luca alvino
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mercoledì 31 marzo 2010
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la simmetria per incrinare un equilibrio
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«Il mare non pensa, ed è lì da sempre. Noi invece pensiamo e moriamo». Come a dire che la vita - quando si ferma a ripensare se stessa e si cristallizza in una forma - cessa di essere eterno divenire, e si raffredda in statico simulacro di sé, astrazione sclerotizzata, museificata, rigida pietra tombale. È questo il messaggio più importante di Happy Family, la surreale commedia di Gabriele Salvatores, concepita ossimoricamente come film contro la forma filmica, astrazione armata contro la metafisica, simmetria per incrinare un equilibrio. L'attenzione alla simmetria straborda in ogni dettaglio della confezione cinematografica; nella composizione dell'inquadratura, spesso statica e in campo medio, in cui la disposizione delle figure umane nello spazio è studiato con estrema compostezza e misura; nell'eccellente fotografia firmata da Italo Petriccione, in cui ciascuna sequenza si compone intorno a un colore dominante, che ne determina il timbro e il movimento; nella colonna sonora, impreziosita dalla musica di Simon e Garfunkel, che sottolinea ogni episodio con estrema raffinatezza.
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«Il mare non pensa, ed è lì da sempre. Noi invece pensiamo e moriamo». Come a dire che la vita - quando si ferma a ripensare se stessa e si cristallizza in una forma - cessa di essere eterno divenire, e si raffredda in statico simulacro di sé, astrazione sclerotizzata, museificata, rigida pietra tombale. È questo il messaggio più importante di Happy Family, la surreale commedia di Gabriele Salvatores, concepita ossimoricamente come film contro la forma filmica, astrazione armata contro la metafisica, simmetria per incrinare un equilibrio. L'attenzione alla simmetria straborda in ogni dettaglio della confezione cinematografica; nella composizione dell'inquadratura, spesso statica e in campo medio, in cui la disposizione delle figure umane nello spazio è studiato con estrema compostezza e misura; nell'eccellente fotografia firmata da Italo Petriccione, in cui ciascuna sequenza si compone intorno a un colore dominante, che ne determina il timbro e il movimento; nella colonna sonora, impreziosita dalla musica di Simon e Garfunkel, che sottolinea ogni episodio con estrema raffinatezza. E poi, certamente, nella storia. La famiglia formata da Vincenzo (Fabrizio Bentivoglio) e Anna (Margherita Buy), borghese e benestante, probabilmente non è una happy family, ma per certo è una famiglia perfettamente simmetrica. Entrambi i coniugi hanno un figlio da un precedente matrimonio: una femmina lui (Caterina) e un maschio lei (Filippo). Lo stesso nome di lei, Anna, è un nome palindromo - e dunque anch'esso simmetrico - e ricorre ossessivamente nel film, essendo stato anche il nome della prima moglie di Vincenzo e dell'anziana madre. Ma la simmetria è tanto più sorvegliata quanto più, al di sotto di essa, si percepisce la pulsazione entropica del divenire, di ciò che si fatica ad accettare, o che non si solidifica in una forma comprensibile: la malattia per Vincenzo, l'omosessualità latente per Filippo, l'insicurezza per Anna e per Caterina. Assai poetica in tal senso la scena del notturno urbano, in cui un'incantata lunarità milanese incornicia scene di commovente realismo, evocate dalla struggente melodia di Chopin, in un bianco e nero che stride con i colori satinati della sala da concerto, dalla cui rappresentazione si origina la sequenza. La lezione di Salvatores è - coerentemente con la sua precedente produzione cinematografica - un invito al viaggio, reso credibile da un Abatantuono in grande spolvero, che interpreta un personaggio irresistibile nel suo scanzonato disincanto, grottesco, nella sua dipendenza dalla marijuana ben oltre la soglia dei cinquant'anni; e che tuttavia è l'unico che fin dall'inizio riesce a modulare il proprio sentire sulla fluidità dell'evenienza. E che indica la direzione verso cui la storia trova il suo explicit, a suggerire una modalità dell'esistenza che sa incardinarsi in una forma senza affezionarsi a essa; sa impersonare un ruolo senza temere di rimanervi intrappolato; accettare una conclusione senza percepirla come un fallimento.
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laulilla
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lunedì 29 marzo 2010
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verità, finzione e ricerca della felicità
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Un tendone che si apre e si chiude all'inizio e alla fine del film, davanti a un palcoscenico, ci ricorda quello che nessun appassionato di cinema dovrebbe mai dimenticare, cioè che il cinema è soprattutto finzione. In questo caso la finzione prende l'avvio dalla mente creativa di Ezio, scrittore e sceneggiatore di una pièce, che nasce e si sviluppa dalla sua collaborazione con una folla di personaggi, che qui sono in attesa di recitare la loro parte, ma anche di vedere quale sorte, di vita o di morte, di felicità o di sciagura, lo scrittore ha in animo di riservare loro.
I personaggi in cerca di autore, che sono più dei sei pirandelliani, danno vita, dunque, a uno spettacolo in cui, nella diversità dei ruoli assegnati da Ezio, si muovono, incrociando casualmente i loro destini, due famiglie, di diversa estrazione sociale.
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Un tendone che si apre e si chiude all'inizio e alla fine del film, davanti a un palcoscenico, ci ricorda quello che nessun appassionato di cinema dovrebbe mai dimenticare, cioè che il cinema è soprattutto finzione. In questo caso la finzione prende l'avvio dalla mente creativa di Ezio, scrittore e sceneggiatore di una pièce, che nasce e si sviluppa dalla sua collaborazione con una folla di personaggi, che qui sono in attesa di recitare la loro parte, ma anche di vedere quale sorte, di vita o di morte, di felicità o di sciagura, lo scrittore ha in animo di riservare loro.
I personaggi in cerca di autore, che sono più dei sei pirandelliani, danno vita, dunque, a uno spettacolo in cui, nella diversità dei ruoli assegnati da Ezio, si muovono, incrociando casualmente i loro destini, due famiglie, di diversa estrazione sociale. Ad avvicinarle è l'amore che sui banchi del liceo è nato fra i due giovani rampolli dell'una e dell'altra famiglia: Filippo e Marta. Come nelle famiglie vere, anche in quelle di Ezio si delineano i problemi di sempre: dei rapporti coniugali sull'orlo della crisi, delle donne insoddisfatte, di anziane nonne un po' rintronate, di malattie che inaspettatamente e sinistramente compaiono, costringendo a rivedere stili di vita e comportamenti e a porre il problema della ricerca di una vita piena, in cui possano esistere anche gioia e trasgressione, non solo lavoro e denaro. Lo stesso Ezio è travolto dalla vicenda, e sembra quasi che talora gli sfugga il controllo delle sue creature, che premono per dare, alle storie che li riguardano, un andamento a loro più congeniale. Lo spettacolo, perciò, si interrompe più volte, prima di giungere alla conclusione che fin dall'inizio si era prospettata. Lo scrittore tornerà alla vita vera, ricordandoci con Groucho Marx, che, diversamente da quella rappresentata, non ha una trama ed è perciò unicamente affidata al caso. A noi spetta il compito di renderla un po'più gioiosa, se possibile. Bellissimo sfondo del film è una Milano coloratissima di giorno (con la sua trasgressiva e divertente Chinatown) e soprattutto in bianco e nero di notte, con i fari luminosi delle auto che l'attraversano e con le luci che sottolineano, quasi fantasticamente, la sua vitalità. Presenti però anche altri paesaggi, il mare ad esempio, con valenze simboliche molto pregnanti. Ritengo che il film sia interessante e testimoni la volontà di una ricerca espressiva originale, perseguita con cura e raffinata nella realizzazione, lontana dalla sciatteria della comicità strapaesana di molta produzione italiana. La bravura degli attori (Bentivoglio, Abbatantuono, Buy, Signoris, Bilello) conferisce momenti di verità, talvolta drammatica, talvolta comica, talvolta inquieta allo svolgimento del film, che a mio avviso merita di essere visto e apprezzato.
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mr cinefilo
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domenica 8 maggio 2011
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happy family
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Davvero sorprendente, una commedia che accantona la volgarità ed invece scegliendeo uno schema fuori dalle righe si concentra sull'intessere una trama e sul dare una definizione ai personaggi, anche se il finale risulta prevedibile, il film è ottimo comunque; grazie agli attori tutti bravi e alla mano esperta del regista. Da vedere
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vittorio
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lunedì 29 novembre 2010
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gioellino da vedere!!
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Bello, commovente, comico, teatrale e cinematografico si snoda tra tanti personaggi dalle molteplici sfaccettature.
Film che emoziona per una storia semplice, pulita e per degli attori bravissimi.
Grande Salvatore!!!
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zangreras
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venerdì 16 luglio 2010
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lo scherzo
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Grande opera di puro cinema, in contrapposizione al cinema d'azione da milioni di dollari a pellicola. Ottima la scelta di Fabio De Luigi come "autore". La sua semplicità e simpatia fanno da volano all'opera tragi-comica della vita. Il finale, sorridente per la maggior parte degli attori, racchiude il senso della vita: uno scherzo. Se la prendessimo sempre e solo per quello che è senza volergli accollare chissà quale pretesa, spesso più grande di noi, forse vivremmo tutti meglio. Da vedere assolutamente.
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totlu
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venerdì 27 agosto 2010
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le paure affrontate in una maniera nuova...
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Salvatores si riconferma nel suo genere... in una commedia che ti fa ridere, mentre racconta una storia di due Famiglie con i problemi che ogni famiglia puo' avere... con le Paure di ognuno di noi, tra paure reali e paure create...
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Salvatores si riconferma nel suo genere... in una commedia che ti fa ridere, mentre racconta una storia di due Famiglie con i problemi che ogni famiglia puo' avere... con le Paure di ognuno di noi, tra paure reali e paure create...
Da guardare in un pomeriggio per riempire un buco in cui hai voglia di guardare un film ma non sai su che genere andare a puntare le ricerche :)
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liuk©
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domenica 19 settembre 2010
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sofisticato
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Realizzazione sofisticatissima da parte di Salvatores che in questo "Happy Family" vuole dimostrare di essere un regista di un altro livello: e quasi quasi ci riesce. Il film è impeccabile, la regia quasi perfetta ma è il "quasi" che non permette di gridare al capolavoro. Fotografia, recitazione, trama, sonoro.. tutto strepitoso e colto ma troppo artificioso, la ricerca di bissare un oscar e di creare il film perfetto rende il prodotto "forzato" ed autoincensante. I veri cinefili, pur compiacendosi dei numerosi riferimenti nascosti (neanche troppo), capiranno velocemente il fine registico, mentre i neofiti si divertiranno a sprazzi, tutti sentiranno un forte senso di incompiuto.
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Realizzazione sofisticatissima da parte di Salvatores che in questo "Happy Family" vuole dimostrare di essere un regista di un altro livello: e quasi quasi ci riesce. Il film è impeccabile, la regia quasi perfetta ma è il "quasi" che non permette di gridare al capolavoro. Fotografia, recitazione, trama, sonoro.. tutto strepitoso e colto ma troppo artificioso, la ricerca di bissare un oscar e di creare il film perfetto rende il prodotto "forzato" ed autoincensante. I veri cinefili, pur compiacendosi dei numerosi riferimenti nascosti (neanche troppo), capiranno velocemente il fine registico, mentre i neofiti si divertiranno a sprazzi, tutti sentiranno un forte senso di incompiuto. Film bellissimo, quindi, ma...
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[+] salvatores è un grande.
(di giorgio)
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tommasoliguori50
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sabato 22 gennaio 2011
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film gradevolmente metafisico.
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Film gradevolmente metafisico.
Leggero ma non troppo.
Ottime le inquadrature, le musiche, gli espedienti stilistici.
Un'ora e mezzo di piacevole divertimento.
Semplice e sofisticato.
Anche se il dialogo tra autore e attori non è inedito il film non può certo dirsi banale.
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paride86
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venerdì 17 settembre 2010
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interessante
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Dopo l'insignificante trasposizione del romanzo di Ammaniti "Come Dio Comanda", Salvatores stupisce con una commedia insolita per il panorama italiano. A dispetto del titolo, la storia è quella di un autore, delle sue ispirazioni e dei suoi fantasmi. "Happy Family" è un film che non sempre coinvolge, ma stupisce per l'ottima regia, la fotografia, i montaggi e le belle dissolvenze.
Lo humour del film è nero, quasi grottesco, e gli attori sono usati al massimo delle loro potenzialità.
Speriamo che Salvatores prosegua per questa strada.
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matteo fedele
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mercoledì 16 ottobre 2013
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triste
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La trasposizione da un medium a un altro è sempre problematica, specialmente quando il cinema prende a piene mani da fumetti, letteratura e teatro. Da un palcoscenico di intensa ispirazione pirandelliana giunge questa commediola di Salvatores, cognome altisonante che qui delude prontamente le aspettative. "Happy Family" (non è dato sapere perchè in inglese) non si preoccupa di coinvolgere, non riesce a emozionare e diverte veramente poco (con pretesti seriamente squallidi, vedi la morte della prima moglie di Bentivoglio). A dispetto di un materiale di base interessante (degna di nota l'idea di far litigare personaggi e sceneggiatore) e di una regia non priva di trovate godibili, la sceneggiatura scarica sullo speranzoso spettatore una profusione di monologhi nè poeticamente ispirati nè filosoficamente pregevoli, volgarità inutili, canne (la quint'essenza della comicità!) e complete idiozie, riuscendo nella non trascurabile impresa di rendere antipatici tutti i personaggi (protagonista-burattinaio incluso).
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La trasposizione da un medium a un altro è sempre problematica, specialmente quando il cinema prende a piene mani da fumetti, letteratura e teatro. Da un palcoscenico di intensa ispirazione pirandelliana giunge questa commediola di Salvatores, cognome altisonante che qui delude prontamente le aspettative. "Happy Family" (non è dato sapere perchè in inglese) non si preoccupa di coinvolgere, non riesce a emozionare e diverte veramente poco (con pretesti seriamente squallidi, vedi la morte della prima moglie di Bentivoglio). A dispetto di un materiale di base interessante (degna di nota l'idea di far litigare personaggi e sceneggiatore) e di una regia non priva di trovate godibili, la sceneggiatura scarica sullo speranzoso spettatore una profusione di monologhi nè poeticamente ispirati nè filosoficamente pregevoli, volgarità inutili, canne (la quint'essenza della comicità!) e complete idiozie, riuscendo nella non trascurabile impresa di rendere antipatici tutti i personaggi (protagonista-burattinaio incluso). Che può fare una bella regia se la sceneggiatura non le regge il gioco? E' un peccato che nemmeno la presenza di bravi attori (la Buy e il già citato Bentivoglio) e di abili comici (Abatantuono e De Luigi) riscatti un film stilisticamente innovativo ma indigente nei contenuti e noioso per quasi tutta la sua durata. Perchè bisogna fare ironia su una vecchia con l'Alzheimer? Perchè gli scambi di battute devono essere vuoti e inconcludenti per ricalcare il parlare comune? Perchè rappresentare l'incomprensibile mondo degli adolescenti (quelli sconosciuti) con due creaturine completamente piatte che più tipizzate non si può? Perchè la trovata di maggiore ilarità dev'essere la rapida erezione di De Luigi in seguito a un massaggio tra i glutei? Protagonisti tutti e regista hanno fatto molto di meglio.
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