luca d'ambrosio
|
giovedì 13 novembre 2008
|
ritratto sincero ed appassionato
|
|
|
|
Ritratto sincero (mi è sembrato sufficentemente obiettivo, almeno per le poche informazioni di cui dispongo sull’argomento) ed appassionato degli anni dell’illusione della possibilità di cambiare il mondo in un mondo migliore, anni in cui si poteva ancora pensare che l’azione e l’impegno del singolo fossero importanti e determinanti per la realizzazione di un mondo altro, in cui le persone non fanno più finta di non vedere girando la testa dall’altra parte (citando “blowing in the wind”, canzone su cui scorrono i titoli di coda del film, di Bob Dylan) e continuano a condurre per ignavia o viltà le loro (le nostre) miserabili vite pensando sempre che tutto ciò che accade non li riguardi e vi penserà sempre qualcun altro.
[+]
Ritratto sincero (mi è sembrato sufficentemente obiettivo, almeno per le poche informazioni di cui dispongo sull’argomento) ed appassionato degli anni dell’illusione della possibilità di cambiare il mondo in un mondo migliore, anni in cui si poteva ancora pensare che l’azione e l’impegno del singolo fossero importanti e determinanti per la realizzazione di un mondo altro, in cui le persone non fanno più finta di non vedere girando la testa dall’altra parte (citando “blowing in the wind”, canzone su cui scorrono i titoli di coda del film, di Bob Dylan) e continuano a condurre per ignavia o viltà le loro (le nostre) miserabili vite pensando sempre che tutto ciò che accade non li riguardi e vi penserà sempre qualcun altro.
Un mondo altro, alternativo al consumismo, al capitalismo ed alla globalizzazione, mali così lucidamente (soprattutto nei loro effetti sulle persone) profeticamente e prematuramente descritti dal sempre mai compianto abbastanza Pier Paolo Pasolini.
La regia del film e di Uli Edel (che ricordo per la regia di “Cristiana F. – noi i ragazzi dello zoo di berlino”) che caratterizza, a mio avviso, il film, come già aveva fatto con Cristiana F., impregnandolo di un tangibile realismo, libero da orpelli e fronzoli (tipici della cinematografia americana) che fa risultare adddirittura estremamente sintetico (e qui mi sarebbe piaciuto un maggiore approfondimento dei personaggi, ma di più non si poteva fare a meno di non trasformare il film in una fiction a puntate, operazione che comunque ritengo potesse risultare forse anche gradita) un film di 2 ore e mezza che non annoia mai lo spettatore, ma anzi lo avvince sempre di più, trascinandolo (all’inizio) da un sentimento liberatorio, di una energia repressa libera finalmente di fluire fino a (verso la fine) ad una sensazione di claustrofobia (in tutti i sensi) di un pugno allo sterno. E’ un film coinvolgente, sentimentalmente doloroso, da qualsiasi punto di vista lo si osservi.
Era dai tempi di “Terra e Liberta” di Ken Loach o di “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana che non vedevo un film così interessante, con tanti spunti di riflessione.
Ben scelti e tutti bravi gli attori del film. Il montaggio è veloce ma non da videoclip come va di moda adesso, e la colonna sonora non copre i dialoghi (come sempre più spesso accade oggi in pellicole dove si sopperisce con la colonna sonora alla mancanza di idee degli sceneggiatori, registi ecc.)
Nel film vi è anche un' ottima interpretazione di Bruno Ganz ((è l'attore che ha interpretato hitler nel film "la caduta" ed interpretava il cameriere colto nel bellissimo film di Silvio Soldini "Pane e Tulipani") nei panni del capo della polizia tedesca.
[-]
[+] grazie
(di gilles)
[ - ] grazie
|
|
[+] lascia un commento a luca d'ambrosio »
[ - ] lascia un commento a luca d'ambrosio »
|
|
d'accordo? |
|
lore64
|
sabato 14 aprile 2012
|
più valido come film d'azione che altro
|
|
|
|
Il film tenta di coniugare l’analisi storico-politica (non si dimentichi che nasce sulla scia del monumentale libro omonimo uscito poco prima in Germania) colle emozioni del thriller d’autore buone a riempire le sale. Sotto questo secondo aspetto riesce bene, sotto il primo meno.
La successione degli attentati e delle sparatorie è al tempo stesso realistica ed emozionante; le ‘brigatiste’ sono tutte – contrariamente alla realtà – belle figliole e non mancano abbondanti scene di esso/nudo, ivi compreso quello di due bambine sulla spiaggia. Carente invece, specie dopo la prima mezz’ora, la ricostruzione del clima politico e ideale dell’epoca, che la preminenza attribuita alle scene d’azione costringe ad affidare a una serie di ‘flash’ che introducono filmati originari dell’epoca.
[+]
Il film tenta di coniugare l’analisi storico-politica (non si dimentichi che nasce sulla scia del monumentale libro omonimo uscito poco prima in Germania) colle emozioni del thriller d’autore buone a riempire le sale. Sotto questo secondo aspetto riesce bene, sotto il primo meno.
La successione degli attentati e delle sparatorie è al tempo stesso realistica ed emozionante; le ‘brigatiste’ sono tutte – contrariamente alla realtà – belle figliole e non mancano abbondanti scene di esso/nudo, ivi compreso quello di due bambine sulla spiaggia. Carente invece, specie dopo la prima mezz’ora, la ricostruzione del clima politico e ideale dell’epoca, che la preminenza attribuita alle scene d’azione costringe ad affidare a una serie di ‘flash’ che introducono filmati originari dell’epoca. Il medium è troppo conciso e per comprenderne i rapporti col susseguirsi delle azioni militari bisogna avere una certa cognizione pregressa dell’argomento.
Da una parte il film non fa sconti alle forze di polizia e ai movimenti ostili ai comunisti combattenti, sottolineandone la brutalità in maniera anche un po’ unilaterale. Dall’altra tende a caricaturizzare numerosi personaggi: è certo che Baader avesse una personalità dominante e anche un po’ machista, ma farne una specie di bulletto di periferia è certamente riduttivo; ancor più riduttivo è pensare che la Meinhof abbia aderito alla lotta armata perché cornificata dal marito.
L’impressione è che il regista soggiaccia ad uno sforzo di spettacolarizzazione che lo spinge ad ‘insaporire’ le figure storiche dispensando tocchi di eccentricità, simpatia, antipatia o charme sessuale.
Ciò che rimane fuori da questo pastiche – come poi da quasi tutti i film apparsi sull’argomento – è una seria analisi storica e politica della lotta armata, che condurrebbe o ad enunziare la scomoda realtà (e a scorgere nell’impegno di questi giovani l’avanguardia d’una rivoluzione abortita) o a riproporre i clichés del regime: in ogni caso ne scaturirebbero polemiche senza fine. Di qui la quasi universale tendenza (in certa misura, bisogna ammetterlo, connaturata al medium cinematografico) a privilegiare di volta in volta la dimensione militare, poliziesca, esistenziale o addirittura onirica (come in Buongiorno notte di Bellocchio).
Va infine pesantemente pesantemente criticata la scelta del regista di accogliere acriticamente la tesi del suicidio finale dei compagni reclusi (in alternativa a quella dell’omicidio di regime), attualmente prevalente ma mai in nessun modo dimostrata in via definitiva.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lore64 »
[ - ] lascia un commento a lore64 »
|
|
d'accordo? |
|
mtom83
|
sabato 2 gennaio 2010
|
la banda baader-meinhof
|
|
|
|
"la banda Baader Meinhof" mi ha francamente deluso. E la delusione deriva dal fatto che da un film sul terrorismo ci si deve aspettare un'analisi del fenomeno, qualcosa che ne spieghi le cause certo economiche, politiche, sociali, psicologiche. Qua l'analisi viene fatta ma sembra non spingersi mai a fondo, rimanere sempre su un sottile velo di ambiguità, non riuscire mai a sciogliere il nodo di fondo, e cioè quello di che giudizio dare sull'operato dei terroristi e sul terrorismo in generale. Si condanna sì il dogmatismo, la spietatezza, ma senza mai un vero giudizio morale stroncante, dall'altra le cause dell'azione terroristica (la lotta contro l'imperialismo, lo sfruttamento e le ingiustizie) sono continuamente ricordate, quasi a voler fornire giustificazione a tanta violenza.
[+]
"la banda Baader Meinhof" mi ha francamente deluso. E la delusione deriva dal fatto che da un film sul terrorismo ci si deve aspettare un'analisi del fenomeno, qualcosa che ne spieghi le cause certo economiche, politiche, sociali, psicologiche. Qua l'analisi viene fatta ma sembra non spingersi mai a fondo, rimanere sempre su un sottile velo di ambiguità, non riuscire mai a sciogliere il nodo di fondo, e cioè quello di che giudizio dare sull'operato dei terroristi e sul terrorismo in generale. Si condanna sì il dogmatismo, la spietatezza, ma senza mai un vero giudizio morale stroncante, dall'altra le cause dell'azione terroristica (la lotta contro l'imperialismo, lo sfruttamento e le ingiustizie) sono continuamente ricordate, quasi a voler fornire giustificazione a tanta violenza.
Viene quasi il dubbio che, forse involontariamente, si voglia fare dei componenti della Raf quasi delle icone pop. La drammaticità è solamente accennata, spesso stemperata da scene di omicidi e scontri a fuoco continui ma che quasi mai riescono nell'intento di dare una qualche suspanse al film: tutto o quasi tutto scorre come dovrebbe senza il minimo sussulto, almeno per chi conosce la storia del gruppo terroristico.
Più che a "buongiorno notte", l'occhio sembra rivolto a "romanzo criminale". Ma certo il terrorismo è qualcosa di più grande e pauroso rispetto alla semplice criminalità organizzata per ridurlo a semplice epica.
Da notare 2 cose: le splendidi attrici femminili del film, tutte o quasi bellissime donne (il che avvalora la mia tesi) e in secondo luogo l'assenza totale di qualsiasi riferimento alla questione delle 2 germanie o alla guerra fredda, quasi mai accennata.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mtom83 »
[ - ] lascia un commento a mtom83 »
|
|
d'accordo? |
|
chiarialessandro
|
martedì 9 giugno 2009
|
ritenta, avrai miglior fortuna
|
|
|
|
Compito del regista è quello di fare una trasposizione sulla pellicola di un’idea, sia essa espressa in forma verbale che scritta; e, fin qui, direi che non ci sono discussioni. Le discussioni si aprono nel momento in cui si deve valutare la validità (concetto personalissimo) di tale trasposizione; io credo che la cosa più difficile sia quella di trasferire dall’uno all’altro contenitore l’afflato, il respiro primigenio (se esistono); ammesso e non concesso che un regista possa innamorarsi di qualcosa senza cuore al punto tale da decidere di farne comunque un film, deve in ogni caso riuscire a trasmettergli l’anima. Uli Edel, secondo me, non c’è riuscito.
|
|
[+] lascia un commento a chiarialessandro »
[ - ] lascia un commento a chiarialessandro »
|
|
d'accordo? |
|
|