IO SONO LI
“L’acqua del mare entra nella laguna e ne esce, ma non tutta. Una parte resta dentro” dice in sintesi una ragazza cinese alla sua connazionale ed amica; questa la chiave di lettura che dà un senso compiuto al primo film di fiction di Andrea Segre, documentarista affermato e particolarmente sensibile al tema dei migranti. In “Io sono Li” il fenomeno dell’immigrazione non è più direttamente e drammaticamente raccontato dai veri protagonisti -come in “Il sangue verde” sui fatti di Rosarno-, ma fa da presupposto e sfondo della storia, imperniata sul rapporto di due stranieri portatori di diverse culture che si incontrano ed interagiscono in una terra come il nostro Nord Est, che non è proprio il massimo esempio di calorosa accoglienza ed integrazione sociale dei migranti, ampiamente utilizzati ma a stento tollerati.
Lo slavo Gepi è un ex pescatore, poeta per diletto con gli amici del bar, da 30 anni a Chioggia ed ormai padrone della lingua e delle abitudini dei residenti, è uno spirito libero ed è proprietario di un casotto per la pesca in mezzo alla laguna che funge anche da saltuario rifugio. La cinese Shun Li è uno dei tanti ingranaggi di un sistema produttivo rigido, dove tutto è programmato e funzionante come un orologio ed ogni eventuale lacuna viene immediatamente fronteggiata spostando le componenti umane come mere pedine. Se le direttive saranno pedissequamente osservate, verranno prima o poi la “notizia” ed il premio finale.
Alla prima occasione Li viene dirottata da Roma a Chioggia come commessa del bar frequentato da Gepi. Nella fredda e piatta quotidianità della vita del locale, tra avventori abituali nullafacenti ed insensibili a qualsiasi novità, nasce e si avvia una piccola onda che progressivamente si autoalimenta, si ingrossa fino a scontrarsi contro la diga del pregiudizio e di implacabili interessi “superiori” che non consentono deroghe, e tutto si sfrange, anzi si stempera nel mare delle impossibilità.
Il rapporto che si instaura tra i due protagonisti fiorisce al di sopra delle differenze culturali, lievita al di fuori di connotazioni convenzionali (amore? amicizia? intesa confidenziale?) ma ha solo presente, non futuro. Le catene smorzano il volo delle ali. La separazione dividerà i destini dei due, li spingerà verso strade diverse, ma una parte dell’acqua che li ha invasi rimarrà a far parte per sempre della loro dimensione interna, marchiandone la futura esistenza.
Una storia di relazioni umane senza arzigogoli ed incrostazioni, fatta di sguardi, piccoli gesti, sorrisi abbozzati che valgono più di qualsiasi parola, narrata attraverso immagini e dialoghi intrisi di poesia: la laguna perennemente piatta e sempre uguale a se stessa (vengono in mente le veneziane atmosfere lattiginose della “Nostalghia” di Tarkovski) che sembra richiamare la vita statica ed asfittica della comunità veneta, i pensieri cinesi recitati fuori contesto, i colori brumosi ed invariabili del paesaggio che paiono fermare il tempo e rendere insignificante il corso delle stagioni. Tutto è funzionale a rimarcare come in un altorilievo il movimento ed il calore dei sentimenti della coppia, a contrasto con il freddo sfondo di una natura bella ma pigra ed il circostante contorno di animi sterilizzati dall’indifferenza.
Segre, attraverso i suoi personaggi tratti dalla vita comune, ci mostra una realtà di provincia ormai radicalmente cambiata e priva delle connotazioni di una volta, in cui la multietnicità, anche se recepita a fatica, è diventata il volto caratterizzante ed il motore pulsante della vita di questo nuovo mondo, nonostante le resistenze anche passive del vecchio che sopravvive arroccandosi nel proprio guscio di anacronistica autoconservazione.
Di spessore il cast. A parte un Battiston fuori parte nei panni di un vitellone grezzo e razzista, ben scelti e bravissimi i due protagonisti, lei nota nel contesto cinese lui, di origini serbo-croate, scrittore, poeta ed attore di fama internazionale, avendo alle spalle una lunga carriera che lo ha portato anche sul set dell’ ultimo film del grande Kubrik.
Emozioni, poesia e umanità: tre ingredienti che, in mani abili e sicure, non tradiscono mai chi ama il buon cinema.
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