m.d.c
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lunedì 9 aprile 2012
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piccole bugie sbiadite
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Il revival dei sentimenti in un periodo di imperante cinismo incombe sempre al cinema, lo dimostra il prolisso e fatalmente sbagliato Piccole bugie fra amici del sensazionalista Canet(discreto attore passato alla regia), che schiera il meglio su piazza che la scuola francese offre al momento in fatto di interpreti(gli oscarizzati Cotillard e Dujardin e il sempre bravo Cluzet) al servizio di una storia che gira a vuoto, dove gli stereotopi, le trovate effettistiche e le banalità più o meno furbe si sommano in una stridente alchimia. Il solito inossidabile gruppo di amici, alla vigilia di una vacanza in condivisione,si ritrova al capezzale di un membro del gruppo, vittima di un incidente stradale.
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Il revival dei sentimenti in un periodo di imperante cinismo incombe sempre al cinema, lo dimostra il prolisso e fatalmente sbagliato Piccole bugie fra amici del sensazionalista Canet(discreto attore passato alla regia), che schiera il meglio su piazza che la scuola francese offre al momento in fatto di interpreti(gli oscarizzati Cotillard e Dujardin e il sempre bravo Cluzet) al servizio di una storia che gira a vuoto, dove gli stereotopi, le trovate effettistiche e le banalità più o meno furbe si sommano in una stridente alchimia. Il solito inossidabile gruppo di amici, alla vigilia di una vacanza in condivisione,si ritrova al capezzale di un membro del gruppo, vittima di un incidente stradale. Assolta la formalità della visita, fra rimorsi e uno sbiadito ricorso all'ottimismo, il gruppo decide ugualmente di partire per la villa dell'imprenditore Cluzet dove il crocevia dei segreti, dei confronti più o meno serrati e delle frustrazioni matrimoniali va in scena con una programmatica prevedibilità narrativa. Il modello scoperto di Canet è naturalmente il Grande freddo, stessa coralità, stesso sfondo luttuoso,ma se Kasdan(l'autore che era allora e non è più stato) era riuscito a radiografare con sensibilità un'epoca, Canet non riesce a sfrondare la trama scivolando nelle trappole velenose del racconto a più voci come dimostra il finale dove, spingendo al massimo sul pedale del dramma,il regista architetta una chiusura che,ignorando il miracoloso pudore di Sautet, sembra strizzare l'occhio a una aggressione melodrammatica che rimanda a Muccino. Matteo De Chiara
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@cassandra
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sabato 3 settembre 2011
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semplicemente straordinario
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[+] nulla con grande freddo- il luogo comune docet
(di bobadue)
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reboxinghorse
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giovedì 21 aprile 2011
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viva il cinema europeo
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Non capita spesso di vedere un film scritto bene e recitato meglio, da un coro di anime -un ensemble- in cui ognuno si fa carico del suo peso, e in più gioca con gli altri...
Un film in cui si ride e si piange,
un film che esci con la sensazione di aver traslocato in uno spazio più ampio,
con la sensazione di aver imparato qualcosa.
Il cinema europeo non produce tanto quanto hollywood, ma quando lo fa è capace di offrire dei veri e propri capolavori
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des_demona
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martedì 16 novembre 2010
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armati di fazzoletto
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata.
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata. Il talento del francese, alla sua terza opera cinematografica, si riscontra nella capacità di sezionare la vita quotidiana al limite del sentimentalismo ma senza compiacimento – fatta eccezione per una lieve caduta nel finale, che sa un po’ troppo d’America e di telefilm per ragazzi.
Si zooma su volti, lacrime, umori sopiti di ogni giorno colti nella loro esplosione indotta. Il tutto in una sorta di morboso cine-diario, corredato di commento musicale spaziante da Damien Rice a Ben Harper, Anthony & The Johnsons, Janis Joplin. Non v’è accusa senza immediato perdono, tanto nella forma quanto nella sostanza: soltanto stereotipi umani intercambiabili messi a confronto negli spazi intimi del ricordo, giardini, spiagge o camere da letto che siano. La regia, al di fuori dell’impressionante piano-sequenza iniziale, oscilla in maniera pericolosa verso il tv-movie. Meno male che ci sono gli attori: su tutti un tragicomico ed istrionico François Cluzet; ma anche Gilles Lelouche, straordinario esempio di latin lover dal cuore debole, nonché – come dimenticarla? – la divina Marion Cotillard, che il regista/compagno Canet non esita a mettere in risalto con particolari angolazioni e tagli di luce. Tuttavia, per una volta, la coralità vince sul protagonismo, e l’orchestrazione dell’insieme è senza dubbio priva di pecche. Inevitabile il richiamo a Il grande freddo di Lawrence Kasdan, o a fratelli meno nobili ma più recenti come il Saturno Contro di Ozpetek e il semisconosciuto About Elly di Farhadi; questi ultimi però monchi di quella raffinata leggerezza che connota Les petits mouchoirs. E che gioca e si nutre, come un’altalena, di alti e bassi naturalmente e deliziosamente imperfetti.
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des_demona
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martedì 16 novembre 2010
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armati di fazzoletto
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata.
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Di ritorno da una notte brava Ludo (Jean Dujardin) viene travolto da un camion. Alla vista del suo corpo orribilmente sfigurato gli amici, capitanati da Max (François Cluzet), decidono comunque di partire per la consueta vacanza in villa, in programma da tempo ed oramai alle porte. Comincia così il percorso forzato nel labirinto di Teseo, dritto e diretto verso il vaso di Pandora dell'eterogeneo gruppo di villeggianti.
Le bugie bianche del titolo inglese sono i 'fazzolettini' dell'originale: menzogne ma soprattutto verità sottese del contingente sulle quali il regista Guillame Canet instaura un tira e molla emotivo che nasconde sorprendentemente l’apparente prolissità dei 154 minuti di durata. Il talento del francese, alla sua terza opera cinematografica, si riscontra nella capacità di sezionare la vita quotidiana al limite del sentimentalismo ma senza compiacimento – fatta eccezione per una lieve caduta nel finale, che sa un po’ troppo d’America e di telefilm per ragazzi.
Si zooma su volti, lacrime, umori sopiti di ogni giorno colti nella loro esplosione indotta. Il tutto in una sorta di morboso cine-diario, corredato di commento musicale spaziante da Damien Rice a Ben Harper, Anthony & The Johnsons, Janis Joplin. Non v’è accusa senza immediato perdono, tanto nella forma quanto nella sostanza: soltanto stereotipi umani intercambiabili messi a confronto negli spazi intimi del ricordo, giardini, spiagge o camere da letto che siano. La regia, al di fuori dell’impressionante piano-sequenza iniziale, oscilla in maniera pericolosa verso il tv-movie. Meno male che ci sono gli attori: su tutti un tragicomico ed istrionico François Cluzet; ma anche Gilles Lelouche, straordinario esempio di latin lover dal cuore debole, nonché – come dimenticarla? – la divina Marion Cotillard, che il regista/compagno Canet non esita a mettere in risalto con particolari angolazioni e tagli di luce. Tuttavia, per una volta, la coralità vince sul protagonismo, e l’orchestrazione dell’insieme è senza dubbio priva di pecche. Inevitabile il richiamo a Il grande freddo di Lawrence Kasdan, o a fratelli meno nobili ma più recenti come il Saturno Contro di Ozpetek e il semisconosciuto About Elly di Farhadi; questi ultimi però monchi di quella raffinata leggerezza che connota Les petits mouchoirs. E che gioca e si nutre, come un’altalena, di alti e bassi naturalmente e deliziosamente imperfetti.
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