catcarlo
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giovedì 9 aprile 2015
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leonard cohen: i'm your man
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Metà film-concerto e metà documentario, questo lavoro dell’australiana Lunson si basa sulle immagini di un’esibizione tenuta a Sidney attorno al settantesimo compleanno di Cohen alle quali sono alternati le interviste ai musicisti e i ricordi in prima persona del Canadese con tanto di materiale d’archivio riguardante la sua infanzia e gioventù. Il risultato è un ibrido che non lascia pienamente soddisfatti, anche se le sue parti, prese una a una, sono interessanti: se quella biografica non può, per forza di cose, andare in profondità, quella musicale è davvero notevole, con l’unica pecca di qualche brano non completo. Del resto, per Lunson (amica di Mel Gibson dal quale si è fatta sponsorizzare) si trattava di vincere facile sommando l’impeccabile canzoniere coheniano a una sfilata di interpreti di altissimo livello: Rufus Wainwright solo – con l’immancabile ‘Hallelujah’ e ‘Chelsea Hotel #2’ – o assieme alla famiglia (sorella, mamma e zia in ‘Everybody knows’, ma poi le signore vanno anche da sole), Nick Cave per ‘I’m your man’ e ‘Suzanne’, Beth Orton per ‘Sisters of mercy’ e assieme a Jarvis Cocker in ‘Death of a ladies man’, o ancora Linda Thompson, suo figlio Teddy, Antony e qualcun altro che mi sono dimenticato.
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Metà film-concerto e metà documentario, questo lavoro dell’australiana Lunson si basa sulle immagini di un’esibizione tenuta a Sidney attorno al settantesimo compleanno di Cohen alle quali sono alternati le interviste ai musicisti e i ricordi in prima persona del Canadese con tanto di materiale d’archivio riguardante la sua infanzia e gioventù. Il risultato è un ibrido che non lascia pienamente soddisfatti, anche se le sue parti, prese una a una, sono interessanti: se quella biografica non può, per forza di cose, andare in profondità, quella musicale è davvero notevole, con l’unica pecca di qualche brano non completo. Del resto, per Lunson (amica di Mel Gibson dal quale si è fatta sponsorizzare) si trattava di vincere facile sommando l’impeccabile canzoniere coheniano a una sfilata di interpreti di altissimo livello: Rufus Wainwright solo – con l’immancabile ‘Hallelujah’ e ‘Chelsea Hotel #2’ – o assieme alla famiglia (sorella, mamma e zia in ‘Everybody knows’, ma poi le signore vanno anche da sole), Nick Cave per ‘I’m your man’ e ‘Suzanne’, Beth Orton per ‘Sisters of mercy’ e assieme a Jarvis Cocker in ‘Death of a ladies man’, o ancora Linda Thompson, suo figlio Teddy, Antony e qualcun altro che mi sono dimenticato. Tutti quanti non solo interpretano i brani da par loro, ma raccontano quello che hanno significato le canzoni di Cohen nelle loro esistenze con una partecipazione e una dedizione rispetto alle quali fanno contrasto l’understatement e l’ironia che traspaiono qua e là dalle parole del buon Leonard. In queste ultime non ci sono chissà quali rivelazioni, ma alcuni spunti interessanti sulla genesi dei testi (ad esempio, l’uomo gigioneggia assai quando si accenna alla sua fama di tombeur de femmes): peccato solo che, dopo i primi minuti, per ascoltare il suo profondo baritono intonare una canzone ci sia da attendere la fine del film, prima in ‘Tower of song’ con gli U2 come backing band (anche Bono e The Edge si aggiungono agli adoranti intervistati di lusso, ma l’esecuzione fa nascere più di un sospetto di playback) e poi con la riproposta di ‘I’m your man’ sui titoli di coda. Il risultato complessivo è quello di un valido omaggio che però rimane ben lontano dal riecheggiare tutta la grandezza dell’omaggiato (oltretutto mancano almeno ‘Birds on a wire’, ‘Famous blue raincoat’ e ‘Hey, that's no way to say goodbye’).
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elgatoloco
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domenica 26 novembre 2017
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cohen forever
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Leonard Cohen, poeta, scrittore, chansonnier(da nativo di Montreal-Montréal la definizione gli si adatta comunque), scomparso purtroppo circa un anno fa: questo film-documentario-hommage di Lian Lunson è di orami 12 anni fa, relativo appunto a un concerto-hommage che ha visto coinvolti Nick Cave, Martha e Rufus Wainwright, Julie Christensen, Perla Batalla, Beth Orton, Jervis Cocker, oltre alla generosa partecipazione speciale di Sonny Bono, con generosi estratti dalla poesia(che è in lui sempre, anche quando semplicemente racconta, vita=poesia e viceversa) e dalla viva voce di Cohen stesso, toccante per es.quando cita un brano , anche lugo dal"Baghwan-Gita", senza legarla strettamente alla sua esperienza di ex-monaco zen(buddhismo zen giapponese), che pure narra in un'altra sezione.
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Leonard Cohen, poeta, scrittore, chansonnier(da nativo di Montreal-Montréal la definizione gli si adatta comunque), scomparso purtroppo circa un anno fa: questo film-documentario-hommage di Lian Lunson è di orami 12 anni fa, relativo appunto a un concerto-hommage che ha visto coinvolti Nick Cave, Martha e Rufus Wainwright, Julie Christensen, Perla Batalla, Beth Orton, Jervis Cocker, oltre alla generosa partecipazione speciale di Sonny Bono, con generosi estratti dalla poesia(che è in lui sempre, anche quando semplicemente racconta, vita=poesia e viceversa) e dalla viva voce di Cohen stesso, toccante per es.quando cita un brano , anche lugo dal"Baghwan-Gita", senza legarla strettamente alla sua esperienza di ex-monaco zen(buddhismo zen giapponese), che pure narra in un'altra sezione. Avremmo preferito sentire"Hallelujah"cantata nell'originale da Cohen, ma bisogna dire che tutti/e gli interpreti, da Cave ai Wainwright, dalla Batalla alla Orton, dalla Christensen a Jervis Cocker, per non dire della grande modestia di Sonny Bono, che si definisce tout court un"mero allievo di Cohen"e si limita a fare da corista, hanno dato assolutamente il meglio di sé, producendosi in performances notevollssime, anche proprio per quanto di"challenge"(=sfida, cfr.Toynbee)è già dato a priori nel doversi confrontare con un pezzo non solo da novanta, ma da...trilioni quale Cohen, che sarebbe stato non meno degno del degnissimo Bob Dylan del premio Nobel(sterili e inutili le polemiche a riguardo). Un'occasione, diremmo, per ristudiare e ri-approfondire la figura di Cohen, oltre il già noto,,, Il documentario, in tal senso, ci dà vari spunti, anche proprio per le testimonianze dirette, coem già detto, di Cohen stesso. El Gato
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mercoledì 29 novembre 2017
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grande cohen, ben "ritratto"
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"Leonard Cohen: i'm your man"(2005), di LIan Lunson, con Nick Cave, Martha and Rufus Wainwirght, Beth Orten, Perla Batalla, Jarvis Cocker, Sonny Bono, ma soprattutto lo stesso Cohen, grande poeta, scrittore, chansonnier(nato a Montreal-Montréal, credo il termine gli si adatti in pieno), quando canta, ma anche quando cita a mente dal"Baghwan Gita"(un lungo brano, tra l'altro), dove appunto gli altri/le altre sono bravissimi/e, con un Cave che dò fondo, in canzoni non sue, alla migliore vocalità, a Bono, che , definendosi semplicemente"allievo di Cohen", si limita a fargli da corista in"Tower of Song", ai fratelli Wainwright, bravissimi come Julie Chistensen, come Perla Batla e Beth Orthem come Jarvis Cocker che, con tonalità di voce e stilemi espressivi.
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"Leonard Cohen: i'm your man"(2005), di LIan Lunson, con Nick Cave, Martha and Rufus Wainwirght, Beth Orten, Perla Batalla, Jarvis Cocker, Sonny Bono, ma soprattutto lo stesso Cohen, grande poeta, scrittore, chansonnier(nato a Montreal-Montréal, credo il termine gli si adatti in pieno), quando canta, ma anche quando cita a mente dal"Baghwan Gita"(un lungo brano, tra l'altro), dove appunto gli altri/le altre sono bravissimi/e, con un Cave che dò fondo, in canzoni non sue, alla migliore vocalità, a Bono, che , definendosi semplicemente"allievo di Cohen", si limita a fargli da corista in"Tower of Song", ai fratelli Wainwright, bravissimi come Julie Chistensen, come Perla Batla e Beth Orthem come Jarvis Cocker che, con tonalità di voce e stilemi espressivi.canori totalmente diversi, rendono assolutamente vivo, credibile, antiretorico, questo"HOmmage to Leonard Cohen"del 2005...Non dimentichiamo, peò,r. che Cohen, ancora decisamente dopo questa data, cantava ancora, intendo in concerti vari, nel suo Canada, negli States, in Europa e non solo, UN'attività, quella coheniana, che si snoda attraverso cultura"alta"e musica"leggera", ma con una straordinaria "Stilmischung"riesce a fondere generi, sermo humilis e sermo sublimis, in una continua ascesa, dove ricordim,o anche, che per il valore poetico Cohen non meno di Bob Dylan avrebbe meritato il premio Nobel, salvo il fatto che anche l'attribuzione a Dylan è stata meritatissima, per il valore poetico, appunto, per quello letterario, ma anche proprio per la fusione tra msuica e poesia che emana sempre dalle sue composizioni, nello stile degli Scaldi, dei Troubadours, Minnesaenger, Dolcestilnovisti etc.. Il documentario di Lunson riesce in quanto riprende il concerto, ma anche le testimoinanze degli/delle psiti, fa parlare adeguatamente Cohen, dandogli cioè largo spazio, facendogli narrarecome sia nata la sua conversione al buddhismo zen e il dopo, la genesi di alcuni testi e altro ancora. Non solo concerto, cioè, ma anche vita e commento, se vogliamo, in un servizio che la macchina da presa(ormai telecamera)svolge a favore di un evento culturale inimitabile. El Gato
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