“Le nevi del Kilimangiaro/sono un bianco mantello/ sotto cui potrai dormire”. Sono pressappoco queste le parole del ritornello di una canzone canticchiata insieme all’originale da parenti ed amici di Michel in occasione della festa di un anniversario di nozze, in cui il festeggiato riceve in omaggio, oltre a soldi, appunto due biglietti per una vacanza in Africa.
Michel è stato appena licenziato dopo un’estrazione a sorte tra gli operai di una fabbrica, cui lui stesso ha voluto partecipare (pur potendolo evitare come delegato sindacale) La vita da pensionato, anche se tra qualche frustrazione ed un po’ di nostalgia, scorre agevolmente grazie ad una famiglia armoniosa, in particolare una moglie che ama e che lo ama profondamente; ha un tenore di vita di tutto rispetto, una casa confortevole, un amico d’infanzia, ex collega sfuggito alla mannaia della disoccupazione, con cui condivide idee ed emozioni. Tutto quello insomma che serve per superare lo shock dell’improvvisa perdita del lavoro. Ma un terribile evento –una rapina nella sua casa, alla presenza sua e di alcuni familiari- - ne sconvolge la vita e determina la perdita di quel gruzzolo (denaro e biglietti) faticosamente raggranellato dai suoi.
Michel e la moglie non sono tipi da arrendersi, reagiscono, interpellano e collaborano con la Pubblica Sicurezza, ma al contempo decidono separatamente di indagare. La curiosità, la voglia di sapere il perché di tanta ferocia e proprio verso di loro, la magnanimità innata che li contraddistingue li porteranno ad individuare il principale colpevole e, messi da parte pregiudizio, rancore e vendetta, li indurranno, sia pure dopo iniziative assunte separatamente, a fare delle scelte improntate alla solidarietà ed al coraggio, nonostante l’iniziale dissenso dei familiari e degli amici. Anche la refurtiva verrà recuperata, ma impiegata in senso conforme al nuovo spontaneo orientamento filantropico. Il viaggio può aspettare.
Il regista R. Guediguian, che si è ispirato ad un’opera di Victor Hugo, affronta una vicenda piena di temi “pesanti” come la disoccupazione ed il conseguente pericolo della perdita della dignità, l’identità di classe (siamo ancora operai o siamo diventati borghesi?, si chiedono dubbiosi i due, guardandosi dal di fuori come se fossero ciò che erano trent’anni fa), l’amore coniugale dopo tanti anni di convivenza, la violenza subita, la solidarietà sociale, gli imperativi etici, l’amicizia, tutti elementi tipici di una storia drammatica, che tuttavia, come dalla migliore cinematografia francese, viene raccontata con soavità, leggerezza e piacevole scorrevolezza che richiamano piuttosto i toni e le atmosfere di una commedia a forte contenuto sociale.
Ma è il risvolto etico che si impone e coinvolge: l’attempata coppia di “proletari”, dal vissuto intriso di tanta fatica e poche realizzazioni in ambito lavorativo, è corroborata dopo tanti anni di matrimonio da un grande amore pieno di complicità, capacità di intesa ed attenzione verso gli altri, che siano familiari o amici bisognosi di affetto o semplici sconosciuti in difficoltà (vengono spontaneamente in mente, fatte le debite differenze, i coniugi scialbi e bruttini ma graniticamente uniti ed aperti al prossimo di Another Year). Se chi ti ha fatto del male, ti ha usato violenza, ti ha fratturato un braccio, ti ha rubato i mezzi per realizzare un grande sogno (un viaggio nella lontana Africa) si dibatte in gravi difficoltà proprie e di altre persone innocenti, agli occhi di Michel e sua moglie è scontata la metamorfosi da carnefice a vittima e come tale è loro dovere adoperarsi per fornirgli il massimo aiuto; non esistono resistenze di tipo emotivo e preclusioni pregiudiziali che possano fiaccare l’imperativo morale di offrire tutta la propria fattiva disponibilità, soprattutto se il colpevole è giovanissimo, ha una famiglia di provenienza disastrata, ha qualcuno cui provvedere, non ha agito solo per il piacere di far del male. E’ la riaffermazione di un valore, la cui perdita è causa prevalente della galoppante aridità sociale: la solidarietà verso i deboli, gli emarginati, gli sfortunati. Ed è interessante e toccante che i due, a riprova della loro statura morale e della loro sintonia, effettuino lo stesso percorso mentale ed emotivo giungendo all’insaputa l’uno dell’altro alle stesse nobili conclusioni, e quindi alle stesse decisioni, non prive di risvolti complicati che però sapranno far accettare alla famiglia con la saggezza e la tenacia di amorevoli genitori.
Un’ultima notazione sui due protagonisti, già utilizzati dal regista in altre occasioni; splendidi attori, dall’aspetto dimesso e dalla figura di uomo/donna “qualsiasi”, perfettamente a pieno agio nello interpretare ruoli di gente comune, in una vicenda fatta di accadimenti, gesti, movimenti mentali, insomma di vissuti tratti dalla quotidianità ma straboccanti di ricchezza umana da cui tutti abbiamo molto da imparare. Soprattutto noi “borghesi”.
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