pipay
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lunedì 9 marzo 2009
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uno scrittore tra fantasia e realtà.
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Nel film, alla fantasia di uno scrittore che ha raggiunto una certa notorietà, alle sue storie frutto di invenzione, ai suoi personaggi probabili e improbabili, fa da contrappunto la vicenda di Giulia. Una vicenda amara, che condiziona pesantemente la vita e il tragico destino della donna. Lo scrittore, che a tratti appare incerto e disorientato perché è parzialmente in crisi creativa e ha una situazione familiare non ottimale: un rapporto quasi conflittuale con la moglie, un altro non facile con la figlia, rimane comunque affascinato dalla figura di Giulia, che è la sua istruttrice di nuoto. Lei sta scontando una pena per omicidio, ma le è concesso di lavorare ogni giorno presso un centro sportivo.
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Nel film, alla fantasia di uno scrittore che ha raggiunto una certa notorietà, alle sue storie frutto di invenzione, ai suoi personaggi probabili e improbabili, fa da contrappunto la vicenda di Giulia. Una vicenda amara, che condiziona pesantemente la vita e il tragico destino della donna. Lo scrittore, che a tratti appare incerto e disorientato perché è parzialmente in crisi creativa e ha una situazione familiare non ottimale: un rapporto quasi conflittuale con la moglie, un altro non facile con la figlia, rimane comunque affascinato dalla figura di Giulia, che è la sua istruttrice di nuoto. Lei sta scontando una pena per omicidio, ma le è concesso di lavorare ogni giorno presso un centro sportivo. Fra i due comincia un'intesa che sfocia presto in un coinvolgimento affettivo. Giulia però non riuscirà a reggere il peso di una vita "a metà" e soprattutto è disperata perché non viene rivalutata e accettata dalla figlia che un giorno riesce a rivedere proprio grazie alla complicità dello scrittore. La Golino è bravissima nell'interpretare il personaggio di questa donna così tormentata. Mastrandea si muove con deliberato impaccio: non sta bene in famiglia, non può creare con Giulia nulla di costruttivo e di duraturo, non si fa coinvolgere più di tanto dall'ambiente letterario. Unica cosa poco credibile: lui fa lo scrittore e basta, e conduce un tenore di vita piuttosto agiato. Ma non c'è in Italia, credetemi (ho una Casa editrice e faccio l'editore da 24 anni) uno scrittore che riesce a vivere bene con i soli diritti d'autore: tutti hanno un altro lavoro. A proposito: l'ambiente letterario descritto nel film è proprio così: anche se molte scene sono girate in Toscana,l'appartamento che si vede all'inizio, quando lui incontra la madre (che gli fa da battistrada, grazie alle sue conoscenze nel campo editoriale)è quasi "la copia" della casa che fu di Maria Bellonci, in via Rispoli, a Roma, dove si presentano i libri che partecipano al "Premio Strega" e dove si fa lo spoglio delle prime votazioni per decidere la "cinquina" dei libri selezionati. La serata in cui avviene lo spoglio delle schede dei votanti si svolge in un luogo che ricorda il Ninfeo di Valle Giulia, dove appunto si proclama il vincitore dello "Strega". Certi salotti dove abbondano persone dai settanta anni in su, sono proprio così. Ovviamente "descrivere" tutto questo è stato solo un vezzo di sceneggiatura e di regia. Al film comunque manca qualcosa. Non convince. E non lascia tracce evidenti nell'animo dello spettatore.
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dalika
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domenica 8 marzo 2009
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un film per pochi
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Il contrasto della vita, la sua insensatezza e la mancanza di finalità che apportino un qualche significato, sono i temi portanti del film. Narra principalmente la storia di uno scrittore per caso attorniato da una famiglia per caso, di pensieri che nascono a caso e vicende che accadono per caso. Apparentemente non decide nulla ma tutti operano per lui;la figlia lo invia tramite una bugia in piscina al posto suo;la moglie incapace di vivere una vita senza manifesta affettività,alla fine sarà lei ad allontanarsi come lascia intendere la sceneggiatura; la sua editrice lo dirige nella carriera senza difficoltà;
lui sogna e guarda gli accadimenti con distacco.
Solo una volta decide di intervenire sugli eventi, scrivendo una lettera al posto di Giulia alla figlia di lei, per convincerla ad incontrarsi.
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Il contrasto della vita, la sua insensatezza e la mancanza di finalità che apportino un qualche significato, sono i temi portanti del film. Narra principalmente la storia di uno scrittore per caso attorniato da una famiglia per caso, di pensieri che nascono a caso e vicende che accadono per caso. Apparentemente non decide nulla ma tutti operano per lui;la figlia lo invia tramite una bugia in piscina al posto suo;la moglie incapace di vivere una vita senza manifesta affettività,alla fine sarà lei ad allontanarsi come lascia intendere la sceneggiatura; la sua editrice lo dirige nella carriera senza difficoltà;
lui sogna e guarda gli accadimenti con distacco.
Solo una volta decide di intervenire sugli eventi, scrivendo una lettera al posto di Giulia alla figlia di lei, per convincerla ad incontrarsi. (Giulia è una donna in semilibertà che lavora in una piscina come istruttrice di nuoto. Ha ucciso l'uomo per il quale aveva abbandonato il marito che ancora l'ama e la figlia che rifiuta di incontrarla).
Chiaramente essendo uno scrittore trova le parole giuste per convincerla e ci riesce. Ma dall'incontro tra Giulia e la figlia ci sarà per la donna il tracollo con gli esiti assoluti del finale.
Meglio chiarirlo subito: il personaggio principale è Guido, non Giulia.
Assolutamente si delinea la completa realizzazione da parte di quest'uomo dell'inutilità degli affanni. Non è per tutti la consapevolezza dell'assoluta solitudine ancestrale dell'uomo. Lui vuol bene a tutti ed è assolutamente incompreso. Lui garantisce tutto a tutti attraverso la modalità propria di questi personaggi fatta di una presenza invisibile.
Ma gli altri non chiedono questo.
Vogliono carezze, sguardi complici e parole d'amore che per Guido sono assolutamente inutili, fuorvianti insensati e di cui ne è assolutamente incapace.
Ma l'amore che cela dentro di sè è universale.
Assolutamente comprensivo verso chiunque abbia letto i suoi libri non riuscendo a finirli, quasi dotato del senso della conoscenza dei propri limiti, virtù rara negli uomini di questi tempi.
Il contrasto tra l'essere e il dover essere è quel che fa di questo personaggio un divino solitario. Il vero motore immobile che dirige la vita delle persone care. Ma la vita con siffatti uomini è assolutamente difficile, ecco perchè resterà solo con se stesso, accettando questo stato per assoluta incapacità di essere altro.
Guido comprende che gli altri possono vivere anche senza di lui, così la bella moglie, così la figlia. Tutto va avanti come se lui già fosse morto ecco perchè ha bisogno di interessarsi a chi realmente non ha capacità strutturali per andare avanti . Ecco perche nasce il sentimento per Giulia assolutamente indifesa e senza alcuna speranza, senza strumenti per far fronte alla durezza della vita, assolutamente ingenua che quando vede che ha distrutto perfino l'uccellino giocattolo regalatogli da Guido, matura nell'incapacità di ripararlo, l'estrema decisione. Giulia Disperata.
Il film è per pochi, concepire la positività del personaggio è alternativa difficile. Tutti crescono e si evolvono, lui è su una torre d'avorio in cerca di qualcuno che riesca a comprenderlo, e nell'attesa passa il tempo con il suo miglior amico, che non gli crea sensi di colpa, che non gli da problemi, con cui ha un'assoluta identità di vedute tra conscio e inconscio, lapidario, e granitico nella certezza dell'impermanenza, insomma con se stesso.
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mamo62
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sabato 7 marzo 2009
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due piccioni, ma senza fava
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Questa volta (per me è la prima) Piccioni non mi convince. Sebbene questo film si inserisca perfettamente nella sua filmografia, combaciando pressochè in tutto con gli altri (in primis la giustapposizione tra i due personaggi protagonisti, sempre reciprocamente “belli e impossibili”), questa volta un che di noioso e di forzato insieme disturbano il risultato complessivo. Valerio Mastrandrea è, a mio avviso, uno di quei talenti naturali il cui apporto al nostro cinema è prezioso. Ma il personaggio di Guido qui assegnatogli mi pare lo metta un po’ in imbarazzo, non trova il giusto abbrivio se non quando si tuffa in acqua, mentre nelle altre circostanze pare non essere a suo agio. Valeria Golino è anch’essa una delle migliori nostre (a proposito… ma come farà a essere sempre così in forma?!?), e anche lei pare ristretta, costretta in panni che le stanno un po’ stretti, senza riuscire ad esplodere come in altre occasioni (“Respiro” di Crialese su tutti) in tutte la sua potenziale e raffinatissima drammaticità .
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Questa volta (per me è la prima) Piccioni non mi convince. Sebbene questo film si inserisca perfettamente nella sua filmografia, combaciando pressochè in tutto con gli altri (in primis la giustapposizione tra i due personaggi protagonisti, sempre reciprocamente “belli e impossibili”), questa volta un che di noioso e di forzato insieme disturbano il risultato complessivo. Valerio Mastrandrea è, a mio avviso, uno di quei talenti naturali il cui apporto al nostro cinema è prezioso. Ma il personaggio di Guido qui assegnatogli mi pare lo metta un po’ in imbarazzo, non trova il giusto abbrivio se non quando si tuffa in acqua, mentre nelle altre circostanze pare non essere a suo agio. Valeria Golino è anch’essa una delle migliori nostre (a proposito… ma come farà a essere sempre così in forma?!?), e anche lei pare ristretta, costretta in panni che le stanno un po’ stretti, senza riuscire ad esplodere come in altre occasioni (“Respiro” di Crialese su tutti) in tutte la sua potenziale e raffinatissima drammaticità . I personaggi di contorno (doveroso estrapolare dal contesto il simpaticissimo Jacopo Domemicucci/Filippo, impressionante clone di Antonio Albanese bambino) non trovano anche loro una giusta collocazione nel contesto narrativo, siano essi i personaggi reali (la fantastica Piera degli Esposti, qui molto simile alla zia di Castellitto ne “L’ora di religione”), siano quelli di fantasia usciti dalla penna, anzi dal Macbook di Guido (i protagonisti dei suoi racconti). Insomma, una qualche pagliuzza si è incastrata nell’ormai collaudato meccanismo di Piccioni, procurando un “picchiare in testa” che non lascia la consueta fluidità delle sue opere. Probabilmente la causa di ciò e dovuto, come già rilevato nella critica al film apparso su “Repubblica”, all’uso eccessivo di inserti nella narrazione: nella prima parte è Guido a essere in primo piano, mentre a Giulia è riservata la parte conclusiva del film (già questa “asincronia” è di per se dissonante), e gli intercalare alla loro storia (una bella storia, senza dubbio questa scelta di Piccioni non è meno felice delle sue precedenti) non danno mai l’impressione di esserne complementari, ma quasi attaccati in maniera posticcia, quasi dei riempitivi, senza contribuire efficacemente alla spiegazione dei personaggi protagonisti, alla loro caratterizzazione, e dando un contributo modesto e sostanzialmente superfluo rispetto alla trama.
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ciccio capozzi
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venerdì 6 marzo 2009
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incontro immerso nell’acqua, nei fluidi vitali
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“GIULIA NON ESCE LA SERA” di GIUSEPPE PICCIONI; ITA, 09. Guido è uno scrittore incerto tra trame diverse, premi letterari e vocazione a scrivere libri belli, ma che pochi leggono integralmente. Incontra Giulia, che “non esce la sera” perché detenuta in semilibertà. Nonostante qualche incertezza, il film mi ha preso. E’ uno scrittore che interroga la vita solo a partire dalle parole e dai fatti che mette in campo nella fantasia: finalmente incontra Giulia. L’approccio con la sua vicenda è molto complesso. L’incontro è immerso nell’acqua, nei fluidi vitali: è protetto, finché resta in quella dimensione. Siccome è giocoforza uscirne, ecco che questo si offre alle infinite casualità della vita.
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“GIULIA NON ESCE LA SERA” di GIUSEPPE PICCIONI; ITA, 09. Guido è uno scrittore incerto tra trame diverse, premi letterari e vocazione a scrivere libri belli, ma che pochi leggono integralmente. Incontra Giulia, che “non esce la sera” perché detenuta in semilibertà. Nonostante qualche incertezza, il film mi ha preso. E’ uno scrittore che interroga la vita solo a partire dalle parole e dai fatti che mette in campo nella fantasia: finalmente incontra Giulia. L’approccio con la sua vicenda è molto complesso. L’incontro è immerso nell’acqua, nei fluidi vitali: è protetto, finché resta in quella dimensione. Siccome è giocoforza uscirne, ecco che questo si offre alle infinite casualità della vita. Delle quali alcune sono molto dolorose: come il rapporto con la figlia di lei. Il dolore provato per l’abbandono della madre, l’ha murata viva in questa prigione di odio irriducibile nei suoi confronti, impassibile e vendicativo. E’ comunque Giulia il personaggio più riuscito del film. V.Golino ha dato una prova assolutamente convincente. Pur se chiusa in sé, nel ricordo della sua vita di affetti che ha voluto abbandonare e nel rimorso per ciò che ha fatto, non è del tutto estranea alla vita. E’ affascinata dalla persona dello scrittore, dalla sua sensibilità, dalla sua simpatia (V.Mastandrea). Nella sua vita irrompe la letteratura: con la sua profonda e malata ambiguità. Perché essa “sembra” in grado di dare delle risposte: ma sono tutte finzioni, costruite dall’emotività dello scrittore. Sono universi la cui razionalità esiste solo nella sua fantasia: in quel regno anch’esso, come la piscina, ovattato e protetto, dove tutto risponde a precise esigenze, dà delle risposte se non certe, almeno attendibili: in ogni caso coerenti. La realtà è ben diversa. Essa è ben altrimenti illogica: spesso clamorosamente. Questo respiro circola per tutto il film. Il talento, la sensibilità di Guido, “non guida” Giulia: mette su lettera delle parole non sue alla figlia. Parole che le si ritorceranno contro. La donna non ha che se stessa: ma non basta. Come non basteranno le parole scritte sul diario, che avranno la riuscita funzione di fare un controcanto esplicativo, di eccellente effetto filmico-narrativo, su suoi comportamenti relativi all’incontro con Guido. Qui si vede la mano della brava ed esperta montatrice Esmeralda Calabria. Del resto anche lui è solo rispetto alla moglie. Mentre in parallelo, il rapporto con la figlia, non tanto “graziosa”, e piuttosto grassottella, ha una sincerità di fondo, che si apre in modi affettuosi e non stucchevoli all’ascolto e alla comprensione. La solitudine di G., e sconfitta finali, non solo al Premio, sono espresse dallo slargarsi della piscina come un mare infinito
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sicampauguale
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giovedì 5 marzo 2009
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una vita cosi' ..
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Prima del film, avendo letto la trama, pensi .. io non sono lui .. io non sono lei .. il film finisce e pensi .. io sono lui .. io sono lei .. Passata la linea d'ombra, non si gioca piu' .. bisogna vivere .. e far vivere chi ci ama e che magari non amiamo .. Guido vorrebbe tornare indietro .. prima di quella linea .. e si comporta come se fosse possibile .. inizia storie e non le finisce .. scrive storie e nessuno le legge, forse manco lui .. dei premi non gli frega nulla .. Giulia invece quella linea l'ha superata .. tragicamente e sa che non puo' tornare indietro .. ci spera, lo sogna per poco quanto durano i sogni .. ma poi .. due vite non vite .. un amore che non sara' .. tutto non è.
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olgadikom
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mercoledì 4 marzo 2009
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ancora una donna sola e disperata
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Il film di Giuseppe Piccioni, pur presentando all’inizio limiti legati alla sceneggiatura a due mani (il regista e Federica Pontremoli) e un impaccio evidente nel delineare i personaggi, prende poi corpo quando tra gli attori scatta la giusta alchimia. La metafora della piscina, presente in tutta la storia, trova a questo punto chiara collocazione, mentre il finale drammatico lascia comunque qualcosa di aperto. Nella prima parte anche Valerio Mastandrea, pur abile ad accattivante, non riesce a dare realtà all’abulia di uno scrittore che da una parte sembra non voler essere tale, dall’altra vive tra le fantasie legate ai suoi libri, a volte troppo banali, a volte ritagliate su musical famosi (vedi Cantando sotto la pioggia), con una mancanza di convinzione che si avverte.
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Il film di Giuseppe Piccioni, pur presentando all’inizio limiti legati alla sceneggiatura a due mani (il regista e Federica Pontremoli) e un impaccio evidente nel delineare i personaggi, prende poi corpo quando tra gli attori scatta la giusta alchimia. La metafora della piscina, presente in tutta la storia, trova a questo punto chiara collocazione, mentre il finale drammatico lascia comunque qualcosa di aperto. Nella prima parte anche Valerio Mastandrea, pur abile ad accattivante, non riesce a dare realtà all’abulia di uno scrittore che da una parte sembra non voler essere tale, dall’altra vive tra le fantasie legate ai suoi libri, a volte troppo banali, a volte ritagliate su musical famosi (vedi Cantando sotto la pioggia), con una mancanza di convinzione che si avverte. Ma dopo, l’entrata in scena di altre figure, la moglie, la figlia e Giulia (Valeria Golino, la sua istruttrice di piscina), ci avvisano che il gioco si fa più serio. Così Guido mette alla scoperto le sue paure più fonde, le sue inadempienze, la sua pigra superficialità che lo porta a galleggiare come nella piscina, senza riuscire a mettere la parola fine a un matrimonio in crisi e senza amore per un mestiere che gli sta troppo stretto. Nel frattempo Giulia con i suoi occhi tristissimi, svela cosa c’è dietro il suo non uscire la sera. Lei teme di affondare di nuovo, come già le è avvenuto perdendo anche l’affetto della figlia. Sa di aver bisogno di qualcuno, di aprirsi a una nuova relazione e lo fa con secchezza, senza richiedere comprensione o pietà. Non sconfessa il suo delitto e i suoi errori, ma per un momento sogna un esito diverso da quello rovinoso cui è giunta per amore di un altro uomo. Ma ben presto, dopo alcuni momenti di serenità, l’acqua si rinchiude su di lei ed affonda. Cosa farà Guido non è chiarissimo; nella piscina, che nelle belle riprese subacquee simboleggia il silenzio e il distacco dalla realtà, ciascuno cerca le sue soluzioni e l’esito è rimesso alle scelte, al carattere ed in parte al destino. Giulia ha avuto coraggio e con selvaggia semplicità ha accettato gli effetti della sua passione e delle sue azioni. Guido tende alla deresponsabilizzazione e forse continuerà a nuotare nel limbo delle figure fantastiche dei suoi scritti, rifugiandosi di nuovo presso la famiglia riunita con i dovuti scheletri nell’armadio.
In quanto al linguaggio, Piccioni dirige con mano esperta. Soprattutto le scene risultano essenziali, taglienti nei dialoghi brevi, funzionalmente convincenti e sostenute da una bella fotografia. Una curiosa e forse significativa coincidenza è che sono usciti di seguito tre bei film da non perdere (The reader, inglese, Ti amerò sempre, francese, e Giulia non esce la sera, italiano), in cui le protagoniste, anche se per cause diverse, sono legate alla stessa drammatica esperienza, solitamente riservata al genere maschile. Che ci si stia accorgendo che anche la donna ha dentro di sé pulsioni e contraddizioni oscure, tutte da esplorare?
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ornella
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martedì 3 marzo 2009
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meno siamo e meglio stiamo
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Pellicola poco adatta a chi è abituato ad avere davanti a sé certezze ma stimolante per tutti gli altri: chi per esempio ha nutrito un desiderio rimasto inespresso, chi sente di sbagliare comunque, chi infine si sente inadeguato, sfasato rispetto alla realtà, chiuso in una gabbia di vetro (infrangibile). Potrebbe anche uscire ma in fin dei conti per incontrare chi? Un'altra persona che non è detto che abbia una capacità superiore alla propria di andare oltre, capire davvero? La Golino lo fa ma le va male, come a molti (ma non a voi naturalmente, pubblico fortunato) e decide che non ne vale più la pena. Meglio dentro o meglio fuori? Meglio il nulla. Aprite le orecchie al silenzio...
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lou red
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domenica 1 marzo 2009
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senza coraggio si sprofonda
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Il film manca di coraggio. Non si decide a prendere decisamente una strada e lo spettatore rimane spiazzato tra i due personaggi, senza che questi, riescano veramente a portarti dentro la loro vita.
I teatrini surreali, le cosidette visioni dei personaggi dello scrittore, sono patetiche parodie di Henry a pezzi di W. Allen, ma non restano mai nelle mente. Dispiace osservare che il cinema italiano, quello della potente casta dei centoautori, pur lamentandosi del sistema, dei vari dirigenti eletti nei ruoli di comando, della loro pulizia morale, quando vengono chiamati alla prova decisiva (Vicari, Puccioni, Piccioni, Patierno, Mazzacurati, etc.) non riesce mai a centrare il film, a usare i sostanziosi finanziamenti di cui dispongono per una prova di coraggio, per una sterzata decisiva per il cinema con la C maiuscola, ma si ferma purtroppo a una scrittura esile, timida, di sottrazione senza mai assumersi un rischio, un'idea.
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Il film manca di coraggio. Non si decide a prendere decisamente una strada e lo spettatore rimane spiazzato tra i due personaggi, senza che questi, riescano veramente a portarti dentro la loro vita.
I teatrini surreali, le cosidette visioni dei personaggi dello scrittore, sono patetiche parodie di Henry a pezzi di W. Allen, ma non restano mai nelle mente. Dispiace osservare che il cinema italiano, quello della potente casta dei centoautori, pur lamentandosi del sistema, dei vari dirigenti eletti nei ruoli di comando, della loro pulizia morale, quando vengono chiamati alla prova decisiva (Vicari, Puccioni, Piccioni, Patierno, Mazzacurati, etc.) non riesce mai a centrare il film, a usare i sostanziosi finanziamenti di cui dispongono per una prova di coraggio, per una sterzata decisiva per il cinema con la C maiuscola, ma si ferma purtroppo a una scrittura esile, timida, di sottrazione senza mai assumersi un rischio, un'idea.
E così questo film scivola nell'acqua, anzi sprofonda nella noia, perché seppur la messa in scena qualche volta funziona, e gli attori si impegnano per dar vita alla scrittura sottratta, non vira mai verso il vero, verso quel neoralismo di fondo a cui una trama del genere dovrebbe ispirarsi.
Quale scudo migliore la pippa mentale dell'autore/scrittore confuso, della famiglia in crisi, (quante milioni di volte usata nella fiction nostrana) piuttosto che dar fondo alla Dardenne (Rosetta, Il matrimonio di Lorna, etc.) o per citare altri film recenti quali L'ospite inatteso, Il Giardino dei Limoni, Irina palm, La classe, etc. dove la scrittura affronta il tema SEMPRE e pedina il personaggio dalla tematica più forte.
Perché sprecare tempo con uno scrittore in crisi, chissenefrega, e non pedinare con coraggio la storia di Giulia. E' così che si sprofonda, perché non si sceglie la sfida, ma ci si protegge (e purtroppo si è protetti da finanziamenti statali che tolgono l'incertezza all'autore e la sua capacità di scavare e di scavarsi addosso) di una trama finta e nebulosa.
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furio
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sabato 28 febbraio 2009
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la vita è un'opera in corso. golino magnanesca
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Presente all'anteprima di firenze del film, ho assistito ai saggi discorsi di un regista che fa di tutto per mediare fra il naturalistico della 'fiction' e il troppo caricato del 'teatro'. Un'attrice come la Golino ha spiegato le cose, gli studi che ha fatto per arrivare a interpretare bene Giulia e, c'è da ammetterlo in modo unanime, ha dato forme e volto a un personaggio vero come pochi e di gran lunga superiore a quelli, pur belli, interpretati negli ultimi anni. Mastandrea, il vero protagonista del film, si rivela sempre più bravo man mano che sempre più registi lo scritturano: pur continuando a gigioneggiare a causa della sua indiscussa simpatia, interpreta uno scrittore dalla psicologia molto nella norma, che ha perso ogni slancio nel lavoro e nella vita con la coniuge e la figlia, che incomincia a interessarsi al sesso insieme al fidanzatino.
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Presente all'anteprima di firenze del film, ho assistito ai saggi discorsi di un regista che fa di tutto per mediare fra il naturalistico della 'fiction' e il troppo caricato del 'teatro'. Un'attrice come la Golino ha spiegato le cose, gli studi che ha fatto per arrivare a interpretare bene Giulia e, c'è da ammetterlo in modo unanime, ha dato forme e volto a un personaggio vero come pochi e di gran lunga superiore a quelli, pur belli, interpretati negli ultimi anni. Mastandrea, il vero protagonista del film, si rivela sempre più bravo man mano che sempre più registi lo scritturano: pur continuando a gigioneggiare a causa della sua indiscussa simpatia, interpreta uno scrittore dalla psicologia molto nella norma, che ha perso ogni slancio nel lavoro e nella vita con la coniuge e la figlia, che incomincia a interessarsi al sesso insieme al fidanzatino. Lo scrittore si trova, fino all'incontro con Giulia nella sua piscina, in un mondo morto. Ci sono traslochi, racconti iniziati e mai finiti, personaggi che prendono vita e invadono il mondo dello scrittore nei modi più impensati, come creature (pirandelliane) in cerca di autore e finale. Ma il vero motore del film è Giulia, che pur non mostrandosi troppo nella durata del film, scuote la vita dello scrittore e il pubblico, ci travolge annientandosi silenziosamente. Io non ho mai visto "Luce dei miei occhi"o nessuno degli ultimi film di Piccioni. Vidi negli anni 90 le sue prime commedie amarognole dove spesso era protagonista la Margherita Buy. Con questo film c'è un rovesciamento di genere. Pur rimanendo i momenti umoristici, siamo immersi in una tragedia umana. Curiosa la somiglianza fra i finali di questo film e "The reader", contemporaneamente a questo nelle sale ed entrambi i film tenuti in piedi da una protagonista femminile imponente. Con questo film, anche se lei è molto meno in vista della diva romana, la Golino si conferma la Magnani del nuovo cinema italiano.
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mafalda
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venerdì 27 febbraio 2009
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superfluo
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Un film superfluo.
Dei due protagonisti - lo scrittore sfigato e la donna sfortunat - non glie ne frega a nessuno. Del loro amore, tra l'altro, non frega niente a loro due per primi. I personaggi sono figurine. Dal lato di Mastandrea c'è la borghesia decrepita (vedi gli anziani lettori a cui è costretto a recitare le sue pagine); da quello di Golino poteva starci un ambiente popolare più sanguigno e passionale (vedi il movente dell'assassina) ma si rimane in mezzo al guado, senza prendere una strada fino in fondo, e nessun carattere è davvero messoa fuoco. Il gesto finale di Golino sa di appiccicato, di colpo di teatro non davvero conseguente alla storia.
Per quanto riguarda la satira sulla società letteraria italiana Piccioni resta a metà tra l'occhio glaciale di Bellocchio e la commedia alla Dino Risi.
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Un film superfluo.
Dei due protagonisti - lo scrittore sfigato e la donna sfortunat - non glie ne frega a nessuno. Del loro amore, tra l'altro, non frega niente a loro due per primi. I personaggi sono figurine. Dal lato di Mastandrea c'è la borghesia decrepita (vedi gli anziani lettori a cui è costretto a recitare le sue pagine); da quello di Golino poteva starci un ambiente popolare più sanguigno e passionale (vedi il movente dell'assassina) ma si rimane in mezzo al guado, senza prendere una strada fino in fondo, e nessun carattere è davvero messoa fuoco. Il gesto finale di Golino sa di appiccicato, di colpo di teatro non davvero conseguente alla storia.
Per quanto riguarda la satira sulla società letteraria italiana Piccioni resta a metà tra l'occhio glaciale di Bellocchio e la commedia alla Dino Risi. Si saltella a destra e sinistra come "piccioni", becando un po' di que e un po' di là. Fatica sprecata.
Che Dio glie la mandi buona.
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