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davide
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domenica 27 gennaio 2008
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i cuori sono perduti, il buon cinema no
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"Cuori perduti" di Teresio Spalla è uno di quei film che meriterebbero di figurare nel catalogo delle mostre sui "film invisibili" che si tengono in diverse città italiane. E' uscito solo a Roma in una sala vera e propria. Il suo itinerario è poi proseguito in alcuni cineclub della penisola dove intanto è arrivato anche "Tra due stagioni", docufiction indispensabile per chi voglia conoscere come si fa oggi il mestiere dell'attore nel nostro disgraziato paese. Si sa che il regista ha sempre voluto discoscere almeno in parte questo film che aveva sulla carta le possibilità fenomenali di una sceneggiatura perfetta ma che i disagi produttivi hanno ridotto a poco più di 90 minuti in cui tante storie non si connettono con la stessa coerenza.
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"Cuori perduti" di Teresio Spalla è uno di quei film che meriterebbero di figurare nel catalogo delle mostre sui "film invisibili" che si tengono in diverse città italiane. E' uscito solo a Roma in una sala vera e propria. Il suo itinerario è poi proseguito in alcuni cineclub della penisola dove intanto è arrivato anche "Tra due stagioni", docufiction indispensabile per chi voglia conoscere come si fa oggi il mestiere dell'attore nel nostro disgraziato paese. Si sa che il regista ha sempre voluto discoscere almeno in parte questo film che aveva sulla carta le possibilità fenomenali di una sceneggiatura perfetta ma che i disagi produttivi hanno ridotto a poco più di 90 minuti in cui tante storie non si connettono con la stessa coerenza. Certi cinefili che scrivono sul web e su qualche rivista "di tendenza" lo hanno stroncato come ormai non si fa più nemmeno con le cacchiate con Lino Banfi. Ma forse la sua colpa è proprio questa. E' un film che dal punto di vista narrativo segue un percorso preciso nella sua durezza ma anche nella ricerca di un concertato melodico di volti, caratteri, situazioni. D'altra parte è un film spietato, senza che nemmeno il protagonista esca poi bene. E' simile in questo ai primi film di Muccino ma, diversamente da questi, è aperto sulla società che circonda i drammi familiari, di sesso amore e amicizia, che circondano il personaggio centrale. Insomma non ha ne la sfilacciatura tipica dei film giovanili nè il buonismo che, se non Muccino certo, un certo tipo di cinema continua a praticare evitando, se non in chiave di commedia come fa argutamente Virzì, di perlustrare gli angoli più bui di un mondo in decomposizione. Non è imparentato a Pasolini come è stato scritto non solo perchè l'ambiente è radicalmente diverso ma a Tony Richardson e Karel Reitz. Invece delle case a schiera col tetto aguzzo abbiamo i palazzoni di una media borghesia che sta andando incontro alla rovina. E solo per questo il film è già di una preveggenza assoluta. Credo che, dopo le traversie subite prima delle riprese, la scelta di Peluso come protagonista sia stata obbligata perchè nel frattempo Alessio Boni, preferito dal regista, era diventato un divo della tv e costava troppo. Infatti è a lui che il pubblico non è disposto a concedere l'empatia che almeno, pur nelle loro sfaccettature, meritano gli altri interpreti. Se Manuela Arcuri recita in fondo se stessa, Selvaggia Quattrini e Elodie Treccani sono molto espressive e "giuste" come i veterani Mario Scaccia e Antonio Salines. Credo però che meritino una citazione speciale Ivana Monti precipitata dal teatro nel composito e difficile ruolo cinematografico della madre del protagonista (da Oscar la sua preghiera affranta nella deserta chiesa di periferia, gigantesco e vastissimo monumento all'incogruenza di certa mostruosa architettura con la parola divina) e Elisabetta Rocchetti, la ragazza tossica e prostituta, evitata da tutti, che invade lo schermo di inquietudine e tragedia sociale. In queste due scene i richiami a "Luci d'inverno" di Bergman e "Questa è la mia vita" di Godard ricordano come Teresio Spalla, dopo una certa gavetta sui set degli anni ottanta, è stato uno storico del cinema di raro acume filologico e di intemerata abilità scrittoria.
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salvatore
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domenica 27 gennaio 2008
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un reduce degli anni novanta
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CUORI PERDUTI . recensione di Gian Luigi Rondi
Un'opera prima italiana. Teresio Spalla, che l'ha scritta insieme a Marcotullio Barboni e Claudio Lizza, e l'ha diretta dopo esperienze in teatro e nella pubblicità, ha detto di considerarla un adattamento contemporaneo di "Ricorda con rabbia" di John Osborne. Nei suoi temi effettivamente c'è lo stesso sfacelo di una certa scoietà borghese e il suo linguaggio aspramente realistico ricorda un pò quelle impennate di stile che, nei Cinquanta, dettero poi vita al Free Cinema inglese. A stento, però, inseriti nei modi e nei climi della società italiana anni Novanta qui presa in esame. Si comincia con un reduce, Guido. Militare di leva, ha partecipato alla 1°Guerra del Golfo.
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CUORI PERDUTI . recensione di Gian Luigi Rondi
Un'opera prima italiana. Teresio Spalla, che l'ha scritta insieme a Marcotullio Barboni e Claudio Lizza, e l'ha diretta dopo esperienze in teatro e nella pubblicità, ha detto di considerarla un adattamento contemporaneo di "Ricorda con rabbia" di John Osborne. Nei suoi temi effettivamente c'è lo stesso sfacelo di una certa scoietà borghese e il suo linguaggio aspramente realistico ricorda un pò quelle impennate di stile che, nei Cinquanta, dettero poi vita al Free Cinema inglese. A stento, però, inseriti nei modi e nei climi della società italiana anni Novanta qui presa in esame. Si comincia con un reduce, Guido. Militare di leva, ha partecipato alla 1°Guerra del Golfo. Tornato a casa, anche perchè alle spalle s'è lasciato un episodio molto oscuro, lega a afatica con gli amici di prima e si sente a disagio anche in famiglia, con un padre dopo varie esperienze professionali negative vicino al fallimento, due fratelli andati via presto e sempre in conflitto fra loro, una sorella che pensa a un matrimonio di convenienza solo per mettere i suoi al riparo dal disastro che si annuncia. Ha varie e brusche esperienze sessuali, specie con una zia acquisita che nel quartiere ha fama di ninfomane. Forse però più tardi troverà un equilibrio accettando il rapporto con una giovane scrittrice da cui all'inizio, "arrabbiato" com'è, si era tenuto lontano perchè, per lui, rappresentava l'ordine e le regole. E proprio questa scrittrice, con un espediente letterario un pò facile, fa da voce narrante al contesto, infittito da episodi e personaggi secondari oltre che da cifre, come la ripulsa degli extracomunitari, che tenderebbero soprattutto a far data. Tuttavia i caratteri hanno segni giusti e certe atmosfere possono convincere pur nei limiti produttivi di un esordio.
da "il Tempo" 26-06-2003
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aureliano luppi
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domenica 27 gennaio 2008
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rivediamolo insieme (se ce lo fanno fare)
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Mi chiamo Aureliano Luppi e collaboro con Teresio Spalla dal 1993. Aveva appena preso l'Art28 che però non aveva fornito quattrini sufficenti per realizzare il film ed era stato costretto per questo a cambiare produzione nella sede delle quale, con svariate funzioni, trovò il Sottoscritto.Nacque subito un'amicizia che dura tutt'ora dovuta tanto all'indole dissimile di entrambi quanto alla comune passione per il cinema come arte che contiene e prevede la conoscenza della letteratura, della pittura, della musica. Alla faccia delle differenza di età su questo ci incontrammo e trascorremmo spesso tante giornate a parlare insieme spaziando dai romanzi di Carolina Invernizio alle nuove forme del realismo postmoderno come spesso facciamo ancora.
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Mi chiamo Aureliano Luppi e collaboro con Teresio Spalla dal 1993. Aveva appena preso l'Art28 che però non aveva fornito quattrini sufficenti per realizzare il film ed era stato costretto per questo a cambiare produzione nella sede delle quale, con svariate funzioni, trovò il Sottoscritto.Nacque subito un'amicizia che dura tutt'ora dovuta tanto all'indole dissimile di entrambi quanto alla comune passione per il cinema come arte che contiene e prevede la conoscenza della letteratura, della pittura, della musica. Alla faccia delle differenza di età su questo ci incontrammo e trascorremmo spesso tante giornate a parlare insieme spaziando dai romanzi di Carolina Invernizio alle nuove forme del realismo postmoderno come spesso facciamo ancora. L'ho poi seguito in tutte le sue imprese, in pubblicità, nei corti, e nel prossimo lungo che non potrà mai andare storto come "Cuori Perduti". Capitò infatti, dopo più di un anno in quella società (dove soprattutto si deve a lui se un altro film, straniero e difficile, raggiunse le sale e la critica) che ci si accorse che il 2°produttore era bravissimo nel nasconderlo ma non aveva un soldo da spendere nemmeno nella certificazione bancaria necessaria per la prassi dell'accredito al Fondo di Garanzia (varato nel '94 nelle forme ancor oggi applicate) che poi, con un 3° produttore ancora, Teresio, riuscì ad ottenere non perchè fosse privilegiato ma perchè la sceneggiatura era veramente buona. Poi il 3° "imprenditore", non ricordo per quali suoi motivi fiscali, non fu più in grado di sostenere il prestito, non gigantesco ma adatto al copione. E allora passò tutto al fratello, un buon uomo ma che di produzione diretta non masticava molto.Ricorderò sempre come esempio di massimo coraggio intellettuale e anche di esuberante forza fisica quanto Teresio riuscì a combattere le vessazioni e le privazioni a cui il testo fu sottoposto senza che nemmeno l'organizzatore se ne rendesse conto.Il fatto stesso che quel rigoroso personaggio, all'inizio ostile al regista che credeva il solito esordiente presuntuoso, alla fine ne diventò amico e complice la dice lunga, per chi conosce come vanno certe cose sui set, di quanto Teresio seppe guadagnarsi la stima anche del resto della troupe che, non avvertita, aveva creduto di avere a che fare con un regista rodato, altro che un debuttante. Poi la
pellicola rimase ferma da novembre ad aprile quando il 4° produttore dovette accettare, dopo un certo rincalzo di avvocati, un montatore vero - che trovai io : Bruno Sarandrea che da allora non a caso monta tutti i suoi film - e non un dilettante a prezzo stracciato che Teresio rifiutò subito. Tra la sua comparsa a Venezia e l'uscita nelle sale trascorsero altri 3 anni in cui il 4°produttore scomparve in seguito agli infortuni di un altro film che tutti gli avevamo sconsigliato di produrre. "Cuori perduti" mi piacque sia nella versione di 119' vista a Venezia che in quella di 97' uscita in sala. Ma il mio giudizio potrebbe essere giudicato di parte. Perciò ho voluto qui dare solo una testimonianza di una storia che coloro che sul web (su carta mi risulta solo Liberti) hanno sparato le cannonate possano capire, prima di accendere la miccia in altri casi del genere, com'è andata una storia che non è poi finita così male agli atti del nuovo cinema europeo come profetizzavano gli eternauti di sventura.
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angelo
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domenica 27 gennaio 2008
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recensione di cuori perduti di angelo pizzuto
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CUORI PERDUTI
recensione da "Filcronache" n°16/2003
Presentando il suo film d'esordio, Teresio Spalla (che prima di tutto è stato un critico cinematografico drastico, ironico, di lunga stagionatura nonostante l'ancor verde età) invita amici e colleghi a non parlare, a non scrivere del suo film. O, se proprio lo si vuol fare, che se ne parli male, anzi malissimo, con spietatezza. Provocazione ? Celia ? Mettere le mani avanti per non cadere all'indietro ? Conoscendo Teresio Spalla quel tanto da poter condividere o dissentire (sempre con vicendevole, forse un pò ombroso, sentimento di amicizia), non si può escludere nulla, giacchè il rigore morale del personaggio fa tutt'uno con la sua vena provocatoria, iconoclasta, di malcelato sberleffo.
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CUORI PERDUTI
recensione da "Filcronache" n°16/2003
Presentando il suo film d'esordio, Teresio Spalla (che prima di tutto è stato un critico cinematografico drastico, ironico, di lunga stagionatura nonostante l'ancor verde età) invita amici e colleghi a non parlare, a non scrivere del suo film. O, se proprio lo si vuol fare, che se ne parli male, anzi malissimo, con spietatezza. Provocazione ? Celia ? Mettere le mani avanti per non cadere all'indietro ? Conoscendo Teresio Spalla quel tanto da poter condividere o dissentire (sempre con vicendevole, forse un pò ombroso, sentimento di amicizia), non si può escludere nulla, giacchè il rigore morale del personaggio fa tutt'uno con la sua vena provocatoria, iconoclasta, di malcelato sberleffo. Avremmo voglia di accontentarlo e di non scrivere. Se non fosse che "Cuori perduti" è un film intrigante e irrisolto, una sorta di celluloide infiammata e infiammabile, salvata dal regista dalla totale rovina. Intendendo, per rovina, l'incuria della produzione e della distribuzione, gli intralci e le relative "pezze" che, in sede di montaggio, Teresio Spalla e Bruno Sarandrea hanno dovuto incollare alla impossibilità oggettiva di "completare" il suo film come sceneggiatura prevedeva.
Ma è anche vero che un film va considerato per quel che sforna il fornaio e non er gli ingredienti che, in laboratorio, si contava di usare. Ed allora, nonostante le vicende narrate siano spesso lasciate a metà, nonostante parecchi personaggi manchino di ultimazione psicologica, quel che più intriga di "Cuori perduti" è la sua inconfessata vocazione poetica, quella sommessa idealizzazione del quartiere e della vecchia comitiva giovanile che fanno tanto provincia di Zurlini e rione di Pratolini. Da rapportare ad un temperamento di autore e di intellettuale che, visto da vicino, non crederesti mai poter vibrare per sentimenti così lirici, intensi, forse anacronistici. Ovviamente il film non è mai un'elegia, nè l'idealizzazione di alunchè. Il suo nucleo narrativo - nonostante tutto - è di immediata e un pò straniata attualità : un ragazzo, reduce dalla Guerra del Golfo (malaugurata sorpresa del servizio di leva) torna in città nella flebile speranza di ritrovare amicizie ed amori trascorsi. Ma l'impatto è deludente, come in alcuni film americani che narravano dei reduci dal Vietnam, dai quali il regista ha l'accortezza di prendere le distanze sia in tema di disincanto, sia in ordine alla più italica reattività di abulia (Vincenzo Peluso non offre del resto altri registri di interpretazione o immedesimazione). La città del buon-ritorno è, in definitiva, una sorta di agglomerato periferico e ipotecato (sia economicamente, sia per quel che un tempo era l'identità di un gruppo), un epicentro di piccole miserie domestiche e generazionali, un "discount" di fibrillazioni illusorie, giochetti a premi e presentatrici di coscia lunga. Ne nasce una commedia umana - e multietnica, causa i nuovi flussi migratori - che vaga alla ricerca di un senso, o che di quel senso ha subito un'invisibile erosione, una contaminazione verso il basso, un impoverimento del gusto e delle ambizioni, sua pur sbagliate o velleitarie.
Teresio Spalla osserva, non giudica, non si adegua. La sua cinepresa sembra girare in tondo, sorvolare su facce e corpi, carezzare tanti visi di donna per evitare di prenderli a sberle. E se tutto ciò è un "falso movimento", vuol dire che li ci si sta tutti, creduli di ambire alla spartizione di una torta andata a male.
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enzo natta
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domenica 27 gennaio 2008
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recensione del film cuori perduti di enzo natta
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CUORI PERDUTI (recensione del 29.07.2003)
Film emblematico delle condizioni di disagio nelle quali si dibattono quei prodotti di "interesse culturale nazionale" alla cui realizzazione il legislatore ha inteso porre mano attraverso la legge 153 del 1994. Emblematico perchè - nonostante il final-cut sia di quest'anno - fra ritardi endemici, intoppi burocratici, false partenze, passaggi di testimone nelle stanze dei bottoni, subentri produttivi e correzioni di tiro, ha dovuto attendere 3-4 anni per approntare una copia-campione e altrettanti per poter rimediare un'uscita appena dignitosa. Un'odissea che denuncia tutto il malessere del quale soffre un intervento pubblioc anemico e rachitico, che, funzionale sulla carta ma assai poco nella realtà, sottopone giovani autori, esordienti e chiunque voglia tentare le vie della qualità e del rinnovamento a un logorio tale da sfiancare un bue e da esaurire anche il più vigoroso slancio creativo.
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CUORI PERDUTI (recensione del 29.07.2003)
Film emblematico delle condizioni di disagio nelle quali si dibattono quei prodotti di "interesse culturale nazionale" alla cui realizzazione il legislatore ha inteso porre mano attraverso la legge 153 del 1994. Emblematico perchè - nonostante il final-cut sia di quest'anno - fra ritardi endemici, intoppi burocratici, false partenze, passaggi di testimone nelle stanze dei bottoni, subentri produttivi e correzioni di tiro, ha dovuto attendere 3-4 anni per approntare una copia-campione e altrettanti per poter rimediare un'uscita appena dignitosa. Un'odissea che denuncia tutto il malessere del quale soffre un intervento pubblioc anemico e rachitico, che, funzionale sulla carta ma assai poco nella realtà, sottopone giovani autori, esordienti e chiunque voglia tentare le vie della qualità e del rinnovamento a un logorio tale da sfiancare un bue e da esaurire anche il più vigoroso slancio creativo. E' naturale che, in condizioni siffatte, con un sistema vanificato dal suo anello più debole, la distribuzione, poter tagliare il traguardo di una programmazione in sala, per misera che sia, equivale a un Oscar.
"Cuori perduti" di Teresio Spalla può essere eletto a campione di questa assurda patologia, immagine di un Cireneo che si trascina sotto il peso di un sistema viziato nel profondo e incapace di attuare i lodevoli propositi del dettato legislativo.
Eppure, nonostante le sue snervanti disavventure "Cuori Perduti" può vantare almeno tre punti nettamente in suo favore. Intanto, anche se storicamente datato, il film è di strettissima attualità (e non soltanto perchè sullo sfondo si agita il fantasma di Saddam Hussein) ma perchè introduce un tema insolito nel nostro cinema, con il quale però dovremmo prima o poi imparare a confrontarci : la sindrome del reduce, ovvero il disadattamento nel quale si dibattono quei militari che tornano dalle zone calde del mondo. Il protagonista è infatti un marinaio che ha vissuto l'esperienza della Guerra del Golfo e che continua aportarsi dentro uno stato di crisi incurabile.
Altro merito del film di Teresio Spalla è l'aver dimostrato che il "free cinema" è merce di esportazione. Come il "free cinema" "Cuori Perduti" è infatti attento a una rappresentazione veristica della realtà contemporanea, a un rinnovamento tematico mostrato con "rabbia", alla combinazione fra riprese in esterni di sapore documentaristico e un'impostazione di tipo teatrale.
Esperimento degno di nota al quale ne va aggiunto, fatto tutt'altro che trascurabile, un altro non meno considerevole e cioè come "Cuori perduti" racchiuda in sè tutti gli stilemi del post-moderno : autoreferenzialità, gusto della citazione, contaminazione dei generi, decentramento del senso, tendenza alla destrutturazione del racconto, proliferazione dei punti di vista parziali.
recensione apparsa su "Primafila" n°04/2003 e DiCinema del 29.07.2003
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enzo
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mercoledì 9 gennaio 2008
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un film da rivalutare e rivedere
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Fabrizio Liberti scrive che il film è stato tenuto in freezer per farlo uscire in corrispondenza con la fama raggiunta nel frattempo dalla Manuelona nazionale. Ma se il film è stato bloccato dal regista perchè non accettava il montaggio proposto dal produttore, causa che è durata un anno ! Successivamente il produttore, a causa di un altro film, è fallito e sparito lasciando la pellicola in un magazzino dove è stata rinvenuta solo quando è stata venduta al distributore, un inetto,dopo altri 2 anni di calvario.Quindi il critico non sa quanta fatica, quanto dolore, quanti equivoci, stiano dietro a questo film che non è stato tenuto in freezer ma ha vissuto tante lotte. Forse, prima di affossare un film in questa maniera brusca e violenta, bisognerebbe almeno segnalare qual'è la sua storia produttiva specialmente se, come in questo caso, essa segna il prodotto finale al punto che il regista non vi si riconosce che nel 25% del risultato come dichiarato più volte.
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Fabrizio Liberti scrive che il film è stato tenuto in freezer per farlo uscire in corrispondenza con la fama raggiunta nel frattempo dalla Manuelona nazionale. Ma se il film è stato bloccato dal regista perchè non accettava il montaggio proposto dal produttore, causa che è durata un anno ! Successivamente il produttore, a causa di un altro film, è fallito e sparito lasciando la pellicola in un magazzino dove è stata rinvenuta solo quando è stata venduta al distributore, un inetto,dopo altri 2 anni di calvario.Quindi il critico non sa quanta fatica, quanto dolore, quanti equivoci, stiano dietro a questo film che non è stato tenuto in freezer ma ha vissuto tante lotte. Forse, prima di affossare un film in questa maniera brusca e violenta, bisognerebbe almeno segnalare qual'è la sua storia produttiva specialmente se, come in questo caso, essa segna il prodotto finale al punto che il regista non vi si riconosce che nel 25% del risultato come dichiarato più volte.
In quanto al pasolinismo maldigerito ecc citato dal Morandini (ma non credo sia stato scritto da Morando M. quel pezzo, non è nel suo stile) io so che Teresio Spalla cercò fin dall'inizio di evitare proprio i riferimenti alle borgate pasoliniane che sempre vengono citate quando si parla della periferia di Roma. Infatti si trattava di una periferia medioborghese che non aveva una specifica connotazione di romanità e certo non aveva nulla in comune con il mondo di Pasolini. Se mai il regista ha inteso rifarsi - come riportato in più articoli, visto che ce ne sono stati anche di positivi - al free cinema inglese. Se lo avesse fatto un autore tra i preferiti da certa critica si sarebbe gridato al coraggio dell'iniziativa; lo fa un regista che coltiva con passione e riservatezza la sua attività di cineasta e lo si attacca così brutalmente. Meno male che di certa critica importa solo a stessa (non sto dicendo di Morandini). Io il film l'ho visto in sala, in una proiezione in provincia tra un pubblico non prevenuto, che lo ha acclamato. Infatti, se uscisse oggi, con un cast così ricco (lasciamo stare l'Arcuri, anche la sua partecipazione è una storia a parte) e il tema giovanile, forse avrebbe successo e giudizi favorevoli come altri sui giovani ma certo più duri e inflessibili di 3metri sopra il cielo o simili. Io credo che a Teresio Spalla non sia stata perdonata la sua rigorisità, il suo pessimismo totale su un mondo in disfacimento, la sua visione durissima della società di oggi vista attraverso il parallelo con gli anni della 1°Guerra del Golfo. Inoltre, come ha dimostrato nei cortometraggi che ha diretto dopo, è bravo a dirigere gli attori e ha un suo stile ben preciso di regia, altro che certi esordienti che non sanno nemmeno l'abc del cinema. Selvaggia Quattrini ed Elodie Treccani sono eccellenti come Mario Scaccia ed Ivana Monti. Meno il protagonista che è poco simpatico. Ma se questo film l'avessero interpretato attori sulla cresta dell'onda certamente Liberti si sarebbe genuflesso. Del resto chi infierisce senza pietà quando scrive di solito è un servo impaurito dalla vita e da chi è migliore di lui.
Se invece volete dare retta a me, che non sono nessuno ma conosco bene il cinema di Teresio Spalla, seguite questo regista e vedrete che darà ancora dei lungometraggi di grande importanza. Ho conosciuto poche persone con una visone così autentica e intelligente del cinema. E' un giovane dalle molte doti tra cui qualità espressive ottime nella scrittura come nella regia. Enzo
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ambro
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andatelo a vedere; é molto bello
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finalmente un buon film italiano che senza ipocrisia e provincialismi fa pensare. Bravi gli attori e bella la storia.
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