stefano bruzzone
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mercoledì 11 dicembre 2013
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di classe
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frizzante commedia francese girata sulla splendida costa oceanica vicino bordeaux ove un gruppo di amici si ritrova, come ogni anno, a passare 15gg di vacanze estive insieme nella villa del più ricco, ma anche il più odioso, di tutti. quest'anno però un evento tragico minerà la loro serenità. uno del gruppo è in gravi condizioni all'ospedale per un incidente e questo farà venire alla luce vecchie ruggini e difetti di ognuno di loro tanto da rendere la vacanza quasi insopportabile. molto ben girato ed interpretato da questo manipolo di attori francesi, fra i quali balla anche un oscar, che oramai, come sostengo da tempo, nella commedia nazional popolare non solo ci sono passati davanti, ma ci stanno anche staccando di brutto.
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frizzante commedia francese girata sulla splendida costa oceanica vicino bordeaux ove un gruppo di amici si ritrova, come ogni anno, a passare 15gg di vacanze estive insieme nella villa del più ricco, ma anche il più odioso, di tutti. quest'anno però un evento tragico minerà la loro serenità. uno del gruppo è in gravi condizioni all'ospedale per un incidente e questo farà venire alla luce vecchie ruggini e difetti di ognuno di loro tanto da rendere la vacanza quasi insopportabile. molto ben girato ed interpretato da questo manipolo di attori francesi, fra i quali balla anche un oscar, che oramai, come sostengo da tempo, nella commedia nazional popolare non solo ci sono passati davanti, ma ci stanno anche staccando di brutto. si ride e si piange senza mai scadere nel volgare con battute da bar di ultima categoria come invece succede quasi sempre nelle nostre commedie e cmq gli attori francesi che si cimentano in questo genere di "filmetti" sono 4 spanne superiori ai nostri....basti pensare che nel cast di questa "commediola" troviamo Marion Cotillard, François Cluzet (grandissimo in "quasi amici") e il premio oscar Jean Dujardin. questo la dice lunga su quanta qualità pretendano i francesi anche nella commedia popolare ove investono sicuramente più danari ed energia dei nostri vanzina-parenti-de laurentiis e compagnia bella. il finale è un dramma dovuto, per dare un senso alla storia e "mettere tutto a posto", intelligentemente messo negli ultimi 5 minuti di pellicola per non gravare e inquinare tutto il pezzo di teatro visto nei minuti precedenti.
Voto: 7,5
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"joss"
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giovedì 5 luglio 2018
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le vacanze, l'imprevisto, la crisi...
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Guillaume Canet non si smentisce e firma un film davvero notevole, un lungometraggio "corale" dove si possono notare molte analogie con le pellicole di quel gran maestro che era Claude Sautet. Ma Canet non è...Sautet e cade nella trappola dell'autocompiacimento, con scene eccessivamente tristi dove alcuni protagonisti recitano sopra le righe. Un altro piccolo difetto del film è la lunghezza, un pò eccessiva. Comunque tanto di cappello al giovane Guillaume, maestro nel dirigere i più quotati attori francesi del momento in un dramma psicologico interessante, piacevole, intrigante per la grande varietà dei personaggi. Gli attori sono tutti nella parte e sono bravi a non sovrapporsi uno sull'altro.
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Guillaume Canet non si smentisce e firma un film davvero notevole, un lungometraggio "corale" dove si possono notare molte analogie con le pellicole di quel gran maestro che era Claude Sautet. Ma Canet non è...Sautet e cade nella trappola dell'autocompiacimento, con scene eccessivamente tristi dove alcuni protagonisti recitano sopra le righe. Un altro piccolo difetto del film è la lunghezza, un pò eccessiva. Comunque tanto di cappello al giovane Guillaume, maestro nel dirigere i più quotati attori francesi del momento in un dramma psicologico interessante, piacevole, intrigante per la grande varietà dei personaggi. Gli attori sono tutti nella parte e sono bravi a non sovrapporsi uno sull'altro. Ovviamente François Cluzet e Marion Cotillard svettano sopra gli altri, ma sempre in misura limitata. Assolutamente strepitoso il personaggio di Jean-Louis (Joel Dupuch, neppure attore professionista...), forse il più naturale di tutti, capace con dialettica spietata e sopraffina di "sparare a zero" su tutti i suoi compagni di avventura, accusandoli in fin dei conti del...vero! In quel momento si nota la frivolezza di Antoine, il meno preparato a sentirsi dire che Ludo è morto. Nessuno, certo, è preparato, ma tutti si nascondono dietro al fatto che i medici promettevano una, seppur lenta, guarigione del loro grande amico. Non è pronta Marie, con le sue innumerevoli storie di sesso, che tace quando Eric ed Antoine, in modo diretto e poco elegante, le fanno capire di essere la "donna facile" del gruppo. Non è pronto Eric, che se non altro era stato l'unico ad andare fino a Parigi per vedere l'amico in ospedale. Non è pronto Vincent, che in uno scatto d'ira demolisce mezza scrivania del suo studio. Non è pronto Max, che non perde occasione per far pesare sugli altri la sua agiatezza economica, anche se per un attimo sembra un altro... Succede che Eric e Antoine devono andare verso Parigi per i loro "problemi di cuore" e chiedono in prestito l'auto a Vincent: Max interviene prontamente e offre a loro la sua vettura personale, una AUDI Q7 a cui tiene molto. I due amici, sbigottiti, accettano e la moglie di Max, Véro, esclama: "Non fare quella faccia, non siamo abituati, non era mai successo...". Non solo: Antoine riporta la vettura con una fiancata danneggiata e Max si limita a dire: "Ma è solo una riga, non importa, stai tranquillo". Innumerevoli le scene da citare. Quando Max rimane bloccato in barca per la bassa marea ed è terrorizzato che Vincent possa approfittare di lui. Eric invece fa una sceneggiata disastrosa proprio sotto la finestra di Léa mentre Antoine aspetta tutta la notte in macchina che Juliette prenda una decisione sul loro futuro. Alla fine lei scende e tornano insieme a Cap Ferret. Esilarante Max quando, alle due del pomeriggio, mentre tutti riposano, vuole sistemare il giardino usando il tosaerba a motore. Interviene sua moglie furente ma, per riportare il mezzo in garage, Max lo riaccende ancora... Una scena discutibile e molto cinica è invece la visione dei filmati delle estati precedenti, dove si vede Ludo, che era senza dubbio l'animatore incontrastato del gruppo, esibirsi travestito da donna mentre canta. Tutti ridono ma la serenità mostrata sembra effettivamente un pò falsa. Un'immagine struggente, forse perchè si tratta del personaggio più vero, è la visione del possente Jean-Louis che, al volante del suo furgoncino, si reca velocissimo a portare la sabbia della spiaggia, per l'ultima volta, all'amico scomparso. Dunque, qualche piccola incongruenza c'è, ma il film è ai massimi livelli. I migliori attori francesi diretti da uno dei più bravi registi francesi, il risultato era scontato. Smuove gli animi, lo spettatore riflette e non si annoia, il tutto senza alcuna volgarità gratuita. Da non dimenticare le musiche della colonna sonora, forse fin troppo ricercate. - di "Joss" -
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omero sala
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giovedì 7 giugno 2012
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il grande freddo in salsa maionese
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Il film si apre con un terribile incidente che coinvolge Ludo e lo riduce in fin di vita: gli amici, un gruppo di parigini fra i trenta ed i quarant’anni, accorrono sgomenti e - nonostante la gravità delle sue condizioni - decidono di non rinviare la loro già programmata vacanza in una casa a Cap Ferret.
Qui, forse anche per il nuovo sfondo costituito dalle pietose condizioni di Ludo (solo apparentemente lontano e assente), esplodono fra loro tutte quelle nevrosi che caratterizzano la scombinata e disorientata generazione post-sessantottina.
Di giorno in giorno emergono inadeguatezze, fisime, immaturità, ipocrisie, debolezze ed ossessioni; di giorno in giorno fra questi amici - che fino a fino a ieri erano indulgenti fra loro come lo si è con se stessi - affiorano insoddisfazioni, nervosismi, intolleranze reciproche, insofferenze irrisolte; si infittiscono gli scontri, i battibecchi, le accuse, le recriminazioni.
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Il film si apre con un terribile incidente che coinvolge Ludo e lo riduce in fin di vita: gli amici, un gruppo di parigini fra i trenta ed i quarant’anni, accorrono sgomenti e - nonostante la gravità delle sue condizioni - decidono di non rinviare la loro già programmata vacanza in una casa a Cap Ferret.
Qui, forse anche per il nuovo sfondo costituito dalle pietose condizioni di Ludo (solo apparentemente lontano e assente), esplodono fra loro tutte quelle nevrosi che caratterizzano la scombinata e disorientata generazione post-sessantottina.
Di giorno in giorno emergono inadeguatezze, fisime, immaturità, ipocrisie, debolezze ed ossessioni; di giorno in giorno fra questi amici - che fino a fino a ieri erano indulgenti fra loro come lo si è con se stessi - affiorano insoddisfazioni, nervosismi, intolleranze reciproche, insofferenze irrisolte; si infittiscono gli scontri, i battibecchi, le accuse, le recriminazioni. E assistiamo ad un fittissimo gioco al massacro, liberatorio e crudele, sempre condotto sul filo tagliente dell’ironia acida, della feroce complicità, del sarcasmo ipercritico, delle nevrosi tormentose, dello svelamento beffardo, spietato e lancinante, surreale ma credibilissimo.
La lunga consuetudine dei rapporti e l’antico e forse immutato affetto si mischiano all’egotismo narcisista ed al cinismo ed offrono un quadro dolce ed amaro nello stesso tempo. La generale immaturità viene stigmatizzata e nello stesso tempo, appunto perché universale, assolta.
Accattivante la seduttività della rievocazione nostalgica. Magistrale la capacità di intrecciare comicità e tragedia, di alternare cinismo e commozione, di frenare e accelerare. Buono il ritmo, sia quello narrativo che quello dei dialoghi, sempre incalzanti e frizzanti. La scelta degli attori e la caratterizzazione dei personaggi sono indovinate. La colonna sonora è ruffiana quanto basta.
Una riscrittura in salsa maionese, forse un po’ troppo consolatoria e auto assolutoria, dell’inarrivabile “Grande freddo” di Kasdan.
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marilla
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lunedì 6 luglio 2015
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per carita' di dio!!!!
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Film presuntuosetto, furbetto, ma nemmeno tanto visto che lo tani subito nella sua aura mediocritas. TEMA 1: La vita è un susseguirsi di stupidaggini di cui ti rendi conto quando tocchi la morte con mano: ovviamente quella degli altri, visto che se muori tu non ti puoi rendere conto di niente. TEMA 2: il cinema è un racconto per immagini: qui cosa è meglio? Il racconto o le immagini? SVOLGIMENTO 1: gruppo di amici, ovviamente belloni, strafighi e mooolto (con molte o) gauche caviar (niente accenno alla normale fisicità di noi poveracci), ambiente borghese medio-alto, temi e passatempi che veleggiano nell'aura mediocritas di cui sopra (io li avrei mandati tutti nelle miniere del Sulcis a farsi il mazzo che gli avrebbe fatto tanto bene), con la solita solita pappardella melangiata di moglie insoddisfatta per trascuratezza (e qui fa molto figamente politically correct perché il marito non è nemmeno fedifrago, è addirittura innamorato del migliore amico), scemetta volubil-inquieta che si ritrova in cinta e l'unica cosa che sa fare benissimo è far finta di bere dai bicchieri, yuppi anzianotto e padrone di casa ospitante il gruppetto che manderei nel Sulcis con lui che si crede Gesù, è molto antipatico e anche maleducato e poi alla fine capisce tutto di sé, moglie dello yuppi con sale in zucca ma che ci fa lì, sciupafemmine che guarda caso alla fine capisce l'importanza dell'ammmore (con moltissime emme) quando, sempre guarda caso, la donna lo accanna (e fa bene anche se originalità zero nemmeno lei), marinaio anziano che non è né carne né pesce (il che, in quanto marinaio, è gravissimo, per il pesce ovviamente) e che alla fine fa la morale a tutti e con grande rabbia fa pure il beau geste di caricarsi un sacchetto di pura sabbia atlantica per riversarla nella tomba dell'amico morto, giovanotto pallosissimo che piagnucola sull'amor perduto e poi lo recupera con una bella frase a effetto, per non parlar dell'amor perduto e recuperato che si sarebbe sposata tanto per passare il tempo e poi, illuminata sulla via di Damasco dalla frase ad effetto molla il futuro marito (che deve appunto accendere un cero a Sant'Antonio).
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Film presuntuosetto, furbetto, ma nemmeno tanto visto che lo tani subito nella sua aura mediocritas. TEMA 1: La vita è un susseguirsi di stupidaggini di cui ti rendi conto quando tocchi la morte con mano: ovviamente quella degli altri, visto che se muori tu non ti puoi rendere conto di niente. TEMA 2: il cinema è un racconto per immagini: qui cosa è meglio? Il racconto o le immagini? SVOLGIMENTO 1: gruppo di amici, ovviamente belloni, strafighi e mooolto (con molte o) gauche caviar (niente accenno alla normale fisicità di noi poveracci), ambiente borghese medio-alto, temi e passatempi che veleggiano nell'aura mediocritas di cui sopra (io li avrei mandati tutti nelle miniere del Sulcis a farsi il mazzo che gli avrebbe fatto tanto bene), con la solita solita pappardella melangiata di moglie insoddisfatta per trascuratezza (e qui fa molto figamente politically correct perché il marito non è nemmeno fedifrago, è addirittura innamorato del migliore amico), scemetta volubil-inquieta che si ritrova in cinta e l'unica cosa che sa fare benissimo è far finta di bere dai bicchieri, yuppi anzianotto e padrone di casa ospitante il gruppetto che manderei nel Sulcis con lui che si crede Gesù, è molto antipatico e anche maleducato e poi alla fine capisce tutto di sé, moglie dello yuppi con sale in zucca ma che ci fa lì, sciupafemmine che guarda caso alla fine capisce l'importanza dell'ammmore (con moltissime emme) quando, sempre guarda caso, la donna lo accanna (e fa bene anche se originalità zero nemmeno lei), marinaio anziano che non è né carne né pesce (il che, in quanto marinaio, è gravissimo, per il pesce ovviamente) e che alla fine fa la morale a tutti e con grande rabbia fa pure il beau geste di caricarsi un sacchetto di pura sabbia atlantica per riversarla nella tomba dell'amico morto, giovanotto pallosissimo che piagnucola sull'amor perduto e poi lo recupera con una bella frase a effetto, per non parlar dell'amor perduto e recuperato che si sarebbe sposata tanto per passare il tempo e poi, illuminata sulla via di Damasco dalla frase ad effetto molla il futuro marito (che deve appunto accendere un cero a Sant'Antonio)....insomma, che più ne ha più ne metta, ivi compreso il poveraccio che gli tocca tirare le cuoia per dare un senso a questo mélo di quart'ordine. SVOLGIMENTO 2: una regia, un racconto per immagini che se mi ci mettevo un pochino d'impegno avrei potuto fare pure io, con tanto di sequenza in Chiesa al funerale che copia i famosi 4 matrimoni inglesi senza minimamente avvicinarsi all'ironia e all'intensità dei colleghi d'Oltremanica. Io, che generalmente il drammone lo vivo con immancabile lacrimuccia, qui mi sono solo innervosita. Non voglio dire altro. E ho detto tutto.
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flyanto
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martedì 10 aprile 2012
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un film sull'amicizia con tutti i suoi pregi e dif
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Commedia su di un gruppo di amici, accoppiati o meno, che trascorrono due settimane in vacanza in una località balneare in Francia dopoi un grave incidente capitato in moto ad un loro caro amico. Scaramuccie, delusioni, fobie e complicità per raccontare e rimarcare quanto sia forte e profondo il sentimento dell'amicizia. Un pò lungo e per lo più parlato ma talmente ben equilibrato nella sua narrazione da non risultare affatto pesante, anzi, esattamente l'opposto. Tra tutti gli attori, ben immedesimati nella propria parte, spicca l'interpretazione di Francois Cluzet. Molto belle anche le canzoni scelte come colonna sonora.
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zoom e controzoom
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lunedì 30 aprile 2012
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agra ineluttabil realtà che si ripete ad ogni vita
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154 minuti che scorrono con un ritmo molto ben calibrato nelle storie intrecciate tra i personaggi. Lo spettatore non giovanissimo, può facilmente ritrovare molte situazioni della propria vita, quando si trovava in quel periodo particolare che comprende gli anni di passaggio tra la fine della giovinezza ancora spumeggiante e l’accorgersi che la vita, che si voglia o meno, è anche una cosa impegnativa
La caratteristica di qualità del film francese, qui si trova a pieno : nella ricerca del casting, i personaggi sono stati scelti con una tipicizzazione che immediatamente ne dà una connotazione scegliendo con cura i volti, il fisico degli interpreti, cosicchè le supposizioni che si possono fare sul loro carattere, sono giustamente azzeccate.
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154 minuti che scorrono con un ritmo molto ben calibrato nelle storie intrecciate tra i personaggi. Lo spettatore non giovanissimo, può facilmente ritrovare molte situazioni della propria vita, quando si trovava in quel periodo particolare che comprende gli anni di passaggio tra la fine della giovinezza ancora spumeggiante e l’accorgersi che la vita, che si voglia o meno, è anche una cosa impegnativa
La caratteristica di qualità del film francese, qui si trova a pieno : nella ricerca del casting, i personaggi sono stati scelti con una tipicizzazione che immediatamente ne dà una connotazione scegliendo con cura i volti, il fisico degli interpreti, cosicchè le supposizioni che si possono fare sul loro carattere, sono giustamente azzeccate. Questo già coinvolge lo spettatore che inevitabilmente ricorda come nel proprio gruppo ci fosse il beota che pensa solo a se stesso, il narcisista schiacciasassi falsamente generoso, la petulante moglie e via dicendo. Qui si trovano molto ben delineati una galleria di personaggi tutti molto plausibili : senza gloria e senza infamia come gran parte delle persone lo sono.
L’inizio è tragico, ma ancora più tragica è la domanda che si fanno gli amici del gruppo per i quali la vacanza è un rito che li accomuna nella reciproca conoscenza e accettazione più o meno sincera dei difetti. Sorge spontanea la domanda: cosa avremmo fatto noi in quella situazione di scelta tra il non abbandonare un amico in ospedale e il non perdere la vacanza annuale. Già questo avvio, dà la netta percezione dell’altro grande pregio del film : i dialoghi. Il linguaggio usato da tutti i protagonisti è estremamente reale e non fa una sbavatura sperando sia una traduzione fedele dell’originale. Così si può godere di dialoghi molto pertinenti nei quali ci si può ritrovare. Di conseguenza gli aspetti caratteriali sono molto ben equilibrati e non rischiano l’aspetto caricaturale.
Molto realistiche le situazioni, tutte ammissibili, o quasi se non fosse per quell’epilogo romantico che vede per protagonista l’unico estraneo al gruppo, l’uomo di mare, quello che il mare lo viveva davvero e sempre, non solo come vacanza. Questo personaggio, alla fine, così romanticamente presente al funerale dell’amico di tutti, che rovescia un sacchetto di sabbia sulla bara, è sopra le righe, fuori anche come tempo/spazio fisico tra la casa e la chiesa - pur percorso in auto a velocità stratosferica - e appare come una presenza, l’unica forzata per un accenno romantico, da rosa di plastica..ma..ma.. Anche da rosa di plastica è lo scontato – reale molto scontato – dolore degli amici, di chi si è goduto la vacanza con le solite modalità e con le solite modalità perbeniste scopre che chi è morto era “una brava persona, era il migliore di tutti noi”. Così con questa prassi realissima, colui che all’inizio del film già si presenta come agnello sacrificale, pur imbottito di alcool e di droga, riceve il suo tributo alla fine, assolto dagli amici crapuloni che a loro volta si assolvono perché un morto al quale dai il tuo tributo, automaticamente non può che assolverti.
Bella storia, bel ritmo, belle riprese, bei personaggi, belle situazioni della nostra brutta realtà. Puntualizzazione : è una storia degli anni ’80 perché non si può considerarla storia contemporanea e per i dialoghi e per le situazioni che oggigiorno sarebbero senza dubbio vissute con molta più dissipatezza e leggerezza morale.
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des_demona
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martedì 16 novembre 2010
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armati di fazzoletto
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata.
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata. Il talento del francese, alla sua terza opera cinematografica, si riscontra nella capacità di sezionare la vita quotidiana al limite del sentimentalismo ma senza compiacimento – fatta eccezione per una lieve caduta nel finale, che sa un po’ troppo d’America e di telefilm per ragazzi.
Si zooma su volti, lacrime, umori sopiti di ogni giorno colti nella loro esplosione indotta. Il tutto in una sorta di morboso cine-diario, corredato di commento musicale spaziante da Damien Rice a Ben Harper, Anthony & The Johnsons, Janis Joplin. Non v’è accusa senza immediato perdono, tanto nella forma quanto nella sostanza: soltanto stereotipi umani intercambiabili messi a confronto negli spazi intimi del ricordo, giardini, spiagge o camere da letto che siano. La regia, al di fuori dell’impressionante piano-sequenza iniziale, oscilla in maniera pericolosa verso il tv-movie. Meno male che ci sono gli attori: su tutti un tragicomico ed istrionico François Cluzet; ma anche Gilles Lelouche, straordinario esempio di latin lover dal cuore debole, nonché – come dimenticarla? – la divina Marion Cotillard, che il regista/compagno Canet non esita a mettere in risalto con particolari angolazioni e tagli di luce. Tuttavia, per una volta, la coralità vince sul protagonismo, e l’orchestrazione dell’insieme è senza dubbio priva di pecche. Inevitabile il richiamo a Il grande freddo di Lawrence Kasdan, o a fratelli meno nobili ma più recenti come il Saturno Contro di Ozpetek e il semisconosciuto About Elly di Farhadi; questi ultimi però monchi di quella raffinata leggerezza che connota Les petits mouchoirs. E che gioca e si nutre, come un’altalena, di alti e bassi naturalmente e deliziosamente imperfetti.
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fleda
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giovedì 12 aprile 2012
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nè carne nè pesce
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Non c'è ironia per farne una buona commedia; non è sicuramente una commedia drammatica per come vengono condotti i giochi tra i protagonisti;giochi abbastanza scontati e stupidi.Anche per il grottesco ci vuole maestria. Davvero finto. Davveto brutto. Senza identità; fa pensare a situazioni costruite per strappare il sorriso. Ma manca l'autenticità e il pensiero di dirci davvero qualcosa,premendo una qualche leva intorno alla quale giri un minimo di di discorso. Gli inframmezzi musicali esagerati e diciamoli, belli ma datati. E un regista nato negli anni '70 si dimostra senza fantasia e originalità in TUTTI I SENSI.
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(di bobadue)
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des_demona
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martedì 16 novembre 2010
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armati di fazzoletto
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata.
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata. Il talento del francese, alla sua terza opera cinematografica, si riscontra nella capacità di sezionare la vita quotidiana al limite del sentimentalismo ma senza compiacimento – fatta eccezione per una lieve caduta nel finale, che sa un po’ troppo d’America e di telefilm per ragazzi.
Si zooma su volti, lacrime, umori sopiti di ogni giorno colti nella loro esplosione indotta. Il tutto in una sorta di morboso cine-diario, corredato di commento musicale spaziante da Damien Rice a Ben Harper, Anthony & The Johnsons, Janis Joplin. Non v’è accusa senza immediato perdono, tanto nella forma quanto nella sostanza: soltanto stereotipi umani intercambiabili messi a confronto negli spazi intimi del ricordo, giardini, spiagge o camere da letto che siano. La regia, al di fuori dell’impressionante piano-sequenza iniziale, oscilla in maniera pericolosa verso il tv-movie. Meno male che ci sono gli attori: su tutti un tragicomico ed istrionico François Cluzet; ma anche Gilles Lelouche, straordinario esempio di latin lover dal cuore debole, nonché – come dimenticarla? – la divina Marion Cotillard, che il regista/compagno Canet non esita a mettere in risalto con particolari angolazioni e tagli di luce. Tuttavia, per una volta, la coralità vince sul protagonismo, e l’orchestrazione dell’insieme è senza dubbio priva di pecche. Inevitabile il richiamo a Il grande freddo di Lawrence Kasdan, o a fratelli meno nobili ma più recenti come il Saturno Contro di Ozpetek e il semisconosciuto About Elly di Farhadi; questi ultimi però monchi di quella raffinata leggerezza che connota Les petits mouchoirs. E che gioca e si nutre, come un’altalena, di alti e bassi naturalmente e deliziosamente imperfetti.
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annu83
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martedì 24 aprile 2012
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piccole bugie divertenti
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Per iniziare a parlare dell’ennesimo film francese ottimamente costruito, non si può non citare i precedenti relativi almeno all’anno in corso, anche perché questa commedia attinge a piene mani dal cesto dei principali attori d’oltralpe. Dicevamo, in un 2012 dove la Francia porta nelle nostre sale tanti film di successo, partendo da “La chiave di Sarah”, passando per il pluripremiato “The Artist”, concludendo con la rivelazione assoluta al botteghino di “Quasi amici” e senza dimenticare le ottime interpretazioni de “Il mio migliore incubo” e ricordando l’imminente “17 ragazze” trova un posto di rilievo questo “Piccole bugie tra amici”, con un cast di assoluto rispetto e dalle forti garanzie.
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Per iniziare a parlare dell’ennesimo film francese ottimamente costruito, non si può non citare i precedenti relativi almeno all’anno in corso, anche perché questa commedia attinge a piene mani dal cesto dei principali attori d’oltralpe. Dicevamo, in un 2012 dove la Francia porta nelle nostre sale tanti film di successo, partendo da “La chiave di Sarah”, passando per il pluripremiato “The Artist”, concludendo con la rivelazione assoluta al botteghino di “Quasi amici” e senza dimenticare le ottime interpretazioni de “Il mio migliore incubo” e ricordando l’imminente “17 ragazze” trova un posto di rilievo questo “Piccole bugie tra amici”, con un cast di assoluto rispetto e dalle forti garanzie.
Il segreto? Se sei abbastanza bravo e sicuro di te, prendi un premio oscar come Dujardin e fagli fare un ruolo marginale, ma che preveda una sequenza tanto shoccante quanto ben fatta e che sia il giusto preludio a un viaggio all’interno degli altri personaggi. Già, perché Ludo (Dujardin), uscendo da una disco parigina sta per avere un incidente molto grave in scooter, e i suoi amici non sapranno se andare lo stesso a fare il solito mese di vacanze estive al mare. Decisione difficile e sofferta, ma si partirà, e finalmente potrà partire anche il film, che comunque era piaciuto anche fino ad ora.
E’ proprio durante le vacanze che si dipana e si intreccia la trama di questo film molto ben costruito, con una caratterizzazione maniacale (nel senso positivo del termine) dei personaggi, sicuramente beneficiaria delle quasi 2 ore e mezza messe a disposizione dal film. Le storie e i segreti dei protagonisti si fondono, un una girandola di bugie e di mezze verità, di verità taciute o soltanto sussurrate all’orecchio di qualcuno e a insaputa di altri. Abbiamo le paturnie e lo stress di Max (un leggermente confuso e un po' plasticoso François Cluzet), il padrone di casa, persona ricca e coi nervi completamente scoperti, l’agonia e l’ottimismo del sognatore Antoine, che è stato mollato da Juliette ma fatica a farsene una ragione, la spavalderia ma anche la solitudine psicologica del bel Eric (un ottimo Gilles Lellouche), la confusione del tranquillo Vincent (uno strepitoso Benoît Magimel, miglior interprete di questo film), e l’ambiguità della bella e dolce Marie (interpretata da una splendida Marion Clotillard), sempre a metà strada da omosessualità e ricerca di sesso facile e senza impegno. Una “generazione Muccino” à la francese, con gli stessi problemi ma molta più ironia e voglia di vivere. Ecco, è questo, forse, il punto forte di questa pellicola: l’unione tra questa Babele caratteriale unita a una Sodoma e Gomorra psicologica imperante, che trova nell’assoluta presenza di ironia, anche su temi apparentemente seri, il proprio colpo vincente. Battute irrispettose, dialoghi al limite del litigio, rapporti sul filo dell’insulto, ma il tutto condito e salvato da amicizie solide e apparentemente indistruttibili, forse perché consapevoli loro stesse di essere costruite su “piccole bugie”, che tutti sanno ma che nessuno èintenzionato a smascherare.
Ogni attore (sempre con la riserva di Cluzet, che "sforza" troppo) sembra essere a proprio agio all’interno del personaggio, ed è così in grado di renderlo vero e di fare passare in fretta le due ore e mezza del film, che per un film a metà tra melodramma e commedia non sono per nulla poche. Una pellicola in cui questi attori vengono diretti da Canet in maniera brillante e vengono guidati fino all’obiettivo primo, quello di strappare qua e là una lacrima, ma soprattutto diverse risate e molti applausi.
Insomma, la Francia colpisce ancora e non dà segni di volersi arrestare, ma forse, se questo è il livello delle produzioni, molto meglio così che non la commedia nostrana.
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(di valerie_vla)
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