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maria cristina nascosi
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sabato 7 ottobre 2006
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una stella a...venezia, tra libro e film
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Presente anche il regista, Gianni Amelio, alla 63 a edizione della Mostra Internazionale del Cinema, nella città lagunare per eccellenza, quest'anno, per promozionare il suo film, La stella che non c'è, e presentare, al contempo, il libro che Emanuela Martini, giornalista, critico e una delle ‘anime’ del Bergamo Film Meeting ab ovo, è proprio il caso di dirlo, ha voluto dedicargli e proporre nel prestigioso spazio della Terrazza Martini, all’Hotel Excelsior, del Lido
Amelio per La stella che non c’è, ha cercato ispirazione nel libro di Ermanno Rea, La dismissione, saga singolare di un tramonto industriale.
Una delegazione cinese arriva in Italia per rilevare un grande impianto da un'acciaieria in disarmo.
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Presente anche il regista, Gianni Amelio, alla 63 a edizione della Mostra Internazionale del Cinema, nella città lagunare per eccellenza, quest'anno, per promozionare il suo film, La stella che non c'è, e presentare, al contempo, il libro che Emanuela Martini, giornalista, critico e una delle ‘anime’ del Bergamo Film Meeting ab ovo, è proprio il caso di dirlo, ha voluto dedicargli e proporre nel prestigioso spazio della Terrazza Martini, all’Hotel Excelsior, del Lido
Amelio per La stella che non c’è, ha cercato ispirazione nel libro di Ermanno Rea, La dismissione, saga singolare di un tramonto industriale.
Una delegazione cinese arriva in Italia per rilevare un grande impianto da un'acciaieria in disarmo. Vincenzo Buonavolontà – non casuale il cognome, nomen omen - manutentore specializzato nei controlli delle macchine, è convinto che l'altoforno in vendita non sia in buone condizioni e vuole ostinatamente trovare il guasto perchè non succedano, com'è già accaduto, incidenti gravi agli operai che dovranno manovrarlo. Vincenzo scopre il difetto dell'impianto tardi, quando i cinesi sono già ripartiti con tutto il carico per ritornare nel proprio Paese. Non ci ripensa: vola a Shanghai per consegnare personalmente la centralina idraulica modificata che permetterà all'altoforno di funzionare perfettamente. Ma lo aspetta una brutta sorpresa: l'azienda cinese che aveva comprato l'impianto lo ha già rivenduto ad altri, il capo della delegazione che Vincenzo aveva conosciuto in Italia è passato a nuovi incarichi e, soprattutto, nessuno sa o vuole dire dove sia finito l'altoforno. Inizia così il calvario di Vincenzo Buonavolontà in una Cina che non è per nulla quella da lui immaginata.
Un rito di passaggio, per il protagonista, un sempre formidabile Sergio Castellitto - pure presente in conferenza stampa a Venezia - nel corso del quale gioca un ruolo di primo piano la giovane Liu Hua che, dietro il suo dolce viso, nasconde qualcosa...
Un ottimo film, interpretato ottimamente.
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ili
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lunedì 2 ottobre 2006
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noia
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Film parecchio noioso.
Bravissimo Castellitto, riesce lui da solo a salvare un film altrimenti mediocre
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(di luigi8421)
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claudia raimondo
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lunedì 2 ottobre 2006
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la humanitas che non c'è
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L'immagine della centralina che, lasciate le mani amorevoli di Vincenzo, passa attraverso quelle degli operai cinesi, ignari di quanto sia costata al manutentore in termini di appassionato e competente impegno, per concludere il suo viaggio cadendo tra il nero e ruvido acciaio da rifondere, è la sequenza-chiave del film, che in questo sembra rivelare una nota xenofobica. Credo infatti che il messaggio del film sia il rimpianto per una dimensione culturale che nulla ha a che vedere con la produzione massiva e la copia in serie dei prodotti di marca: una dimensione culturale che coincide coi valori, forse "aristocratici" e un po' demodé, della Vecchia Europa romantica, di cui Vincenzo, "forte e tenero" come il suo acciaio, è il simbolo.
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L'immagine della centralina che, lasciate le mani amorevoli di Vincenzo, passa attraverso quelle degli operai cinesi, ignari di quanto sia costata al manutentore in termini di appassionato e competente impegno, per concludere il suo viaggio cadendo tra il nero e ruvido acciaio da rifondere, è la sequenza-chiave del film, che in questo sembra rivelare una nota xenofobica. Credo infatti che il messaggio del film sia il rimpianto per una dimensione culturale che nulla ha a che vedere con la produzione massiva e la copia in serie dei prodotti di marca: una dimensione culturale che coincide coi valori, forse "aristocratici" e un po' demodé, della Vecchia Europa romantica, di cui Vincenzo, "forte e tenero" come il suo acciaio, è il simbolo. La ragazza cinese, invece, è il "doppio" della centralina: come quella, è un pezzo di metallo luccicante in mezzo alla ferraglia, è una "diversa", come dimostra il fatto che i suoi compatrioti non la capiscono e non la accettano, cacciandola apertamente dalla loro comunità.
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francesco nardi
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domenica 1 ottobre 2006
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la stella che non c'è. coincidenze di troppo.
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C’è solo una cosa che può rovinare una storia più una di coincidenza: il fatto che questa si ripeta. A Shangai, tra miliardi di cinesi, un italiano addetto alla manutenzione di un altoforno, appena arrivato in Cina, incontra una ragazza già conosciuta in Italia. Poi se ne separa, ed ancora, come se la ragione dovesse cedere a tutto, la reincontra. Non è verosimile, e non va bene che sia inverosimile la chiave di volta di una trama neorealistica: quella d’ un uomo che parte per la Cina per assolvere ad un obbligo di buon senso.
La Cina è il protagonista del film: dai panorami ricercatamente bucolici, alle fitte trame urbane, dal degrado fino all' ostentata crescita industriale, dalla solidarietà come cifra culturale alla negazione dei diritti fondamentali.
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C’è solo una cosa che può rovinare una storia più una di coincidenza: il fatto che questa si ripeta. A Shangai, tra miliardi di cinesi, un italiano addetto alla manutenzione di un altoforno, appena arrivato in Cina, incontra una ragazza già conosciuta in Italia. Poi se ne separa, ed ancora, come se la ragione dovesse cedere a tutto, la reincontra. Non è verosimile, e non va bene che sia inverosimile la chiave di volta di una trama neorealistica: quella d’ un uomo che parte per la Cina per assolvere ad un obbligo di buon senso.
La Cina è il protagonista del film: dai panorami ricercatamente bucolici, alle fitte trame urbane, dal degrado fino all' ostentata crescita industriale, dalla solidarietà come cifra culturale alla negazione dei diritti fondamentali.
Lunghe scene mute mitigate solo dall’ uso abbondante della macchina mobile. I panorami piegano intorno ad una trama schiacciata dalle atmosfere documentaristiche. Non è detto che un buon film non possa essere tale senza un finale soddisfacente, ma qui sarebbe stato proprio necessario: lo spettatore lo attende fiducioso per assolvere il film di buona parte del resto, ma in questo film il finale è proprio la stella che non c’è. Non è dunque colpa solo del caso beffardo se è andato ad un film cinese il Leone d’oro italiano, piuttosto che, come qualcuno s' aspettava, ad un film italiano che ha voluto parlare cinese. www.francesconardi.it
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diego
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venerdì 29 settembre 2006
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noioso
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Incredibilmente noioso, lento in maniera eccessiva, buona la fotografia e l'interpretazione ma la trama è inconsistente e non raggiunge le riflessione che vorrebbe ispirare. Da vedere per curiosità, ma non è certo uno dei migliori film di Amelio.
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isolabianca
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martedì 26 settembre 2006
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la cina che non conosciamo
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Amelio ha saputo fare di un pezzo di ferro una poesia
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anita salzano
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lunedì 25 settembre 2006
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vincenzo bonavolontà:un personaggio paradigmatico
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Probabilmente "La stella che non c'è" era stato troppo atteso e quindi le aspettative del pubblico erano tante. Nel pubblico anche io. Senza alcun dubbio la scenografia sulla Cina ed il viaggio in sè meritano un plauso, ma è il thema ad essere quasi"banale". Che la Cina ed i Cinesi siano diventati una catena di montaggio (ancor più rispetto al passato) non è una novità; che anche lì ci siano delle madri che sfortunatamente non possono vivere accanto ai loro figli mi sembra scontato; che personaggi come Bonavolontà (ex Buonocore per Rea)esistano e credano nel loro piccolo mondo è anch'esso noto. Ed allora mi chiedo e vi chiedo: tanta lentezza non è forse gratuita? non è questa stessa lentezza a creare scoordinamento tra il primo ed il secondo tempo? Meglio"PROFUMO: storia di un assassino" a volte anch'esso banale,ma almeno eclatante nelle scene.
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Probabilmente "La stella che non c'è" era stato troppo atteso e quindi le aspettative del pubblico erano tante. Nel pubblico anche io. Senza alcun dubbio la scenografia sulla Cina ed il viaggio in sè meritano un plauso, ma è il thema ad essere quasi"banale". Che la Cina ed i Cinesi siano diventati una catena di montaggio (ancor più rispetto al passato) non è una novità; che anche lì ci siano delle madri che sfortunatamente non possono vivere accanto ai loro figli mi sembra scontato; che personaggi come Bonavolontà (ex Buonocore per Rea)esistano e credano nel loro piccolo mondo è anch'esso noto. Ed allora mi chiedo e vi chiedo: tanta lentezza non è forse gratuita? non è questa stessa lentezza a creare scoordinamento tra il primo ed il secondo tempo? Meglio"PROFUMO: storia di un assassino" a volte anch'esso banale,ma almeno eclatante nelle scene. Con un grande Dustin Hoffman.
Con simpatia e pronta ad un confronto.
Anita Salzano
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ros
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lunedì 25 settembre 2006
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preferenze per il neo realismo anke se............
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Sicuramente il mio commento e' dettato dalla preferenza verso il genere neo-realistico.
E sono piacevolmente colpita dalla scelta di Amelio di documentare una realta' ke sfugge a noi tanti.
Perfettamente "azeccata" la scelta di Castellitto, che ancora una volta ha saputo con grande minimalismo, probabilmente quello che esigeva il film, dare una grande interpretazione di un personaggio.
Ma quello che non condivido tanto: e' la scelta del caso.
Nel senso che,sicuramente nella vita di ognuno,puo' capitare un giorno qualsiasi di incontrare qualcuno che proprio come si dice " casca a pennello", ma e' posibile che in un paese come la Cina incontro in tante biblioteche possibili a Shangai proprio quella che mi serviva?
Ammesso che sia possibile non e' troppo insieme all' incontro casuale con l' operaio?
Vorrei avere una risposta su questo, perche' poi il film mi e' piaciuto.
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Sicuramente il mio commento e' dettato dalla preferenza verso il genere neo-realistico.
E sono piacevolmente colpita dalla scelta di Amelio di documentare una realta' ke sfugge a noi tanti.
Perfettamente "azeccata" la scelta di Castellitto, che ancora una volta ha saputo con grande minimalismo, probabilmente quello che esigeva il film, dare una grande interpretazione di un personaggio.
Ma quello che non condivido tanto: e' la scelta del caso.
Nel senso che,sicuramente nella vita di ognuno,puo' capitare un giorno qualsiasi di incontrare qualcuno che proprio come si dice " casca a pennello", ma e' posibile che in un paese come la Cina incontro in tante biblioteche possibili a Shangai proprio quella che mi serviva?
Ammesso che sia possibile non e' troppo insieme all' incontro casuale con l' operaio?
Vorrei avere una risposta su questo, perche' poi il film mi e' piaciuto.anche se il resto della sala l' ha fischiato....ma forse avevano sbagliato sala!
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armando.s.
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sabato 23 settembre 2006
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il "film" che non c'é
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ma a tratti questo film mi é sembrato surreale nella soggettatura. Come puo' un operaio che a "buttato" una vita in un'acciaieria, invece di godersi la meritata pensione dopo tanti anni di lotta salariale, si pone un problema cosi' grande e cioé : di rettificare una centralina malfunzionante (scusate ma non spetterebbe agli ingegnieri?) addirittura a proprie spese
va in Cina (come un magnate o addirittura un Ministro degli affari esteri) senza neanche un indirizzo preciso della destinazione. Inoltre sembra che il protagonista si meraviglia di come si viva in Cina, proprio lui che é un napoletano e conosce bene le realta' sociali. Scusatemi a me francamente mi é sembrato un brutto clone del film "un uomo da marciapiede".
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ma a tratti questo film mi é sembrato surreale nella soggettatura. Come puo' un operaio che a "buttato" una vita in un'acciaieria, invece di godersi la meritata pensione dopo tanti anni di lotta salariale, si pone un problema cosi' grande e cioé : di rettificare una centralina malfunzionante (scusate ma non spetterebbe agli ingegnieri?) addirittura a proprie spese
va in Cina (come un magnate o addirittura un Ministro degli affari esteri) senza neanche un indirizzo preciso della destinazione. Inoltre sembra che il protagonista si meraviglia di come si viva in Cina, proprio lui che é un napoletano e conosce bene le realta' sociali. Scusatemi a me francamente mi é sembrato un brutto clone del film "un uomo da marciapiede".
Forse le uniche cose che hanno permesso a questo documentario di definirlo film sono state; la fotografia e le musiche, nonché
la bravura seppur limitata dalla soggettatura stessa di S.Castellitto. Per concludere mi é sembrato tanto per fare un esempio un bel quadro astratto di Kandisky, dove pur essendoci tantissimi colori non ne distinguiamo uno, così diventa un Guido Reni ovvero monocromatico.
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susanna
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sabato 23 settembre 2006
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motivazioni minimali
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ad una visione superficiale, il motivo per il quale Sergio Castellito,il protagonista,affronta i disagi e le incognite di un viaggio in Cina,non conoscendo ne la lingua ne i cinesi,sembra surreale.In realtà la spinta è determinata dal fatto che egli vuole sapere e conoscere,oltre che consegnare il pezzo aggiustato della centralina.Sono anche grata al regista Amelio per avermi fornito informazioni sulla Cina ed i cinesi che non avevo appreso dalle solite informazioni fornite dai giornali e dai mezzi d'informazione.Il film mi è piaciuto molto.La recitazione di Castellito, superba,come sempre.E' troppo bravo per essere apprezzato in un festival,quale quello di Venezia di qualità mediocre.
susanna Valle
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