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stefanocapasso
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venerdì 20 ottobre 2017
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il linguaggio universale dei sentimenti
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Li è una giovane donna cinese emigrata in Italia. L’organizzazione che le ha pagato il viaggio ed il permesso di soggiorno la tiene n condizioni molto vicine alla schiavitù. Dovrà lavorare quanto basta per ripagare il debito e permettersi di poter far venire il figlio di 8 anni al quale scrive regolarmente lettere e poesie.
Da Roma viene traferita a Chioggia per lavorare in un bar frequentato per lo più dai pescatori locali. Uno di questi, Bepi, riuscirà ad entrare in confidenza con Li, scatenando il chiacchiericcio dei locali e le conseguenze dell’organizzazione cinese che controlla Li.
Io sono Li di Andrea Segre è un film che mi è piaciuto molto.
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Li è una giovane donna cinese emigrata in Italia. L’organizzazione che le ha pagato il viaggio ed il permesso di soggiorno la tiene n condizioni molto vicine alla schiavitù. Dovrà lavorare quanto basta per ripagare il debito e permettersi di poter far venire il figlio di 8 anni al quale scrive regolarmente lettere e poesie.
Da Roma viene traferita a Chioggia per lavorare in un bar frequentato per lo più dai pescatori locali. Uno di questi, Bepi, riuscirà ad entrare in confidenza con Li, scatenando il chiacchiericcio dei locali e le conseguenze dell’organizzazione cinese che controlla Li.
Io sono Li di Andrea Segre è un film che mi è piaciuto molto. Vista da una prospettiva insolita l’ambientazione di Chioggia accompagna bene i versi dell’antico poeta cinese che fanno da filo conduttore del film. Tra l’altro gli stessi veri usati da Battiato in un suo album.
E’ un film sull’amore, e sulle culture che possono essere vicine o molto lontane a seconda del linguaggio che si parla. La giovane donna cinese, e l’anziano uomo croato hanno in comune la condizione di migranti, il silenzio e la solitudine proprie della loro condizione. E amano la poesia, che li collega alla malinconia degli affetti che sono per entrambi lontani. Quando parlano il linguaggio dei sentimenti anche due persone, due culture, così lontane possono entrare in un contatto profondo e il sentimento di amore che li avvicina è puro, delicato, con l’unica necessità della comprensione e della condivisione. Anche quando il pregiudizio culturale li allontanerà, il sentimento resterà intatto.
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louisedominici
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domenica 7 gennaio 2018
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inconscio omaggio a zurlini?
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Bellissimo film che, personalmente, ho visto come un omaggio, conscio od inconscio a Valerio Zurlini ed al suo film La prima notte di quiete. Stesso mare, stessa atmosfera invernale ovattata, stessi quattro amici al bar, stesse passeggiate solitarie lungo il molo, stessi poeti, stesso fuoco purificatore, seppur tragico. Anche le due donne, seppur diverse fisicamente sono accomunate da una identica tristezza interiore che l’amore avrebbe potuto salvare. Ma ahimè, la felicità non è di questo mondo (cinematografico). Ma va bene così. Un altro finale, magari melò, sarebbe stato del tutto inopportuno e forse anche ipocrita. Rimane, alla fine, mentre scorrono le scritte di chiusura, la piacevole sensazione, non detta, ma percepita, di un futuro migliore per Li, anche se per amore del figlio ha dovuto rinunciare all’amore di un uomo.
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Bellissimo film che, personalmente, ho visto come un omaggio, conscio od inconscio a Valerio Zurlini ed al suo film La prima notte di quiete. Stesso mare, stessa atmosfera invernale ovattata, stessi quattro amici al bar, stesse passeggiate solitarie lungo il molo, stessi poeti, stesso fuoco purificatore, seppur tragico. Anche le due donne, seppur diverse fisicamente sono accomunate da una identica tristezza interiore che l’amore avrebbe potuto salvare. Ma ahimè, la felicità non è di questo mondo (cinematografico). Ma va bene così. Un altro finale, magari melò, sarebbe stato del tutto inopportuno e forse anche ipocrita. Rimane, alla fine, mentre scorrono le scritte di chiusura, la piacevole sensazione, non detta, ma percepita, di un futuro migliore per Li, anche se per amore del figlio ha dovuto rinunciare all’amore di un uomo. Film assolutamente da vedere.
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gianleo67
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domenica 30 settembre 2018
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canzone per zhao
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Una giovane immigrata cinese, costretta a lavorare in un'osteria di Chioggia per riscattare il ricongiungimento con il figlio rimasto in patria, intrattiene una relazione platonica e affettiva con un anziano pescatore croato da tempo in Italia. La delicata poesia del loro legame umano viene bruscamente interrotta dal rigido codice etico del caporalato cinese, preoccupato solo di mantenere il basso profilo e l'alto rendimento dei propri lavoratori-schiavi. Nel bellissimo titolo di questo esordio nel cinema di finzione del documentarista Segre, la doppia semantica di una affermazione di identità e di una collocazione geografica che mantengono nella genericità del nome e dell'avverbio tanto l'adesione ad un riconoscibile stereotipo etnico quanto lo sradicamento di una condizione esistenziale che si fa paradigma universale della migrazione forzata ai tempi della globalizzazione.
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Una giovane immigrata cinese, costretta a lavorare in un'osteria di Chioggia per riscattare il ricongiungimento con il figlio rimasto in patria, intrattiene una relazione platonica e affettiva con un anziano pescatore croato da tempo in Italia. La delicata poesia del loro legame umano viene bruscamente interrotta dal rigido codice etico del caporalato cinese, preoccupato solo di mantenere il basso profilo e l'alto rendimento dei propri lavoratori-schiavi. Nel bellissimo titolo di questo esordio nel cinema di finzione del documentarista Segre, la doppia semantica di una affermazione di identità e di una collocazione geografica che mantengono nella genericità del nome e dell'avverbio tanto l'adesione ad un riconoscibile stereotipo etnico quanto lo sradicamento di una condizione esistenziale che si fa paradigma universale della migrazione forzata ai tempi della globalizzazione. Se nel ricercato parallelo tra la solitudine condivisa tra una madre in attesa di ricongiungersi col figlio lasciato all'anziano padre ed un padre ormai anziano che ricerca la propria indipendenza lontano dalla famiglia di un figlio per il quale si sente un ingombro, rappresentano il facile approccio di una drammaturgia esemplare, le tematiche care ad un autore da sempre attento alle molteplici declinazioni sociali dei fenomeni migratori trovano la felice sintesi di un realismo poetico che, senza sottrarsi allo squallore della realtà, ricerca nella spiritualità di culture diverse (il rito del poeta cinese e la poesia dell'esule croato) una corrispondenza d'amorosi sensi che si fa riscatto dalle miserie umane ed affermazione di valori universali; il filo conduttore di una antropologia dei sentimenti che le confidenze intime di una tradizione orale e le foto di famiglia di un'infanzia sul mare servono da sole a documentare. Come nella traccia in over voice della suggestiva poesia finale, in cui l'allegoria di geometrie non euclidee esemplifica le insondabili strade di un destino di errori e sofferenze, vita e morte, purificazione e rinascita, così gli eventi accidentali di storie distanti conducono i due protagonisti al crocevia geografico dell'antica via della seta, il fondale scenografico di calli sospese tra storia e letteratura, tra i ricorsi di di un sincretismo culturale che ritorna al punto di partenza e le baruffe chiozzotte di una cultura provinciale di maldicenze e ottusità, tra il ritorno alle origini di genti lontane cresciute sul mare e la dolorosa separazione tra una figlia ed un padre putativo che le spietate regole delle vessazioni sociali riescono per sempre ad allontanare. Un esempio di cinema già maturo, dove alla puntuale ricognizione dei luoghi nostrani di una globalizzazione economica fondata sullo sfruttamento e l'autarchia, si alterna una dimensione religiosa preziosa e incorruttible, disseminata dei simboli di una spiritualità profonda che rivive ogni volta negli ex voto di rosse lanterne fluttuanti sull'acqua e che ritorna alla terra e al mare nell'orrida pira dell'ultima, grande lanterna che la sua più fedele seguace accende in onore dell'unico vero poeta che ha avuto in sorte di conoscere. Contributi tecnici di prim'ordine ed un casting mai così indovinato che arruola, oltre ad uno stuolo di azzeccati vitelloni del Nord Est (Battiston, Citran, Paolini), la docissima e bellissima Zhao Tao ed il fascinoso apolide giramondo Rade Šerbedžija. Palmares giustamente pletorico tra cui 3 premi (Premio Fedic, Premio Lanterna Magica e Premio Lina Mangiacapre) al Festival di Venezia 2011 ad Andrea Segre e David di Donatello 2012 per la migliore protagonista femminile.
E Marco Polo li fregò: doge, moglie, turchi, idee, partì da Chioggia ed arrivò non più giù di Bari, non più giù di Bari, poi disse "ho visto orienti magici", ma almeno aveva avuto della fantasia; i veneziani che applaudivano solo invidia e ipocrisia.
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cinefoglio
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domenica 10 marzo 2019
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istantanea di io sono li
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Il mese di marzo della piattaforma ArteKino Festival è stato dedicato al primo lungometraggio di finzione del giovane Andrea Segre, già autore di documentari come Il Sangue Verde (2010) e Mare Chiuso (2012), coinvolgendoci nella toccante storia di Li, cinese emigrata in Italia in cerca di un futuro migliore per sé e per suo figlio.
Io Sono Li (2011) ci proietta nel mondo dei «non visti», di tutte quelle persone che, arrivate nel Bel Paese, private di una vera libertà da parte di una immensa macchina di trafficanti e commercianti, sono costrette a lavorare chi nel cucito industriale, chi al servizio in un bar di provincia, private della privacy sotto il giogo del debito da ripagare.
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Il mese di marzo della piattaforma ArteKino Festival è stato dedicato al primo lungometraggio di finzione del giovane Andrea Segre, già autore di documentari come Il Sangue Verde (2010) e Mare Chiuso (2012), coinvolgendoci nella toccante storia di Li, cinese emigrata in Italia in cerca di un futuro migliore per sé e per suo figlio.
Io Sono Li (2011) ci proietta nel mondo dei «non visti», di tutte quelle persone che, arrivate nel Bel Paese, private di una vera libertà da parte di una immensa macchina di trafficanti e commercianti, sono costrette a lavorare chi nel cucito industriale, chi al servizio in un bar di provincia, private della privacy sotto il giogo del debito da ripagare.
In questo contesto Shun Li, interpretata da una posata Zhao Tao, comincia a prestare servizio in un’osteria nella laguna di Chioggia nell’attesa di poter riabbracciare suo figlio, inserendosi ed integrandosi perfettamente nella vita peschereccia e pensionata dei «soliti» del bar.
In particolare, a caratterizzare la parentesi chioggese, sarà la conoscenza e l’amicizia con Bepi, pescatore anche lui emigrato dalla Jugoslavia da molti anni ormai, interpretato da un poetico e sensibile Rade Šerbedžija che sosterrà l’animo di Li con versi in rima e panoramiche gite con la barca.
La pellicola si dimostra una valida opera prima di finzione (tra cui vanta un premio a Venezia), che dipinge, come un quadro di macchiaioli, lo spirito e la tenacia di Li in un paesaggio meditativo e disteso, immagine e colore di un mondo nascosto ma accolto dalla speranza di un’integrazione possibile ed un finale edulcorato ed ottimista.
07/03/2019
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