Una vita tranquilla |
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Un film di Claudio Cupellini.
Con Toni Servillo, Maurizio Donadoni, Juliane Köhler, Marco D'Amore, Francesco Di Leva.
continua»
Noir,
durata 105 min.
- Italia, Germania, Francia 2010.
- 01 Distribution
uscita venerdì 5 novembre 2010.
MYMONETRO
Una vita tranquilla
valutazione media:
3,23
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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venerdì 12 novembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Fuga senza fine è il titolo di un libro di Joseph Roth: fuga senza fine è una sorta di condizione esistenziale che Antonio De Martino (Rosario, da quando vive in Germania) ha sposato da ormai 15 anni, costretto ad abbandonare il suo passato di pluriomicidia per avere salva la vita sua e quella della sua famiglia. Ma è proprio la propria famiglia che si presenta alla porta del suo ristorante in Germania sotto l'aspetto e la vicenda di Diego, il figlio primogenito, che Rosario/Antonio De Martino ha abbandonato a sé stesso in Italia, "fottendosene di tutto" (come sostiene Diego nel finale del film) molti anni prima. Coinvolto in una classica storia di camorra (classica dopo Gomorra di Roberto Saviano) dove omicidi e rifiuti s'intrecciano fino ad arrivare in Germania, Diego costringe il padre Rosario a riaprire i conti con il passato, con il proprio passato! Perché se Diego sembra smarrire progressivamente lucidità nel corso della storia, a causa del sempre maggiore coinvolgimento emotivo a cui Rosario lo costringe, così non è Edoardo, il suo "collega", il quale, per la sua prepotenza, il suo vigore, la sua determinazione, la sua incoscienza, ma anche perché figlio di un boss da cui Rosario non vuole più essere trovato (facendosi credere morto), man mano che si procede verso il cuore dell'intreccio assume i connotati del nemico da distruggere agli occhi del protagonista Rosario. Il quale nella seconda parte del film, assume espressioni sempre più tese, sofferenti, cariche letteralmente di odio. In questo senso, se una prima lettura ha a che fare con la logica della fuga a tutti i costi, una seconda rimanda direttamente al personaggio più celebre che Toni Servillo ha interpretato, Titta De Girolamo ne Le conseguenze dell'amore: se Gorbaciof infatti sembra essere troppo fedele alla parabola autodistruttiva del protagonista del film di Paolo Sorrentino, senza però possederne l'anima più profonda, Rosario sembra chiudere un percorso ideale che permette a Titta De Girolamo di sopravvivere ancora, pagando un prezzo altissimo certo (abbandonando moglie e figlio e ricominciando da zero come un qualsiasi extracomunitario appena arrivato in Germania) ma avendo salva la vita. La paura di morire vince su tutto: anche nei confronti dell'amore per i figli. E qui subentra una terza possibile lettura del film: una parabola che parla di padri che uccidono i figli, di una storia in cui si mette in scena la storia di Edipo che viene ucciso da Laio, la storia di un padre che uccide il proprio figlio, la storia di una generazione, quella dei nostri padri, che ha fagocitato la nostra. Il film allora, volando con la fantasia, potrebbe essere letto come una grande metafora dello smarrimento, di cui si fa tanto parlare, dei "giovani d'oggi" (sui "giovani d'oggi ci scatarro sopra" cantavano gli Afterhours) bloccati da dei padri che non riescono ad abbandonare i loro posti di potere, ed un futuro denso di incertezze, dove il precariato non è altro che l'altra faccia della flessibilità (una flessibilità esistenziale, fatta di duro lavoro, grande umiltà e desiderio di ricominciare che Diego, dopo l'uccisione di Edoardo, dimostra di non possedere in alcun modo!).
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