può comprendere benissimo.
I luoghi sono altrettanto significativi e simbolici: l'interno caratterizzato da stanze strette, cupe, tristi e decadenti; l'esterno rappresentato da un paesaggio naturale stupendo: l'immagine della laguna, il mare, le alpi, le barche, la casetta di legno sul mare...
Molto bella, l'immagine della poesia, che come un fiore luminoso sull'acqua, illumina di speranza la vita. Penso che questo film, attraverso la storia di questa giovane donna, sia riuscito perfettamente a rappresentare la nostra realtà quotidiana, evidenziandone sia gli aspetti negativi che quelli positivi. Per esempio, mi ha colpita molto la frase: " la laguna è femmina, il mare è maschio" perchè è molto simbolica; la laguna rappresenta la calma, la pazienza mentre il mare che è maschio è sempre in movimento. Valentina Scuderi
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[+] ma bepi è innamorato di li?
(di starbuck)
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francesca meneghetti
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martedì 13 dicembre 2011
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all'ombra dell'ultimo sole...
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"Io sono Li" così si presta ad una recensione comparativa, con riferimento “Terraferma” di Crialese. Entrambi si svolgono in località di mare, abbastanza chiuse e isolate, in cui si innestano elementi “estranei”. E' la nuda verità del presente, che i due film riprendono con una spiccata vocazione realistica, come già aveva fatto per un contesto montano Giorgio Dirittti (Il Vento fa il suo giro).
In entrambi i casi, di fronte agli stranieri (da una parte in odore di clandestinità, dall'altra di mafia), si delinea un conflitto nella comunità originaria: se i refrattari prevalgono, due figure solitarie non rinunciano all'umanità e al buon senso: sono due vecchi(e bellissimi) pescatori dalle “lanose gote”, quasi due incarnazioni del pescatore della canzone di De Andrè.
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"Io sono Li" così si presta ad una recensione comparativa, con riferimento “Terraferma” di Crialese. Entrambi si svolgono in località di mare, abbastanza chiuse e isolate, in cui si innestano elementi “estranei”. E' la nuda verità del presente, che i due film riprendono con una spiccata vocazione realistica, come già aveva fatto per un contesto montano Giorgio Dirittti (Il Vento fa il suo giro).
In entrambi i casi, di fronte agli stranieri (da una parte in odore di clandestinità, dall'altra di mafia), si delinea un conflitto nella comunità originaria: se i refrattari prevalgono, due figure solitarie non rinunciano all'umanità e al buon senso: sono due vecchi(e bellissimi) pescatori dalle “lanose gote”, quasi due incarnazioni del pescatore della canzone di De Andrè.
Entrambi sanno il valore delle cose e perciò sfidano i pregiudizi di amici e parenti (persino le leggi in “Terraferma”) trovandosi a proteggere due giovani madri, sole, in balia di ferree regole dettate dall'organizzazione che ne ha favorito l'immigrazione.
Se il confronto fa emergere degli archetipi (il vecchio ovvero l'eroe, gli antagonisti, la “principessa” da salvare, l'allontanamento, il divieto, la trasgressione, la punizione) ciò non deve far dimenticare un'intenzione realistica, se non documentaria. Il punto interessante però è il seguente.
Si può parlare di neo-neo-realismo in relazione alla volontà di essere in presa diretta con la vita reale della gente più umile?
Una simile interpretazione si addice a “Io sono lì”, là dove i modelli di riferimento neorealistici sono alti: si pensi a Rossellini, che conduce alla tragedia con mano lieve, senza escludere qualche sprazzo di comicità; che focalizza le collettività, ma anche gli individui, con primi piani e gli occhi a parlare, e a raccontare i sentimenti delicatamente (diverso il discorso di “Terraferma” che al registro realistico alterna quello onirico-simbolico)
Una questione interessante nasce osservando il sistema dei personaggi di “Io sono lì”: la comunità dei pescatori (interpretata dalla triade veneta Paolini- Battiston-Citran), è sostanzialmente compatta, statica e poco solidale nei confronti dell'eroe Bepi, per altro di origine istriana, il quale rivive forse attraverso Li il suo “peccato originale” di diversità etnica. Si allude, non troppo implicitamente, a quell’indifferenza e a quella chiusura verso lo straniero, tale da rasentare l’anafettività, che hanno trovato radici, in Veneto e in altre parti d’Italia.
E’ poi un merito del film aver fatto riflettere sulle tragedie personali (che a volte affiorano alla cronaca) della comunità cinese, notoriamente chiusa e sconosciuta, anche se sempre più vicina a noi. Pregevole la fotografia, che restituisce una Chioggia fascinosa e notturna e quel bar, che ricorda un bistrot parigino.
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melandri
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giovedì 10 novembre 2011
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china girl in laguna
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Chioggia,giorni nostri.L'incontro tra il pescatore-poeta slavo, integrato da una vita in Italia ,e la giovane madre cinese catapultata nella chiusa realtà della laguna veneta,è alla base di quest'ottima opera prima del giovane regista padovano Andrea Segre.Segre(specializzato in documentari d'inchiesta sulle problematiche delle migrazioni e integrazioni razziali) "usa" questi due personaggi all'apparenza cosi distanti l'uno dall'altra,per mettere a fuoco sequenza dopo sequenza le difficoltà dei rapporti umani, appena questi lasciano la strada battuta del socialmente utile e "dell'ognuno al proprio posto" per addentrarsi nella condivisione delle anime delle persone.
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Chioggia,giorni nostri.L'incontro tra il pescatore-poeta slavo, integrato da una vita in Italia ,e la giovane madre cinese catapultata nella chiusa realtà della laguna veneta,è alla base di quest'ottima opera prima del giovane regista padovano Andrea Segre.Segre(specializzato in documentari d'inchiesta sulle problematiche delle migrazioni e integrazioni razziali) "usa" questi due personaggi all'apparenza cosi distanti l'uno dall'altra,per mettere a fuoco sequenza dopo sequenza le difficoltà dei rapporti umani, appena questi lasciano la strada battuta del socialmente utile e "dell'ognuno al proprio posto" per addentrarsi nella condivisione delle anime delle persone.
Il mare,la laguna,l'acqua,questo fluido che tutto puo' dividere ma allo stesso tempo amalgamare fa da attore non protagonista (ma quasi sempre presente)a questa storia che dosa con gusto e sapienza il dolce e l'amaro.
Le due anime che si incontrano (attenzione:questa non è una storia d'amore tra un uomo ed una donna,bensi una comprensione dell'altro a livelli ben piu alti)sono ottimamente interpretate dall'attrice cinese Zhao Tao e dall'intenso attore serbo con un curriculum invidiabile(i piu' lo ricorderanno in "eyes wide shut" di Kubrik)Rade Sherbedgia.
I "nostrani" Paolini e Citran interpretano con evidente passione ed immedesimazione i loro personaggi di pescatore-amicone il primo e di un avvocato spiantato da osteria il secondo.Il pur bravo Battiston sembra quello meno in parte,la sua paciosità non lo aiuta certo nelle vesti di bullo di paese.
Il restante cast di contorno sono perlopiu attori non professionisti che danno,se possibile,ancor piu veridicità a questa storia di provincia che si apre a tematiche universali,perchè alla fine,sembra volerci ricordare Segre, siamo tutti nati sotto lo stesso cielo.
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vjarkiv
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venerdì 16 novembre 2012
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tao chi in riva al mare...
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Film sociologico e intimista insieme. Il regista sviluppa bene la componente sociologica, non poteva essere altrimenti viste le conoscenze professionali di docente di Sociologia della Comunicazione presso L'Università di Bologna, e grazie ai suoi precedenti di documentarista sulla marginalità etnica (L'Albania è donna, Dio era un musicista, A sud di Lampedusa). Apre uno spiraglio sul mondo degli immigrati cinesi in Italia, mondo chiuso e sconosciuto alla maggior parte degli italiani.
La parte intimista risulta meno convincente, non sfruttando al meglio i sia pur bravi attori, e lasciando incomplete alcune intenzioni liriche come nel caso della seconda protagonista cinese (quella che pratica il Tao Chi in riva al mare).
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Film sociologico e intimista insieme. Il regista sviluppa bene la componente sociologica, non poteva essere altrimenti viste le conoscenze professionali di docente di Sociologia della Comunicazione presso L'Università di Bologna, e grazie ai suoi precedenti di documentarista sulla marginalità etnica (L'Albania è donna, Dio era un musicista, A sud di Lampedusa). Apre uno spiraglio sul mondo degli immigrati cinesi in Italia, mondo chiuso e sconosciuto alla maggior parte degli italiani.
La parte intimista risulta meno convincente, non sfruttando al meglio i sia pur bravi attori, e lasciando incomplete alcune intenzioni liriche come nel caso della seconda protagonista cinese (quella che pratica il Tao Chi in riva al mare). Complessivamente comunque sufficiente, avvalendosi tra l'altro della pertinente fotografia di Luca Bigazzi.
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great steven
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lunedì 5 gennaio 2015
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la laguna di chioggia come sfondo a quest'esordio.
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IO SONO LI (IT/FR, 2011) diretto da ANDREA SEGRE. Interpretato da ZHAO TAO, RADE SERBEDZIJA, MARCO PAOLINI, GIUSEPPE BATTISTON, ROBERTO CITRAN
Esordio nella fiction di Segre, prolifico documentarista veneto dal 2003, e un debutto così dovrebbe essere consigliabile a qualunque cineasta, affermato o meno, intenzionato a buttarsi nel progetto, più ambizioso di quanto si creda comunemente, di dirigere una storia narrativa in immagini audiovisive. Protagonista del film è Shun Li, colta operaia cinese che emigra a Chioggia dove va a lavorare in un bar vicino alla costa adriatica. Viene subito sfruttata e ricattata dai capi della comunità asiatica locale per farle firmare i permessi che le consentano di far approdare in Italia l’amatissimo figlioletto di otto anni.
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IO SONO LI (IT/FR, 2011) diretto da ANDREA SEGRE. Interpretato da ZHAO TAO, RADE SERBEDZIJA, MARCO PAOLINI, GIUSEPPE BATTISTON, ROBERTO CITRAN
Esordio nella fiction di Segre, prolifico documentarista veneto dal 2003, e un debutto così dovrebbe essere consigliabile a qualunque cineasta, affermato o meno, intenzionato a buttarsi nel progetto, più ambizioso di quanto si creda comunemente, di dirigere una storia narrativa in immagini audiovisive. Protagonista del film è Shun Li, colta operaia cinese che emigra a Chioggia dove va a lavorare in un bar vicino alla costa adriatica. Viene subito sfruttata e ricattata dai capi della comunità asiatica locale per farle firmare i permessi che le consentano di far approdare in Italia l’amatissimo figlioletto di otto anni. Non è ben vista nemmeno dagli abituali frequentatori del locale, tranne da uno: lo sloveno Bepi, che da trent’anni risiede nella cittadina veneta, dove fa il pescatore usando grandissime reti e si diletta in componimenti poetici. Nasce fra Li e Bepi un’amicizia sincera ed intensa, ma entrambe le comunità cercano ostinatamente di osteggiare questo rapporto, finché Bepi, trasferitosi da un parente presso una cascina campestre, muore di malattia. Per Li è un colpo allo stomaco di una portata insopportabile, tanto che decide di incendiare la palafitta che il pescatore di origini slovene utilizzava come rifugio per il pesce appena pescato. Un’opera che racconta di una relazione platonica fra un uomo e una donna (ha qualche cosa in comune, in questo senso, col film di Sofia Coppola Lost in Translation – L’amore tradotto, del 2003), la quale fa da promotore eccezionale e straordinario ad una critica al razzismo fra bianchi e cinesi (e qui salta all’occhio un ulteriore richiamo cinematografico, e precisamente al capolavoro di Clint Eastwood Gran Torino, uscito nel 2008), senza ricorrere a demagogie dimostrative né ad accademismi rappresentativi di nessuna sorta. Semmai c’è qualche caduta non del tutto perdonabile nel poeticismo, specialmente quanto la sceneggiatura cerca di superare i pregiudizi etnici usufruendo di versi certamente suggestivi e soavi ma non privi d’una certa ruffianeria illustrativa che sa un po’ di artificioso. Ma è solo una delle poche pecche di un piccolo capolavoro di nicchia che sa farsi apprezzare anche dal critico più esigente e intransigente per la bellezza della messinscena, la fotografia toccante e sognante (curata da Luca Bigazzi) e la regia che, pur mantenendosi dentro una sobrietà ricercata e ammirevole, racconta episodi di vita vissuta e di sofferenza con una maestria che sfiora il sublime, accennando a temi particolarmente alti come la fiducia nel diverso e l’accettazione degli amici per come sono. Segre centra pienamente il bersaglio e merita un dieci e lode come regista, perché non è facile passare dal documentario alla finzione filmica con facilità, e lui ha saputo superare questo complesso passaggio con la bravura di un cineasta navigato che conosce più o meno tutte le forme di espressione che la settima arte fornisce a chiunque voglia praticarla come professione. Z. Tao è perfetta nell’interpretare la dolce e sensibile barista cinese che scrive lettere al figliolo lontano sperando di riabbracciarlo presto (come poi accade) e impara l’italiano basilare per sapersi destreggiare coi coloriti avventori del bar in cui esercita (i sottotitoli in italiano sono stati adoperati tanto per i dialoghi in cinese quanto per i discorsi che si svolgono in stretto vernacolo veneto), mentre R. Serbedzija (già apparso in produzioni importanti come La tregua e Eyes Wide Shut) incarna con amore, passione e simpatia immacolata un personaggio per certi versi contraddittorio ma senza dubbio adorabile per la veridicità dei suoi sentimenti e il suo desiderio di diversificarsi dalla comune ignoranza e di dissociarsi dalla violenza consueta proprio agli intolleranti, ai leghisti e a chiunque professi pregiudizi razziali. L’andamento della pellicola è generalmente tranquillo e pacifico, e s’infiamma solo due volte (e questa pacatezza è un punto enorme a suo favore): nella scena della rissa all’ingresso del bar e nel finale, in cui la morte costituisce un paradossale punto d’aggancio fra il defunto Bepi e Li, rinsaldando e riconfermando ulteriormente quell’amicizia che ha affrontato e sfidato a viso aperto quelle carogne (sia italiane che straniere) atte a contrastare e dividere due individui splendidamente umani che insieme potevano risultare estremamente scomodi. David di Donatello alla Tao per la migliore attrice protagonista e per il migliore film dell’Unione Europea. Il pubblico non ha premiato in maniera saliente questo film con un successo quantomeno decente, ed è un vero peccato, perché si tratta di un lavoro di prim’ordine che andrebbe propagato come minimo per insegnare agli omofobi più cocciuti come si fa a farsi migliorare e arricchire dalle diversità.
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