pietro muratori
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martedì 28 settembre 2010
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“entropia cinematografica”
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“La solitudine dei numeri primi”
Storia di un’entropia cinematografica
“La solitudine dei numeri primi “, dal romanzo di Paolo Giordano, di Saverio Costanzo, è la storia di due ragazzi, Alice (Alba Rohrwacher) e Mattia (Luca Marinelli), soffocati dalla vita, per ognuno do loro un’adolescenza pesante che ha lasciato un solco invalicabile per arrivare agli altri, un’esistenza personale che buca l’anima, un voto incolmabile che mai nessuno potrà riempire, è questa la condizione esistenziale che si è voluta sintetizzare con la definizione matematica dei “numeri primi”.
La storia è una realtà triste di due bambini, senza svelare gli episodi eclatanti che segneranno l’esistenza dei due personaggi del film, Alice e Mattia sono immersi e travolti da genitori che delegano e proiettano i propri ruoli e le proprie aspettative sui figli, la piccola Alice condannata ad essere una piccola campionessa degli sci, e Mattia, il bravo alunno, incaricato a tempo pieno a badare alla “disturbata” sorella gemella.
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“La solitudine dei numeri primi”
Storia di un’entropia cinematografica
“La solitudine dei numeri primi “, dal romanzo di Paolo Giordano, di Saverio Costanzo, è la storia di due ragazzi, Alice (Alba Rohrwacher) e Mattia (Luca Marinelli), soffocati dalla vita, per ognuno do loro un’adolescenza pesante che ha lasciato un solco invalicabile per arrivare agli altri, un’esistenza personale che buca l’anima, un voto incolmabile che mai nessuno potrà riempire, è questa la condizione esistenziale che si è voluta sintetizzare con la definizione matematica dei “numeri primi”.
La storia è una realtà triste di due bambini, senza svelare gli episodi eclatanti che segneranno l’esistenza dei due personaggi del film, Alice e Mattia sono immersi e travolti da genitori che delegano e proiettano i propri ruoli e le proprie aspettative sui figli, la piccola Alice condannata ad essere una piccola campionessa degli sci, e Mattia, il bravo alunno, incaricato a tempo pieno a badare alla “disturbata” sorella gemella.
Due “numeri primi gemelli” indivisibili, che si “incontrano”, si sfiorano ma non si vivono, entrambi in una dimensione incommensurabile, sono “due grandezze che sono tra loro in un rapporto irrazionale” (definizione matematica di incommensurabile n.d.r.), incapaci di amarsi e di iniziare qualcosa che sappia di affetto o di rapporti emotivi, che non riescono a rapportarsi col mondo esterno, un’esistenza come una ferita che non smette mai di far male !
Il film, che già dal titolo allettante, supportato anche da un libro best seller, molto atteso sul grande schermo, non convince, la riduzione necessaria per portarlo sul grande schermo non ha funzionato al meglio, scelte di sceneggiatura e di montaggio tradiscono le aspettative dello spettatore.
L’inizio del film promette cinema d’autore, per le ottime scene realizzate per dare risalto alla tensione scenica tra bambini in maschera su un palco del teatro della scuola, dove da lì a poco si svelerà il fardello esistenziale di Mattia, ottima la fotografia ed i costumi, che subiscono, però, le musiche anni ‘70 stile dei Goblin, che ricordano Dario Argento, fuori luogo nel contesto della scena che si vuole rappresentare.
Alle “riduzioni” evidenti, si avvicendano situazioni di stallo, lunghissima l’attesa per svelare l’incidente di Alice, allungato oltre modo, intuibile già dalla prima scena sulle piste di sci, infarcita, poi, di flash back, immagini ridondanti, per enfatizzare pleonasticamente un albergo di montagna, che dovrebbe suonare come un’ossessione per Alice, ma rappresentato come un luogo da “Shining” de noantri.
Un film che ha voluto cambiar genere alla storia, un taglio da thriller psicologico, slegato e sfilacciato per tutto il film, tutte le scene sono tese a creare tensioni, in maniera troppo artefatta e leziosa, nel voler appesantire ancor di più le disgrazie esistenziali di Alice e Mattia.
La seconda parte del film, che si libera dal fardello causale del mal di vivere dei due protagonisti, migliora e prende ritmo, liberato dalle pastoie di un incipit appesantito dalla sceneggiatura, arriva a dare definizione alle interpretazione dei due protagonisti, che contrariamente alla struttura narrativa, sono ben diretti e credibili.
Buono il cast, per ogni attore che contribuisce a far “crescere” i due protagonisti”, ottima la fotografia nelle scene del ballo, come anche le scene ed il montaggio, durante al festa di Viola (Aurora Ruffino), un’unica e morbosa amica di Alice.
In questo universo di microcosmi familiari, così lontani … così vicini a noi, alla deriva delle convenzioni borghesi e sociali, il peso dell’esistenza di Alice e Mattia arriva debole, poco affrontato dal film, un esistenzialismo di facciata, residuale, superficiale, si mostra solo per la descrizione nel loro “apparire”, lasciata solo ad un espressionismo recitativo, e mai nel loro “essere” interiore, manca l’anima dei due personaggi, la profondità dell’anima è dimenticata, come la matematica per ognuno di noi.
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molinari marco
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mercoledì 20 luglio 2011
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il peggior mostro di tutti: la solitudine
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Quando non si legge un libro di successo come quello da cui è stato tratto questo film, è d’obbligo andare con i piedi di piombo in qualsiasi tipo di giudizio, in quanto il più delle volte c’è qualcuno che, avendolo fatto, ne è rimasto talmente deluso da dare alla trasposizione cinematografica tutt’altro valore. Avendolo sceneggiato lo stesso Giordano, tuttavia, ci si augura che il danno, se vi è stato, non sia stato eccessivo. Ad ogni modo, pare che qui Costanzo abbia incentrato il film sulle mille difficoltà, e dolori conseguenti, che incontrano nella vita tutti coloro che non riescono ad adattarsi all’ambiente che li circonda (primo fra tutti quello familiare) andando così incontro al triste destino della solitudine.
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Quando non si legge un libro di successo come quello da cui è stato tratto questo film, è d’obbligo andare con i piedi di piombo in qualsiasi tipo di giudizio, in quanto il più delle volte c’è qualcuno che, avendolo fatto, ne è rimasto talmente deluso da dare alla trasposizione cinematografica tutt’altro valore. Avendolo sceneggiato lo stesso Giordano, tuttavia, ci si augura che il danno, se vi è stato, non sia stato eccessivo. Ad ogni modo, pare che qui Costanzo abbia incentrato il film sulle mille difficoltà, e dolori conseguenti, che incontrano nella vita tutti coloro che non riescono ad adattarsi all’ambiente che li circonda (primo fra tutti quello familiare) andando così incontro al triste destino della solitudine. Lo stile che il regista adotta in tale operazione, è quello di avventurarsi in un puzzle temporale fuori da qualsiasi logica narrativa, nel quale prendono forma i momenti più traumatici della vita dei due protagonisti e dei quali i più interessanti appaiono quelli legati all’adolescenza. Se gli americani, qualche decennio fa, per descrivere a pieno l’angoscia che si prova durante il periodo in cui pare decidersi il nostro destino, e durante il quale nessuno sembra comprenderci, si avvalevano il più delle volte della metafora del mostro pronto a sterminare intere comitive di ragazzini; Costanzo nel 2000 decide di non ammazzare nessuno pur non rinunciando a qualche suggestione tipicamente horror. E allora il vero mostro risulta essere proprio la solitudine scritta a chiare lettere sin dal titolo di quest’opera, e dalla quale i due protagonisti devono cercare di salvarsi, se non proprio per la salute della loro anima, per lo meno per il bene del loro corpo che col passare degli anni appare sempre più martoriato a causa della mancanza di una persona cara che possa prendersi cura di lui. Il film offre anche l’opportunità di fare una riflessione non superficiale sul sentimento più prezioso che vi sia al mondo, ossia l’amore. L’ultima scena del film, infatti, sembra volerci suggerire che il vero amore forse (ed un avverbio del genere è d’obbligo dato il tema trattato) è quella cosa inspiegabile che nasce da una prima occhiata innocente, che in seguito ha la forza di tramutarsi in una sincera amicizia, per poi trasformarsi nel tempo in un sentimento che non ha bisogno di tante frasi per giustificare la sua natura, in quanto di fronte ad esso siamo tutti più simili a degli animali che hanno bisogno di leccarsi le ferite a vicenda che non a degli esseri dotati del prezioso dono della parola. L’impressione finale è quella di un film che propone in continuazione atmosfere gotiche con numerosi parallelismi tra gli stati d’animo dei personaggi e la natura circostante, e con la macchina da presa intenzionata ad asfissiare i due protagonisti, prediligendo i primi e i primissimi piani. E fra i tanti primissimi piani che il regista ci consegna, spicca quello di un cameo d’eccezione, vale a dire quello di Filippo Timi, il quale anche con solo qualche breve istante a sua disposizione, è in grado di esprimere tutta la sua bravura.
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luigi.blu
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domenica 3 ottobre 2010
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un film che fa male agli occhi ed alle orecchie
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Chi non ha letto il libro, e' meglio che non vada a vedere questo film: non ci capirebbe niente. Per chi invece lo ha letto, il consiglio e' lo stesso. Infatti contrariamente al libro che ha una narrazione molto lineare e cronologica, il film si svolge in modo completamente arbitrario con continue fughe in avanti ed all' indietro nel tempo, e rende difficile la ricostruzione mentale di tutta la storia. Le motivazioni fondamentali del disagio psicologico dei due protagonisti, che nel libro vengono raccontati nelle prime pagine, nel film vengono svelati solo a meta' del secondo tempo. Nel film non si capisce la motivazione fondamentale che ha Alice nell'andare da sola a fare la fotografa al matrimonio di Viola.
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Chi non ha letto il libro, e' meglio che non vada a vedere questo film: non ci capirebbe niente. Per chi invece lo ha letto, il consiglio e' lo stesso. Infatti contrariamente al libro che ha una narrazione molto lineare e cronologica, il film si svolge in modo completamente arbitrario con continue fughe in avanti ed all' indietro nel tempo, e rende difficile la ricostruzione mentale di tutta la storia. Le motivazioni fondamentali del disagio psicologico dei due protagonisti, che nel libro vengono raccontati nelle prime pagine, nel film vengono svelati solo a meta' del secondo tempo. Nel film non si capisce la motivazione fondamentale che ha Alice nell'andare da sola a fare la fotografa al matrimonio di Viola. Non si capisce nemmeno qual e' l' attivita' di Mattia quando va a lavorare in Germania. Addirittura, nel film, non si capisce nemmeno tanto bene il titolo, cioe' che attinenza abbiano i numeri primi e la loro solitudine, con tutta la storia dei due protagonisti. Nel romanzo invece tutto cio' e' spiegato molto bene, ed e' l'essenza stessa della storia. C'e' poi una sequenza piuttosto lunga, ambientata in discoteca, in cui la musica ossessiva spacca i timpani, e le luci psichedeliche con continui lampi improvvisi, causano un vero fastidio agli occhi dello spettatore, che veramente non vede l'ora che finisca. Si salva solo l' interpretazione di Alba Rohrwacher, brava come al solito.
Luigi
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rhino
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domenica 13 febbraio 2011
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ce le ha tutte lui: brutta ogni cosa
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Tranne la prova offerta dagli artisti in questo tragico film, il resto è una catastrofe, dalla lentezza alla drammaticità alla pretesa eleganza.Brutto.
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nicolac
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mercoledì 15 settembre 2010
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incontri e vissuti
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Il film di Saverio Costanzo è un intreccio di storie, vissuti e incontri.
Sono presenti diversi flashback che hanno come protagonisti Mattia e Alice.
I due ragazzi sono descritti nelle loro problematiche, la trama del film
è drammatica e carpisce l'attenzione dello spettatore. Mi ha colpito, in particolare,
il rapporto di Alice con le sue amiche che la deridono e la figura
complessa di Mattia.
Complessivamente il film mi è piaciuto e ne consiglio la visione.
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hatecraft
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domenica 6 febbraio 2011
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la solitudiine dei numeri ultimi
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scollato scompaginato scoordinato frastagliato lacunare confuso, come la nebbia che troviamo in alcune scene. il film è un'elaborazione piuttosto studiata (ma non manierata o esteta) di una gestazione del dolore endogena che continua a divorare i protagonisti di questo dramma, girato come una ibrida e originale commistione di stili.
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spike
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venerdì 10 settembre 2010
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pretestuoso psicohorror
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Il film inizia con un'atmosfera alla Dario Argento (la colonna sonora dovrebbe essere quella di piume di cristallo) che ci catapulta nella vicenda facendo ben sperare ma... La trama risente troppo di picchi di tensione e insopportabili cali, per quanto il regista sia bravo ed interessante il racconto tra passato e presente, il montaggio, specialmente nella seconda parte, mi sembra a tratti poco incisivo e confusionario. Non avendo letto il libro non so quanto si discosti dal romanzo ma la storia mi è sembrata un tantino banale. Mi è sembrato che il regista abbia messo tutto il suo mestiere per renderlo interessante (atmosfere alla Hitchock, Polanski, l'ultimo Scorsese...). Bella la colonna sonora, buone le interpretazioni degli attori.
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Il film inizia con un'atmosfera alla Dario Argento (la colonna sonora dovrebbe essere quella di piume di cristallo) che ci catapulta nella vicenda facendo ben sperare ma... La trama risente troppo di picchi di tensione e insopportabili cali, per quanto il regista sia bravo ed interessante il racconto tra passato e presente, il montaggio, specialmente nella seconda parte, mi sembra a tratti poco incisivo e confusionario. Non avendo letto il libro non so quanto si discosti dal romanzo ma la storia mi è sembrata un tantino banale. Mi è sembrato che il regista abbia messo tutto il suo mestiere per renderlo interessante (atmosfere alla Hitchock, Polanski, l'ultimo Scorsese...). Bella la colonna sonora, buone le interpretazioni degli attori. Il film non ha la minima possibilità di vincere il leone d'oro (tanto più con Tarantino come presidente) forse un riconoscimento andrebbe dato all'attrice protagonista (non ho visto gli altri film della Mostra), sempre che non sia il solito contentino (vedi la coppa Volpi scippata a Rourke nel 2008 per accontentare il pubblico italiano). Mezza delusione.
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leonor
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giovedì 21 aprile 2011
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come rovinare un best seller...
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Il libro di Paolo Giordano può essere definito un capolavoro non tanto per la storia in sè, ma per le emozioni che trasmette. Il film ridicolizza queste passioni, tagliando gli episodi più intensi e cucendo a suo piacimento un'altra trama. Non sembra rispettare affatto la storia narrata nel libro, prende i caratteri dei protagonisti e dà vita ad un'altro racconto. Sicuramente belli i momenti dominati dal silenzio, come durante la scena in cui l'unico suono è la stupenda "Bette Davis eyes". Altro punto di lode è la bravura dei protagonisti, che riescono a restituire in parte le emozioni cancellate dal regista.
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arscritica
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sabato 11 settembre 2010
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mah...
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Rendere per immagini la (più che) felice "penna" di Giordano si presentava compito arduo ed ardito, la prova di Costanzo ne è mesta quanto granitica conferma... L'imprinting del cineasta ha avuto la meglio nella sceneggiatura, rectius nella ri-scrittura del romanzo, confinando altrove l'equilibrio in odor di baratro della storia tra Mattia e Alice. La incapacità narrativa si rivela sin dai primi fotogrammi, sorretta da un tappeto sonoro e da movimenti di camera che introducono un horror movie che non esiste. Alcuni cardini narrativi scompaiono (l'amore omossessuale tra i compagni di scuola, Alice e il vestito da sposa, l'incontro del medico in corsia, la vendetta contro Viola e l'ineluttabile solitudine dei numeri primi che divide per sempre i protagonisti), sostituiti da nuovi e stridenti elementi che tradiscono il manoscritto e, comunque, puntellano una nuova narrazione che ha poca ragione d'essere ripresa.
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Rendere per immagini la (più che) felice "penna" di Giordano si presentava compito arduo ed ardito, la prova di Costanzo ne è mesta quanto granitica conferma... L'imprinting del cineasta ha avuto la meglio nella sceneggiatura, rectius nella ri-scrittura del romanzo, confinando altrove l'equilibrio in odor di baratro della storia tra Mattia e Alice. La incapacità narrativa si rivela sin dai primi fotogrammi, sorretta da un tappeto sonoro e da movimenti di camera che introducono un horror movie che non esiste. Alcuni cardini narrativi scompaiono (l'amore omossessuale tra i compagni di scuola, Alice e il vestito da sposa, l'incontro del medico in corsia, la vendetta contro Viola e l'ineluttabile solitudine dei numeri primi che divide per sempre i protagonisti), sostituiti da nuovi e stridenti elementi che tradiscono il manoscritto e, comunque, puntellano una nuova narrazione che ha poca ragione d'essere ripresa. Luoghi, volti e parole sono dadi lanciati contro le sponde di questo altro racconto, nella speranza (vana) che la combinazione riesca. A nulla valgono le ottime prove d'alcuni dei protagonisti (una Rossellini credibile, l'Alice adolescente e il Mattia bambino) ed il cameo (ahimè inutile e fuorviante) dello straordinario Timi: il film non decolla, anzi inspiegabilmente rallenta, farcito di richiami terrifici ed "argentiani" che seppelliscono il consolidarsi del sentimento dei protagonisti. Il casting, poi, non aiuta. Alice adolescente sembra Michela guarita, la Rohrwacher appare introdurre un nuovo personaggio e il suo disturbo alimentare si manifesta tout a coup, così violento da farla strisciare sotto un tavolo quando pochi minuti prima, da ragazzina, s'era limitata a giocherellare con il cibo nel piatto. D'altronde è Viola a spiegare agli invitati al suo matrimonio, sotto il frastuono (sic!) dell'orchestra da camera, cosa sono i numeri primi... Viola! Il surreale s'impadrona così del reale ed il rumore dilatato impedisce di considerare il mondo matematico ed ovattato di Mattia che, grasso e in versione Golgota, strizza l'occhio ai fratelli Coen quando sale a tre a tre le scale di casa dell'amore della sua vita. La noia assale lo spettatore, lo travolge e, in quanto lettore, lo stizzisce. Al buio l'orologio segna le 23:48. Titoli di coda! Alice e Mattia sulla panchina prima del tunnel stile Central Park si sono ritrovati e ridacchiano. Mah...
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tuesday
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domenica 17 ottobre 2010
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un'occasione sprecata
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Un film inutile. Fotografia non male, regia discreta... poi musiche belle ma che non c'entravano molto (ma perché, mike...), sceneggiatura scontata e non approfondita, dialoghi... dialoghi? (non pervenuti!), troppi personaggi disegnati male... si sono volute dire troppe cose in troppo poco tempo e alla fine non si è detto nulla. Il protagonista maschile è stato più approfondito di quello femminile e inoltre il personaggio femminile rappresenta un immaginario prettamente maschile (il lesbismo, ad esempio). I problemi sono affrontati di passaggio e spesso si delega alla buona volontà dello spettatore l'onere di capire cosa sta succedendo e perché. E se la gravità dell'episodio traumatico di Mattia è facilmente comprensibile, il trauma di Alice non si capisce proprio e lo spettatore deve ingegnarsi per darci un senso.
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Un film inutile. Fotografia non male, regia discreta... poi musiche belle ma che non c'entravano molto (ma perché, mike...), sceneggiatura scontata e non approfondita, dialoghi... dialoghi? (non pervenuti!), troppi personaggi disegnati male... si sono volute dire troppe cose in troppo poco tempo e alla fine non si è detto nulla. Il protagonista maschile è stato più approfondito di quello femminile e inoltre il personaggio femminile rappresenta un immaginario prettamente maschile (il lesbismo, ad esempio). I problemi sono affrontati di passaggio e spesso si delega alla buona volontà dello spettatore l'onere di capire cosa sta succedendo e perché. E se la gravità dell'episodio traumatico di Mattia è facilmente comprensibile, il trauma di Alice non si capisce proprio e lo spettatore deve ingegnarsi per darci un senso. Le lunghe scene di Alice bambina davanti ai cartoni animati potevano benissimo venire tralasciate per recuperare minuti preziosi da usare per analizzare la sua famiglia, per esempio.
Vuole essere un horror, vuole essere un dramma e non riesce ad essere nulla... Ma non è la storia in sé ad essere lacunosa, anzi, la mia curiosità è stata molto punzecchiata durante la visione: è proprio la messa in scena ad essere incompleta e maldestra. Un'occasione sprecata.
Però se questo film è arrivato alla mostra del cinema di Venezia ed ha pure concorso per il titolo... siamo proprio messi male...
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[+] film non classificato...
(di maristella)
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