Due nomi: Nick Nolte e Neil Jordan. E non solo. Triplo gioco è un film curiosamente affascinante, delizioso, ma soprattutto unico, denso di atmosfere multietniche che raramente si incrociano in un film di lingua inglese. Sorprende quindi, anche se non dovrebbe, come Neil Jordan si trovi a suo agio in una Francia interrazziale, sporcata dalla fotografia di Menges. Il ladro tossico Bob ritrova una ragione per vivere quando un amico gli propone un colpo a un casinò di Montecarlo. Un poliziotto gli sta alle calcagna e una giovane e attraente ragazza dell'Est s'invaghisce del vecchio ladro filosofo e finisce per accompagnarlo alla roulette durante la serata del colpo. Nick Nolte giganteggia con eleganza tra battute fini e gran stile, filosofeggiando tra massime sul gioco e sul rischio e sulla vita e la vecchiaia con quieta ironia (“Il punto non è vincere, è il contegno.
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Due nomi: Nick Nolte e Neil Jordan. E non solo. Triplo gioco è un film curiosamente affascinante, delizioso, ma soprattutto unico, denso di atmosfere multietniche che raramente si incrociano in un film di lingua inglese. Sorprende quindi, anche se non dovrebbe, come Neil Jordan si trovi a suo agio in una Francia interrazziale, sporcata dalla fotografia di Menges. Il ladro tossico Bob ritrova una ragione per vivere quando un amico gli propone un colpo a un casinò di Montecarlo. Un poliziotto gli sta alle calcagna e una giovane e attraente ragazza dell'Est s'invaghisce del vecchio ladro filosofo e finisce per accompagnarlo alla roulette durante la serata del colpo. Nick Nolte giganteggia con eleganza tra battute fini e gran stile, filosofeggiando tra massime sul gioco e sul rischio e sulla vita e la vecchiaia con quieta ironia (“Il punto non è vincere, è il contegno. Se vinci o se perdi devi sempre farlo con eleganza”). Ma l'intero film si avvale anche di un cast straordinario e internazionale, da Kusturica a Taghamoui. Bravo anche Karyo e breve cameo di Ralph Fiennes. Interessante l'esordiente Nutsa Kukhianidze. Ben delineati tutti i personaggi, alcuni simpatici e gradevoli (Paul, Raoul), alcuni esilaranti (i gemelli, Philippa), altri sfaccettati quanto basta. Agrodolce noir ben diretto da un Jordan in piena forma (il regista più eclettico insieme a Stephen Frears) che ha come punto di forza l'ambientazione francese (un set davvero interessante, che andrebbe sfruttato più spesso), il cast del tutto inedito e la musica che ben tratteggia la società che circonda i personaggi e che accompagna a volte con malinconia a volte con brio i protagonisti. Su tutto un Nick Nolte, inutile dirlo, eccezionale e così bravo che non lo fa vedere. Triplo gioco (come al solito il titolo italiano non ha niente a che vedere con quello originale, The Good Thief) è un film pregevole, prezioso, singolare. Un piccolo gioiello da non perdere.
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Nizza: mentre sta bruciando gli ultimi risparmi in una bisca clandestina, Bob Montagnet - giocatore d'azzardo e ladro, abbandonato dalla fortuna e squattrinato - conosce Anne, una ragazza dell'Est che fa la vita, e rimane folgorato dalla sua bellezza. Dopo aver strappato Anne alle grinfie del suo protettore, Bob si vede chiedere da un vecchio amico di unirsi a lui per realizzare una spettacolare rapina a Montecarlo. Per Bob è l'occasione di ricostituire la vecchia banda e di rimettersi al lavoro, ma a modo suo...
Nel rifare _Bob il giocatore_ (1955) del grande Jean-Pierre Melville, Jordan ha il coraggio di modificare spirito e visione delle cose quando meno ce lo aspettiamo: sembra che la disperazione e la solitudine abbiano la meglio, ma poi i budelli si squarciano, la levità si impone e l'amore per la vita prende il sopravvento.
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Nizza: mentre sta bruciando gli ultimi risparmi in una bisca clandestina, Bob Montagnet - giocatore d'azzardo e ladro, abbandonato dalla fortuna e squattrinato - conosce Anne, una ragazza dell'Est che fa la vita, e rimane folgorato dalla sua bellezza. Dopo aver strappato Anne alle grinfie del suo protettore, Bob si vede chiedere da un vecchio amico di unirsi a lui per realizzare una spettacolare rapina a Montecarlo. Per Bob è l'occasione di ricostituire la vecchia banda e di rimettersi al lavoro, ma a modo suo...
Nel rifare _Bob il giocatore_ (1955) del grande Jean-Pierre Melville, Jordan ha il coraggio di modificare spirito e visione delle cose quando meno ce lo aspettiamo: sembra che la disperazione e la solitudine abbiano la meglio, ma poi i budelli si squarciano, la levità si impone e l'amore per la vita prende il sopravvento. Nessuna conciliazione, solo una fiducia preziosa nei desideri dell'uomo. Non è poco, oggigiorno. Quei rapidi e bellissimi "freeze frame" su volti e corpi, che a volte interrompono un gesto sul nascere, stanno lì apposta per dirci che non c'è tempo per perdere tempo, e che la vita va troppo in fretta per occuparsi anche della morte. Con collaboratori prestigiosi (magnifica la fotografia iperrealista di Chris Menges, grande la musica di Elliot Goldenthal), un centro focale - Nick Nolte - da urlo e facce da incorniciare, Jordan trasforma la malinconia, il disincanto e il senso di sconfitta di Melville in piacere di ritrovare il riscatto. Vivendo.
Sembrava operazione che gridava vendetta: mettere le mani della contemporaneità su un autore come Jean-Pierre Melville. Ma Neil Jordan, cineasta di cui si sono sottovalutati spesso troppi film (due per tutti: The Butcher Boy e In Dreams), agisce con una modestia intelligente che è rarissimo trovare nelle tonnellate di remake che infestano i nostri schermi. Jordan sa benissimo di non poter recuperare e rifare toni, mondi, perfino idee di Bob il giocatore, il noir del 1955 su cui The Good Thief (ma non c’era un altro titolo italiano, perlomeno diverso da quello nostrano di Romeo is Bleeding di Medak?
) si basa. Preferisce dunque scriversi da solo la sceneggiatura. E se di modestia si tratta, non significa rinunciare al rischio. The Good Thief si apre all’eterogeneità sociale e culturale con una generosità che non ha nulla della correttezza politica. L’universo in cui il ladro Bob e ogni personaggio vivono è un melting pot di razze, linguaggi e corpi che testimonia di uno scacco del caos nei confronti di chi vuole pianificare ed etichettare tutto. Si tratta di un caos splendidamente vivo, tonificante, per niente turistico. Jordan ha il coraggio di modificare spirito e visione delle cose quando meno ce lo aspettiamo: sembra che la disperazione e la solitudine abbiano la meglio, nella Nizza di Bob, ma poi i budelli si squarciano, la levità si impone e l’amore per la vita prende il sopravvento. Nessuna conciliazione, nessuna pacca sulla spalla, solo una fiducia preziosa nei desideri dell’uomo, anche attraverso il sangue, alla faccia di legalità, morale, pessimismo, tragicità e quant’altro. Non è poco, oggigiorno. Quei rapidi e bellissimi freeze frame su volti e corpi, o che a volte interrompono un gesto sul nascere, stanno lì apposta a dirci che non c’è tempo per perdere tempo, e che la vita va troppo in fretta per occuparsi anche della morte. Con collaboratori prestigiosi (magnifica la fotografia iperrealista di Chris Menges, grande la musica di Elliot Goldenthal), un centro focale, Nick Nolte, da urlo, e facce da incorniciare, Jordan trasforma la malinconia, il disincanto e il senso di sconfitta di Melville in piacere nel ritrovare il riscatto. Vivendo. [-]
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